giovedì 28 giugno 2018

6 cose che abbiamo imparato finora sul blog dell'ex videogiocatore (la numero 6 vi lascerà senza fiato!)

Mi sento in dovere di venire meno a una cosa che avevo promesso me stesso (e anche a voi, se avete letto le Domande Poste Sovente): farò un articolo a punti, o a lista, o quelle cose lì, che in genere non sopporto (infatti mia moglie, nel suo blog dormiente, ha intitolato un suo articolo in maniera simile proprio per infastidirmi. Leggetelo.)

"Number 7 will blow your mind!"



Perché lo faccio? Un po' perché spero sempre che qualcuno che viene qui per crogiolarsi nella nostalgia prenda una sberla morale talmente forte da dire "oh, ma io qui non ho fatto che buttare via il mio tempo. 'Spetta bene che quasi quasi decido di fare qualcosa della mia vita". Ma poi, anche con la struttura "a lista", l'articolo sarà sempre e comunque troppo lungo per chi non vuole vedere toccate le sue certezze, e quale miglior scusa di un bel tl;dr? Voi però cercate di sforzarvi almeno a leggere le frasi in grassetto, ok?

Bah, ovviamente questo non accadrà mai, quindi diciamo che questo post di ricapitolazione lo faccio per me stesso (come tutto il resto di questo blog in realtà) in modo da segnarmi le varie scoperte su di me fatte mentre scrivevo dei videogiochi che tante bruschette nell'occhio vi fanno venire. Una specie di appunti, o di "mindmap" se siete di quelli che vogliono riempire il loro cellulare di app che apparentemente dovrebbero migliorarci la vita, ma in realtà dopo che le si apre due volte finiscono per occupare spazio, inutilizzate.

To do: cancellare tutta quella merda che mi intasa il cellulare.

Sto divagando, lo so. 

Solita avvertenza, ovvero che come tutti gli articoli di riflessione su questo blog, questo articolo non si curerà troppo di lisciarvi il pelo, quindi alcune cose potrebbero darvi un po' fastidio. Me ne sono fatto una ragione già da un pezzo, anche perché lo scopo di questo blog non è accumulare follower. Via che si parte!

1 - Il bellissimo passato di cui abbiamo nostalgia non è mai esistito ma ci sembra bellissimo perché lo associamo al tempo in cui non avevamo responsabilità.

Esiste una strana trappola mentale per cui tendiamo a filtrare via le cose brutte dai ricordi, perché chiaramente riviverle ci fa stare male, e il cervello fa di tutto per proteggersi. Il problema è che il nostro cervello è più o meno lo stesso che avevano i nostri antenati, il cui livello di benessere era molto inferiore, molti lussi che ora diamo per scontato erano, appunto lussi che quasi nessuno poteva permettersi. La sopravvivenza era davvero un problema.

Ora, fortunatamente, i bisogni di base sono più o meno garantiti a tutti (mi riferisco ovviamente a quella che, con un'approssimazione molto grossolana, viene chiamata "civiltà occidentale"), e il problema della sopravvivenza non c'è più. E dunque che succede? Che cresciamo in un ambiente protetto e praticamente isolato da ogni preoccupazione pratica, cosicché all'arrivo dell'età adulta non è detto che accettiamo senza problemi l'arrivo delle preoccupazioni reali. Non parlo chiaramente della sopravvivenza, parlo dell'assunzione della responsabilità per le proprie azioni.

Anche grazie alla diffusione del benessere sopraggiunta negli anni 80 e all'espansione del potere d'acquisto della classe media, alcuni di noi sono cresciuti con aspettative spropositatamente alte : d'altra parte erano i tempi in cui le attenzioni esagerate che si ricevevano facevano sì che  bastasse leggere Topolino a 4 anni per essere ritenuti dei geni, e montarsi la testa era un attimo. A me è successo (salvo successivo cambio di rotta), e ho visto questa cosa in diversi miei amici, spesso figli unici, che erano visti come "figli/investimento". Ma quando bisogna iniziare a ripagare l'investimento, lo spettro del fallimento è sempre dietro l'angolo. 

Il fallimento.

Uso l'esempio di leggere Topolino a 4 anni perché mi viene sempre in mente l'intervista lacrimosa alla madre di Franco Fiorito detto "Er Batman", dopo che il figlio fu arrestato per peculato. Le parole esatte non le ricordo, ma disse qualcosa sul genere di "Mio figlio è innocente, è sempre stato intelligentissimo, PENSATE CHE A 4 ANNI GIÀ LEGGEVA TOPOLINO". Il che mi fa sorridere facendo il paragone con l'autocompiacimento di chi a tutt'oggi si sente speciale perché da piccolo era un cosiddetto "Alto Potenziale". E bastava veramente poco per essere portato su un piedistallo come un fenomeno. Vi svelo un segreto: l'alto potenziale da solo non vuol dire nulla, va anche messo in atto. E di certo mettere un bimbo ad alto potenziale su un piedistallo non lo aiuta di certo a mettere il potenziale in atto.


Alto potenziale.
Per realizzare il potenziale, alto o basso che sia, dobbiamo fare delle scelte, non sempre belle, non sempre che ci fanno stare bene sul momento, ma vanno fatte. E in ogni caso, le cose non sono quasi mai come ce le aspettavamo. Di certo dobbiamo prenderci più responsabilità, e già questo significa più fatica e più preoccupazioni, e per questo è inevitabile cercare conforto pensando al passato in cui tutto ci sembrava più facile. E qui scatta la trappolona: più si pensa al passato che è sempre più bello man mano che si allontana, più si fa il confronto col presente che fa sempre più schifo man mano che invecchiamo, e aumenta la nostalgia. Un circolo vizioso che si autoalimenta, a partire da un fenomeno perfettamente normale. E qui ci colleghiamo al punto successivo...

2 - La nostalgia è parte del normale spettro dei sentimenti umani. Il nostalgismo è l'oppio dei vecchi di merda e di chi non ha combinato molto in vita sua.

Ho già parlato qui della differenza tra nostalgia e nostalgismo. Se la nostalgia è naturale e ci serve come forma di autodifesa e di cura psicologica, il nostalgismo è l'abuso di medicine, è la continua brama di una droga che sembra farci stare bene, riempiendo il vuoto dentro di noi causato dallo stato mentale che chiamo "Lo Spirito del Vecchio Paese".

So che mi riferisco al Vecchio Paese come il posto in cui ho passato la mia infanzia e la mia preadolescenza (quando non prendevo un autobus per andare a scuola, dove facevo la figura del bifolco in quanto venivo dal Vecchio Paese). Ma il Vecchio Paese, per essere veramente compreso, va visto come la caratteristica comune di tutti quei suoi abitanti che con un eufemismo molto gentile chiamo "Vecchi di Merda".

L'essere vecchi di merda non ha ovviamente requisiti anagrafici, ma il vecchio di merda è colui che odia tutto ciò che è più giovane. Può essere un vecchio di merda un trentenne che fa una lunga tirata su quanto fossero migliori i cartoni animati o i palinsesti televisivi della nostra infanzia.

Età reale: 46 anni
Età mentale: 13 anni
Età interiore: 88 anni (come le miglia orarie della Delorean!!!1)
È un vecchio di merda l'ottantenne che ti rompe i coglioni su come quando era giovane lui, nonostante la miseria, si fosse tutti amici e ci fosse una grande solidarietà, e prova disprezzo per chi questa miseria non ha potuto passarla. Riconoscete un vecchio di merda quando dice "a voi giovani farebbe bene proprio una bella guerra". Perché sa benissimo che lui, a combattere non ci andrà, o quando questa guerra finalmente arriverà, lui sarà già morto.

In generale un modo di riconoscere il vecchio di merda è quella cosa che io chiamo (e perdonatemi l'ennesimo neologismo) il "NOICHEISMO", ovvero emettere sentenze che iniziano con "Noi che..." e confrontano come si facevano le cose un tempo (bene) e come si fanno ora (male). Tutte inevitabilmente grandissime banalità che nascondono un grande odio intergenerazionale. Questi sono i vecchi di merda, che abbiano 80 anni o 30.

Allo stesso modo, chi non ha combinato molto in vita sua (ma il "combinare molto" oggettivamente, con quale metro lo si misura?) chi non ha realizzato il suo potenziale (alto o basso che sia), rischia di fare quello che ho detto al punto precedente. A ripensare a un passato in cui lui era speciale, e a rifuggere il presente, e a costruirsi un mondo interiore che lo porta a rifuggere il mondo di fuori, in puro spirito del Vecchio Paese. Io ci sono passato, e non è una bella cosa. Specie quando mi sono reso conto che il mondo di fuori esiste e il mondo interiore ha cercato di riaffermarsi, facendomi sentire una merda perché l'ho abbandonato.

3 - Il Vecchio Paese, più che un luogo reale, è la parte di noi che si abbandona all'essere vecchi di merda.

L'essere vecchi di merda è legato a doppio filo con l'essere nostalgisti. A tutti noi, man mano che avanziamo con l'età, viene la tentazione di essere vecchi di merda. Lo Spirito del Vecchio Paese è lo stato mentale del vecchio di merda. "Si stava meglio quando si stava peggio", diffidenza verso tutto e tutti, non fare nulla perché facendo si corre il rischio di fallire (con la conseguente gogna pubblica de "La Gente" che ci circonda), e perché si ha paura di essere felici.

Paura di essere felici che un po' è figlia della paura di uscire dalla "comfort zone" (che è una causa del non riuscire a realizzare il proprio potenziale), un po' è figlia di una forma di superstizione per la quale se dici in giro che sei felice, qualcuno si darà da fare per portarsi via la tua felicità. Mia nonna mi raccontava di come un'osservazione invidiosa sulla salute di alcuni maiali causò al Vecchio Paese un'inaudita morìa di suini, che solo una fattucchiera di nome Pierina riuscì a fermare.

Unrelated
È lo spirito che fa sì che ci perdiamo a sognare una non ben definita terra promessa per cui mollare tutto e partire (ed è anche la ragione per cui nel reparto informatica di ogni azienda ci sono almeno 10 business plan per aprire una piadineria a Cuba), ma allo stesso tempo ci rende terrorizzati dall'abbandonare una routine di cui adoriamo lamentarci. E dunque per compensare all'inazione che si fa? Tra le varie cose me ne vengono in mente due, rilevanti per il contesto di questo blog antinostalgista:

O ci si butta sull'escapismo, diventando un'Emma Bovary o un Alonso Chisciano moderni, tenendosi pronti per quando un non ben specificato evento (la Singolarità?) trasformerà il nostro mondo interiore nella realtà percepita da tutti, e finalmente il resto del mondo potrà riconoscerci per quello che crediamo di essere (ma che non abbiamo fatto niente per diventare).

Oppure ci si rifugia in un finto passato, perché il passato non cambia, al massimo la nostra memoria fallace lo fa sembrare più bello, ma non cambia, non ci fa brutte sorprese, e soprattutto non ci lascia mai. Il che ci fa arrivare al punto successivo...

4 - Il nostalgista che si rifugia nell'infanzia cerca di riviverla con la mentalità strutturata della persona adulta focalizzandosi su cose da bambini.

Eh sì, perché l'infanzia è bella, ma è bella perché in quel momento il nostro cervello è un foglio bianco. Per quanto ci proviamo a svuotarci dai preconcetti che ci siamo formati, è inutile, la struttura, l'imprinting, tutto quanto, sono lì, e non andranno da nessuna parte. È una questione di chimica, prima ancora che di psicologia.

"nonno sono tre ore che stai giocando e toccherebbe anche a me"
"Senti ragazzina non rompere i coglioni e lasciami tirare di nuovo che mi è scivolato di mano il dado".
Circondarci degli accessori che hanno caratterizzato la nostra infanzia sperando che ricreino le sensazioni dell'infanzia stessa non solo è semplicemente impossibile, è proprio dannoso. Crea una dipendenza dagli oggetti che servono a tenere in piedi una precaria illusione, e l'unica cosa che riesce a creare è una nuova classe di consumatori seriali, ovvero i nerd.

5 - L'applicazione di criteri e di serietà da adulti alle cose da bambini è qui definita come il nerdismo, ovvero la "scientificazione dello svago"

Leggo, di questi giorni, una serie di articoli sulla differenza tra "nerd" e "geek", sul fatto di come il nerd sia passato da figura ai margini della società a figura vincente e di successo e, detto tra noi, sono tutte stronzate frutto di una lunghissima coda di paglia imbevuta di benzina. La definizione ideale del nerdismo ce la dà William Shatner, lo storico capitano Kirk di Star Trek, durante un divertente sketch del Saturday Night Live, di un'epoca in cui il SNL non aveva le pretese politiche che ha ora. Molti di voi lo conoscono, è lo sketch in cui Shatner si incazza coi fan e dice loro di farsi una vita. Riporto la trascrizione del passaggio che ci interessa, e fate attenzione alla parte sottolineata.
Sapete, prima che risponda a una nuova domanda, c'è qualcosa che volevo dirvi. Ho ricevuto tutte le vostre lettere, durante gli anni, e ho avuto modo di parlare a voi fan, e insomma, alcuni di voi hanno viaggiato centinaia di miglia per venire qui, e vorrei dirvi soltanto... FATEVI UNA VITA, d'accordo? Insomma, che cavolo, è solo un telefilm! Voglio dire, guardatevi, guardate come siete vestiti! Avete trasformato un bel lavoro che ho fatto qualche anno fa quasi per gioco in una COLOSSALE PERDITA DI TEMPO! [...] Insomma, voglio dire, quanti anni avete? Che avete fatto della vostra vita? Tu, avrai pure 30 anni, no? Hai mai baciato una ragazza? No, certo, lo sapevo! C'è un mondo là fuori, quando avevo la vostra età non guardavo la TV, ma VIVEVO! Uscite dalla casa dei vostri genitori, trovatevi un appartaento vostro, e CRESCETE! È solo un telefilm, che cavolo, è SOLO UN CAVOLO DI TELEFILM!

"Dunque vuol dire che dobbiamo concentrarci di più sui film?"

 Lasciate stare la parte finale in cui Shatner cede al suo essere vecchio di merda ("Alla vostra età...") ma concentratevi sulla parte sottolineata, che rende perfettamente la scientificazione dello svago. Se il nostalgismo cerca di riempire il vuoto della nostra vita, il nerdismo impiega massivamente  il vasto quantitativo di energie lasciate inutilizzate in qualcosa di innocuo ma necessario a dare le soddisfazioni da cui un essere umano non può prescindere. E come ce le si procura queste soddisfazioni? Accumulando compulsivamente nozionismo a proposito dei propri svaghi (e millantando così superiorità intellettuale, come ha spiegato l'odioso Ernest Cline nella sua rivoltante "poesia") e accumulando gadget e oggetti da collezione. Non è un caso che a un certo punto i nerd siano stati glorificati dai media più convenzionali (Big Bang Theory). Il nerd contemporaneo è principalmente un grandissimo consumatore. Il che ci porta all'amarissima e quasi paradossale conclusione...

6 - Il nerd nostalgista che fa di tutto per rivivere la propria infanzia è una persona che ha disimparato a giocare.

Eh sì. In realtà è estremamente facile disimparare a giocare, viste le sovrastrutture mentali che ci facciamo crescendo, tutti i "se-questo-allora-quello" con cui ci riempiamo la testa (e temo che la riduzione di ogni relazione all'accumulazione di riconoscimenti che ci impongono i social media peggiorerà tutto). Io me ne sono reso conto guardando mio figlio: per lui il gioco è esperimento, è scoperta, è farsi un'esperienza delle cose divertendosi e imparando con una velocità incredibile. Già nell'articolo su Bubble Ghost avevo scritto come mai tutti gli ammenicoli con cui il nerd si riempie la casa per simulare le gioie dell'infanzia in realtà non siano giocare, ma apparentemente il messaggio non è stato capito (oppure è stato capito e ha toccato tasti che era meglio ignorare).

Spiace dirlo, ma QUESTO NON È GIOCARE
Ma il nerd non gioca. Il videogiocatore ossessionato dal raccogliere il 100% dei riconoscimenti non sta giocando. È una competizione, che va bene eh, ma non è il gioco, inteso proprio come la scoperta affascinata del mondo che, quella sì, è veramente la grande gioia dell'infanzia.

Guardo mio figlio che resta affascinato giocando con una bottiglia vuota o con un bastoncino di legno che gli ho levigato io tanto quanto resta affascinato da un gioco ipercolorato pieno di pulsantini e lucine, o da un gioco ipersemplificato di legno massiccio da bimbi fighetti. (Lo so, sto facendo il vecchio di merda pure io, abbiate pazienza). Beh, mi viene da chiedere se l'industria dei giocattoli non miri di più a fare colpo sui genitori, che ormai sono abituati alle cose semplici e non vedono più il gioco come scoperta, che sui bambini stessi.

A tal proposito vi racconto un piccolo aneddoto.

Quando iniziai il mio primo lavoro serio, dopo aver lasciato perdere la carriera nei videogiochi, il primo giorno fui messo di fianco a un consulente esperto di un sistema informativo di cui non sapevo niente.

Lo sviluppo del progetto su cui mi avevano messo iniziava proprio quel giorno e io e lui partivamo dal foglio bianco. Siccome nessuno mi aveva detto cosa dovevo fare, temevo che, mi si chiedesse di fare tutto da zero senza la minima preparazione, perché nel mondo dei videogiochi da me frequentato funzionava così: c'era qualcosa da fare, e andava fatto prima di subito, lavorando anche la notte, e se non sapevi come fare, cazzi tuoi, e quindi sei costretto a fingere di sapere cose che non sai.

Molto candidamente spiego al mio mentore che di questo programma non so una beata fava di niente e che temo che non riuscirò a programmare un intero sistema per la gestione di un processo aziendale in giornata, e questo, con un accento insubrico ben marcato, risponde "eh figa, e che problema c'è, giochiamo!".

Questo, invece, potrebbe essere giocare.

Ed è stato così che ho imparato ad usare SAP, il sistema informativo grazie al quale ho pagato le bollette per otto anni, giocando. Con tanti saluti all'atelier culturale!

Ho finito per ora, se mi andrà farò un altro riassunto di cose imparate finora, ma prima devo sconfiggere il tavò. Domande?

8 commenti:

  1. E' un annetto oramai che frequento questo blog, quindi questo post capita a proposito. Ovviamente non lo faccio perché me lo ha consigliato il dottore, ma perché sono fortemente interessato alle recensioni di giochi a me noti (ad esempio Pc Calcio; ah, i nostri articoli sono indicizzatissimi su google; ovviamente perché siamo stati gli unici due a parlarne, sul web) o interessato a conoscere videogiochi che hanno caratteristiche simili a quelli della mia giovinezza. Al contrario, i videogiochi moderni mi attirano molto poco.

    Ok, è il solito invadere gli spazi altrui, ma volevo lasciare comunque a memoria questa precisazione.

    Detto questo, le riflessioni del giovedì hanno spesso causato confronti sopra le righe, per questo è mio dovere scusarmi se a volte sono andato oltre, dovendomi ricordare che l'ospite è sì sacro, ma prima di tutto bisogna rispettare la casa in cui si è ospitati e il padrone di casa. In secondo luogo, ammetto che la filosofia dell'exvideogiocatore (perché di filosofia comunque si tratta, sia in accezione positiva che negativa) non è di facile comprensione e probabilmente alcune incomprensioni sono dovute proprio al fatto di non averne parlato di persona. Ma di sicuro non è male riflettere su determinati temi.

    Mi trovi pienamente d'accordo sul concetto del passato che è migliore perché non c'erano responsabilità, sul fatto che noi della generazione '83 siamo stati bambini viziatissimi, coccolati, ma trattati allo stesso tempo come genietti e così, quando non abbiamo corrisposto le attese, sono iniziati i problemi. Sul concetto di nostalgia e nostalgismo, a commento del tuo post, dissi che il confine è labile, ma credo che tu abbia centrato la metafora parlando di medicina. A piccole dosi la nostalgia fa bene; sbagliando dosi, provoca orticarie e altri effetti collaterali.

    Sul passato che è sempre migliore del presente: anche io sono molto critico verso questo modo di pensare, perché quello che dice così, tornando indietro con la macchina del tempo, si troverebbe malissimo visto che, nonostante tutto, sotto molti aspetti la civiltà è progredita.

    Sul nerdisimo invece:

    - il nerd che si isola dal mondo e poi si unisce ai suoi simili per riconquistarlo (da qui "ah oggi il nerd è il modello vincente") è un atteggiamento totalmente sbagliato perché se è vero che si contesta l'appiattimento della società (il fatto che ci siano regole che ci fanno uniformare ed essere uguali), non si può quindi imporre un'uniformarsi ad altre regole solo perché, da un punto di vista personale, si considerano giuste; inoltre chi cerca di 'distruggere' qualcosa è perché vorrebbe avere quella cosa che distrugge. Quindi il nerd in realtà vorrebbe essere come quel tipo di persona da cui si è isolato e che sostanzialmente disprezza;

    - il nerd non è di moda, semplicemente adesso è di moda guardare le serie televisive e addirittura leggere qualche tipo di fumetto; poi come si è arrivati a questo punto è un tema interessante, ma che richiede altri spazi per parlarne.

    Mi fermo qui sperando di non aver annoiato.

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    1. Che dire, una delle tante ragioni per cui il blog è cominciato è perché in un momento di stress stavo guardando un po' troppi siti/blog che celebravano il passato. Poi mi sono reso conto che esageravano veramente tanto, troppo, con le lacrime e le bruschette negli occhi. Quando gliel'ho fatto notare, mi è stato risposto che tutto si faceva con ironia: che sia vero o no, voglio in questa sede ricordare la nota "teoria delle capre", che dice più o meno così: "Se hai rapporti sessuali con una capra ironicamente, resti un inculacapre a prescindere dall'ironia".

      So di combattere una battaglia destinata al fallimento visto che la neotenia è dilagante e ci sono troppi interessi in ballo, ma come Lot a Sodoma, se una sola persona si renderà conto di che grandissima presa per il culo è la moda del nostalgismo che ci sbandierano (per poi frignare che gli italiani non fanno più figli --ma dai?) allora sarò soddisfatto. Nel frattempo continuo la mia opera di decostruzione.

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    2. L'hai detto tu stesso, no, con la metafora della medicina? Ricordare il passato può fare bene, regalare un sorriso, ma non deve diventare una 'perversione'.

      La moda di ricordare il passato inevitabilmente ha prodotto quella fase in cui "che meraviglia, che emozione, che commozione, datemi la macchina del tempo", ma poi, come tutte le mode, passato quel momento si rientra nei ranghi. Secondo me già questo avviene e non c'è bisogno di decostruzione (questo non significa ovviamente "smetti di rompere le scatole e chiudi il blog", è un discorso generale).

      Allo stesso modo il citazionismo, il remake imperante..secondo me siamo già nella fase d'assuefazione.

      Poi il nostalgismo si applica anche fuori all'ambito nerd (al calcio, ad esempio, se vogliamo fare un esempio particolare).

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    3. Mah, tra blog nostalgisti, post su facebook di gente insospettabile, paraculate nel mezzo di comunicazione film/telefilm e cose varie non sono ottimista come te, sarà pure il tempo dell'assuefazione ma ogni occasione è buona per dire "Ehi, vi ricordate di questo questo e quest'altro?" e tutti "Oh, cosa mi hai ricordato! Ne cerco uno subito su ebay! Addio stipendio!!!1!!" e insomma non vedo via d'uscita, per ora.

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  2. Io sono totalmente d'accordo con tutto, eppure continuo consapevolmente a collezionare videogiochi anni '90 (completi di scatola e manuale, ovviamente). O meglio: avevo smesso per un periodo abbastanza lungo ma adesso ho ripreso. So che non me ne farò niente a parte ammirare la mia collezione come un voyeur a cui non interessa veramente consumare, me ne rendo conto. Eppure mi pare che sia un qualche modo per rilasciare lo stress, infatti mi capita più spesso in periodi di forte tensione. Senza guastarmi stipendi interi, eh. Sono forse affezzionato alla mia malattia?

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    1. Beh, il tuo è un collezionismo, che insomma, ci sta! Volendo, può essere pure un investimento, ma è fuori da ogni dubbio che le scatole dei videogiochi degli anni 90 sono oggetti esteticamente belli. Quello di cui ti ringrazio è che non lo fai giustificandoti con te stesso col fatto che vuoi entrare in contatto col tuo lato infantile e non ti fai moralmente superiore perché hai mantenuto il tuo lato bambino-entusiasta-sognatore e tutte ste cose qui. Perché (da far scrivere cento volte alla lavagna alle prefiche nostalgiste) IL COLLEZIONISMO NON È GIOCARE, che cazzo.

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    2. No, no. Anzi, quasi me ne vergogno! Però sì, come parziale giustificazione ricorro anch'io con me stesso al fatto che potrebbe essere un investimento se aumentassero di valore e che sono un bell'esempio dell'arte grafica che fu. Poi, insomma, è un periodo un po' così in cui non ho persone a carico/particolari responsabilità e mi devo pur concedere qualche soddisfazione ogni tanto!

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    3. Ma infatti puoi concedertelo senza problemi! È lo sbandierare superiorità morale perché si mantiene l'innocenza della fanciullezza, il "vojo tornà bambino" (per citare un comico che non faceva ridere) cercando di ricreare un'infanzia artefatta a partire dal riempirsi di giocattoli dei tempi che mi sta personalmente sui coglioni. Il collezionismo è un hobby come tanti altri: Andreotti collezionava campanelle, che diamine.

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Sicuro di aver letto bene il post? Prima di postare, rileggi.

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