giovedì 18 novembre 2021

La proustiana-winnicottiana stampa di settore: PC Action 4 (Settembre 1992)

Ho parlato più volte in questa sede di quella che Donald Winnicott definisce "la paura del crollo". La paura del crollo è quella specie di tara mentale che ci portiamo dietro quando abbiamo subito, appunto, un crollo: e che cos'è un crollo? Beh, secondo Winnicott, il crollo è quando nella nostra personalissima storia c'è stato un momento in cui le cose sono andate tutte un po' a puttane. E la conseguenza non è quella che potremmo immaginare, e cioè che si sta di merda e non ci si ripiglia più, perché effettivamente, l'essere umano ha una resilienza molto notevole. Al punto che un sacco di imbecilli si fanno il tatuaggio con su scritto "resilienza" ma questa è un'altra storia. 

facile essere resilienti quando sei il rampollo ritardato di una famiglia di plutocrati che si fa passare una paghetta molto ampia per evitare di fare danni nell'azienda di famiglia

Dicevamo, il crollo. Quando questo avviene, spesso accade che per via della sovramenzionata resilienza, lì per lì la cosa non ci tange minimamente. Il che è una figata all'apparenza, ed è principalmente dovuto al fatto che per centinaia di migliaia di anni i meccanismi evolutivi hanno premiato chi già nel breve termine, a fronte di una catastrofe, se ne sbatteva i coglioni e subito si rimetteva in carreggiata, per quanto potesse. 

Un po' come la mentalità che mia nonna voleva che io avessi. Tac, tac, scattare! Succede la catastrofe? Eh, chissene! Che a voler pensar male uno direbbe che questo atteggiamente potrebbe significare un "non rompere i coglioni con i tuoi chiari di luna", specie perché proveniva da una persona che per andare a parlare con il direttore della filiale della banca del Vecchio Paese iniziava a prepararsi psicologicamente tre giorni prima dell'appuntamento. 

Di fatto, proprio per questa caratteristica della mente umana, il crollo lì per lì non viene neppure elaborato, anzi, si tira avanti come se niente fosse. E questo è un problema perché il crollo, come ogni perdita, per essere elaborato deve passare attraverso quelle che Kubler-Ross ha chiamato "le fasi di accettazione del lutto". Ci avete presente, no? Negazione, rabbia, patteggiamento, depressione e infine accettazione, non necessariamente in ordine, non necessariamente ben distinte tra loro, ma alla fine l'idea è quella di arrivare all'accettazione, in qualche modo.

Altresì detta fase del "vaffanculo Drugo, andiamo al bowling"


Ecco, per questioni di decoro familiare, di pigrizia, di non voler rompere i coglioni tirando fuori cose scomode, di peer pressure dell'ambiente circostante, che non sia mai che la gente lo venga a sapere,  insomma spesso ci si ferma al primo punto, alla negazione, e cioè tutto viene insabbiato. Ecco il problema è che dalle sabbiature le cose, spesso, escono: ne parlò Tisseron nel suo "Segreti di famiglia" dicendo che le cose messe a tacere, in ogni caso, trasudano, anche a livello inconscio, ed emergono sotto forma di comportamenti anomali, di tic, e appunto di paure. Tisseron, leggendo a fondo i fumetti di Tintin, riuscì a capire che c'era un segreto, nella famiglia di Hergé, che venne rivelato in una biografia solo diversi anni dopo (il segreto era che il padre di Hergé era nato da una relazione illegittima e l'identità del nonno paterno era ignota). Queste cose paiono stronzate ma se fatte bene funzionano. 

Il fatto che il padre di Spielberg non cacasse suo figlio manco di striscio invece è trasudato nell'estetica "uncanny valley" dell'orrida conversione cinematografica di Tintin

Secondo Winnicott, il crollo non elaborato ha come conseguenza che per tutta la vita e ci aspettiamo che il crollo stia per arrivare, quando invece c'è già stato, e per questa "fine del mondo immanente, prima ancora che imminente" (per usare le parole di Frank Kermode) tutto quello che facciamo ci sembrerà inutile perché in ogni caso sta lì lì per arrivare sto enorme scatafascio che manderà a troie tutti i nostri sforzi. Orribile, vero? Quindi o ci si lascia sopraffare dal tavò e ci si richiude nell'abulia (come ho fatto per un certo periodo della mia vita) oppure ci si dà da fare ma con l'eterna voce interiore che ci prende per il culo perché adesso ci arriva il disastro, eh? Stai pure tranquillo, che tranquillo è morto inculato! Insomma, capite dove voglio arrivare.

"Tranquillo" era anche il nome del padre di Massimo Boldi. Traete voi le vostre conclusioni.

Alla fine, quello che era partito come uno stupido blog, mi è scappato un po' di mano ed è diventato un esercizio per liberarmi di questa paura, ed è quindi inevitabile che in questi cinque anni abbia fatto un po' di ricerca interiore, facendomi domande scomode, e provare ad identificare da dove venga 'sta inquietudine. In questo mi hanno aiutato i videogiochi: il fatto è che i videogiochi con cui vi ammorbo ogni lunedì (ancora per poco, promesso) mi hanno in qualche modo segnato la vita, nel senso che man mano che ne provavo uno nuovo ci associavo nella mia memoria il mio stato d'animo contemporaneo a quel gioco. Ecco, è stato un ottimo sostituto di un diario, e questo esercizio mentale mi rende tutto più facile ricostruire quello che è successo.

Chiaramente, come sapete, io ero un videogiocatore pezzente. E molto spesso non erano tanto i giochi su cui mettevo le mani, quanto quelli su cui consumavo (per usare un idioletto tipico della fecale stampa di settore) litri e litri di bava a scolpirsi nella mia memoria. E a questo aumento della salivazione contribuiva tantissimo la stampa di settore, con ogni numero che usciva che mostrava giochi che sembravano il non plus ultra (i "giochi parametro"), tutta roba che era completamente imprescindibile e che sarei stato un grandissimo sfigato se non mi fossi accaparrato.

Beh, spoiler alert: un grandissimo sfigato io lo ero. Quindi mi è sembrato giusto che questo blog descriva i giochi che ho avuto e che ho desiderato di avere: detto questo, la mia lunga ricerca mi ha portato a identificare quello che ritengo essere il mio crollo con la plurimenzionata PC Action numero 4, di settembre 1992: la prima fecale rivista di settore che mi fu acquistata all'edicola del Biondo. 

L'unico problema è che è introvabile. Guardando in cantina a casa dei miei al V.P. non l'ho trovata (probabilmente finita al macero). Sulle raccolte online non si trova, di PC Action c'è solo il precedente numero 3, che aveva un mio amico e che per copiarlo chiesi ai miei di prendermi i numeri successivi. L'unica immagine che c'è è questa:

L'arancione è bello però

che è una pubblicità che si trova sulla contemporanea TGM, quella sì presente in ogni dove, grazie all'ottimo oldgamesitalia. Ah beh, accettiamo che ci sono cose che sono andate definitivamente perdute. Magari qualcuno mi manderà il PDF ora, e avrà di certo il mio più sentito ringraziamento, ma a volte il dettaglio dell'illusione del passato che si può ricostruire arriva soltanto fino a un certo punto, e poi si ferma. Anche perché ricostruire tutto per bene non richiede soltanto reperire lo scan completo di PC Action 4 del settembre 1992, ma avere accesso a una casa in cui ora abita qualcun altro.

Senza andare troppo nel dettaglio, anche perché sono fondamentalmente cazzi miei, il mio crollo è in realtà una demolizione lenta, che comincia proprio in quel periodo. 

un pezzo alla volta

Per dire: la casa del Vecchio Paese, la fredda buia e antica casa di cui parlo spesso nei miei articoli, era una sistemazione temporanea per la mia famiglia d'origine. A un certo punto, avrebbero fatto quel passo che molte coppie fanno prima ancora di sposarsi: andare a vivere assieme in una casa separata dalla casa d'infanzia. Perché a un certo punto, specie quando si comincia la propria famiglia, è ora di dire agli antentati "grazie di tutto mamma e papà, ora però mi levo dai coglioni, e quando dico coglioni intendo dire "voi"! Scherzo, stimo mamma e papà! Ciaone eh!" Ecco: nel nostro caso era tutto pronto, con un po' di ritardo, perché ci avevo già dieci anni, ma sarebbe andata così.

Ebbene, non andò così. Tutta una serie di ragioni che non è necessario esplicare in questa sede impedì ai miei di fare il grande passo, portandosi dietro me, verso quella casa. Nel frattempo, per anni ci ho passato pomeriggi, mentre mia mamma puliva, preparava, addobbava questa casa che un giorno sarebbe stato il nostro nido. E che casa era! La casa del V.P. aveva più di cent'anni, non era progettata per essere una casa monofamiliare, c'erano diversi appartamenti separati tra loro da enormi pianerottoli bui e gelidi, e quindi si stava tutti in un unico blocco di due stanze su quella che era una palazzina di quattro piani, tant'è che quando si andava in questo blocco si diceva "vado in casa", come se le altre stanze fossero già qualcosa di meno della "casa". Per tutti i venti e passa anni che ho passato come residente in quel posto, non ho mai avuto una vera "camera mia", avevo spesso cambiato stanza in cui dormivo, avevo la stanza con il PC, che era poi la mia, di "casa dentro la casa". Ma anche lì, non c'era una vera e propria separazione di ambienti, e questo confine sfumato faceva sì che si creasse l'effetto panopticon in cui la mia privacy veniva del tutto annullata perché in quella casa, io e i miei eravamo ospiti. 

architettura del Vecchio Paese, pianerottolo

L'altra casa, quella che avremmo dovuto occupare sempre a breve, ma alla fine non ci si arrivava mai, invece era un gioiellino di architettura. Luminosa, piena di vetrate, con un terrazzo agibile tutto l'anno perché era chiuso in da una vetrata ("Greenhouse" era il nome della soluzione architettonica, ed aveva senso, perché in estate faceva un caldo porco e bastardo, degno di una serra), e soprattutto, camere dai confini ben definiti: una era pure stata assegnata a me! Una delle cose che mi lasciavano più esterrefatto era il fatto che alla fine della scala che portava alla zona notte c'era un balconcino in vetro che dava una visione sull'atrio, che era pure bello grande. Per me che ero abituato a stanze quadrate con finestre spesso sempre chiuse dalle dimensioni minuscole, era una roba veramente impensabile. E fuori, un piccolo porticato e un enorme giardino che pareva una giungla. Ora, non era tutto perfetto, sia chiaro. Prima di tutto, era isolatissima. Fossi rimasto nella scuola in cui andavo, avrei dovuto sorbirmi un'ora di macchina tutti i giorni, e alle medie avrei cambiato completamente giro di amici e Dio solo sa dove sarebbe andata a parare la mia vita. Un giorno che ho voglia di dare soldi dalla fondazione OpenAI provo a formulare la domanda all'intelligenza artificiale GPT-3, ma non oggi.

l'unica intelligenza artificiale sufficientemente avanzata per certi ragionamenti

Una delle ultime volte che andai a vedere quella casa, avevo con me questa rivista, presa da poco. In effetti, era la prima volta che mi affacciavo al mondo dell'informatica là fuori: dopo il figlio del fornaio, dopo il Colonnello, dopo il gestore della palestra in cui facevo judo, ci voleva qualcosa che mi mettesse in contatto con gli ultimi trend. E gli ultimi trend erano qualcosa che non avevo mai visto. E seduto su una panca nel tinello ("la tavernetta") con il caminetto decorativo e il pavimento in cotto (era comunque un prodotto degli anni 80, quella casa) fantasticavo a quello che avrei potuto giocare allora.

Prima di tutto, i due giochi di copertina, che dopo anni riuscii ad accaparrarmi. 

Uno era Global Effect, oggetto di un'entusiastica preview nel precedente numero e cavatosela con un voto decoroso. Lo avrei preso originale un anno dopo, ma l'ambito così esteso, di gestire un intero pianeta, mi dava quella sensazione di sopraffazione, come a dire "ma io come la gestirei una cosa del genere? Mica lo so eh!" Sarà che pure l'immagine del terremoto che spaccava la crosta terrestre era abbastanza spaventosa. 

Dopodiché c'era Space Quest IV, di cui c'era pure la soluzione. Ecco, per me quella era una cosa incredibile, visto che Diabolik 1, uscito in edicola quello stesso mese, era il top della grafica che avevo potuto vedere sul mio schermo. Da notare che il gioco era uscito più di un anno prima nei negozi, ma apparentemente PC Action sentiva il bisogno di recensire quel gioco perché c'era una cosa, anzi due che si potevano mettere facilmente in copertina per attirare l'attenzione:

indovinate quali

Peccato che il Biondo, nella sua edicola, tenesse la roba con i dischetti più nascosta di "Le Ore", "Teletutto" e quelli che il mio compagno di classe B. chiamava, con un bel portmanteau, "i pornalini".

Sempre per parlare di argomenti convincenti (i.e. la phreña) c'era pure Eternam tra i giochi recensiti, con quella stragnocca di Tracy in due screenshot su tre, e forse al giorno d'oggi può sembrare strano, ma quando non c'era internet (e nemmeno i CD-ROM di immagini stock!) per trovare ogni foto che volevamo, fare apparire qualcosa di veramente bello (e per bello intendo gnocca) a comando sul nostro schermo era qualcosa di veramente impensabile.

era impensabile pure il fatto che alla fine del gioco si vedesse una spalla nuda


Mi rendo conto che lo sto usando spesso il termine "impensabile". Ma quando ero lì, in quella casa per me futuristica, con la mia copia di PC Action che mostrava tutto quello che quel catorcio del mio computer avrebbe potuto fare, beh, allora veramente, l'impensabile diventava per me possibile. Non c'era limite a quello che avrei potuto fare! Si prospettavano grandi cose, davvero.

Subito sotto, nella mia personale classifica, c'era Epic (pron. Epiccì), che sfoggiava una grafica da far paura, per quanto fosse un po' "squadrata" (così definivamo la grafica vettoriale) ma siccome Andrea Orchesi difendeva a spada tratta il gioco di cui Epic si autodefiniva rivale, ovvero Wing Commander, e chi ero io per dire altrimenti? Quindi, pur non avendolo mai visto manco in screenshot (avrei visto la recensione del seguito di Wing Commander, pure quello vecchio di un anno, nel numero successivo) tifavo di brutto per Wing Commander, perché se lo dicono le fecali riviste di settore dev'essere per forza così.

Con tutto questo bendiddio (tutt'attaccato e in corsivo) su carta, è chiaro che il gioco sul dischetto non poteva che essere una delusione. Sto parlando di The Cool Croc Twins, che insomma, era quel che era, ma per qualche settimana i miei compari ed io c'eravamo molto divertiti. 

Tutto questo senza dimenticare Klik Klak, altresì noto come Gearworks: giochino "simpatico" e poco più che però aveva la peculiarità di essere made in Italy! E io, che al tempo non fui tanto colpito dal fatto che non si andava più a vivere nella casa nuova per il fatto che ero felice (sì, felice!) di restare al Vecchio Paese, non potevo non essere spinto da uno spirito patriottico nell'approvare tutto ciò che veniva creato sul Sacro Suolo Italico. Bah!

"Oh, ma quindi li hai fatti tutti i giochi di quella rivista?" chiederete voi. Eh, no, pur essendo molto meno PaZzErElLaH e più professionale (senza vocali allungate, per favore) di TGM, PC Action ai giochi ci dava non poco peso: di giochi a cui non ho giocato né ho desiderato particolarmente, al di là della bava tout court di cui inzuppavo questa rivista ce n'erano, e ora provo a rievocarli in un autocompiaciuto elenco puntato.

  • Super Tetris: che era come Tetris, pronunciato "TETYAIS" perché la R era quella rovesciata del cirillico. L'unica differenza era qualche bonus in più e le immagini fisse del Circo di Mosca sullo sfondo. La cosa che mi fece incazzare fu come mai avesse un voto così alto (90, credo) di grafica. Sarà mica perché il voto di un fecale redattore della Xenia non è un valore assoluto? Ha! Bella cazzata. 
i suini ammaestrati sono parte della Misteriosa Anima Russa, ovviamente

  • Race Drivin': conversione da coin op del seguito di Hard Drivin, che fosse "tirato via" lo si  vedeva fin dalle foto, ed era l'unico gioco di quel numero che avesse un voto globale sotto l'80, cosa che lo rendeva automaticamente merda. La grafica poligonale ("squadrata") me lo fece tornare in mente quando un mio amico mi passò Stunts, ma fortunatamente Stunts era figo, questo, con le sue tre piste e nessun editor, non lo era. Tant'è che il redattore di turno fece pure un box in cui diceva quanto facesse cagare la software house che si curò della conversione, la Domark, il che visto ora non mi pare molto professionale, ma al tempo per me Domark divenne sinonimo di schifezza.
in effetti

  • Sempre della Domark, ci stava pure Shadowlands, uno strano gioco di ruolo con grafica in stile fumetto giapponese (Yahwhn) e un'interfaccia utente da incubo. Penso di averlo provato due secondi una volta che lo trovai su un sito abandonware, per poi cacciare via tutto disgustato: ma stiamo parlando pure di roba tipo pixel hunting sulla GUI! L'unica cosa che doveva salvarlo era la gestione dell'illuminazione dinamica, ma se sull'Amiga l'illuminazione dinamica aveva causato urla isteriche tipo le ragazzine in prima fila a un concerto dei Beatles, su PC erano tutti molto meno impressionati. Giusto così.
se questa roba piace agli amighisti io e l'Amiga non siamo fatti l'uno per l'altro
  • Per qualche ragione recensirono pure un data disk di UMS 2: Nations at War, un poco ispirato strategico, e questo data disk serviva per modificare le mappe a disposizione. YAHWHN! Passiamo oltre...
Yahwhn

  • ...fino a Planet's Edge, della New World Computing. Questo gioco doveva essere una space opera fatta di esplorazione della galassia, combattimenti spaziali e ogni tanto si scendeva pure sul pianeta e il gioco diventava un gioco di ruolo, perché il pianeta si esplorava a mò di Ultima 6, con visuale a volo d'uccello e tutto quanto...
da così

a così

  • Potenzialmente bellissimo, ma la grafica faceva stracagare e dagli screenshot non riusciva a coinvolgermi per niente. Peccato. Quando lo riprovai in seguito, confermai il poco coinvolgimento, anche perché nel frattempo avevo provato quello che per me era il gioco più bello di sempre, e Planet's Edge, con la sua grafica e interfaccia confusionaria, era solo un vile ersatz. Unica cosa che mi colpì era il fatto che se dei 4 personaggi fissi non ci andavano bene le statistiche, potevamo clonarli lanciando così di nuovo il dado. Quello che mi chiedevo: quando i protagonisti venivano clonati, l'originale che fine faceva? Brrrr.
stai seduto bene però

  • Un'altra cosa su cui avevo sbavato un po' era la pubblicità di un gioco delle Olimpiadi di quell'anno prodotto dalla Ocean: millantava pure di essere il gioco ufficiale sponsorizzato dal CIO, e si chiamava "The Games: España '92". ESPAÑA? Per dei Giochi che si svolgevano a Barcellona? Mmmh, mi sa che il CIO cacciava licenze a caso qui senza manco controllare dove andassero a finire! Il gioco, comunque, prometteva di coprire tutte le discipline possibili immaginabili, ma era principalmente un noiosissimo strategico in cui bisognava pianificare gli allenamenti, finché non ci si rompeva il cazzo e inevitabilmente si mancavano le date delle gare ufficiali. Dimenticabilissimo, ma andava menzionato, penso.
la maggior parte del tempo veniva passata a cliccare sul calendario per far andare avanti i giorni



Detti questi, che ci resta da dire? Beh, si era fatta ora di tornare al V.P., presi sottobraccio la mia inseparabile copia, e a bordo della rumorosissima Mini Innocenti di mia mamma, tornammo a casa. Fu l'ultima volta che vidi quel posto, e nei mesi successivi chiesi quando ci saremmo tornati. La risposta era sempre evasiva, e allora forse avevo capito. Non ci fu una vera spiegazione. Ci furono, successivamente, tentativi di giustificare la scelta. Ma forse il problema era solo la difficoltà nel fuggire dall'attrazione gravitazionale della propria comfort zone. E su quello, tacitamente approvavo. La lenta demolizione che per me fu il crollo avvenne tre anni dopo, con un avvenimento molto triste, che scatenò una sequenza di eventi che ebbero, come effetto collaterale, la presa di coscienza che sarei rimasto lì. La reazione, lì per lì, fu solo una lieve malinconia (c'era l'avvenimento triste che prendeva il sopravvento, comunque). Ma  di lì a poco, terminò il mio breve periodo di popolarità, e rapidamente ricascai nel vortice della sfiga videoludica che nel frattempo avevo abbandonato. Non so se sia un caso, secondo Tisseron probabilmente no. Secondo me, questa incapacità di uscire dallo status quo è riemersa quando, a un certo punto della mia vita, ho fatto quello che i miei non erano riusciti a fare: ho iniziato la mia famiglia in uno spazio tutto nostro.

Ed è stato in quel momento che il segreto è traspirato, la voce interiore è tornata a farsi sentire, tifando contro, e dicendomi che è tutto inutile, perché tanto a me non è concesso di emanciparmi, di essere felice, di dare veramente un taglio al V.P.. Non ci sono riusciti loro, ci sarei tornato pure io, con la coda tra le gambe e l'onta di aver pure voluto peccare di hybris.  Non faccio una colpa ai miei di aver preso quella decisione, avranno avuto le loro ragioni. Certo, l'avessero presa non dubito che avrei avuto una vita molto differente, ora. Ma non importa.

Come sapete, non perdo mai l'occasione di incazzarmi in questa sede per come molta gente si aggrappi disperatamente ad artefatti culturali per ricreare lo stato mentale di una presunta età dell'oro in cui pensa di essere stata felice. 

Bene, oggi decido invece di incazzarmi per il fatto che mi sia accorto solo ora di tutte le paure che ho avuto e che ho, di tutte le energie che ho sprecato e che continuerò a sprecare per le conseguenze di un evento che non ho mai affrontato mentre loro si ripresentavano imperterrite a farmi paura e a scoraggiarmi fino all'apatia. E tutto questo perché, per tanti anni, l'unica testimonianza che ho avuto di questa catastrofe personale a svolgimento lento è stata una fecale rivista di settore.


9 commenti:

  1. bel post, anch'io mi ricordo meglio alcuni giochi cui non ho mai giocato proprio per colpa delle fecali riviste, e ci si fantasticava sopra. E a quei cazzo di giornaletti erano legati anche periodi della vita "vera", che si sono fusi a quella manciata di pixel visti su una merdosa foto; ignari noi ci fidavamo dei giudizi degli "esperti" di redazione, fino a mitizzare. Ma la realtà, era (ed è) che la maggior di quei "gioiellini" era solo diarrea....

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  2. > i videogiochi con cui vi ammorbo ogni lunedì (ancora per poco, promesso)

    Ma come, ci annunci brutte notizie e le nascondi per bene in mezzo al post?

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    1. Veramente l'avevo annunciato a giugno: https://exvideogiocatore.blogspot.com/2021/06/come-siamo-giunti-questo-punto-seconda.html

      e ancora prima, lo scorso dicembre: https://exvideogiocatore.blogspot.com/2020/12/reggerete-finche-non-vi-sostituiranno-o.html

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    2. È vero! Mi ero perso entrambi gli articoli.

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    3. si purtroppo.... secondo me l'ultimo articolo lo posterà il 31 dicembre. L'avevo intuito in quanto ultimamente sta recensendo roba sempre più recente, anche se di vecchie merde ce ne sarebbero ancora per anni.......

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    4. Sì capisco che avrebbe senso chiudere il 31 dicembre, visto che sarebbe un giorno dopo il 5 anniversario della fondazione del blog dell'Ex Videogiocatore, ma siccome non sono un granché bravo a pianificare queste cose, ne avrò ancora per qualche mese. E poi ragazzi, dovermi sorbire tutta 'sta palta ogni settimana mi sta causando seri danni cerebrali e vorrei mantenere intatte almeno le funzioni più basilari.

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  3. Ciao ex, visto che siamo in tema riviste, mi chiedevo se sai suggerire un sito dove si possono reperire (sono alla ricerca di pc game parade e pc gamer)?
    La pagina su oldgamesitalia sembra rotta e retro edicola non risponde alle richieste. Ti ringrazio a presto!

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    Risposte
    1. Hai provato con Archive.org? Hanno di sicuro gli scan di TGM e K, e provengono da oldgamesitalia, e peraltro la presenza degli scan delle vecchie riviste su archive.org sembra mandare in bestia il tizio di retroedicola che indossa sempre il cappello che pare quello che plastifica i cadaveri.

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  4. Beh che dire, alla fine sei riuscito a sbrogliare i nodi e rielaborare il crollo. Capisco l'incazzatura per non averlo fatto prima, ma come si dice, non si piange sul latte versato. Adesso pensa al futuro libero dai condizionamenti che erano stati prodotti dal crollo. Potresti addirittura scoprire che ti senti piuttosto felice di aver superato tutto.
    Io invece devo ancora superare il trauma di aver giocato ai giochi della Domark !!! (<- frase di chiusura paZzerellah, in stile fecale anni '90)

    Il solito anonimo Amighista

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Sicuro di aver letto bene il post? Prima di postare, rileggi.

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