Quando ho chiesto a svariate persone quale gioco avrebbero gradito vedere sul blog dell'ex videogiocatore, la risposta è sempre stata la stessa: "Smettila di parlare in terza persona di te stesso, coglione, sembri Daniele Interrante". Dopodiché, molte persone hanno buttato lì svogliatamente "Tetris", perché apparentemente, quando si parla di videogiochi e non si pensa al supermariobros, quello che viene in mente all'uomo della strada è il puzzle inventato dal sovietico Alexey Pajitnov. E c'è una ragione, dato che apparentemente Tetris è il gioco che ha venduto più in assoluto, in tutte le sue versioni. In un paese qualsiasi, l'autore di questo gioco si soffierebbe le narici di platino in banconote da 500 euro, ma Pajitnov era nato in Unione Sovietica.
Alexey aveva realizzato Tetris durante il suo lavoro per l'Accademia Sovietica delle Scienze, e si sa, sotto il comunismo, tutto è di tutti, dove tutti significa lo stato. Quando il gioco si rivelò un successo, la distribuzione all'estero della licenza fu gestita da un ente statale chiamato Elektronorgtechnica. (nota con l'abbreviazione ELORG) Chiaramente, siccome Pajitnov era stipendiato dall'Accademia, non avrebbe avuto alcun ricavo dal gioco. Per i suoi primi anni di vita, Tetris andò ad arricchire la ELORG, nella fattispecie i funzionari di partito che la gestivano, i quali facevano ricerca&sviluppo sul decadente mondo del capitalismo occidentale andando a troie e tirando di coca, mentre Alexey continuava il suo lavoro di ricercatore.
Una brutta fazenda. |
Tutta questa introduzione per dire cosa? Che non recensirò Tetris in sé, ma ben tre giochi che da Tetris prendono il concetto di base, ovvero far incastrare dei tetramini per fare cose. Cominciamo col primo? Via, sigla!
Block Out - California Dreams, 1989
Cielo grigio su, (cielo grigio su), foglie gialle giù (foglie gialle giù). Il primo gioco di oggi ci si presenta con il logo più o meno scintillante "California Dreams", che non sono gli steroidati e depilati spogliarellisti tanto attivi l'otto marzo, ma si tratta di una casa di pubblicazione proveniente dalla ridente, calda, assolata... Polonia. Chi siamo noi per negare ai polacchi il sogno americano? Devo forse ricordarvi che negli anni 80 in Italia era sufficiente mettere una bandiera americana attorno a qualsiasi cosa affinché raddoppiasse di valore? Ecco.
La presentazione rende più o meno l'idea di quello che ci aspetta: Tetris... ma TRIDIMENSIONALE. Quando lo dicevo ai miei compagni di classe, loro rimanevano basiti per due ragioni:
Primo perché con il mio difetto di pronuncia dire "Tetris tridimensionale" aveva un effetto poco gradevole.
Secondo perché erano convinti che i pezzi uscissero fisicamente dallo schermo, come un ologramma, che grazie al noto cartone "Jem" era di moda ai tempi, come concetto. La realtà virtuale doveva ancora arrivare.
Primo perché con il mio difetto di pronuncia dire "Tetris tridimensionale" aveva un effetto poco gradevole.
Secondo perché erano convinti che i pezzi uscissero fisicamente dallo schermo, come un ologramma, che grazie al noto cartone "Jem" era di moda ai tempi, come concetto. La realtà virtuale doveva ancora arrivare.
Il menu principale invece è della semplicità spartana che l'immaginario collettivo associa ai paesi al di là della Cortina di Ferro. Modalità testo, risoluzione 25x40. Altro che ologrammi. Anzi, "oleogrammi", come ho sentito spesso dire da ignoranti. Diversi lavori seri fa avevo una capa che lo diceva sempre lamentandosi che la gente non era più in ufficio dopo le 18. Questo mentre lei andava a fare shopping durante le ore di lavoro, e tornava in ufficio attorno alle 18.
Ma basta recriminazioni, cominciamo! Il concetto di Blockout è il medesimo di Tetris, dei pezzi che cadono in un pozzo. Solo che il pozzo è tridimensionale, e anziché fare delle righe dobbiamo completare dei piani. Tutto qui. Semplice, no? Qualcuno potrebbe osservare che Alexey Pajitnov ha realizzato una cosa del genere, chiamata Welltris. Beh, non è proprio così.
Perché su Welltris lo sfondo è esattamente uguale a Blockout, ma i pezzi sono bidimensionali e scendono appiattiti sui muri del pozzo, e lo scopo è quello di formare linee all'interno del quadrato in fondo al pozzo. Qui i pezzi sono davvero tridimensionali. Possiamo spostarli, ruotarli e farli precipitare in modo da riempire un piano. Sulla sinistra degli schermi vediamo uno spaccato del pozzo, che ci dice a che livello siamo arrivati con i piani.
La cosa che più mi incasina è come far ruotare i pezzi. I tasti per la rotazione sono Q,W,E,A,S e D. Questo fa sì che i pezzi si impilino lasciando dei buchi di sotto, e chiaramente questo fa salire i piani verso la cima del pozzo. Come nel Tetris bidimensionale, una volta raggiunta la cima, il gioco è finito. Ora non disturbate che mi ripiglio eh.
Ah, no? visto che pulizia ragazzi? L'ultima volta che ho fatto un repulisti del genere è stato quando io e mia moglie abbiamo pulito il parquet appena acquistata la casa nuova. Il precedente proprietario, un olandese, teneva l'appartamento malissimo, e dopo il rogito ci siamo messi lì con stracci e olio di gomito trasformando un parquet di 10 anni tenuto da barboni in un parquet che sembra avere 40 anni, ma tenuto benissimo. La parte peggiore era raschiare via dal legno le chiazze di cera, perché quel deficiente teneva in casa decine di candele profumate e per spegnere ci soffiava sopra con forza.
Ecco, a pensare a quel lavoro ingrato ho fatto casino. Guardate però come il pezzo a T può passare dietro a una specie di promontorio e riempire il buco del piano inferiore. Questa è vera tridimensionalità, cari amici. Io però mi sono rotto le palle.
E quindi cambiamo modalità di gioco. È possibile configurare le dimensioni del pozzo e il set di blocchi. Finora abbiamo giocato in modalità "Flat Fun", che significa un pozzo di 5x5 e profondo 12, con i classici pezzi del tetris come blocchi. Proviamo dunque la modalità dal rassicurante nome "Out of Control".
...tant'è che senza neanche completare un piano arrivo al top, e il gioco finisce. Proviamo un'altra modalità di gioco...
...ovvero "3D Mania". Con un set di pezzi intermedio tra quelli piatti e quelli incasinati, ma il pozzo è largo 3x3. Il senso di claustrofobia mi pervade, e quindi direi che si può passare al prossimo gioco.
È merda? No, non lo è. È semplice, la grafica è pulita, ed è dritto al punto, senza fronzoli. Sarà che ho un debole per la combinazione cromatica nero+verde, se poi è in wireframe ancora di più. Pare inoltre che uno studio del 1993 abbia rilevato che giocare a Blockout migliori l'abilità di visualizzazione spaziale nei ragazzi tra i 10 e i 14 anni. Ora io sono fuori dalla fascia d'età, ma un gioco che fa bene al cervello per me è sempre un plus. A meno che non sia il sudoku, perché il sudoku fa stracagare.
Ci rigiocheresti? Sì, certo, senza impegno.
Towers - Cascoly software, 1992
Il secondo gioco di oggi è uno shareware prodotto nel 1992 da una piccola software house di Seattle, chiamata Cascoly. La Cascoly esiste ancora, fa giochini per il "casual gamer", ma soprattutto si occupa di fotografia e di organizzare viaggi in Turchia e Medio Oriente per americani benestanti della costa Ovest. È sempre bello differenziare il prodotto. Come Blockout, Towers è in EGA a risoluzione 640x350. Come Blockout, consiste nel piazzare pezzi da Tetris su un piano.
In realtà questo è un esercizio che piace molto sia a me che a mia moglie quando prepariamo le valigie, ovvero riuscire a sfruttare il maggior spazio possibile con i pezzi che si hanno. In questo, la signora Ex Videogiocatore è molto più brava di me. In tante cose è molto più brava di me.
Notiamo subito quello che è il più grande difetto di questo gioco, e cioè che il puntatore del mouse non indica esattamente il punto in cui andremo a piazzare il pezzo. Dove clicchiamo ci mette il centro del pezzo? Boh. Tenere sullo sfondo una sagoma del pezzo che si vuole piazzare aiuterebbe molto, e soprattutto ci toglierebbe il supplizio del messaggio "Won't fit! Blocking terrain".
Preparatevi, perché quel messaggio lo vedrete tante volte. E la cosa più fastidiosa è che il cursore del mouse verrà automaticamente spostato sul pulsante ok del popup, facendoci perdere la posizione. Possiamo sopportare?
A fatica, sopportiamo. Riempiamo il piano il più possibile e clicchiamo su "Done" quando non riusciamo più a infilarci roba dentro: questo ci farà andare al prossimo livello...
...in cui il piano a disposizione ha la forma del piano coperto al livello precedente. L'idea (e in questo il nome del gioco è un po' uno spoiler) è quella di creare una torre sovrapponendo i diversi piani fatti con pezzi da Tetris, con il risultato che ogni piano sarà uguale o più piccolo del piano precedente. Il concetto di porticato evidentemente non esiste.
Piano successivo! Ho accelerato la gif animata per mostrarvi lo svolgimento di un livello completo. Immaginatevi "Yakety Sax" in sottofondo e provate a contare quante volte mi compare il fatidico "Won't fit!". Fatto? Quante sono? La risposta esatta è "troppe".
Diversi piani più tardi.
Con grande imbarazzo, scopro solo ora che i pezzi possono essere ruotati. Questo mi dà un ulteriore margine di manovra nella costruzione della nostra torre...
...ma non troppo: al dodicesimo piano tutti i pezzi che ho creato vengono scartati in quanto troppo piccoli. Fine della partita.
Il gioco ci premia mostrando una visualizzazione 3D della nostra torre. Bella, eh. Però quei colori, cavolo. Roba che il centro Pompidou a confronto sembrano gli anonimi condomini che stanno dietro al campo sportivo del Vecchio Paese.
Lo so, lo so. Non dovrei essere sempre sarcastico. Il sarcasmo è aggressività passiva e non fa bene, ne a me né a chi legge. Faccio ammenda e mi cospargo il capo di cenere.
È merda? Nonostante il grosso difetto del cursore del mouse che non definisce esattamente la posizione del pezzo, mi sento di dire che non lo è. È un giochino semplice, divertente, con una strana combinazione tra l'elemento di sfida e un forte grado di libertà. Un bel gioco creativo insomma. Non è merda, per la stessa ragione per cui non comprerò a mio figlio i Lego di Batman o di Guerre Stellari: quelli non ti concedono il margine di libertà che ti danno i mattoncini sfusi. Per costruire cose seguendo pedissequamente delle istruzioni c'è sempre tempo, ovvero quando inizierà a montare mobili Ikea.
Ci rigiocheresti? Se ci fosse una versione per cellulare, occuperei ben volentieri il tempo passato sul trono di porcellana in questo modo.
È uscito nel 1992, è il gioco migliore di sempre? No.
Loopz - Audiogenic, 1990
Il terzo gioco di oggi è probabilmente il più noto dei tre. Creato da Ian Upton originariamente per Atari ST, Loopz è stato oggetto di numerose conversioni, tutte pressoché uguali tra loro, al netto della differenza dovuta alla grafica del sistema per cui è stato convertito. La versione per PC IBM Compatibile, del 1990, è in poderosa VGA a 256 colori, roba che dava un certo motivo d'orgoglio per noi poveri PCisti, che venivamo costantemente umiliati e presi a sberle dai fighetti con l'Amiga.
In cosa consiste Loopz?
In realtà non è poi tanto differente da Towers, concettualmente. Abbiamo dei pezzi da Tetris, un piano bidimensionale, e dobbiamo disporre i pezzi. Solo che, anziché riempire il piano il più possibile, dobbiamo creare dei circuiti chiusi. In inglese, un modo per dire circuito chiuso è "loop", ed è bello pensare a quando bastava mettere una Z al posto della S per fare il plurale e tutto diventava immediatamente più Cool. Anzi Kool. Anzi Koolz. Anzi Kewlz. Anzi K3wlz. Anzi facciamo che basta.
Loopz ha 3 modalità di gioco. In questa modalità, chiamata originalmente modalità A, ogni volta che chiudiamo un circuito, questo sparisce. Si va avanti a oltranza. Mi seguite fin qui?
Altra particolarità della modalità A è che quando si riesce a pulire completamente il piano facendo sparire tutti i pezzi posati, abbiamo un bonus. Questo è molto soddisfacente per chi, come me, ama l'ordine, ma solo per certe cose. Dovreste vedere la mia scrivania: se fosse una partita di Loopz non riceverei alcun premio. Mi chiedo se questo significhi che devo cambiare lavoro?
Ovviamente, man mano che si va avanti, i pezzi diventano sempre più complicati. All'inizio c'erano solo angoli e segmenti lunghi un quadratino: così si vinceva facile, altroché! Interessante metafora di come secondo alcuni propugnatori di nostalgia facile dovremmo figurarci la vita: all'inizio tutto è facile e bello, e man mano che si va avanti le cose peggiorano e diventano sempre più complicate. Non è sempre così: penso sempre a una mia conoscenza che è andata in pensione a 46 anni e nell'ultimo quarto di secolo si è grattato i coglioni ogni giorno con più gusto del giorno prima.
Andiamo in modalità B. Più o meno è come la modalità A, tranne per il fatto che abbiamo un punteggio da raggiungere. Inoltre, ogni volta che riusciamo a ripulire il piano cancellando tutti i loop, lo sfondo cambia colore e passiamo a uno schema bonus.
La particolarità dello schema bonus è che chiudendo il loop, questo non scompare.
Una volta che non riusciamo a mettere nuovi pezzi nello schema bonus, torniamo al gioco "normale". E questa è la modalità B. Che ne penso?
Un'espressione vale più di mille parole. |
Passiamo alla modalità C. Sarà uguale, direte voi.
Invece no! È a livelli! La tensione sale...
...ma l'hype, diciamocelo, è esagerato. Anche se il cambio di modalità è ben visibile. Abbiamo un loop già completo che all'inizio del livello perde diversi pezzi...
...e tocca a noi ricostruirlo. Una specie di "Simon" applicato al gioco. Ne abbiamo di post nostalgici con lacrime esagerate su quanto era figo Simon? Se sì, non fatemelo sapere, a me il Simon lasciava abbastanza indifferente, come concetto.
Il concetto, applicato a Loopz, però funziona abbastanza bene. Ok, il primo livello è un gioco da bambini, ma più avanti sono certo che riesca a dare un discreto livello di sfida. La promuoviamo questa modalità C? E promuoviamola, che oggi mi sento anche in vena.
È merda? No, ancora una volta non posso dire che sia merda. Fosse stato solo modalità A e B sarei stato un po' vacillante, dato che sono decisamente simili e la varietà proposta era paragonabile ai mille giochi della Polystation venduta da Roberto Artigiani. La modalità C ti fornisce il quid pluris (per dirla come direbbe mia sorella, che è avvocato) necessario a trascinare Loopz fuori dalla zona marrone. E il fatto che lo dica dopo che ho giocato a due giochi dello stesso tipo la dice lunga. Quindi, complimenti a Loopz per non essere merda! Bravo, Loopz!
Ci rigiocheresti? Sì, ma non ora.
Non ne conoscevo manco uno ma BLOCK OUT mi ha sorpreso.
RispondiEliminaPer me è tridimensionalZ (così fa figo) pure oggi.
Certo, la versione out of control è impossibile e frustrante.
Loopz meglio di Towers.
Io, sulla scia Tetris, ho trovato sempre complesso Doctor Mario e più interessante Columns :)
Moz-
Esiste anche una versione per i sistemi moderni: si chiama BlockOut 2 (molto originalmente) ed esiste per Windows e Linux. Non so se abbiano fatto una versione per telefeno, ma meriterebbe. Columns ce l'aveva un mio amico per game gear. Una roba simile l'avevo molto apprezzata con Super Puzzle Fighter II Turbo, ma direi che ci allontaniamo molto dal concetto di tetris.
EliminaDi Loopz ricordo che gli italiani della Graffiti (poi Milestone), quelli di Screamer e di una panoplia di altri giochi di auto, fecero la conversione su Super Nes chiamata Super Loopz. Ovviamente non ci ho mai giocato.
Ex videogiocatore di Block Out presente.
RispondiEliminaDi recente ho potuto apprezzare Tetris Attack per Super Nintendo come puzzle game, che con Tetris non c'entra ma così han tradotto e adattato in occidente il gioco giapponese originale.
Bello. Allora non era tipico solo di certa cinematografia italiana (vedi questo, ad esempio) il presentare roba smarza come spinoff di roba bellissima. Con la differenza che Tetris aveva molti meno problemi di copyright, prima che il sosia di Abel Xavier iniziasse a sbarcare il lunario facendo cause a destra e a manca.
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