"Qui c'è aria nuova, aprite le finestre!" Così titolava l'abbastanza fecale PC Action per reclamizzare l'uscita di Windows 3.1 in quello che probabilmente era abbastanza un marchettone pro-Microsoft. Windows 3.1 non ce l'ho avuto per tanto tempo negli anni in cui ero videogiocatore pezzente con computer non all'altezza. Avevo Windows 3.0 che era in allegato al mio Olivetti PCS 33, il 386 SX a 25 MHz.
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Il logo di Windows è stato pure così |
In realtà, al di là della schermata iniziale e del fatto che ci fosse il campo minato al posto di reversi,per me non cambiava praticamente nulla. Peraltro, l'esperienza era un po' monca, visto che non avevo una scheda audio e soprattutto non avevo la super VGA o qualche scheda grafica che mi consentisse di visualizzare più di 16 colori in alta risoluzione 640 x 480.
Per un po' la cosa non era stata chissà quale problema, dal momento che Windows 3.1 lo usavo per ben poche cose. Poi il gestore della palestra in cui facevo judo, a un certo punto mi aveva detto che si era stufato di passarmi giochini: alla veneranda età di 11 anni, era ora che andassi oltre, e quindi ricevevo un sacco di roba con cui avrei fatto del mio tempo libero un atelier culturale a conduzione singola, e che comunque accettavo volentieri perché ehi, l'alternativa era rituffarsi su TREE.COM per vedere un po' di grafica, no?
E quindi mi portavo a casa le prime versioni di Office per Windows, e per non farmi mancare niente pure il suo clone a basso costo Works, sempre per Windows, che però non aveva il fondamentale tutorial con il postino ucciso in alta montagna. Ricevevo programmi di desktop publishing, tipo Microsoft Publisher, che effettivamente è una cosa che mi sarebbe molto servita negli anni successivi. Ci fu il tentativo di rifilarmi un CAD, nella fattispecie Autosketch di Autodesk. Interessantissimo, ma ammetto che non avevo manco capito a che servisse. Che c'era un problemino di scarsità di palette lo capii quando mi furono passati Photostyler della Aldus e CorelDraw (di cui c'era un tutorial sulla fecale PC Action) i quali a 16 colori avevano ben poco senso. Successivamente, quando passai al 486 DX2 e ci misi l'ambitissimo lettore CD-ROM, il fatto che uno dei giochi in Bundle Chess Master 4000 non funzionasse proprio, coi 16 colori, stava a significare che c'era un problema.
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il problema |
E nessuno che fosse in grado di spiegarmi come fare a mettere i famigerati 256 colori di Windows. Ci riuscii successivamente da solo, ma con una grandissima paura di sputtanare tutto quanto. Perché temevo che se avessi installato dei driver farlocchi la schermata di Windows sarebbe stata ricondotta a un cumulo di spazzatura sullo schermo. Mi sarei sentito veramente una merda. Ma così non andò e mi senti moderatamente fico. Ma questa è un'altra storia.
Dicevo, quando la fecale PC Action mi fornì la versione shareware (e quindi completa) di Castle of The Winds, iniziai a vedere Windows come qualcosa di diverso da una roba che dovevo far partire ogni tanto per dare l'illusione a me stesso di stare usando il computer per ragioni serie. Era qualcosa su cui potevo giocare e (Dio non voglia!) divertirmi! Fu così che, grazie alla suddetta fecale PC Action ed anche ad alcuni di dischetti di shovelware che il suddetto gestore della palestra mi passò, scoprii le gioie del casual gaming nell'ambiente finestrato di Microsoft.
Certo, rispetto ai giochi per DOS era ancora tutta un'altra cosa. Ma mi tornava utile quando, nei momenti di grande solitudine davanti allo schermo catodico del mio pc, mi trovavo a che fare con lo spleen di chi si era seduto davanti al computer, aveva sopportato la sequenza di bootstrap, era giunto al prompt di MS-DOS e non sapeva più che cosa fare.
Un altro aspetto positivo era che potevo illudermi di stare facendo qualcosa per la mia formazione scolastica e professionale, che per un bambino di 11-12 anni capirete che era una cosa abbastanza ridicola. E insomma, se non sapevo che fare, accendevo Windows, e sapevo che qualcosa avrei trovato. Ed eccoci qui a ripercorrere una retrospettiva di alcune di quelle cose che mi avevano dato conforto in quei momenti di spleen, per rivedere quanto, a distanza di più di un quarto di secolo, conforto possano ancora darmi. Cominciamo? Cominciamo, và. Sigla!
Block Breaker (Yutaka Emura, 1992)
Questo Block Breaker è un gioco che era allegato alla fecale PC Action. Ammetto che avevo anche pensato di farci sopra sopra un intero articolo, ma non c'è abbastanza ciccia e vedrete anche come mai. Prima di cominciare, però, un pensierino al grande assente di questa retrospettiva. Un gioco che era su un dischetto di shovelware passatomi dal gestore della palestra, che non sono mai riuscito a ritrovare.
Quel gioco si chiamava "cannibali" e presentava un problema abbastanza noto: ci sono tre cioè cannibali di cui uno solo sa remare, e ci sono tre esploratori che sanno tutti e tre remare. Si trovano da un lato del fiume e devono attraversarlo quanti. La canoa può portare solo due persone alla volta al massimo, e quindi bisogna fare più viaggi. Solo che, se da un lato del fiume i cannibali sono in maggioranza rispetto agli esploratori, beh, avete capito, no? È Game Over, ma con un'inquietante schermata di un omino nero (con la G) stilizzato e dalla bocca enorme che dice "GNAM GNAM".
Al di là di questa opera informatica piuttosto dimenticabile, ma che ovviamente io mi sono ricordato perché ho la testa che funziona alla cazzo di cane, cosa voglio dire? Beh, visto che ormai l'avventura dell'ex videogiocatore sta volgendo al termine, io mi rendo conto di quante cose, nonostante i più di 300 articoli che ho scritto, potrei ancora scrivere, ma non lo farò. Un po' perché non sono riuscito a ritrovare tutti i giochi / programmi in questione, oppure semplicemente penso che oramai ci siamo fatti a sufficienza un'idea su quanto tempo abbia passato rinchiuso in quel non-luogo che era lo stare di fronte al PC, cercando di colmare il vuoto dentro di me, per parafrasare una canzone piuttosto stupida. Ma, soprattutto, perché tavò, cari amici. La cosiddetta "Great Resignation" ha dato il via all'età dell'oro del tavò, perché non posso mettermici pure io su questo inutile blog? Ho chiuso la parentesi, cominciamo sul serio.
Allora uno direbbe che sui derivati di Arkanoid/Breakout ci sono già stato in un altro articolo, e non avrebbe torto: il fatto è che non è che abbia mai fatto una gran pianificazione dei giochi che riprovavo, anzi, spesso e volentieri procedo "a fallo di loppide", come si suol dire. Di fatto 'sto gioco è riemerso dal magma dei ricordi non tanto perché è un clone di Arkanoid, quanto per il fatto che è profondamente pulito. In che senso pulito?
Nel senso che quando hai solo 16 colori da una palette fissa, le possibilità di fare una grafica di merda sono altissime, ma questo Block Breaker riesce a raggiungere un livello di minimalismo che è veramente rilassante. Niente gradienti sullo sfondo, solo il bianco. Niente truzzerie da astronavi sulla piattaforma, solo una linea rossa. Ma per qualche ragione riesce a essere un'esperienza di pulizia estetica anche interiore, quasi zen. Sarà che l'autore ha un nome giapponese? Chi lo sa!
Però, sarà che era stato allegato alla fecale PC Action della Xenia, e quella volta non era che ci fosse un granché di giochini shareware (pensiamo a Xargon, al primo Commander Keen, a Heartlight, Castle of the Winds o altra roba molto gradita) me lo cercavo di godere. E pazienza se sulla fecale PC Action era stato già pubblicato Bananoid, Bip Bop 2 e Super Ball! Questo Block Breaker ha un fascino che non riesco a spiegarmi. È come se fosse stato organizzato in modo tale da spingere qualche pulsante nascosto della mia personalità in modo che mi senta sereno, a prescindere dai vaffanculi che il modello arkanoid stimola.
Ecco, tipo questo caso. Vaffanculo! Ah, non riesco a tenerti il broncio così a lungo, gioco. Sarà anche il fatto che è uno dei pochissimi giochi per Windows 3.1 che fa effetti sonori col PC Speaker e non si appoggia ai suoni di Windows normali (che quindi, senza scheda audio non si sentono)? Boh! Può essere, in realtà. Non lo so. Certo che il cervello funziona in modo strano, eh.
È merda? Nonostante la sua totale insulsaggine, incluso il fatto che in questa versione shareware una roba molto interessante come l'editor di livelli non è attivata, non riesce a essere merda. È pulito, è minimale, è una roba talmente soddisfacente dal punto di vista estetico che vorrei averlo fatto io così. Non capisco, giuro che non capisco. Al di là del fatto che 'sta dinamica di gioco mi fa cacare.
Ci rigiocheresti? Sì.
Gold Hunt! (Eric Saito, 1991)
Una delle cose che odio di più in assoluto, ma proprio che mi crea un misto di ansia e di furia è quando non trovo qualcosa, specie se mi si dice che si trova in un particolare posto e io guardo in quel posto e non c'è. Peggio ancora, quando chiedo dov'è una cosa che sto cercando e mi sento dire "È dove l'hai lasciata". Questo presumo risalga a quando ero piccolo, in cui c'era questa perversa abitudine a iniziare giochi di acqua-focherello-fuoco per ogni cosa che non dico fossero una roba violenta come quelli di una noto telefilm coreano, ma ecco, il fatto che finissero sempre con il vostro Ex Videogiocatore che si beccava del cuaiàun perché non trovava una roba che, a posteriori, era facilissimo immaginare dove era stata nascosta, allora un po' di cicatrici me le hanno lasciate. Quindi questo gioco dovrebbe mettermi una grande ansia...
...visto che si tratta di una versione per Windows del gioco acqua-focherello-fuoco ma con in più la distanza dal punto esatto in cui scavare. No? E invece no, anche qui, per quanto sia semplicistico a livelli stupidi, è qualcosa di molto tranquillizzante. Uno spegnimento totale del cervello, perché a quanto pare, visti i minimi mezzi di grafica che forniva Windows 3.x ai programmatori, bisognava prosciugare il gioco di ogni fronzolo in modo che fosse semplicemente funzionale. Non dimentichiamo neanche che Windows non era tanto un sistema operativo, prima della versione 95, ma un ambiente di produttività (sic!) che girava in uno strato superiore a quello del vero sistema operativo, il nostro amato DOS. L'idea era che grazie a Windows avremmo potuto far girare tanti programmi assieme e spostare dati al volo da un programma all'altro, un po' come si faceva con Microsoft Works, ma più rapidamente. I giochi per Windows 3.x erano dunque un modo per fare una breve pausa mentre si lavorava o (nel caso di Solitario / Campo Minato) persino per fare un tutorial sottobanco su come funziona l'interfaccia utente di Windows. Quindi, il minimalismo è la via da seguire. Poi chiaramente la cosa scapperà di mano e al di là di cose molto fiche come il già menzionato Castle of the Winds, arriverà Cliff Blezinski che farà quella cacata di Dare to Dream, e nel giro di un niente ci troviamo con un sacco di roba con video sgranatissimi compressi con il codec VideoForWindows, una roba che ti riconcilia con l'epididimite, se volete la mia opinione.
Qui però continuiamo a scovare, e in diciotto tentativi abbiamo trovato l'oro. Bello, no?
Sì, chiaro che c'è anche la componente di culo. Se si parte che si è già vicini all'oro si può prendersela comoda e provare a esplorare lì in giro. Lo so che dovrei giocare pure al campo minato (o prato fiorito, se siete più giovani) ma onestamente io il campo minato non l'ho mai potuto sopportare. E non per il messaggio guerrafondaio, eh, mi fa proprio cagare come gioco. A proposito, sapevate che il campo minato è diventato Prato Fiorito da Windows 2000, ma solo per l'Italia? Nel resto del mondo è rimasto Campo Minato. Io pensavo fosse una cosa universale, in onore della da poco defunta Lady Diana, e invece no! Fu tale Sergio Chiodo a fare lobby alla Microsoft, ottenendo che per la versione italiana il giochino cambiasse nome. Rispettiamo l'attivismo del signor Chiodo, il cui sito è
questo qui, ma a prescindere da come si chiami, il campo minato è un gioco di merda. Ecco.
Siccome giochiamo in modalità hardcore, decidiamo di passare al livello alto di difficoltà, quello con la griglia fittissima. Riusciremo anche qui a trovare l'oro in questo campo dal verde bottiglia molto rilassante?
Sì. Sono fichissimo, diciamocelo. Sono arrivato con ancora 13 colpi in canna a essere a due passi dall'oro, quindi sì. Sono bravo.
Peraltro questo bel verde bottiglia, che è lo stesso dei programmi di setup di Windows 95, lo associo ai pantaloni di vigogna che portava il mio professore di Ingegneria del Software all'università: non era quello dell'Atelier Culturale, era un altro, che mi faceva molto ridere. Qualcuno fece pure un generatore di sue lezioni, che erano piene di nomi disneyani per meta-variabili, e devo dire che apprezzavo molto la creatività che andava al di là di pippo-pluto-paperino.
Intanto, c'è anche il modo facile, che effettivamente è eccessivamente facile. Però, però, per il piccolo me che si sedeva di fronte al pc e, in preda alla noia, non sapendo che fare, faceva partire Windows 3.1 e si rincoglioniva davanti a giochi come questo, la sensazione era quasi di essere coccolato, dal gran che tutto era perfettamente prevedibile e senza bisogno di farmi sentire in balia di fattori esterni. Sì, certo, c'era la posizione random dell'oro, ma sai che era comunque lì, e insomma, non ti poteva succedere niente. Certo, la grafica era quello che era, e la dinamica di gioco non prevedeva chissà che. Però niente schermata nera tra il DOS e il gioco, ma Windows restava lì, rassicurante, sullo sfondo. Niente messaggi d'errore strani, niente sorprese, niente.
È merda? Secondo me non è applicabile il concetto di "merda" a un gioco così semplicistico. No, direi di no. Non ce lo vedo proprio dentro una casella "Merda/non merda" come gli altri giochi. No, questo gioco trascende, perché in fondo è tanto gioco quanto il colorare di nero i quadretti del bloc notes mentre si sta telefonando o mentre si sta supponendo di prendere appunti in riunione. Non ha senso.
Ci rigiocheresti? Avoja.
Kye (Colin Garbutt, 1992)
Questo gioco, invece, di sicurezza non me ne diede per nulla, almeno all'inizio: faceva parte di un dischetto accluso a una fecale rivista di settore minore (PC Game Power, che nell'era del CD-ROM diventò PC Game Parade) e che non funzionava. Era lo stesso dischetto che conteneva roba tipo Avaricius, Kung Fu Louie, Towers, VGA Trek e tant'altra roba che, come ho detto prima, non cacherò. Oltre per le ragioni già dette, mi rendo conto che se ne scrivessi dovrei iniziare a ripetermi. E una cosa che mi sono sempre detto a proposito di questo blog è che mai e poi mai avrei ricondotto i miei contenuti ai soliti tormentoni presentati in salse diverse come fanno altri blog che vanno avanti per inerzia da decenni. Perché non mi va prendervi in giro. Io voglio dirvi quello che mi sento di dire, e una volta detto questo penso che sia inutile continuare a martellare un concetto, se il concetto non vuole essere assimilato.
Va anche detto che se avessi voluto martellare un concetto profondo come quelli che cerco di far passare nei post riflessivi, magari avrei dovuto evitare di usare i videogiochi come veicolo, perché alla fine i videogiochi vecchi sono l'oggetto luminoso che distrae i lettori e li manda in un eterno loop di MAROOO KE RICORDI XD XD.
Ma mi rendo conto che il problema è mio. Non sono un bravo divulgatore, non riesco a passare dai carciofi alla civiltà cristiana come Andreotti. Questo era semplicemente un piccolo esperimento di blog di decostruzione anti-nostalgista che mi è un po' scappato di mano.
Sta di fatto che questo Kye, nonostante fosse in quel dischetto che per tanto tempo non aveva funzionato, lo avevo visto in un minuscolo screenshot sulla rivista e per la solita stronzata dei costi sommersi, dovevo dire agli amici che il dischetto funzionava e inventarmi scuse per non passarlo. Quindi, se Kung Fu Louie riuscivo a improvvisare che cosa contenesse, Kye lo descrivevo con un "boh, mica ho capito, bisogna salvare dei cinni"
Ora, cinno nel dialetto delle zone del Vecchio Paese significa "bambino", e il selling point di questo Kye, millantato pure dalla rivista, era il fatto che non era un vero shareware, ma un DONATIONWARE, nel senso che l'autore chiedeva sì dei soldi, ma non per sé, per la famigerata ONG "Save the Children" (famigerata per tutti quelli che hanno il cervello avvelenato da Facebook, ovviamente). In ogni caso, la cosa mi toccava poco. Mai avrei speso dei soldi per registrare uno shareware (era già completo!), figurarsi le donazioni. A casa ex videogiocatore ci si metteva l'anima in pace quando nelle rare volte che si andava a Bologna si lasciava un obolo di 1000 / 2000 lire al prete dell'Opera Padre Marella seduto all'angolo tra via Caprarie e via Drapperie. Tutto questo, ovviamente in cambio del santino, che si doveva tenere con sé a scopi strettamente apotropaici. Come dire che si era proprio capito tutto. Ma insomma, visto che i cinni non si salvano se non uscendo dei soldi veri, Kye che cos'è?
Beh è un incrocio tra boulderdash e sokoban, quello in cui si spostano le casse. Quando finalmente il dischetto in cui era contenuto iniziò a funzionare (sicuramente un miracolo dovuto all'intercessione di Padre Marella) l'impressione che ne ebbi era che era estremamente complicato. Certo, c'era questo livello iniziale di pratica in cui si vedevano tutti i pezzi possibili, specie quelle palle con le frecce che cadevano nella direzione della freccia. E c'erano quelle specie di H che ci appiccicavano a noi, la palla verde di nome Kye, come il cane dell'autore del gioco.
C'erano i diamanti, che pigliandoli tutti si passa di livello, come in questo caso che ora siamo al secondo livello, perché il primo era solo per far pratica. Dunque che si fa? Ci attacchiamo lo "Sticky Block", quello a forma di H, perché ce lo dice il gioco in fondo a destra.
Peccato che in fondo a destra ci sia sempre il cesso, e quindi mi trovo che con sto sticky block non so che fare. Sono anche circondato dai muri e non riesco proprio a sfondarli....
...e quindi provo a raccattare l'unico diamante che riesco a raggiungere, quello in centro allo schermo. Certo, così facendo tutte le palle con la freccia vanno a riempire in alto...
...e per prendere il secondo diamante tutto quanto resta bloccato, compreso il nostro sticky block. Bah! Sono evidentemente finito in un cul de sac, che fare? Semplice, gliela si dà su, come si suol dire dalle parti del V.P. Questo gioco è troppo cervellotico, e sinceramente, sapendo che non si salvano davvero quei poveri bambini, lo mando affanculo più volentier-AH CAZZO c'era un passaggio in basso a destra puttana galera! Bah, troppo tardi, mi son già rotto comunque. Ve l'ho detto, è l'era del tavò, cari amici. Prossimo gioco!
È merda? Sì, alla fine sì. Avrebbe tutte le carte in regola per essere a posto, ma lo trovo così insignificante da essere quasi fastidioso. Vai te a capire perché.
Ci rigiocheresti? No.
Laserstrike (Kevin Ng, 1993)
Questo viene dal CD di shovelware, ed è quanto di più simile ci fosse a un vero gioco. Tant'è che questo modello di gioco l'ho visto altre volte (facendo una rapida ricerca vedo che ce n'è almeno uno della Pixel Painters, quelli del minigolf con gli alieni). Ora, come concetto, questo a me è sempre piaciuto un casino: ci giocavo dal vivo nei momenti di totale noia di vivere quando ero bloccato a letto malato. Siccome mi era stato impedito di alzarmi che sennò la situazione sarebbe precipitata, allora l'unica cosa che potevo fare era, quando avevo bisogno di qualcosa, chiamare a gran voce. Tra la camera in cui stavo e il soggiorno/cucina/sala da pranzo (locale che veniva chiamato "Casa" da mia nonna, come se il resto della casa fosse già fuori) c'era in mezzo un pianerottolo, e quindi spesso non venivo sentito quando chiamavo urlando a pieni polmoni e sforzando la mia già provata faringe. Quindi, iniziavo a pensare che il suono si propagasse in maniera lineare, come un laser, e cercavo di ruotare la testa immaginando che la linea del suono partisse dalla mia bocca e rimbalzasse sui muri, cercando di infilarsi nella fessura della porta e arrivando dall'altro lato della casa. Almeno passava il tempo. Quindi va da sé che quando questo gioco me lo trovai nel solito dischetto di shovelware, subito mi ci ritrovai.
Devo dire anche che mi piace molto la possibilità di scegliere il livello come più ci piace. Scegliamo un tutorial, e dirigiamo il cannoncino laser in modo che sfondi il muro, fino a quando ci sarà lo specchio, grazie al quale potremo sparare due volte nell'iride, completando così il livello. Facile, no?
Secondo livello, usiamo una combinazione di riflessioni per spostare il blocco blu, e da bravi matematici ci riconduciamo al caso precedente. Ah, beh, è divertente. Altro livello?
Uh che complicatone. Beh, immagino non si possa fare altrimenti se non far crescere la difficoltà a ogni pié sospinto. Il fatto che ora possiamo pure avere i cannoncini che non si muovono ma sparandogli si girano su se stessi, e questo aggiunge una maggiore dimensione al tutto. Bello. rilassante. Mi piace.
Il blob verde, invece, mangia i mattoni. Bellissimo, mi piace ancora di più. Sarà anche l'interfaccia utente che va al di là della classica GUI di windows ma ha i bottoni grigetti: penso siano i controlli custom della Borland, che effettivamente rendevano l'esperienza utente molto meno noiosa. Sì, oddio, immagino che applicati a programmi non ludici possano risultare un po' troppo pesanti, con le loro iconcine sui pulsanti, le finestre di dialogo con la texture dietro, e tutto quanto. Ma per un gioco va bene. Altro livello? Altro livello...
...di quelli seri, però, non i tutorial. Alla fine qui diamo una spintarella ai vari specchi in modo che il secondo cannoncino possa centrare il bersaglio. Beh, non è stato difficile! Proviamo direttamente l'ultimo livello, vi va?
Ehm, ho fatto il passo troppo lungo, direi. Il 22esimo livello è troppo incasinato per me, ma questo non cambia la mia opinione sul gioco: è bello! È fatto bene! Dai, portiamoci a casa questa piccola vittoria e non rompiamo troppo i coglioni, perché apparentemente dei giochi belli su Windows 3.1 potevano esserci, e tanto ci basti. Urrà! Prossimo gioco.
È merda? No, per nulla. Il fatto che ci si possa pure giocare online su archive.org lo rende ancora più appetibile, quindi giocateci pure, è molto meglio di tanti altri puzzle game molto più famosi.
Ci rigiocheresti? Sì.
Chomp (Jerry J. Shekhel, 1990)
Di Pac-Man ho già abbondantemente parlato, e ho detto che sostanzialmente il mio giudizio è che è un concetto veramente noioso, per me. Ma oh, immagino che a qualcuno piaccia, e non sta certo a me criticare queste persone. E allora perché ci ritorno? Non ne ho forse avuto abbastanza? No, ma al tempo della stesura di quell'articolo avevo dimenticato completamente che esisteva pure questa versione per Windows 3.1, che trovai allegata alla fecale PC Action. Mi pareva fighissimo che somigliasse in tutto e per tutto all'originale, salvo essere in finestra. C'era anche un'altra cosa, che onestamente ora non ricordo...
Ah sì cazzarola. Andava vergognosamente veloce, puttana di quella miseria ladra boia. Poi aggiungiamoci che io con Pac-Man sono una chiavica e saprete tutto quello che c'è da sapere, ecco.
Tanto è ingiocabile questo esercizio di grafica videoludica applicata a un ambiente di lavoro che non è fatto per la grafica videoludica, che chiudo subito dopo, senza neanche aver preso il pillolone che ci permette di mangiare i quattro fantasmini così uguali alla versione originale. Lo so, lo so, sono uno scansafatiche. Magari sotto il menu "Options" c'era la possibilità di rallentare il tutto. Magari sì, magari no. Non importa. Però è merda. Prossimo gioco!
È merda? Vedi sopra, è merda. Al di là del concetto. Si salva giusto il tentativo di fare una grafica che esula dall'estetica di Windows e cerca di simulare al meglio l'arcade originale, ma a parte questo è merda.
Ci rigiocheresti? È già tanto che ci ho rigiocato ora.
Superbrain (Steven Pavao, 1992)
Mastermind è un gioco da tavolo che non ho mai avuto, nonostante fosse abbastanza reclamizzato sui fumetti Disney più vecchi che trovavo nelle edicole del mare. Diciamo che mi colpiva il fatto che sulla scatola ci fosse un tizio barbuto che si atteggiava con la spocchia di chi sta annusando le proprie scorregge, e al suo fianco una ragazza in atteggiamento tra il provocante e il sottomesso, e insomma, non dico che la cosa mi arrapasse, ma mi era ancora abbastanza aliena l'idea che ci si potesse affiancare a un discreto pezzo di figliola e giocarci assieme ai giochi di società.
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non me la ricordavo asiatica però |
Sta di fatto che quando su qualche contenitore di shovelware ci fu il gioco di MasterMind, ma col nome cambiato per non rompere i coglioni agli avvocati, subito ci giocai, con un piccolo caveat, però:
Non sapevo le regole! Mannaggia. Quindi andavo un po' alla cazzo. Cioè, so che dovevo indovinare una sequenza di chiodini colorati, e l'avversario mi rispondeva con dei chiodini bianchi e neri a seconda che avessi indovinato o no...
...il problema è che non ricordo cosa significano i chiodini bianchi e i chiodini neri! Boh. Successivamente a questa partita ho riguardato le regole e insomma, nero significa colore giusto al posto giusto, bianco significa colore giusto al posto sbagliato. Bah, so che esiste un algoritmo fatto da Donald E. Knuth in persona, ma onestamente, tavò di andare a cercarlo...
...e alla fine, mi arrendo: ma in realtà mi sono già arreso perché c'è sta cosa che pur non essendo massimizzato occupa l'intero schermo, e quindi mi sa di estremamente amatoriale. Bah! Lo trovo irritante, quindi chiudiamo subito. In realtà anche il gioco originale è quel che è. Prossimo gioco.
È merda? Beh, non è né carne né pesce, fa quello che deve fare in maniera svogliata, niente di che, veramente. Non c'è niente che non vada particolarmente, ma nemmeno l'opposto. Quindi, è merda.
Ci rigiocheresti? No.
Rodent's Revenge (Microsoft, 1991)
Questo gioco è parte del Microsoft Entertainment Pack, di quando l'installazione dei prodotti Microsoft per Windows non era verde bottiglia ma blu oltremare. Assieme a questo c'era SkiFree (bellissimo) e una specie di incrocio tra domino e sudoku che mi mandava in bestia, quindi non ne parliamo. Forse anche un tris tridimensionale? Non ricordo, sono confuso. Di certo c'era questo gioco qui, che aveva il suo perché nel suo sadismo. Vediamo, eh.
Insomma, abbiamo interpretato un gatto nei giochi in CGA, ora interpretiamo un topo, e l'idea è quella di intrappolare i gatti spingendo in giro i quadratini di cui è fatto il campo da gioco. Facile, no?
Peccato che il felino possa muovers in diagonale, e così facendo ci mangia. Mannaggia! Fortunatamente, con la vita successiva, riusciamo a imprigionare il gatto in un quadratino, e la cosa lo fa così incazzare che parte una reazione chimica misteriosa che fa sì che il gatto si trasformi in formaggio. Suppongo che a Vicenza l'Asiago lo facciano così. Chi lo sa!
E si ricomincia, con il casino nei quadratini mantenuto e due gatti, stavolta. Vista la confusione che ho fatto, è inevitabile che il nostro topo diventi cibo per gatti. Beh! Carino, dai, compreso l'effetto della schermata che si scioglie quando è game over. Dai, ci piace. Lo teniamo, bene così. Prossimo gioco.
È merda? No, è carino, è ben curato, ed effettivamente è quello che ci si può aspettare da un gioco presente su un prodotto ufficiale della Microsoft. Che dite quello che volete, ma almeno hanno degli standard qualitativi da rispettare, per il loro stesso sistema, no? Non è merda, comunque.
Ci rigiocheresti? Sì, direi proprio di sì.
Aliens (Marc Trebeka, 1993)
Quando questo gioco lo trovai nel solito disco di shovelware, lo aprii con un certo timore, perché sapevo che Aliens era un film che faceva strapaurissima, che c'era questo mostro a forma di fallo ma con i dentini e senza occhi che insomma... era qualcosa che avrei guardato sfocando lo sguardo come se fossi stato Bud Spencer, e quindi ci avevo messo un sacco di tempo prima di farlo partire. Una volta, sopraffatto dalla noia, faccio partire quessto gioco con le mani pronte a coprirmi gli occhi nel caso in cui qualche brutta immagine mi stimoli il cacasottismo e...
...oddio, qualcosa di orrorifico c'è, ed è la barba stile UNIX dell'autore Marc Tebeka. Perché uno dovrebbe mettere una sua foto con quella "mise" è una cosa che mi sfugge. Ok che sono gli anni 90, e magari il Tebeka è un ebreo ortodosso? Avrebbe senso. Tebeka è un cognome di origine etiope, quindi potrebbe starci, magari è un
Beta Israel, chi lo sa! Quello che non possiamo perdonargli, invece, sono gli occhiali da molestatore, che di recente ho visto addosso al mio ex compagno di classe B. quello che non si presentava molto bene, e che l'ultima volta che l'ho visto sembrava un cosplay di Kim Jong-Il.
Comunque, mettiamoci pure a giocare: la premesssa è quella di uno sparatutto a schermi fissi, un po' tipo Space Invaders (YAHWHN) o il tremendo Kiloblaster (a cui col cazzo che ci rigioco) un gioco della Epic Megagames fatto in maniera svogliata dall'autore del pur decente Xargon. Ma mi sa che ne ho già parlato, no? Comunque i colori sono qualcosa di psichedelico, il sistema di gestione di collisioni è piuttosto ridicolo, gli sprite sfarfallano come non mai, ma d'altra parte, un gioco arcade su Windows 3.1 che precede le librerie WinG (le antesignane delle DirectX) può arrivare solo fino a un certo punto, no?
La cosa che fa ridere è che i missili che spariamo possono distruggersi tra di loro. Non credo di averlo mai visto. Un'altra cosa che pare un tentativo di fare qualcosa di originale sono le astronavi alleate, che io stupidamente distruggo. Ops!
Vabbè. Il gioco è esattamente quello che vi immaginate che sia, e procede nella maniera che vi immaginate. Che dire? Apprezzo lo sforzo, far girare una cosa del genere su Windows 3.1 è un bel tentativo. Ma ora come allora non resto particolarmente impressionato. Certo, se il Tebeka si fosse tagliato la barba o, meglio ancora, non avesse messo la sua foto, magari... No? No eh? No, allora. Prossimo gioco.
È merda? Sì, senza ombra di dubbio. Le limitazioni son quelle che sono, ma ciò non toglie che il gioco sia in zona marrone.
Ci rigiocheresti? No.
The Greens (Shadoware, 1993)
Devo dire che questo articolo è stato molto faticoso. Sarà stato per la sensazione di estrema solitudine quando si toccava il fondo a ravanare tra la roba che c'era sulle cartelle del disco fisso su cui avevo riversato interi dischetti di shovelware, che occupavano peraltro molto spazio ma oh! se le avessi cancellate quelle cartelle e poi mi fosse venuta voglia di riprovare una roba di allora, come avrei fatto? Subito! Ed eccoci qui, con l'ultimo gioco di questa rassegna, con quello che avrebbe potuto essere "il gioiellino", un gioco pulito, illuminato bene, con la grafica tutta al suo posto, senza fronzoli ma neanche troppo tirato via. Avrebbe potuto essere perfetto. Per quanto possa esserlo un minigolf per windows. Ma non lo era...
Già dalla presentazione, con gli occhi che si aprono sul logo "Shadoware", la texture sullo sfondo, i sedici colori che comunque rendono bene, no? Vero? Rendono bene, no?
Ehm, insomma, io non lo sapevo, ma questo gioco era fatto per Windows 3.1 a 256 colori. Non c'è nessun messaggio d'errore, anche perché il gioco funziona, ma per qualche strana ragione, a 16 colori manca totalmente la gestione delle collisioni. Lo vedete quel circolo rosso attorno alla buca? Quella è lava, e la mia pallina ci passa sopra senza problemi, per andare poi a finire allegramente in buca (a proposito, carino l'effetto). Nella versione di windows più colorata che potete giocare su archive.org, invece, la pallina che va sulla lava si brucia tutta e si ricomincia daccapo, neanche da lì vicino. E capirete che questo gioco è veramente MOLTO difficile, almeno così se lo immaginava la Shadoware. Ma apparentemente non hanno mai fatto il test con un quantitativo di colori più ridotto. Ops!
La seconda buca si chiama "Scilla e Cariddi", e io mi sentivo molto figo perché capivo il riferimento trovavo strano che Cariddi si chiamasse "Charybdis" in inglese. Come certe cose restino impresse nella memoria è un mistero per me. Ecco, io tiro fortissimo la boccia in una direzione, e non rimbalza sul muretto, non torna indietro, non finisce inevitabilmente nello sputacchio di lava attraverso cui sarebbe possibile passare ma è infinitamente difficile, e si potrebbe prendere la strada lunga, e alla fine la palla esce pure dal campo da minigolf, e se esce dal campo la palla è... in buca. Grasse risate, io mi sento un fenomeno, ma il gioco "gioiellino" perde completamente di significato.
E ciononostante, io ci giocavo, e mi chiedevo "Come caspiterina si farà a passare da una sezione all'altra nella versione non bacata?". Beh, ci sono dei teletrasporti, arrivarci credo sia una roba impossibile.
"Pandora's Box", mi fa molto ridere questa cosa, perché io avevo da molto piccolo tre libri dei miti greci raccontati da Nathaniel Hawthorne (quello della lettera scarlatta, sì), in realtà una tripartizione illustrata molto bene di
A Wonder-Book for Girls and Boys. E insomma, una di queste storie era appunto chiamata "Lo scrigno di Pandora", e io mi sentivo rassicurato dal fatto che effettivamente quello di Pandora era uno scrigno, e non un vaso. Concettualmente era la stessa cosa, ma mi giravano i coglioni che tutti dicessero vaso quando invece nel mio libro era un cazzo di scrigno. Non so perché avessi bisognod i questa conferma. Forse ero talmente al riparo da tutto che mi rodeva il fatto di essere tagliato fuori dal resto del mondo, inconsciamente. Chi lo sa. Certo è che se al lavoro sento qualcuno che mi dice "We're opening Pandora's box" caccio una scorreggia nella sua direzione.
"C'est fini!" dice così l'ultimo percorso che è esattamente tanto facile quanto lo sono gli altri. "C'est la fin" era anche il nome che davo ai giochi salvati negli adventure quando sentivo di essere vicino alla fine. Vista la mia proverbiale prudenza, arrivavo ad avere anche cinque o sei partite salvate col nome "C'est la fin"! Un po' come certi file excel il cui nome è un florilegio di V4_FINAL_CHANGED_DEFINITIVE.xls perché l'informatica è fatta dai cacasotto, e se non altro, la cosa che ora mi consola è sapere che non ero io l'unico vaso di terracotta in mezzo a un carro pieno di vasi di ferro. E se vogliamo, la cosa è rassicurante, no? Prossimo gioco.
È merda? Beh, sì. Bello finché volete, eh, ma se nessuno fa un collaudo decente per vedere se c'è la "graceful degradation" a soli 16 colori, chiaro che questo gioco si installa nella zona marrone, quantunque nella palette di Windows 3.1 il marrone non c'è. Ah beh!
Ci rigiocheresti? No.
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