lunedì 28 marzo 2022

Ad ogni modo...

Nel 1990, la casa del Vecchio Paese in cui sono cresciuto fu ristrutturata. Fu un intervento bello grosso, l'intero tetto fu rifatto, tutti gli infissi vennero cambiati, e per mesi, forse anche più di un anno intero, il nostro guscio protettivo che era la casa fu circondato da un ulteriore guscio fatto di tubi Innocenti, assi di legno su cui camminavano muratori dall'accento esotico, e reti che non facevano passare tanta luce. Io continuavo a giocare con il mio computer e ci facevo caso il giusto. C'era il computer, c'era il pianoforte, che in quel periodo mi piaceva ancora abbastanza suonare, c'erano i mondiali di calcio italiani, per cui c'era una vera e propria febbre collettiva! Molti magari non se lo ricordano, ma tra le action figures della Nazionale della linea "Forza Campioni"...

fai meno il fenomeno e guarda dove sta Caniggia cazzo

... un numero pressoché infinito di almanacchi in edicola e nelle librerie (quasi tutti editi dalla Malipiero, che ai tempi era veramente una superpotenza dell'editoria), nonché i pupazzetti (molto meno belli) che ti regalavano alla IP quando facevi il pieno di benzina c'era tanto con cui svagarsi per un campionato mondiale che in fondo era stato piuttosto noioso.


E Schillaci?

Insomma, con quest'aria di benessere generalizzato che inebriava il Vecchio Paese ed il resto d'Italia riuscivo persino a fregarmene del fatto che guardando fuori dalla finestra vedessi gli stivali da lavoro di un muratore, cosa che ovviamente mia nonna, de iure e de facto la padrona di casa, non condivideva. In effetti, penso che per lei la restaurazione della casa sia stato un trauma che non ha mai completamente superato: d'altra parte, per delle persone che sono completamente refrattarie a qualsiasi cosa che possa turbare lo stato di quiete, un lavoro del genere, coi suoi costi (su cui non ho mai indagato) e il suo disturbo deve aver scioccato non poco. Tant'è che l'ho sempre ritenuto un lavoro mai del tutto completato. La soffitta, per esempio, avrebbe potuto diventare una bellissima mansarda, ma non fu mai trasformata completamente, nonostante alla fine dei lavori avesse un magnifico sottotetto in legno, in cui le travi erano fatte con dei tronchi grezzi. 

L'autore di questo piccolo capolavoro era N.T., un vecchio  non eccessivamente di merda, proprietario di una segheria situata nella Cittadina Elitarista e Fighetta (MO) che aveva ben TRE negozi di videogiochi a cui rifornirsi (N.T. era anche mezzo parente del proprietario di uno di quei negozi). Era anche un uomo molto gentile e generoso, se non fosse per il fatto che anche a lavori finiti era diventato così amico dei miei che ce lo trovavamo sempre a casa nostra. Almeno tre volte a settimana ci veniva a trovare, senza preavviso, e raccontava storie infinite. Storie di gente malata di mali incurabili, storie di corna e di famiglie distrutte, di fallimenti economici e di aziende di famiglia sul lastrico, fortunatamente non si parlava di attualità altrimenti mi sarei sparato nei coglioni. Peraltro, quando N.T. veniva a trovarci potevo dire vaffanculo alla televisione, visto che si instaurava nel locale cucina/sala da pranzo/sala con tv, ("in casa" soleva dire mia nonna riferendosi a quel vano). Avevamo una palazzina di quattro piani più mansarda incompiuta, e stavamo tutti lì ammassati.  In quel frangente, N.T. diventava un vecchio abbastanza di merda, lo ammetto. Ma trovavo divertenti i suoi strafalcioni con cui brutalizzava l'italiano e che spesso trascrivevo (quando, anni dopo, ebbi la stampante, ne feci pure un libretto, come ho scritto qui). Lo facevo per sdrammatizzare sulla perdita di tempo dovuta al fatto che il flusso di tutte le cose, quando N.T. si palesava da noi a cagare il cazzo, era interrotto. Insomma, dopo aver raccontato i cazzi suoi ("le sue partite" diceva mia nonna con un neologismo probabilmente tutto suo) si alzava e prendeva la porta. Poi ogni tanto, però, succedeva che gli venisse in mente qualcos'altro da dire, e quindi si fermava a metà scala, diceva "Ad ogni modo..." e tornava su a sedersi per raccontare quella cosa che doveva dire, che era senza dubbio indispensabile per tutti noi. 

E dunque, ora il blog è finito. Ad ogni modo, non è che ho parlato di tutti i videogiochi che ho giocato in gioventù. Quindi, faccio una rapida carrellata sui giochi a cui avevo giocato o più probabilmente giochicchiato con poco interesse, ma su cui non ho fatto l'articolo completo: per tavò, per dimenticanza, o perché probabilmente avrei ripetuto cose già dette, ma eccoli qua, quelli che mi ricordo. Sigla!

Wing Commander 3 (Origin, 1994)

Ho già parlato di quanto fosse uno sfigato Chris Roberts, no? Beh, sì. Comunque quando uscì WC3 (Dicembre 1994) io ero appena entrato nel mio periodo sabbatico, quindi non ebbi il piacere di leggere le eiaculazioni sincronizzate della fecale stampa di settore per questo kolossal hollywoodiano di fantascienza, con nomi belli grossi. Il nostro protagonista, già un aitante ragazzone dai capelli blu, ora era interpretato da un bolsissimo Mark Hamill con la pancetta floscia (la "buzza", si dice al V.P.) il reazionario  John Rhys-Davies che prima di fare Gimli era comparso in qualsiasi videogioco multimediale che fosse mai uscito tra il '94 e il '98, c'era Malcolm McDowell che faceva l'ammiraglio stronzo, e pure Tom Wilson, il Biff Tannen di Ritorno al Futuro, che faceva il coglione. C'era pure la nota pornostar Ginger Lynn Allen che faceva la capo meccanico e parlava delle astronavi come se fossero grandissimi cazzi d'acciaio. Più una serie di caratteristi, le classiche facce che quando le vedi in altri film dici "Ah dai!" e delle specie di scimmie in animatronic a fare i Kilrathi. 

ah dai

Il gioco me lo accattai un paio d'anni dopo, in versione economica "Edicola di CTO" alla fiera del Vecchio Paese, e mi sentivo molto fico a prendere un gioco da 4 CD a prezzo di un Lost in Time qualsiasi!  Le cose che mi fecero girare i coglioni, in tutto questo. La prima è che  Angel, la tizia francofona del primo Wing Commander per cui avevo preso una mezza cotta, era sì diventata la morosina del protagonista, ma all'inizio del gioco viene fatta fuori dai Kilrathi. La seconda è che Hobbes, un Kilrathi disertore che combatteva assieme agli umani ed era molto simpatico (e sì, Hobbes come la tigre giocattolo di Calvin&Hobbes, lo so), in realtà era un infiltrato doppiogiochista che era stato sottoposto a lavaggio del cervello dai Kilrathi, e la cui missione di causare scompiglio tra le linee umane si sarebbe riattivata sentendo il soprannome Kilrathi per il nostro protagonista: "The Heart of the Tiger". Che è pure il sottotitolo del gioco. Al di là della trama abbastanza scontata, tutta la parte in cui Hobbes spiegava la storia del lavaggio del cervello è stata tagliata dal gioco, quindi finché anni dopo non trovai la spiegazione su internet restai col dubbio del perché quello stronzo di un felino scimmiesco avesse cornificato la confederazione terrestre. Bah! E sì che di video riempitivi ce n'erano a bizzeffe su quei quattro CD. Però dai, bel giochino alla fine. L'estetica completamente diversa dai primi due Wing Commander, le astronavi completamente diverse (ma siamo passati dagli sprite in bitmap ai modelli tridimensionali) però rispetto a quella cacata del film è ancora tollerabile. 

e tolleriamolo tutto sto grigetto, che poteva andarci peggio

Fa piacere però vedere che Hamill sia più in forma ora che nel 1994.


Shadow President (D.C. True, 1993)

Su questo gioco, che si presenta come "simulatore geopolitico" volevo fare un articolo completo, ma vista la repulsione che ho nei confronti dell'uso della parola "geopolitica" che non sia quello di prendere per il culo gli studiosi di questa pseudoscienza del cazzo, temevo di inacidirmi troppo. Il fatto è che disegnare frecce su una mappa e fare previsioni idiote grattandosi la pappagorgia e incensando dittatori non è un sostituto accettabile dell'avere rapporti sessuali, ecco. Ora, per essere un simulatore, Shadow President non è minimamente realistico, visto che si focalizza soltanto sulle relazioni esterne di un fittizio presidente degli Stati Uniti (la politica interna non esiste) e dà all'esecutivo un potere pressoché illimitato. Vista la situazione corrente non mi va di andare troppo nei dettagli, in realtà, però ecco, diciamo che la parte della costituzione americana che dice che è il Congresso a decidere di dichiarare guerra è convenientemente dimenticata (in realtà fu fatto anche nell'invasione dell'Iraq del 2003, quindi viene da dire che George W. Bush a Shadow President ci ha giocato). 

le cose funzionano in entrambe le direzioni, comunque in questo screenshot invece l'India si vendica dei due marò

Insomma per non parlare di geopolitica parlerò del fatto che la recensione di Shadow President l'avevo letta su una fecale rivista di settore che ero al mare. Pure la recensione del seguito, CyberJudas, l'avevo letta al mare, nel 1996. Ma l'avevo letta con un maggior senso di amaro in bocca. Ai tempi di Shadow President (1993) tra i vari amici del mare avevo pure una ragazza e tutti mi prendevano per il culo insinuando che io e costei fossimo fidanzatini e io mi vergognavo tantissimo. Nel giro di 3 anni, questa ragazza era cresciuta e divenuta molto più piacente. Ora peraltro mi risulta che faccia l'attrice e la conduttrice televisiva per qualche canale del digitale terrestre a me ignoto. Ah beh, non posso nemmeno dirmi "ogni lasciata è persa": dopo la sua metamorfosi aveva ovviamente smesso di cagarmi (e come biasimarla). Insomma, mentre tornavo dalla passeggiata serale con la copia di PC Game Parade presa in edicola su cui c'era la recensione di Cyberjudas, vidi lei che scambiava metri di lingua con un ragazzo che di certo PC Game Parade manco sapeva cosa fosse, e mi sono sentito assaj sfigato. E questo è tutto quello che ho da dire a proposito della geopolitica simulata. 

Broken Sword (Revolution/Virgin, 1996) (e pure il seguito)

Nel 1996 il genere delle avventure grafiche punta e clicca stava declinando di brutto, ma c'era sempre spazio per un bel canto del cigno. D'altra parte la Revolution con le avventure grafiche si dava da fare, e dopo l'inguardabile Lure of the Temptress, aveva fatto uscire Beneath a Steel Sky, un'avventura in stile cyberpunk di cui principalmente ricordo il fumetto promozionale disegnato da Dave Gibbons incluso alla fecale K. Ora, io non avevo idea di chi fosse Dave Gibbons, ma i ragazzi dello Studio Vit dicevano che era un vero fico e quindi mi sentivo fico pure io. E poi nel 1993 tutto era cyberpunk, per ragioni che non so spiegare realmente, quindi era tutto bellissimo, ma Beneath a Steel Sky proprio non me lo cagai, che fa pure rima. Broken Sword invece uscì quando avevo smesso la mia pausa da videogiocatore, e la prima cosa che ricordo di 'sto gioco era la recensione di tale Alessandro La Spada, che come ogni buon redattore della fecale TGM approfittava degli articoli per lamentarsi della sua vita, e il cappello dell'articolo veniva concluso con "Eh sì, La Spada si è proprio rotto". Allora lì è partito il vaffanculo. Però il gioco è bellino, ci sono i templari (I matti tirano sempre in ballo i templari, diceva Umberto Eco) ben prima che li tirasse fuori quell'imbrattapagine di Dan Brown con quella sopravvalutatissima cacata del codicedavinci. Ecco, per qualche ragione, a Broken Sword associo una sensazione di incredibile solitudine.

sarà la Parigi così deserta

Per qualche ragione che non sono in grado di spiegare, avevo pure il seguito, ma per la Playstation 1. Non ricordo il perché di questa scelta scellerata ma ricordo quando ci giocavo sul televisorino Mivar a 14" nella camera dei miei, perdendo in diottrie perché un gioco in alta risoluzione su un piccolo tv a tubo catodico era un supplizio per la vista. Sarà che ci giocavo in un periodo in cui avevo le relazioni umane ai minimi termini, e sono sicuro di averci passato qualche sabato sera, lì attaccato. Pur cercando di mentire a me stesso, ci si riesce sempre fino a un certo punto. Ed è per questo che non sono mai riuscito a godermi fino in fondo i primi due Broken Sword (dal terzo in poi proprio manco cacati di striscio). Per questo e per quella cazzo di capra.

Blade Runner (Westwood Studios, 1997)

Si parlava di come ogni cosa fosse cyberpunk in un certo periodo, e la Westwood (che al tempo faceva ancora roba spettacolare) salta sul carro di buoi del vincitore e fa un gioco su una franchise fresca fresca di 15 anni. Io tutto esaltatissimo noleggiai la VHS del director's cut e non riuscii a vederla perché nella cucina/sala da pranzo in cui c'era la TV col videoregistratore ("la casa", la chiamava mia nonna, come se le altre stanze non fossero parte della casa) c'era sempre il sovramenzionato falegname a rompere i coglioni, quindi vidi Blade Runner senza il voiceover e a spizzichi e bocconi. Non ci capii un cazzo, ma ovviamente dovetti dire che era bellissimo. Il gioco, in realtà, era veramente bellissimo, visivamente. Aveva i personaggi fatti in 3D, ma coi voxel, mica coi poligoni che li avrebbero fatti sembrare un incubo cubista.

incubo iperrealista


Il gioco in sé è un adventure punta e clicca ma con sequenze di azione e senza la pallosa gestione dell'inventario, era un calco della storia del film, con protagonisti diversi (e il personaggio di Harrison Ford menzionato di striscio ogni tanto). Il protagonista Ray McCoy nella versione italiana dovrebbe essere doppiato da Gammino, e questo è sicuramente un bonus. Per chi il film l'ha visto il gioco è strapieno di citazioni. Per chi lo vide di sfuggita come feci io... era comunque un gran giocone. Abbastanza non-lineare, per essere un adventure, anche se a volte la non linearità era guidata dal random e la cosa faceva girare i coglioni. Ad ogni modo, restava comunque un gran giocone.

Dark Forces 2: Jedi Knight (Lucasarts, 1997)

Al primo Dark Forces ci ho giocato 10 minuti e poi sono stato malissimo. Al secondo Dark Forces, sarà che girava più lento, stavo meno male. C'era anche il fatto che si potesse giocare in terza persona (aiutava per i combattimenti con la spada laser) e c'era pure la possibilità di pensare scegliendosi i poteri della Forza, e poi il fatto che fosse della Lucas lo aveva reso un capolavoro da incensare masturbandosi in circolo come un branco di babbuini in calore. Questo ovviamente lo dico riferendomi ai fecali redattori di riviste di settore. Di Dark Forces 2 ricordo giusto due cose: la prima erano i filmati in Full Motion Video con attori veri (sconosciuti) e pure una risoluzione decisamente alta. 

ma il budget per un parrucchiere decente non c'era

La seconda è il fatto che è stato il primissimo videogioco a cui ho giocato in multiplayer. Non via internet perché non avevo l'abbonamento, ma via chiamata telefonica tramite modem con un mio compagno di classe del liceo. Ecco, la bolletta non fu delle più gradevoli. Comunque, sarà che non ero molto disinvolto nemmeno negli sparacchini 3D al tempo, ma una delle cose che succedeva più spesso era che mi perdessi nella mappa. Non vi so dire se accadrebbe ancora visto che mi rifiuto categoricamente di rigiocarci.

Quake (id Software, 1996)

Quake per un certo periodo fu chiamato "Doom 3" da quelli che si volevano dare un tono (presente!) E quando finalmente uscì, in shareware (e quindi, a modo suo, completo!) fu un tripudio per noialtri nerd compreso me che era appena tornato nel vortice della sfiga grazie anche al suo rivale Duke Nukem 3D, uscito a inizio di quell'anno. Quake era uscito dopo l'estate e io ero proprio nel pieno della mia ripresa come videogiocatore, ed ero pronto a sfidare i conati pur di dire di aver giocato al nuovo capolavoro della id. Per dire, sulla rubrica "Facce da TGM" era uscito un video chiamato "Aspettando Quake", in cui un tizio che interpretava John Romero (in partenza dalla id) appariva in sogno a un altro nerd con la riga nel mezzo (erano gli anni 90, eh) per dirgli, con un forte accento napoletano, che "manco lo saccio iiie quando esce Queic, e che l'hai a sapé te? Gioca a Doom intanto" o qualcosa del genere. Ecco, lo allego così vi crogiuolate nell'imbarazzo (soprattutto se siete gli autori di questo video).


In realtà, grazie al fatto che il mio scancherato 486 DX2 a 66 MhZ non reggeva la potenza di calcolo richiesta dall'ultima fatica di Carmack, il gioco andava così a scatti che potevo benissimo permettermi di giocarci senza cadere vittima dei conati. Certo, sparare era una roba quasi impossibile, ma a quello servivano i cheat codes! L'idea era quella di poter dire che giocavo a Quake, mica divertirmi! Bah.


FIFA 98 - Road to the World Cup (EA, 1998)

Magari avrei dovuto farci un articolo intero sopra, ma non mi andava di evocare di nuovo il fantasma di Gianni Brera. Primo perché lo trovo insopportabile, e secondo perché sarebbe stata una cosa molto ripetitiva, e per quanto ad alcuni sia piaciuto, ripetere sempre lo stesso tormentone è una cosa che lascio fare al blog delle prefiche piagnucolanti, nel caso in cui esista ancora. Se avesse smesso di postare, beh, ha un sacco di imitatori che si comportano esattamente allo stesso modo. Che dire di Fifa 98? Due cose: la canzone dei Blur, che per me che ero un totale ignorante di musica contemporanea quando avevo 16 anni era una cosa fighissima. MTV non si pigliava a casa ex videogiocatore, e anche pigliandola mi sarei vergognato di guardarla in "casa" (ovvero cucina/sala da pranzo) con sempre qualcuno pronto a guardare e giudicare con un bel "SOCMEL AC CAZÈDA". L'altra cosa, invece, è il commeto di Massimo Caputi e Giacomo Bulgarelli, a ruoli invertiti rispetto al normale lineup di Telemontecarlo. L'Onorevole Giacomino aveva certamente molto più tempo libero di Caputi, perché doveva dire tutti i nomi dei calciatori del database del gioco in almeno due versioni ("normale" ed "entusiasta"). Il fatto che fosse molto più facile da controllare dava la possibilità di fare cose molto divertenti, come vincere la Coppa del Mondo con le Isole Figi, per il cui centravanti Viliame Batidegei Bulgarelli sembrava avere una certa simpatia. Che altro? Ah sì! Ma voi vi ricordavate che c'era pure il calcetto indoor?

per il blisghetto invece stiamo ancora aspettando

Grandissima inculata, tipica della EA, invece fu lo pseudo-seguito, non fifa 99 (che faceva abbastanza cacare pure lui) ma "World Cup 98", che era praticamente Fifa 98 ma con le rose aggiornate e Francia 98 con le squadre "reali", quindi niente isole Figi. Va anche detto che al posto di "Song 2" c'era la più blanda "Tubthumping" dei Chumbawamba, che se per molti è sorgente di bruschette e piantini nostalgici, a me suona come il rapido VROOM dell'adolescenza che mi sfreccia affianco mentre io sono troppo intento a rincoglionirmi. Questa e "Save Tonight" di Eagle-Eye Cherry, la cui sorella qualche anno prima aveva fatto quella pessima canzone assieme a Youssou N'Dour che mi faceva venire voglia di spararmi nei coglioni. Di recente l'ho sentita mentre ero in un negozio e per fortuna che non vendevano oggetti contundenti sennò me li sarei subito piantati nello scroto. Poi ho letto cosa voleva dire il testo (che quando un bambino viene al mondo è felice solo per sette secondi e poi si rende conto che il mondo è pieno di malvagità). E insomma, amici, non so come una roba così deprimente potesse scalare le classifiche, e come ci sia gente che pensi a quegli anni come spensierati. È tutta una questione di percezione, presumo. Ma sto divagando. Ad ogni modo, bel gioco.

Ultimate Soccer Manager (Impressions, 1994)

Ah, un paio di settimane fa ho cambiato di nuovo lavoro (è un vizio), e il posto dove sto ora un tempo aveva una divisione chiamata USM (il cui acronimo non sto a rivelare) ma non ho potuto non pensare a 'sto gioco di calcio manageriale, che trovai sul famoso cd di shovelware dedicato interamente ai giochi di sport (escluso Duke Nukem 3D) che mi fu di conforto nel momento in cui mi resi conto dell'esistenza dell'effetto Westermarck. Beh, di manageriali avevo PC Calcio e non ho mai giocato tantissimo a Championship / Football Manager (più che un gioco lo ritenevo un secondo lavoro, vedendo i miei amici) però USM mi era piaciuto abbastanza. Una ragione era lo scheumorfismo dei menu, in particolare il menu principale che era lo stadio e cambiava a seconda della customizzazione dello stadio.

e poi potevi ribaltare la foto raffigurante la moglie del presidente

Un'altra ragione era il fatto che non fosse proprio un gioco che le mandava a dire. Si poteva prendere il telefono e truccare le partite, si poteva pagare gli avversari per farli perdere, e scommettere pure sul risultato "biscottato". Non mi pare, nella mia limitata esperienza di manageriali, di ricordare altri giochi in cui si potesse fare. Il fatto anche che a fine partita si potevano rilasciare interviste piene di banalità mi dava quel senso di immersione che altri giochi non mi davano. Giochi tipo...

On The Ball (Ascon, 1995)

Questo gioco invece faceva abbastanza cacare, ma mi affascinava molto, e dopo una lunga riflessione (senza rigiocarci, però, non voglio farmi influenzare) mi sono reso conto che la cosa che mi colpiva era il font di gioco che era piuttosto differente, nello stile, dagli altri giochi contemporanei.

molto tedesco, in effetti

E questo è tutto quello che ricordo di questo gioco, quindi se è questo ad essermi rimasto impresso il gioco non è poi 'sto granché. Ad ogni modo, ne ho parlato, e quindi la chiudiamo qui.

Big Match (Colors Multimedia, 1997)

Questo gioco esiste, ve lo giuro. Io non ce l'ho più, l'ho cercato ovunque, pure chiesto via mail a Ivan Venturi ma lui non mi ha cagato. Peccato perché l'articolo completo ce lo avrei fatto, ma c'est la vie! Big Match è un gioco di calcio pubblicato con la collana K-Games (la stessa di In Vacanza Con Sylvia). Da quello che so potrebbe essere pure l'ultimo della collana perché come abbiamo già detto il Venturone metteva in bocca più di quanto riuscisse a masticare e apriva un sacco di cantieri e chiuderli diventava spesso un casino. E onestamente non sono manco sicuro che arrivassero tanti soldi dal K post-Studio Vit, con tale Roy Zinsenheim a fare il capo redattore. Comunque il gioco esiste, se qualcuno ce l'ha lo metta su archive.org ma non si aspetti che ci faccia sopra un articolo. Magari se qualcuno vorrà raccogliere il mio testimone e aprire un nuovo blog lo farà lui/lei. Ma ne dubito. Dicevamo: successivamente a Sylvia, i K-Games fanno uscire un gioco di formula uno chiamato "Formula One Eagle", dimenticabilissimo. E il mese dopo esce questo Big Match, gioco calcistico, che ricordo molto di più anche perché mi ero incaponito così tanto per finirlo. E l'ho finito! Ma voi direte: "ma come si fa a finire un gioco di calcio?" Eh, è semplice, era un adventure punta e clicca ambientato nel mondo del calcio! Una roba mai vista prima! E probabilmente nemmeno dopo, al netto delle varie modalità carriera dei fifa più recenti di cui onestamente me ne sbatto i coglioni. Vorrei potervi dare uno screenshot, ma come vi ho detto non ne esistono proprio su internet. 

Il protagonista, comunque, è tale Beppe Azteri (non chiedetemi come faccio a ricordarmelo), allenatore della squadra italiana dell'Atletico (Atletico cosa?). Azteri e la squadra sono in ritiro prima della finale di una non ben definita "European Cup" contro gli inglesi della "Arrow Team" (in quanto metallaro, Venturi non sa niente di calcio, evidentemente). Insomma, in questi tre giorni di ritiro dobbiamo motivare i giocatori e risolvere i loro problemi emotivi e forse pure atletici, credo. Non ricordo, però c'erano due giocatori che non si concentravano perché si sbunnavano due sorelle aspiranti WAGs, che erano animate con il solito effetto "pupazzo da ventriloquo" della Simulmondo.

E alla fine, ogni nostra azione e ogni nostra scelta di dialogo  influirà sul morale dei giocatori, tutte variabili nascoste come i pruriti vaginali di Sylvia, e il gioco culminerà in una noiosissima e lunghissima partita, con il telecronista scoglionatissimo a dire tutto il tempo "Passaggio lungo. Dell'Arrow Team." "Passaggio Corto. Dell'Atletico". Sempre così. E l'avevo pure vinta la partita, e la sequenza finale era un'immagine fissa della coppa con su scritto "ATLETICO". Bah.

EuroTAP (Olivetti, ????) e Sparole (Ultimobyte, 1989)

L'unico grande rimpianto che ho per quanto riguarda questo blog è di non essere riuscito a trovare EuroTAP, il typing tutor in bundle con il mio Olivetti PCS 86 (assieme a Ports of Call, a Collins On-Line, a Microsoft Works e a tutorial vari). C'è qualcosa, nella memoria che ho di quel programma, che in qualche modo mi scalda il cuore, mi mette a mio agio con il passato, evocando un'oasi di tranquillità in mezzo a ricordi che, ripensandoci ora, non sono così belli come sembravano all'inizio. Quello che mi ricordo era la stanza dove c'era il computer, in cui c'ero io con il mio PCS 86, l'abat-jour con la lampadina a mezza candela posta sopra il pianoforte, e fuori il freddo e la nebbia del vecchio paese. E io ero lì, con la soddisfazione di chi era finalmente riuscito a far funzionare quella bestia enorme. Infatti il primo giorno che ebbi il computer lo passai a cercare di capire come cazzo far partire quel computer, ignorando che in una busta sigillata c'era un dischetto d'avvio con l'MS-DOS 3.30a. Mia mamma mi proibì categoricamente di aprire quella busta sigillata perché sopra c'era scritta la solita roba che aprendo quella busta si accettava l'EULA (probabilmente tradotto come contratto d'utilizzo, perché comunque era della Olivetti). E insomma, il fatto che aprendo quella busta ci si impegnasse in qualche modo era visto come pericoloso. Quando non sapevamo più dove sbattere la testa per risolvere il problema del disco non di avvio, chiamammo l'ineffabile Sandro, il tecnico dell'Olivetti che viveva al Vecchio Paese, e come prima cosa stracciò via quella busta. Mandai a cagare col pensiero mia mamma, ma poi iniziai a rincoglionirmi per bene con Ports of Call e, appunto, EuroTAP. 

Se sono un buon dattilografo penso di doverlo a quel programma, perché imparai a digitare con tutte le dita senza guardare la tastiera praticamente subito (Touch Typing, si chiama). Ne ho visti un sacco sui siti abandonware, e pure su archive.org, ma nessuno era come lui. Ricordo giusto le sagome delle dita disegnate coi caratteri ASCII (era in modalità testo il programma) e poco altro. Ecco, una volta finito il blog (cioè con l'articolo di lunedì prossimo) forse, se ritrovassi EuroTAP scriverei una piccola aggiunta, giusto per dare il senso di chiusura. Per il momento, però, vediamo quanto di più simile avevo al tempo, ovvero SPAROLE.EXE, un gioco prodotto dalla Ultimobyte (oppure era solo copiato e tradotto con un hex editor? Boh!) per il famoso bundle "Club della Rana" che il mio migliore amico dell'epoca aveva avuto assieme al suo Amstrad. C'era molta più roba che nel bundle "Europa 1992" del mio Olivetti, ma la qualità era molto più discutibile. Però SPAROLE.EXE era carino: un clone di Space Invaders in cui per sparare dovevi scrivere la parola giusta. 

blip

Abbastanza noioso dopo un po' ma l'entusiasmo non fu poco, al tempo: primo perché ero già bravo a digitare e con SPAROLE.EXE avrei fatto faville, molto più del mio amico con cui c'era sempre stata una certa rivalità mai del tutto esplicitata (e forse anche per quello ci siamo allontanati l'uno dall'altro), ma soprattutto perché ero un videogiocatore pezzente, e con il club della rana era arrivata una discreta infornata di roba che non era TREE.COM. Il nostro eccellente lettore Assimazza ha messo SPAROLE.EXE su archive.org, e potete trovarlo qui.

Circlink / Tri-Axis (Christopher Gunn, 1989)

Sempre a proposito del Club della Rana, nei dischetti dell'Amstrad ci stavano pure degli shareware molto poco noti, ed è questo il bello di quei dischetti, andavano a ravanare nelle più recondite BBS perché al tempo il WWW non ci stava, e quindi non c'era quel certo grado di uniformità che trovai successivamente cercando nei siti abandonware. Che vuol dire? Che i giochi disponibili da scaricare erano sempre gli stessi, ecco che vuol dire. Su archive.org e l'enorme collezione TDC ci sono certe perle interessanti, ma resta il fatto che pur avendo un quantitativo di software ordini di grandezza più grande di una scatola  di dischetti da 720k ciascuno, tutto sembra più piccolo. Penso che sia per la facilità con cui si riesce a trovare e a scaricare qualcosa. Certo, puttana miseria, qualcuno poteva uploadare il dischetto con EuroTAP, no? Invece no.

Circlink e Triaxis sono due giochi di strategia. Circlink mi ricorda un po' un forza 4 più complesso...

uan ciu tri for uan ciu tri for hai vinto tu

...in cui si infilano le palle in questi anelli incrociati tra loro e con una logica che non ho capito del tutto si fanno girare gli anelli appartenenti a una riga e a una colonna, in modo da far scendere o spostare le palle. Il primo che allinea un numero prestabilito di palle ha vinto. Beh, un bel rompicapo, ma il fatto che non capisco la logica lo rende più che altro un bel rompicazzo. Tri-Axis è molto simile, solo che al posto dei cerchi ha degli esagoni. C'è tutta una storia dietro, che sostiene che questa sia la simulazione di un ecosistema variegato, e in cui controlliamo una colonia di animali di un certo ambiente, che è praticamente quello di uno stagno.

ho mal di testa

Ecco, l'unica cosa che ricordo di 'sto gioco (le cui regole non ho ancora capito ora che ho 40 anni) era che per muovere le pedine dovevi girare la ruota e così avevi il numero di mosse. Potevi mangiare le pedine altrui saltandoci sopra come nella dama, e il numero sulla pedina cresceva di uno. Potevi mangiare solo le pedine con numero minore o uguale al tuo. Girando la ruota, oltre al numero di mosse per quel turno, potevi ottenere "Famine" (carestia, che ammazzava tutte le pedine su un certo colore) e "Harvest" (raccolto, che faceva moltiplicare le pedine). Ecco, il mio amico che mi passò i dischetti della Rana provava a giocarci senza capirci un tubo nemmeno lui, ma la sua certezza era che "Famine" significasse "Femmine" e siccome le femmine della nostra classe erano delle rompiballe (eravamo alle elementari, capiteci) allora era una brutta cosa. Poi siamo cresciuti e, almeno nel mio caso, la carestia di femmine è arrivata sul serio, ed è durata un bel po'. E questo è tutto quello che ho da dire sulla faccenda.

Pray For Death (LightShock, 1996)

Che nome del cazzo per un picchiaduro, eh? Per carità, grammaticalmente è corretto, ed è pure il nome di un film di arti marziali piuttosto vecchio, ma chiamare un videogioco "Pray for Death" mi pare di un cringe da far scendere i coglioni sotto il livello del mare. Era italiano, infatti, e suppongo che nel 1996 gli sviluppatori di videogiochi volessero sboroneggiare con la naiveté tipica degli adolescenti che disegnano svogliatamente sul quaderno personaggi fantasy ipermuscolari in cui sognano di identificarsi perché forse così potranno finalmente chiavare. Non è necessariamente una confessione mia, questa. Comunque Pray For Death, che sull'indice della fecale TGM era scritto come "Pray OF Death" aveva una grafica notevole, per il 1996, tutto renderizzato in 3D (e quindi molto legnoso nelle animazioni, perché era comunque il 1996) e personaggi molto tosti, sulla carta (carismatici, avrebbe detto la fecale TGM). Tra gli altri c'era Chthulu, c'era Anubi, e c'era un angelo caduto probabilmente transessuale chiamato Uriel. Ora ciò mi fa pensare che da lì abbia preso il suo nom de plume il noto blogger "Uriel Fanelli" che come è noto vomita odio su tutto e tutti per via della frustrazione che gli viene dal fatto che gli piacerebbe diventare donna ma non trova il coraggio di fare la transizione e quindi si limita a fare lo zerbino (i giovani dicono "simp") a Contrapoints. Ma sto divagando. Di questo gioco ricordo di averlo desiderato non poco perché lo associo alle ore buche alle scuole medie: ero in terza, e grazie al fatto che c'era un prof assente e nessuno a fare supplenza, ci avevano diviso in varie classi, e siccome ero un cazzaro mi ero portato dietro TGM da leggere assieme agli amici, anziché ascoltare la lezione di qualche primino. Mi sentivo molto fico, per questo.

"non sono pronto"

Ecco, magari "Pray for Death" è un titolo corretto, ma il cringe del "Ready to Die" al posto del "Round 1 Fight" è una roba che proprio mi va venir voglia di strapparmi i coglioni da solo a morsi. Ad ogni modo, passiamo avanti.

Ugh! (Play Byte, 1992)

Si diceva del fatto che i giochi sui siti abandonware erano sempre gli stessi, no? All'inizio della mia avventura di scaricatore di videogiochi vecchi con cui compensare alla mia pezzenteria, i siti abandonware erano piuttosto limitati (era il 1999 d'altra parte) e avevano sempre gli stessi giochi: Ugh! ad esempio ce lo avevano TUTTI, di solito assieme ad "Avoid the Noid" ed "Arcy2". Per qualche ragione che non ricordo cercai di evitarlo il più possibile (d'altra parte, Avoid the Noid ed Arcy2 sono riuscito a non cacarli mai) ma alla fine lo scaricai e ci giocai. Peraltro, piccolo inciso, in un bel po' di tempo scaricai ben due CD-ROM di giochi abandonware. Considerato che avevo un modem 56k, era stata una cosa notevole. Insomma, Ugh! è un gioco che ha ben poco senso: è ad ambientazione preistorica e ok, andava di moda: ma il nostro protagonista cavernicolo ha inventato un elicottero a pedali molto poco controllabile con cui dare passaggi ad altri cavernicoli da una piattaforma all'altra. 

tipo cosi

Il bello è che se sbattiamo molto forte contro una piattaforma, non è che ci spetasciamo, ma rimbalziamo come se niente fosse e però lo schermo sfuma sul nero e perdiamo una vita. Difficile da comprendere, ma d'altra parte il gioco è tedesco. Curatissima però la grafica, con quel dithering fatto così bene, viene quasi da perdonare le evidenti carenze.

Joe&Mac: Caveman Ninja (Data East, 1991)

Sempre a proposito di cavernicoli che andavano di moda, la Data East fece un gioco chiamato "Joe and Mac: Caveman Ninja" perché se c'era una cosa più popolare dei dinosauri, quelli erano i ninja. Anche se i titolari Joe&Mac di ninja non avevano nulla, ma erano cavernicoli nerboruti con i capelli verdi e blu. E resta sempre il mistero del perché le cavernicole nella fiction videoludica sono tutte delle gran gnocche.

è un tipo (di scimmia)

Beh insomma, questo è un platform non troppo dissimile da Prehistorik, ma dal ritmo più rapido. Quello che comunque fa sì che me lo ricordi, per la solita storia dell'incazzatura che fissa le memorie, era il fatto che il demo giocabile allegato al numero 5 della fecale PC Action non funzionasse sul mio PCS 86. Successivamente, anni dopo, scoprii che sul 386 funzionava, ma allora la reazione fu un grosso "meh".

meh

Ad ogni modo, un gioco abbastanza dimenticabile, per me.

The Humans (Mirage / Imagitec Design, 1992)

Mai avuto e manco troppo desiderato, ma ricordo che ne avevo parlato con mia mamma come potenziale acquisto (che poi non si concretizzò) perché le avevo fatto vedere gli screenshot su una copia della fecale PC Action. Ero in quarta elementare e durante quell'anno ero stato spesso a casa da scuola. Non ho mai capito fino in fondo il perché, ma oh, mica mi lamentavo. E questa è la memoria che associo a sto puzzle game incasinatissimo a metà tra Lemmings e Pushover (il gioco della formichina). Poi non riesce a non starmi simpatico il fatto che sia l'unico gioco interamente sviluppato dalla Imagitec Design di Barry Leitch, compositore delle bellissime musiche di Utopia: the creation of a nation. Però, diciamocelo, poteva essere fatto meglio. 

ovvìa su oggi si scopre la lancia dèh


Resta comunque l'immagine della cucina/sala da pranzo della casa dei miei, illuminata con la luce della mattina presto, mentre la rampa delle scale, con le sole finestre che davano sul muro di una casa diroccata, era per pochi minuti inondata di sole. Ricordo il silenzio fuori, anche per gli standard del Vecchio Paese, interrotto solo dalle campane della chiesa. Io che sto seduto al tavolo di fianco alla finestra a leggere, a volte un libro "serio", a volte una fecale rivista di settore. Le regressioni (già allora!) ai tempi dell'asilo, quando da figlio unico tiravo fuori una trapunta bianca e nera, su cui giocare per terra spostando il tavolo. Trapunta che aveva un bordo nero e che diventava facilmente un circuito per le macchinine della Bburago. La sensazione di tranquillità dovuta principalmente all'apparenza di immobilismo di quel non-luogo che era il Vecchio Paese. La televisione spenta e la mancanza di iperconnessione al resto del mondo, al di là del Corriere della Sera che il Biondo ci incastrava nella maniglia del portone ogni mattina, da cui ritagliavo l'incomprensibile vignetta di Giannelli perché pensavo che facesse ridere e che mi rendesse esperto di "cose da adulti". Tutto sembrava così lontano, nomi sul retro del tabellone de "Il Nostro Mondo" Clementoni che stavano già diventando obsoleti, e in quella bolla, il tempo era fermo più o meno da quando ero nato. Non ho nulla da dire su questo gioco se non questo.

Falcon 3.0 (Spectrum Holobyte, 1990)

Secondo la fecale K, Falcon 3.0 della Spectrum Holobyte era il "GIOCO PARAMETRO" (gesto che mima la masturbazione) per quanto riguarda il mio genere preferito al tempo, i simulatori di volo. E così, quando scoprii che il nipote del gestore dello stabilimento balneare in cui andavamo  ogni anno aveva il PC ed era in contatto con un gruppo di pirati di stanza a San Marino, subito feci l'ordinazione. E in mezzo c'era Aces of the Pacific, SWOTL, Stunt Island e, ovviamente, lui, il GIOCO PARAMETRO: Falcon 3.0. Come altri giochi passatimi in quell'occasione non funzionava. E a differenza degli altri, quando ebbi un computer più tosto e/o un accesso ai siti abandonware, lo scaricai per questioni di completismo (e di rivalsa) ma non ci giocai praticamente mai. Sarà che i controlli erano complicatissimi, apparentemente il manuale era un tomo di 300 pagine da leggersi tutto prima di installare i 5 dischetti (cinque!) sul disco rigido, ma insomma per quanto fosse simile alla realtà, stando a redattori che probabilmente prendevano l'ansiolitico prima di salire su un volo alitalia per le fiere dei videogiochi, io avevo già accettato il fatto che mai e poi mai avrei fatto il pilota di aerei militari e quindi puntavo più alla parte in cui ci si divertiva. E quindi vaffanculo. Ad ogni modo, l'ho menzionato così ho smarcato altri dischetti che avevo nei miei archivi.

tipo questo, ma ancora più bello era quello a forma di cassetto grigio che si estendeva tantissimo.


Alien Legacy (Sierra, 1994)

Dopo aver scoperto Star Control 2, per me era necessario trovare qualcosa che fosse simile a lui. Era necessario. Qualcosa che desse la stessa sensazione di sublime che era il guardare un universo enorme, e allo stesso tempo magari rendesse l'esperienza più realistica e meno semplificata rispetto a quello che per me era il gioco più bello di sempre. Certo, era bello proprio perché non aveva eccesso di micromanagement, ma io mica lo sapevo. Quello che ci si avvicinava di più era Alien Legacy, un gioco della Sierra prodotto da Joe Ybarra, già autore di Starflight per la EA, aiutato da Paul Reiche di Star Control. Perfetto, no? Continuità, giusto? Beh, no, sbagliato. Se è vero che la complessità era molto più grande e l'atmosfera era eccellente, questo gioco era molto più simile a Reunion che a Star Control 2, e con Reunion soprattutto aveva in comune il micromanagement di tante colonie che si dovevano creare sull'unico sistema solare del gioco. Mille cose che succedevano allo stesso momento e ognuna di queste era un padulo da gestire. Ma a parte i vaffanculi ai nostri assistenti nel gioco, che in realtà erano inutili tanto quanto quelli di Reunion, la storia ti pigliava. Peccato che ci si rompesse i coglioni prima. Una grandissima occasione sprecata.

The Horde (Crystal Dynamics, 1994)

Dopo aver fatto Star Control 2, Fred Ford e Paul Reiche fecero qualcosa di più tranquillo, dal punto di vista del game design. Uno strano incrocio tra un arcade e un gioco di strategia, ma con Kirk Cameron di "Genitori in Blue Jeans".

davvero

Nei panni del futuro predicatore evangelico e bigottissimo interprete di film tratti dalla fecale saga di libri "Left Behind", dobbiamo costruire un villaggio e poi difenderlo da una specie di orchi rossi malamente renderizzati in bassa risoluzione prendendoli a spadate tramite controlli impossibili da gestire. Peccato eh, perché le sequenze di intermezzo erano divertenti. Il resto, beh, si vede che era un gioco fatto durante una pausa (e probabilmente per assolvere a doveri contrattuali)


Captain Blood (ERE Informatique, 1988)

Questo probabilmente è uno dei giochi più strani a cui abbia mai giocato. Sempre un gioco spaziale, ma con un tocco tutto francese, e cioè che non ci si capisce un cazzo di come possano averci pensato. Praticamente noi siamo un creatore di videogiochi che viene risucchiato nell'universo di un gioco da lui stesso creato, una galassia da 32768 pianeti, in cui solo su una dozzina di pianeti ci sono degli alieni con cui interagire. Ogni alieno si trova alla fine di un canyon, e per arrivare in fondo al canyon ci si manda un pesce (sì) che funge da interfaccia con l'alieno. Lo sbattimento è evitare di spetasciare il pesce contro i muri del canyon. Dopodiché il sugo del gioco sta nel comunicare con l'alieno usando una serie di ideogrammi che formano un linguaggio rudimentale. Lo scopo del gioco è quello di trovare dei nostri cloni e disintegrarli convincendoli con questo linguaggio rudimentale, in modo che possiamo assorbire tutti i loro fluidi corporei e evitare la morte. Lo so, è abbastanza fumato 'sto gioco, ma affascinante per l'estetica così decisamente francese. 

essendo francese la donna nuda dev'esserci per forza

È l'unico videogioco a cui ho giocato di più nella versione emulata (Amiga o Atari ST) che nella versione DOS, che era in CGA o in EGA, ma la versione in EGA non è mai stata pubblicata ufficialmente e farla girare era impossibile, e la versionei n CGA faceva cagare. Ad ogni modo, un gioco che ti pigliava più che altro per la totale improbabilità che qualcuno nel pieno delle sue facoltà fosse riuscito a fare una roba del genere. Insomma un gioco francese come tanti altri, e pure un po' ripetitivo. 

Flight of the Amazon Queen (Interactive Binary Illusions, 1995)

Avevo detto che ne avrei parlato, ma in realtà ci ho giocato pochissimo: avevo trovato il demo in qualche CD di shovelware e ci avevo giochicchiato, era un adventure scopiazzatissimo da Indiana Jones and the Fate of Atlantis, ma molto più PaZzEreLlOh! Aiutava il fatto che gli autori fossero gli stessi di Alien Carnage/Halloween Harry, in particolare la grafica era fatta da Steve Stamatiadis, che come avevo scritto a proposito di Halloween Harry, ha la particolarità di disegnare personaggi, in particolare personagge, piene di vita e di vitalità, allegre e che si fanno poche pippe mentali. 

"è questa nuova pettinatura che si chiama schiaffo, sono stata due ore dal parrucchiere"

E insomma, è una cosa che apprezzo molto. Detto questo, quando ci misi sopra le mie zozze manacce, ci giocai per cinque minuti. Sono sicuro che sarebbe stato carino, ma sfiga ha voluto che ci giocassi quando oramai i puntaeclicca mi avevano rotto i coglioni. Ah, beh, che ci volete fare. Pensate che ho pure giocato a Runaway: A Road Adventure e ricordo che l'ho odiato con forza. Ma proprio mi aveva irritato. Flight of the Amazon Queen invece no. Lo avevo serenamente ignorato, ma sono sicuro che fosse molto bello.

Lands of Lore (Westwood Studios, 1993)

Questo invece era molto bello, si presentava come gioco di ruolo ma era quasi un adventure (e infatti il motore era lo stesso di Legend of Kyrandia). Personalmente lo associo a due cose. La prima: il fatto che quando lo scaricai da un sito abandonware, col 56k, ci mise una vita a venire giù, e mentre lo scaricavo il porcellino d'india di mia sorella aveva rosicchiato il cavo del modem. Almeno il roditore non era rimasto fulminato. La seconda: se io lo associo alla stagione invernale, il mio amico nipote del bagnino che lo ebbe all'uscita grazie alle sue connessioni, lo associava a pomeriggi estivi passati davanti al PC con le tende tirate giù. E la cosa mi sorprendeva: ma come, hai il mare a casa e stai davanti al computer? È proprio vero che chi ha il pane non ha i denti e viceversa! 

non so il pane, ma i denti questo orco non li ha più


Ma non appena ebbi un po' più di autoconsapevolezza mi resi conto che se ci avessi avuto il mare sotto casa avrei fatto la stessa identica cosa pure io. Ad ogni modo, la voce del re era di Patrick Stewart e la fecale stampa di settore ci fece sopra un lungo panegirico, come se 'sta gente avesse visto Star Trek in lingua originale per apprezzare il tono baritonale di Picard. Manica di cazzari atteggiati. Ad ogni modo, un gran bel gioco. Nel 1993 la dinamica era un po' stantia (resta comunque un clone di Dungeon Master) ma almeno era una visione in prima persona che non mi faceva venire da vomitare.

Ambush at Sorinor (Mindcraft, 1993)

Quando il buon Francescone Carlà vide in edicola la collana "Big Games" e "Futura Games", volle fare pure lui i soldi pubblicando in edicola giochi vecchi a prezzi ridotti. Non lo fece coi giochi della Simulmondo, il furbacchione, ma mise le mani su proprietà intellettuali poco cagate, e già che c'era cambiava pure il nome per renderlo più appetibile. Così "Merlin Challenge" diventò "Helicopter Simulator" e questo noiosissimo strategico divenne Fantasy Ambush, perché effettivamente col nome "Sorinor" ci si poteva confondere. Penso fosse uno spinoff della saga "Magic Candle", che tentava di essere una risposta più proletaria agli Ultima, e che in Italia dubito che qualcuno si sia mai cagato. 


già la grafica del menu principale lasciava intuire una certa approssimazione

Ad ogni modo, un mio amico ci cascò e lo prese in edicola e io andai a casa sua a giocarci, una delle ultime volte prima che prendessimo strade diverse. Ne ho parlato a proposito del gioco della Formula 1, e mi mette molta tristezza. Mi ero divertito quella volta, ma oramai il mio amico era più orientato a cose diverse e insomma la sensazione era quella di incomunicabilità sempre crescente. Però avevamo riso del fatto che il gioco cominciasse in pausa e questo era solo scritto in un angolino minuscolo del manuale, e onestamente non si capiva un cazzo di niente. Ma non è che la Mindcraft sia nota per aver fatto roba decente. 

Cohort - Fighting for Rome (Impressions, 1991)

Sempre a proposito di strategici e di ere che si chiudevano, Cohort è stato uno degli ultimi videogiochi che associo a quando facevo judo. Anzi, forse no: forse avevo già smesso de facto di fare judo e andavo in palestra per provare gli attrezzi, perché lì per lì erano divertenti. Molto più dello judo fatto assieme al nuovo maestro che era venuto a insegnarci, che non era tanto bravo. Di fatto, mi fu passato dal gestore della palestra Beppe M., e fu l'ultimo videogioco che mi fu passato da lui. Poi mi passò altra roba, principalmente programmi per Windows, perché stava iniziando la mia lunga pausa dai videogiochi. Certo, fu l'ultimo gioco che mi si passò, ma la qualità scadente non mi fece rimpiangere i tempi in cui Beppe M. mi passava videogiochi, perché era il classico strategico della Impressions, tipo Merchant Colony, ma meno divertente e con l'interfaccia più incasinata. Una roba con lo stesso appeal di un foglio di calcolo, cosa che non mi rese molto traumatico il passaggio a installare Microsoft Excel. Mi si dice che Cohort si integrasse con Caesar 1. Non lo so. Ho giocato a Caesar 2 ma non ricordo nulla, né ho una particolare voglia di rigiocarci, né ho molto da dire a proposito.

Rome: AD 92 (Millennium, 1992)

Detto anche "The Pathway to Power", era una specie di avventura punta-e-clicca ambientata nell'antica Roma, e cominciava a Ercolano nel 92 d.C., quindi ben dopo che era stata distrutta (79 d.C.) In tutto questo, Avaricius era molto più fedele alla storia di questa roba dall'interfaccia ingestibile. Al di là della grafica per cui ho sempre avuto un debole, il vaffanculo mi è partito quando ho scoperto che uno dei due consoli di Roma si chiamava "Segamus Megadriivis" e l'altro "Nintendus Gameboius". A quel punto "Esci al Dos" " CD.." "DELTREE ROME /Y" e questo è tutto quello che ho da dire sulla faccenda.


Mystic Towers (Apogee, 1994)

Parlando di prospettiva isometrica, c'era pure questo gioco, trovato sulla solita rivista tedesca tradotta malissima. È un incrocio tra un adventure, un platform, un puzzle game e un gioco di ruolo, e ha una grafica molto bella per i miei gusti. Ma come dinamica di gioco, beh, fa abbastanza cagare. Il fatto che il protagonista sia un Vecchio di Merda contribuisce. 

un Vecchio di Merda senza pantaloni, peraltro

Io in realtà lo associo a una volta che ero stato portato fuori a fare una passeggiata col ramo femminile del mio albero genealogico, e mi stavo annoiando tantissimo, con mia nonna che quel giorno non riusciva a camminare e a parlare allo stesso tempo e faceva miliardi di pause. E insomma, in tutto questo, giocare a Mystic Towers pareva quasi bello, a confronto.


Blood Omen - Legacy of Kain (Silicon Knights, 1997)

C'era un periodo in cui i vampiri andavano molto di moda. Anche prima di quella cacata di Twilight (che per me saranno sempre i CD olandesi coi giochi piratati, ma ok) la figura del nosferatu aveva un certo successo. Ricordo di come un mio compagno di classe, quello che si atteggiava a fiero otaku, raccontava che giocasse al gioco di ruolo pen&paper "Vampiri", e come si vantasse del fatto che il suo personaggio era talmente pompato che avrebbe potuto distruggere l'intero pianeta facendo una scorreggia, o qualcosa del genere. La cosa che mi disgustava era che ne parlava come se fosse stato qualcosa che aveva realizzato lui personalmente. Non lo so! Sono come quelli che dicono "sono orgoglioso di essere del Vecchio Paese": ma che cazzo hai fatto tu di speciale per essere orgoglioso? Capirei se essere del Vecchio Paese fosse accompagnato a uno stigma sociale che dura da secoli, e allora avrebbe senso, ma onestamente non gliene frega un cazzo a nessuno di dove sei nato per sbaglio, ecco. Non tutti sono fatti per essere eroi, e come già scrissi una volta, l'emergere degli eroi è sintomo di un fallimento del sistema. Quando Ulisse incontrò Achille nell'Ade era lì che rosicava come un allevamento di castori per aver scelto una vita breve ma gloriosa. 


Insomma, a Legacy of Kain ci avevo giocato nel demo della non eccessivamente fecale PC Gamer, e in realtà ero andato pochissimo avanti, penso che mi fossi fermato poco dopo che Kain (che nome del cazzo per un vampiro) venisse vampirizzato. In totale ci avrò giocato una decina di minuti, però mi è rimasto in mente perché pensavo che nel 1997, un videogioco bidimensionale visto dall'alto mi dava la speranza che non ci sarebbero stati soltanto giochi 3D in cui perdermi tra un conato e l'altro. Ma era ovviamente una minoranza rispetto all'inondazione di cloni di Doom che stava dominando il mercato nel periodo e che alla fine mi ha portato ad essere un ex videogiocatore.


Leisure Suit Larry 2 - Looking for Love (In Several Wrong Places) (Sierra, 1989)

Difficile, frustrante, noioso, bacato e insomma fa schifo alla merda. Il tentativo di Al Lowe di fare un gioco più "mainstream", con una trama diversa dal pisellarsi tutte le ragazze co-protagonisti è una roba che ci si può godere come ci si può godere un calcio nei coglioni ben assestato. 


Leisure Suit Larry 5 - Passionate Patti Does A Little Undercover Work (Sierra, 1991)

Qualcuno spieghi ad Al Lowe che i giochi di Larry che tentano di avere una trama divergente dalla copula degenerano inevitabilmente nella zona marrone. 

Leisure Suit Larry 6 - Shape Up or Slip Out! (Sierra, 1993)

Qualcuno glielo ha spiegato. Il problema è che il modello di gioco "classico" dei Larry (una serie di do ut des per fare zuppetta col biscottino) diventa stantìo in fretta. 

Leisure Suit Larry 7 - Love for Sail! (Sierra, 1996)

Questo invece è molto bello. Al di là del fatto che è animato molto bene (oserei dire meglio di Monkey Island 3, ma questa è la mia opinione e basta), la trama e gli enigmi non sembrano manco quelli di un gioco della Sierra, e siccome in quel periodo stavo rinforzando di brutto il mio inglese ci sono riuscito a cogliere un sacco di battute, che peraltro erano tornate brevi e concise come nel primo episodio. Ogni tanto ad Al Lowe gli piglia la mania di essere prolisso e deve spiegare ogni singola cosa, ottenendo la stessa vis comica di un racconto di Tolstoj. Sarà la barba, boh. Comunque, ottimo gioco, uno degli ultimi adventure punta e clicca veramente bellissimi, di quelli che ci gode proprio, e non intendo godere nel senso sessuale del termine, eh. 

ma ci speravate, lo so

Però come ho già detto altrove, su questo un articolo non ce lo faccio, un po' perché dovrei fare uno sforzo per non essere troppo volgare, ma soprattutto perché, cari amici, lo avete capito: tavò.

Runaway: A Road Adventure (Péndulo Studios, 2003)

La merda della merda della merda della merda. Inguardabile, ingiocabile, irritante, avevo promesso a me stesso che mai e poi mai lo avrei rigiocato, dopo che mi era stato passato (chi me lo aveva passato sapeva che ero stato fan degli adventure e mi aveva proposto un viaggio nella nostalgia) con un protagonista insopportabile che avevo voluto prendere a calci nei denti, un'animazione in una specie di cel shading che faceva dei pupazzi orribili e una theme song cantata da una tizia stonatissima. Una roba merdacea a livelli odiosi, e tuttora non capisco come mai avesse fatto tanto successo. Anche perché comunque, parlando di adventure, è vero che la passione non è mai sparita del tutto, ma solo perché...

Adventure Game Studio (Chris Jones, 1997)

...avevo iniziato a farli. Fortunatamente tra la fine degli anni 90 e i primi anni 2000 era uscita, sia su internet che nei canali più economici, una pletora di tool per farsi i giochi propri. AGS non l'ho usato subito quando uscì ma diversi anni dopo ci feci alcune cose che pur essendo stupide ed estremamente puerili erano piaciute. E poi, puttana miseria, si poteva fare l'exe! Che cosa volere di più? Questo era già per Windows: per DOS, negli anni in cui il videogioco era ancora ibrido tra i due sistemi operativi, c'era...

DIV Games Studio (Hammer Technologies, 1998)

Un kit fatto veramente bene, e disponibile in edicola. Aveva un linguaggio che era un dialetto del C, molto logico in sé. E la gestione degli sprite era assai semplificata (cosa che librerie per C come Allegro o SDL facevano sudare un po' di più), e insomma funzionava bene con il mio modo di pensare. Ci ho fatto anche lì qualcosina, ma ahimé, siccome l'output era solo per DOS, di giochi grossettini ne ho fatto giusto uno, per poi buttarmi su...

RPG Maker 95/2000 (ASCII, 1997)

...una roba che mi permetteva di fare giochi senza pensare troppo alla programmazione e alla creazione di asset grafici, per me che a disegnare ero una chiavica. E quindi, siccome già allora mi dilettavo a scrivere, le stronzate che potevo creare nei vari dialoghi tra i personaggi erano veramente rilassanti! Certo, siccome sono un imbecille, mi fissavo e cercavo di usare una roba così semplice come un tool per fare giochi di ruolo in stile giapponese allo scopo di creare giochi che non avevano nulla a che vedere con quel genere! Un po' come se RPG Maker fosse qualcosa tipo...

Klik 'N Play (Clickteam, 1994)

Ebbene sì, ho pasticciato pure con quello. L'avevo comprato in edicola, che ci crediate o no. Ovviamente non ci si poteva immaginare di fare chissà che cosa, ma oh, un file .EXE per windows saltava fuori alla fine, mica roba da ridere. Poi vedere anni dopo che i videogiochi di Coconut Monkey inclusi nei CD-ROM della lievemente meno fecale PC Gamer erano fatti con quello stesso tool, mi faceva sentire moderatamente fico. No, no, in realtà no. In realtà non mi sentivo fico per niente. Prima perché mentre i miei coetanei limonavano e si drogavano, io pensavo di ottenere popolarità creando videogiochi idioti. E poi perché i miei videogiochi idioti usavano come grafica degli asset già fatti, in quanto facevo cagare nel disegno (e tuttora è così). Fortunatamente un bel giorno mi arrivarono in aiuto un paio di programmi, e iniziai a fare produzioni che sì, graficamente facevano cagare, ma un po' meno. Quali programmi?

Poser & Bryce (Fractal Design)

Avevo promesso da qualche parte che avrei fatto un articolo "Atelier Culturale" su 'sti due programmi, ma tutte le cose che avrei scritto sarebbero stato un rimestare cose già dette, e onestamente, una delle cose di cui sono più fiero di questo blog è non essere scaduto troppo nei tormentoni come quell'altro nostalgista che si frigna addosso spendendo milioni su ebay per comprarsi il castello dei Masters. Certo, ogni tanto ripeto "tavò", ma quello lo faccio anche dal vivo, è parte del lascito del Vecchio Paese. Quella parte la tengo volentieri, caccerei via le voci che ho nella testa che cercano di farmi desistere da qualsiasi cosa possa cercare di migliorare la mia vita per tornare a richiudermi nel guscio di sicurezza di quel maledetto non-luogo. Ma oh, non è una cosa che riesco ancora a scegliere. Ma sto divagando. Poser è un programma che serve a renderizzare figure umane, mettendole (lo dice il nome) in posa. Trovai la seconda versione, come sempre, in edicola, e il fatto che si potessero persino fare donne nude era qualcosa di inconcepibile, per me. Successivamente, con sforzi titanici di download, trovai la versione 4 e da allora tutta la grafica delle mie creazioni multimediali fu fatta così. Pure Focus (la rivista) usava quella roba, ma per la prima volta le mie creazioni erano molto più professionali di quelli là, che renderizzavano col calzino bianco e i birkenstock.

Questo è Poser 3. Il modello di default veniva chiamato "The Dork".

Per quanto riguarda Bryce, invece, è un generatore di paesaggi ameni, un po' tipo quelli del noto pittore Bob Ross.

A-

Tu disegni il rilievo, ci metti la texture, posizioni luci e telecamera e voilà, un bello sfondo per windows pronto da usare! E poi, quanto era figa l'interfaccia coi pulsantoni renderizzati? Era il marchio di fabbrica dell'autore, tale Kai Krause, che divenne famoso pure per "Kai's Power Goo", una roba che si usava per pasticciare con le foto e che al tempo tutti ritenevamo divertentissima. Ma era un problema nostro, ne sono certo. Beh, che dire? Ho tirato troppo a lungo? Sì, beh, allora chiudiamo con l'ultimo, l'ultimissimo pezzo di software di cui voglio parlarvi, conscio del fatto che di cose che ho tralasciato ce ne sono ancora tante. Però, dopo aver chiuso gli articoli classici con il gioco più bello di sempre (secondo me), l'ultimo pezzo di software di cui parlare sul blog dell'Ex Videogiocatore, è un pezzo di software serio.

SAP (SAP AG, 1972)

Alla fine ho mollato ogni pretesa di eterna fanciullezza e sono diventato una persona seria. Mi sono trovato in una grande azienda italiana, ritenuta ai primissimi posti in Italia per la gestione delle risorse umane, e onestamente mi viene da chiedere come sia ai posti più bassi. Entro come stagista, a 750€ netti al mese, dopo che avevo lasciato perdere l'esperienza finnica in netti cui ne pigliavo 1850, ma l'ambiente era più che tossico. Ero anche tornato al Vecchio Paese, e sono stato per diversi mesi a casa dei miei, prima di sbroccare e trovarmi un appartamento a cento metri dall'ufficio. Se Star Control 2 mi ha cambiato la vita dal punto di vista personale, SAP me l'ha cambiata dal punto di vista professionale. Non fosse stato per lui probabilmente sarei finito a fare deprimenti sviluppi in Java, che personalmente detesto, ed eventualmente a mettere delle frecce su dei rettangoli da bravo "architetto IT" che è l'equivalente informatico di un esperto di geopolitica. Invece mi sono trovato con una roba che ha un'interfaccia completamente esotica. In cui per confermare un'azione bisogna premere F8. Una roba che non avevo la minima idea di che cosa fosse, fino a quando, il mio primo giorno da stagista ("Cacchione", diceva quella fancazzista della mia prima responsabile) mi mettono di fianco un consulente di esperienza, che dice "Eh figa, ora giochiamo un po'". E con cosa si gioca?

eh figa

Con 'sta roba qui. Estetica chiaramente tedesca, con user experience disegnata con i birkenstock e il calzino bianco, per molta gente ingestibile, ma porca puttana, nel suo essere completamente esotico, è il programma in cui ho trovato meno aporiomorfismo di tutti. Nella mia esperienza, SAP ha sempre fatto tutto quello che doveva fare, e quando qualcosa andava storto c'era sempre una ragione. È una cosa che rassicura. Allora, nel 2015 ho abbandonato il lavoro su questo sistema per focalizzarmi sulla crescita di carriera, e insomma, devo dire che se da un lato non dovevo più tranquillizzare manager di basso livello in preda alla cacarella cavandogli castagne dal fuoco, dall'altro lato dovevo frantumarmi i coglioni ogni giorno con sistemi informativi tenuti assieme con lo sputo e pagati miliardi perché manager di alto livello si sono fatti intortare male da commerciali  particolarmente viscidi. E l'eterno senso di indeterminismo di tutto quanto, che il minimo intervento potesse rompere tutto, anche perché la maggior parte delle volte erano dei pessimi consulenti a cui era subappaltato tutto che facevano questi interventi disastroi, che per noi erano "scatole nere". E quando chiedevamo spiegazioni, l'inevitabile espressione tipica del criceto che si blocca senza una ragione particolare, zero capacità di spiegare che cosa ci fosse dietro che aveva sputtanato tutto e l'eterno desiderio di fregarci con scuse idiote. Beh,  ho detto che la settimana scorsa ho di nuovo cambiato lavoro. Sono ancora manager di medio livello, ma sono tornato a lavorare con SAP. E al di là delle stronzate sul fatto che mi sento che sono tornato giovane, non avete idea di quanto la cosa mi faccia felice. Perché adesso che almeno sul lavoro ho a che fare con qualcosa che può essere perfettamente controllato, allora, beh, che si cominci pure a giocare.

8 commenti:

  1. su Amiga avevo il primo Leisure Suit Larry, pirata ovviamente. Ci avevo provato a giocare, ma non ero motivato e non ero andato molto avanti. La gente diceva che era un gioco divertentissimo, a me non aveva strappato nemmeno una risata, nemmeno quando Larry si siede sul water e dice "what's that aroma?". Misteri dei giochi pAzZeRelLiH...

    Beato te che per lavoro hai quei sistemi integrati tipo SAP e non devi studiarti nuovi framework/linguaggi/configurazioni ogni 18 mesi...

    Solito anonimo Amighista

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    1. A Larry 1 ci ho giocato, e l'ho pure finito: https://exvideogiocatore.blogspot.com/2017/10/leisure-suit-larry-in-land-of-lounge.html

      Concordo che se cerchi la risata a crepapelle non è il gioco giusto (ma quale videogioco lo è? a mio avviso è il medium che proprio non si presta) però, da adulto, sapendo a cosa si riferisce, conoscendo un minimo ciò che prende per il culo, fa decisamente sorridere, a differenza di molti sequel in cui Al Lowe sembra essersi montato la testa e ci prova troppo a far ridere, e allora non ci riesce proprio. È incostante. W SAP.

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  2. Un'ottima chiosa finale, il passaggio dai videogiochi a SAP.
    L'importante è tenere lo stesso spirito.
    Cosa farò adesso ogni lunedì non lo so.

    Anonimo ammirator

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  3. e la fine giunse! Complimenti per la dedizione, anni a recensire merda, io mi sarei rotto le palle penso dopo un paio di numeri, ma ammetto di essermi divertito a ricordare roba che avevo sepellito nel cimitero dei ricordi (schifezze che non vedevo da 20 anni). Molto interessante il lato psicologico, se non ci fosse stato quello penso avrei abbandonato il blog quasi subito.

    Hai recensito tantissimi giochi, con rammarico manca un numero dedicato al proibito (vedi i vari strip poker, gridher, virtual inseminator e altre porcate) che secondo me non ci sarebbe stato male nel marasma dell'italia di quegli anni.
    Parlando di sap, dove lavoro volevano mandare in pensione il caro e vecchio as400, ma il cifrone pauroso sparato dai super-consulenti di turno fece impallidire il cda che decise di fare retromarcia e ripigare su qualcosa che si addattasse alla realtà italiana, dove tutto è possibile, si può sempre modificare qualsiasi cosa fino all'ultimo momento, mandando a fanculo la coerenza e certezza del dato.

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    1. Su SAP purtroppo hai ragione, una cosa bella che viene rovinata da consulenti arraffoni e dal totale distacco dalla realtà di chi esce i soldi. Per quanto riguarda i giochi porno, confesso che non mi hanno mai particolarmente interessato, anche solo per il fatto che è difficile concentrarcisi su quando si vive in un panopticon in cui si dà le spalle alla porta, che viene aperta senza bussare. Però ho giocato a Season of the Sakura, Late Night Sexy TV Show e Cobra Mission, se interessa.

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  4. si ti capisco. Un amico, per colpa della "porta" si fece cogliere con i pantaloni giù mentre si spippava davanti ad un grumo di pixel. Il padre inorridito cancellò tutto il contenuto del dischetto, ma non conosceva il potere del lato oscuro del msdos e dell'undelete attraverso il quale recuperammo tutto il contenuto. Adesso dovremo pensare noi padri ed exvideogiocatori a firwallare e oscurare tutti i siti pieni di piexel vietati ai minori. I miei non sono ancora arrivati alla fatidica età, ma mi sa che abbiamo già perso in partenza.

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  5. Ecco svelato il mistero di quando citavi che avevi fatto dei giochi tuoi! Hai usato rpgmaker e kilk n play! Li hai messi da qualche parte, per curiosità?

    Ai tempi avevo la fabbrica dei giochi (the games factory) che ho usato a stento a causa della mia incapacità di ragionare da programmatore (ho fatto poco oltre a modificare i giochi di coconut monkey), mentre rpgmaker è venuto al momento giusto ma aveva un linguaggio di scripting così poco pratico che l’ho lasciato perdere (non si poteva scrivere, bisognava premere molti tasti prima di creare uno script)

    Comunque, su un piano diverso, quanto squallidi si deve essere per dare del cacchione a uno alla prima esperienza? Volevo dirlo prima ma l’ho detto adesso

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Sicuro di aver letto bene il post? Prima di postare, rileggi.

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