Reuben Garret Lucius Goldberg, detto Rube. Nel 1993 i redattori tutte le discutibili riviste di settore d'Italia (e presumo pure nel resto del mondo) si scoprirono grandi intenditori di questo non conosciutissimo fumettista, che negli Stati Uniti era noto per disegnare fumetti in cui macchine ipercomplicate e poco efficienti venivano impiegate per portare a termine compiti molto semplici. È un concetto molto divertente e creativo, condito di quell'horror vacui che se sei bambino trovi fighissimo (e lo sto scoprendo piano piano quando leggo i libri di Richard Scarry, Peter Cross o del recentemente scomparso Tony Wolf a mio figlio).
Perché come già dissi a proposito di Bubble Ghost, quando sei piccolo e immagini di costruire qualcosa, ci metti sopra tutti i possibili orpelli perché più una cosa è complessa e più optional ha, più è affascinante. Poi magari la cosa in questione la compri già fatta e l'istinto è quella di prenderla semplice, come si vede nei libri o nei film, magari con un design obsoleto. Perché? Non lo so. Ma è inutile parlarne, l'ultima volta che l'ho fatto questa parte di articolo non è stata minimamente considerata e vedere i commenti che prendevano una frase di esempio e cercavano di dimostrare perché non è sempre così mi hanno fatto venire voglia di pulirmi gli occhi da quello che avevo letto con un panno in pelle di camoscio.
Tipo così. |
Ma sto ovviamente divagando. Ora sono un uomo adulto e ho un lavoro serio e per quanto una macchina incasinatissima in stile "Rube Goldberg" sia spesso una tentazione piuttosto forte, il vero casino è eliminare il superfluo per non cadere nella trappola che in francese viene chiamata Usine à gaz, letteralmente un "impianto a gas", che è una cosa eccessivamente complicata che in definitiva ha un rapporto costi/benefici negativo, proprio come gli impianti per produrre gas per l'illuminazione urbana a partire dal carbone. Questo era un processo così costoso e complesso che gli impianti a gas chiusero tutti e se per l'illuminazione urbana venne usata l'elettricità, per tutti gli altri usi rimasti, si preferì il gas naturale.
Ricordo (e non chiedetemi perché) un antico numero di Topolino trovato in cantina, semi-distrutto: il numero 322 del gennaio 1962, in cui c'era una storia (originariamente americana) chiamata "Tempo di scuola: progetti e invenzioni", in cui alla scuola di Qui, Quo e Qua andava a far supplenza Archimede Pitagorico, che faceva una versione potenziata dell'educazione tecnica durante la quale, alle medie, si faceva il fantacalcio, si giocava a Magic e i più "anziani" si sdraiavano sui banchi a farsi fare i massaggi dai compagni di classe più "sottomessi".
Questo però non si leggeva durante educazione tecnica. |
Sto divagando di nuovo. Dicevo: Archimede va a scuola e produce una macchina bellissima, e la genialata della storia è che il nome dell'invenzione è "La macchina che non serve a niente". Nella descrizione del pennuto ingegnere della macchina, (parafraso) tutto va per il verso giusto, le ruote girano, le pulegge "puleggiano" ma alla fine non si produce niente. Intuirete che 'sta cosa mi aveva colpito tantissimo, tant'è che alla mia attuale veneranda età ancora me lo ricordo.
Tutto questo per dire cosa? Che psicologicamente parlando, proprio per via la maggiore difficoltà nella semplificazione che nell'ipercomplicazione, questi enormi e complicatissimi orpelli sono qualcosa di estremamente soddisfacente. E questo la Dynamix (quelli di Ghostbusters 2 e di "Dinamicamente Dynamix") lo aveva capito benissimo, perché quanto uscì il gioco di oggi, a dispetto di un lato tecnico estremamente semplicistico, tutti i recensori si stracciarono le vesti in segno di gioia. Sigla!
Già il gioco parte BENISSIMO: la risoluzione è 640x448, e sapete quanto io ami le risoluzioni esotiche. Una palla da bowling scende su una serie di rampe, per poi cadere su un'altalena che tira l'interruttore di una lampadina, la cui luce, attraverso una lente, dà fuoco alla miccia di un cannone, che spara una palla contro un guantone da boxe a molla, che tira una sberla a una palla da baseball, che cade su un paio di forbici, che tagliano il cordone di un palloncino, che salendo al cielo accende un interruttore, che fa partire un ventilatore, che fa girare un mulino a vento, collegato a un tapis roulant che porta l'articolo "The" sul titolo, distruggendo anche la boccia di un pesce rosso. Ora, due cose da notare qui:
1) Col cazzo che per ogni screenshot vi descrivo passo dopo passo ogni movimento
2) Non ci penso neanche a finire una descrizione con "...che al mercato mio padre comprò", perché è un tormentone che dopo due volte che lo senti ti fa venir voglia di infilare le palle negli ingranaggi di un'enorme macchina di Rube Godlberg.
Schermata dei crediti. In realtà la cosa bella dell'intro è che è automaticamente un tutorial, in cui vedendo come si comporta ogni singolo pezzo impariamo come affrontare il gioco senza stare troppo a leggere il manuale, che non avremmo comunque letto perché i veri uomini non leggono le istruzioni (dico questo per stuzzicare la signora Ex Videogiocatore che mi legge, ma sa benissimo che quando c'è da leggere le istruzioni lo faccio, quasi sempre).
Via di primo livello! Dobbiamo fare canestro con la palla da basket. Se vi ricordate quello che ho scritto su un articolo pubblicato più o meno ai tempi della glaciazione del Würm, ci avevo provato a farmi piacere il gioco del basket, ma non ci sono mai riuscito. È anche vero che ho giocato a diversi altri giochi della pallacesta e prima o poi vorrei parlarvene, ma magari mi rompo i coglioni prima. Boh!
E insomma come procediamo? Abbiamo una serie di oggetti sul lato sinistro, e come se stessimo lavorando su un programma tipo Paint, li piazziamo sulla schermata, che ha la forza di gravità (regolabile nella schermata precedente) messa in pausa. Il che significa che abbiamo tutto il tempo possibile per disegnare la nostra macchina ingredibbile, senza la sensazione di avere l'acqua alla gola e la cliccata a caso che avremmo in Lemmings, a cui ho dato merda (mi piace ricordarvelo per farvi soffrire). In ogni caso, usiamo una rampa per far scendere la palla da bowling in sospeso sul tapis roulant in modo che cozzi con l'altra palla.
Dopodiché colleghiamo al "tapirulan" l'altro "tapirulan" con una cinghia, poi mettiamo un criceto a caso e... uhm. Mi sto perdendo. Magari vediamo cosa succede se faccio partire il tempo?
Ecco, cliccando sullo starter in alto a sinistra facciamo partire la nostra macchina per scoprire che non succede niente. Bah. Fanculo. Riproviamo.
Stavolta mettiamo il criceto sotto la prima boccia, e colleghiamo il criceto al primo tapis roulant, e facciamo lo stesso per gli altri due rulli. Quando il criceto viene urtato da un oggetto contundente inizia a correre, ed è proprio questo che vogliamo, far andare il tapis roulant in alto in modo che la palla da basket finisca nel canestro. Ecco qua! Abbiamo passato il primo livello.
Il secondo livello consiste nel far sì che entrambe le palle da bowling finiscano nei cesti fatti coi tubi metallici. Una è già sistemata, dobbiamo solo copiarla dall'altro lato...
...stando attenti a rispettare la simmetria, tipo che la gabbia col criceto va girata nella direzione opposta, perché opposta è la direzione in cui far scorrere il tapis roulant. Presto fatto!
Terzo livello, far scoppiare i palloncini. Usiamo i mantici per spostarli verso qualcosa di contuntente, e usiamo oggetti pesanti per schiacciare i mantici. Pronti?
Via! Facilissimo. È FACILISSIMO! FACILISSIMO!!!!Così non faceva altro che ripetere un tizio che mia moglie ed io conoscemmo a una cena piena di persone dai contenuti piuttosto scarsi, che presentava una sua creazione culinaria, una roba semplicissima che faceva passare come uno sforzo sovrumano e ostentava nonchalance ripetendo "è facilissimo" come un disco rotto. Da allora certe cene abbiamo preferito evitarle.
Vabbè, altro livello. "Flip, flip, flip" è il nome, e rende bene l'idea che dobbiamo mettere un po' di altalene/catapulte, quel che è.
Così, con grande soddisfazione, flip, flip, flip, facciamo una bella reazione a catena non troppo dissimile da quelle che avevamo visto su Pushover, che a me era piaciuto non poco proprio per via del suo essere non troppo frenetico ma molto più "cerebrale" di certi sedicenti puzzle game che alla fine, a guisa dei cosiddetti "real time strategy", altro non sono che una gara a chi clicca più veloce. Arriveranno pure gli strategici in tempo reale su questi pixel, non temete.
"Punch out" è il nome del quinto livello, e so che già state strillando su quanti ricordi vi fa venire in mente il gioco di pugilato sul Nintendo (che magari manco avete avuto): in realtà qui si introduce solo il guantone da boxe a molla che avevamo già visto nella presentazione.
E voilà. Con sapiente uso delle catapulte e delle palle, riusciamo a dare la spinta alla pallina da baseball per farle raggiungere il tubo di metallo. Già il gioco inizia ad essere meno immediato, e devo dire che apprezzo questa curva d'apprendimento non troppo rapida, né troppo rompipalle.
Siamo sempre nella fase tutorial, comunque, "Bouncing over to Mort" e Mort apparentemente è il nome del criceto. Dobbiamo colpire la gabbia del roditore tramite un sofisticato sistema di trampolini. Facile?
Ecco, non era facile come pensassi, ma è estremamente soddisfacente tirare la pallata a quel topaccio maledetto dopo una serie perfetta di rimbalzi. E cosa ancora più incredibile, non sono frustrato, ragazzi! Mi sto forse rammollendo?
"Jack says: Hi, Bob!" Bob è il pesce, Jack è il cosiddetto "Jack in the Box", ovvero quelle scatole con il pagliaccio che salta fuori a molla se le carichi a sufficienza. Esiste un nome italiano per il jack in the box? In francese e in olandese si chiama "Diavolo in scatola", in spagnolo è chiamato "Cassa a sorpresa". Boh. Mi sa comunque che è un gioco che in Italia non ha mai avuto successo.
Ma a noi ce ne frega poco, colleghiamo il criceto alla manovella della scatola, e con un accurato sistema di rimbalzi, facciamo uscire il pagliaccio in modo da uccidere il pesce. Come fa la testa del pagliaccio a passare attraverso il muro? Non ne ho la più pallida idea, ma fa tutto parte della sospensione dell'incredulità: d'altra parte fare questo gioco in 3D sarebbe qualcosa di noiosissimo.
Proseguiamo, necessario far scoppiare il pallone facendo girare la ruota dentata a cui è appoggiato.
Presto detto, un sistema di mantici, palle e mulini a vento concatenati, e via che il palloncino tutto rosso, come la disgustosa vecchia pubblicità degli assorbenti, subito scoppia. Vi ricordate quella pubblicità? Faceva veramente schifo.
Livello 9, ridendo e scherzando: abbassiamo tutti i secchi. Abbiamo una palla, un trampolino e un paio di forbici...
Usiamo il trampolino per far rimbalzare la palla da baseball (già presente sotto le forbici) in modo da colpirle e tagliare i due secchi collegati tra loro con un sofisticato sistema di carrucole. I tre secchi sono caduti, ma il livello non finisce. Perché? È con una forte ma benevola imprecazione che mi rendo conto che c'era il trampolino in mezzo. Ben giocata, gioco.
Taac. Fine livello. Bello, anche se stavolta non è che fosse tanto una macchina, no? Vabbè.
Bang bang, di colpo lei, bang bang, lei si voltò, bang bang, di colpo lei, bang bang, a terra mi gettò. La cover italiana dell'Equipe 84 della canzone che venne usata per la colonna sonora di Kill Bill era uno dei 45 giri che stavano nella collezione di mia mamma, assieme a praticamente tutto dei Beatles, molta roba di Guccini, poi altre robe varie che non ricordo e l'ottimo "Signor Cannibale" di Sacha Distel, di cui ho già parlato nell'articolo su Rockford. Sacha Distel peraltro era uno che di gnocca ne usufruiva non poco, e appariva tutto bello tronfio sulla copertina del disco con un pullover sulle spalle legato attorno al collo, cosa che se lo facevo io (e lo facevo perché mia nonna mi rompeva i coglioni prima che uscissi la sera al mare) ero il top della sfiga.
Parlando di top della sfiga: pur essendo il gioco del 1992 mi arrivò 4 anni dopo, in prima liceo (quando iniziò la mia grande discesa nel vortice della sfiga) da un compagno di classe che era molto più popolare di me. Il suo interesse nei videogiochi durò ancora poco, il mio, ahimè, sì.
Come ho già detto, quando lasciai per la prima volta il Vecchio Paese per fare tutti i giorni avanti e indietro al liceo di una città più grande, ci fu un grande scontro culturale tra i campagnoli e i cittadini. Noi campagnoli, più semplici, eravamo di default decisamente più sfigati e ci trovavamo a inseguire. I cittadini, invece, si atteggiavano a molto più maturi di noi perché ci avevano "i probbbblemi" che noi del vecchio paese manco pensavamo fosse possibile porsi. (Non parliamo poi delle ragazze, che oltre a iniziare timidamente a muoverci qualcosa dentro, già allora non facevano altro che parlare di tipologie di assorbenti. Che mistero).
"Like a hurricane" per citare gli Scorpions, il cui 45 giri né mia mamma né mio papà avevano. Strano eh? Nel 1984 avevo due anni e al massimo avrò ascoltato qualche musicassetta "Bimbomix" e come al solito ho già il trattamento pronto per quelli che tra voi hanno detto "E SI PIANGE!"
Il trattamento. |
Vabbè, il fatto è che ora abbiamo tre ventilatori e dobbiamo accenderli tutti e tre mediante gli interruttori vicini alla presa di corrente alla quale attaccheremo i suddetti ventilatori. Non ci avete capito niente, vero?
Ecco la soluzione. Una palla in caduta libera sul primo interruttore, una palla fatta rimbalzare per tirare su la levetta del secondo interruttore, il cui ventilatore sposterà il palloncino ad accendere il terzo ventilatore.
L'affare si ingrosa! Ora abbiamo generatori a dinamo (azionata da cose girevoli) e motori elettrici. Come procediamo?
Semplice (si fa per dire) attacchiamo tutto ciò che gira a un generatore: prima il mulino a vento azionato dal ventilatore, che farà girare il generatore per il motore che farà andare il tapis roulant in modo da far sì che la palla da basket colpisca il topo, che correndo attiverà il ventilatore che farà volar via la pallina da tennis. Non provate a farlo a casa, ragazzi. Sarà che in casa dei miei al Vecchio Paese ci sono sempre stati criceti non troppo svegli, ma ogni volta che accidentalmente urtavo la gabbia, i roditori in questione col cavolo che facevano la ruota. Oh beh!
Che abbiamo di nuovo ora? Ah! I generatori a pannello solare. Dobbiamo far girare le tre ruote dentate in basso a destra. Non so se avete notato, ma piano piano sta diventando tutto sempre meno immediato, ma senza quell'assurdità che ci fa partire il vaffanculo in automatico. Bellissimo
E voilà, ho un discreto tavò di spiegarvi che cosa ho fatto, quindi l'interpretazione della gif animata qui sopra viene lasciata al lettore come esercizio. Quando 'sta frase la trovavamo scritta sul libro di matematica a proposito di un teorema non risolto, ovviamente lo prendevamo come assioma. Non è un caso che, oltre a essere gli anni della sfiga, quelli siano stati gli anni in cui è insorta la devozione alla filosofia del tavò.
Prossimo livello, in cui si fa uso un po' di missilistica per arrivare ad accendere una candela. Sì, sì, manca la marca "ACME" di tutti questi oggetti e saremmo già all'interno di un cartone animato Warner Brothers, che peraltro "collezionavo" registrandone a centinaia su una videocassetta da 5 ore. Avevo sviluppato una grandissima prontezza di riflessi col telecomando, per questo. Tutto fa brodo, insomma.
Si accende la candela, si dice buonasera. Solo che per farlo si utilizzano due razzi e dei candelotti di dinamite. Tutto molto bello. Prossimo livello?
Ah, le scimmie in bicicletta con una canna da pesca che gli mostra una banana. Tirando le veneziane che separano la scimmia dalla banana, il primate vede il frutto e si mette a pedalare come un deficiente. Il nostro obbiettivo è quello di farle pedalare entrambe...
Più tardi.
È merda? Ovviamente no, è un gran bel giochino. Già la risoluzione esotica è un grandissimo plus per me (sono strano, lo so).Aggiungiamo la grafica rassicurante e cartonosa che non solletica il lato timoroso del grandissimo cacasotto quale ero ai tempi, mettiamo pure il ritmo tranquillo che mi lascia davvero tempo per ragionare piuttosto che cliccare come un deficiente con l'acqua alla gola, e allora per i miei standard questo gioco non è merda. Ma mi sa che ve lo aspettavate, no?
Ci rigiocheresti? Sì, ma con una certa disciplina per evitare di trovarmi alle 3 di mattina ancora sveglio. Ci vuole molta attenzione.
È uscito nel 1992. È dunque il gioco più bello di sempre? Nonostante tutto, non lo è, e questo la dice lunga sulla qualità dei giochi per MS-DOS usciti nel 1992.
Ex, ho scritto un commento lunghissimo. Se 'disturba', cancella pure tutto: non mi offenderò.
RispondiEliminaMi sono infatti riletto tutto il post su Bubble Ghost con attenzione, perché mi sentivo "in debito" come lettore (una volta lessi su un blog i doveri del buon lettore, è un'altra storia, ma capisco cosa volesse dire l'autore di quel post), visto che in diverse circostanze hai esternato del rammarico per la scarsa attenzione riservata ai tuoi ragionamenti di allora.
Partiamo dal fantasma, su questo concetto non ci sono fraintendimenti. Film mentali, sogni a occhi aperti: sono quelle situazioni in cui siamo protagonisti in prima persona, ma allo stesso tempo osservatori in terza persona (in pratica vediamo noi stessi come una delle persone protagoniste di questo film mentale). Questi film mentali/sogni a occhi aperti generano i fantasmi nella nostra mente, fin da bambini.
Da questi fantasmi si sviluppano le relazioni che, da bambino, sono dirette verso "oggetti" (secondo la teoria di M.Klein), che possono essere oggetti materiali, ma anche persone. Le pulsioni ci spingono verso queste realizzazioni con l'obiettivo del piacere personale. Guardiamo al bambino: desidera il giocattolo, ma anche la compagnia dell'amico perché attraverso il gioco (solitario o in compagnia), prova piacere.
Per questo il fantasma è attaccato agli oggetti (e paradossalmente anche alle persone).
Abbiamo detto della pulsione che può essere pulsione alla vita (creare qualcosa di nuovo, organizzare la realtà in maniera più complessa) e di pulsione di morte (che più che distruzione, il contrario di creazione, è in realtà qualcosa di fermo, immobile, morto, immodificato). Da bambino compriamo il giocattolo Lego, lo costruiamo secondo le regole, ma poi lo ricostruiamo come piace a noi, facendoci anche magari piccole modifiche. Al massimo ci "costruiamo", sopra le nostre storie.
Paradossalmente anche un gioco all'apparenza che non ci piace, diventa un gioco gradito, perché lo adattiamo a noi: magari da un Lego (per noi) brutto ricaviamo una costruzione (per noi) bella, oppure usiamo un pupazzetto che non ci piaceva con un ruolo diverso e quindi diventa utile al nostro piacere e divertimento.
Facendo un passo indietro, all'esempio della radio, la persona esprime al sua pulsione alla vita nel progettare una radio che sia piena di orpelli, personalizzata al massimo; ne compra però una semplice, immodificata e senza vita, per darci la nostra propria pulsione di vita.
Ti faccio un esempio all'apparenza assurdo: la radio non diventa solo il mezzo che trasmette musica, ma può diventare anche la radio trasmittente usata dal bambino per un gioco (storia vera).
2/2
EliminaTorniamo al Lego. L'adulto compra un lego, lo monta e lo mette nella vetrinetta. Si può dire che in questo non ci sia pulsione alla vita: non si costruisce qualcosa di nostro, non si usa quelllo che si è costruito per liberare la nostra fantasia e inventare storie.
E immagino sia innaturale questa mancata pulsione alla vita. Poi c'è l'aspetto negativo dato dal fatto che la spinta all'acquisto di quel Lego è sì l'attaccamento all'oggetto, ma piuttosto - in questo caso - l'attaccamento a un oggetto che da bambino ci provocava piacere (il gioco, costruire il Lego diverso, modificarlo, farci le storie sopra). Questo - approssimando per non tornare su vecchi discorsi - per l'incapacità di vivere il presente, di pensare al futuro, guardando sempre a un passato "mitizzato" (eliminato dei ricordi negativi) nel quale non c'erano responsabilità.
Ad ogni modo l'adulto ricerca ovviamente oggetti che però sono diversi dai "giocattoli" (ad esempio la continua ricerca di oggetti elettornici che appaghino il nostro piacere).
Veniamo al concetto delle regole. Il bambino, nella pulsione verso la vita, crea regole che caratterizzano il suo gioco. Talvolta, in un gioco in scatola, modifica le regole esistenti per fare le sue. Perché lo rende più divertente, altrimenti lo butterebbe via. L'adulto, giocando al gioco in scatola, non può creare altre regole (non c'è pulsione alla vita): quindi finisce per rimanere prigioniero di regole che magari rendono il gioco poco divertente. Spostandoci nell'ottica del videogioco, da ragazzino si gioca al videogioco in modo serio: lo si vuole finire. Così il ragazzino si intestardisce in lunghe sedute, finché non raggiunge il suo obiettivo. Paradossalmente quel gioco può anche non piacergli del tutto, ma lui lo vorrà finire. E una volta finito, quel gioco gli sarà comunque piaciuto.
L'adulto?
Se ben ho capito il tuo ragionamento, il videogioco deve essere qualcosa da fare senza quella "preoccupazione" di doverlo finire, deve essere qualcosa che ci dà piacere e ci divertente, altrimenti lo si butta nel bidone senza esitazioni, giusto? Quelle regole non le tolleriamo? Bene, è un gioco di merda e lo buttiamo via.
Sì, più o meno una cosa del genere. Da piccoli il gioco è un modo per apprendere sperimentare in una "sandbox" con le regole della vita reale, da adulto è un modo per far finta che le regole della vita reale non ci siano (d'altra parte si ammazza senza conseguenze nei videogiochi) o che siano diverse.
EliminaL'accaparrarsi giocattoli su eBay per sperare di ricreare le gioie dell'infanzia invece è una forma di superstizione, un "cargo cult" che, per carità, magari dà la botta di adrenalina necessaria a tirare avanti, ma non è giocare. Questo è semplicemente quello che volevo dire con Bubble Ghost ed è anche quello che mi fa cascare le braccia quando leggo (sempre più sporadicamente in realtà) altri blog di fondamentalismo guaglionista.
In questo per me The Incredible Machine è gioco nel vero senso della parola: anche da adulti si sperimenta con regole della fisica diverse da quelle della vita reale, ci si diverte a scoprirle e ad applicarle. Oh, è un gran giochino che lascia anche lo spazio per il cazzeggio al di là della semplice aderenza agli obiettivi del gioco in sé. Mica poco, no?