lunedì 26 novembre 2018

Golden Axe

A tutti è capitato di avere un amico cazzaro, no? Domanda retorica, ovviamente. In giovane età si tende a credere a qualsiasi cosa, e i cazzari hanno terreno molto fertile. Poi si cresce e niente, si continua a credere a qualsiasi cosa, e i cazzari continuano ad avere terreno fertile. Ci vuole una certa autostima e una certa sicurezza di sé per decidere che una sparata di qualcuno è senza dubbio una cazzata e ribellarsi a quella che le meretrici del click chiamano narrative. 

Come ben sapete, io per mantenermi coi piedi per terra mantengo un regime costante di basssa autostima ai limiti dell'autodisprezzo e per questo tendo alla creduloneria: anche se devo dire che quando, prima di un esame, arrivava puntualissimo il cagadubbi a dire "oh ma questa cosa la chiede, no?" e tutti subito ad aprire il libro a "ripassare" cose che ovviamente non erano previste dal corso, io non aprivo il libro e stoicamente aspettavo l'inizio. Ma lo stomaco mi si attorcigliava come un nodo Savoia e una vocina dentro di me mi diceva "Coglionazzo! Tutti ora studiano cose che il prof chiederà sicuramente e tu unico coglione ad essere segato! *Grassa, roboante e sadica risata*"

La mia vocina interiore è uno stronzo.

lunedì 19 novembre 2018

The Incredible Machine

Reuben Garret Lucius Goldberg, detto Rube. Nel 1993 i redattori tutte le discutibili riviste di settore  d'Italia (e presumo pure nel resto del mondo) si scoprirono grandi intenditori di questo non conosciutissimo fumettista, che negli Stati Uniti era noto per disegnare fumetti in cui macchine ipercomplicate e poco efficienti venivano impiegate per portare a termine compiti molto semplici. È un concetto molto divertente e creativo, condito di quell'horror vacui che se sei bambino trovi fighissimo (e lo sto scoprendo piano piano quando leggo i libri di Richard Scarry, Peter Cross o del recentemente scomparso Tony Wolf a mio figlio). 

Perché come già dissi a proposito di Bubble Ghost, quando sei piccolo e immagini di costruire qualcosa, ci metti sopra tutti i possibili orpelli perché più una cosa è complessa e più optional ha, più è affascinante. Poi magari la cosa in questione la compri già fatta e l'istinto è quella di prenderla semplice, come si vede nei libri o nei film, magari con un design obsoleto.  Perché? Non lo so. Ma è inutile parlarne, l'ultima volta che l'ho fatto questa parte di articolo non è stata minimamente considerata e vedere i commenti che prendevano una frase di esempio e cercavano di dimostrare perché non è sempre così mi hanno fatto venire voglia di pulirmi gli occhi da quello che avevo letto con un panno in pelle di camoscio.

Tipo così.

lunedì 12 novembre 2018

Il Grande Gioco di Tangentopoli

Qual è stato il primo reality show di cui avete memoria? La maggior parte di voi dirà il Grande Fratello, e in effetti tutti ricordiamo i personaggi della prima edizione e lo scalpore che fece l'idea di dedicarsi al voyeurismo 24 ore su 24. Un mio compagno di liceo comprò la piattaforma satellitare Stream (che a parte il GF non aveva praticamente niente rispetto alla concorrente Telepiù) per poter vedere le scene nella doccia o di sesso. E questo era pure molto meno sfigato di me, all'apparenza.

Chi invece tra voi è un po' più anziano e ha un po' più di cinismo in corpo parlerà della tragedia di Vermicino, con il povero Alfredino Rampi che moriva nel pozzo artesiano sotto la stretta osservazione delle telecamere RAI, che documetavano gli errori grossolani dovuti alla teatralità dei tentativi di salvare il bambino. Durò 18 ore, fu chiamata "la TV del dolore", e fu il momento in cui l'Italia perse la sua innocenza. Era il 1981.

Nel 1981 non c'era Simulman a combattere le fake news

Per me che sono nato un anno dopo quell'incidente ma che comunque ho in corpo un bel po' di cinismo, il primo reality show di cui ho memoria è la copertura televisiva dell'inchiesta "Mani Pulite". Pensateci bene: ci si sintonizzava sui telegiornali chiedendosi chi sarebbe "uscito" oggi, si teneva per il pool dei giudici capeggiati da Antonio Di Pietro (la cui popolarità raggiunse l'ottanta per cento, la soglia dell'eroe). Si tifava contro i cattivi, i politici che intascavano soldi, e c'era chi esultava quando qualcuno di loro si suicidava. 

giovedì 8 novembre 2018

Piacere, sò Mario.

Siccome siamo tutti vittime del multitasking e molti di noi non hanno tempo di leggere articoli lunghi, ho collezionato semplici riassuntini degli articoli sui videogiochi che ho trattato finora in un'unica comoda pagina, a metà tra il Bignami e Selezione dal Reader's Digest.

La trovate qui.

RingraziandoVi per la cortese attenzione porgo distinti saluti, si proceda pure.

L'ex videogiocatore.

lunedì 5 novembre 2018

Raptor - Call of the Shadows

Per i computer c'era Amiga contro PC. Per le avventure grafiche c'era Sierra contro Lucasarts. Per i giochi di ruolo c'erano gli Ultima contro tutti gli altri. Non parliamo poi, nel mondo delle console, di quella specie di guerra santa che era Sega contro Nintendo. 

Insomma, la storia del videogioco è fatta da continue rivalità, perché in un mondo ormai postmoderno in cui i confini vengono rapidamente sfumati (e continueranno ad esserlo, a dispetto dei tentativi di far tornare in auge nazionalismi di facciata da parte di certi elementi con poche idee), all'individualismo che prende sempre più piede si scatena quel meccanismo di difesa psicologico che è ben descritto dalla Teoria dell'Identità Sociale.

Ovvero intonare la sigla di Sonic the Hedgehog con la mano sul cuore
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