lunedì 29 luglio 2019

Epic

NO VABBÈ RAGA EPICO XD Non ho idea se i giovani della cosiddetta "Generation Z" parlino ancora così (prima che la mia prole diventi adolescente ci vuole ancora un po' e quando lo sarà avrà un altro appellativo abbastanza insopportabile) ma c'è stato un periodo ultimamente in cui tutto era epico. O meglio, lo leggo anche su titoli di merda pieni di clickbait presenti su siti che si spacciano per "informativi". Roba tipo "L'Epic Fail del ministro Remo Gaspari sull'Alluvione della Valtellina, spiegato bene". Tutto questo per dire che spesso chi chiama i giornalisti "nemici del popolo" approfitta della pubblicità gratuita fatta da giornalisti di scarsissima qualità alla continua ricerca del sensazionalismo, in una sorta di "kayfabe" degna di un wrestling in cui non ci sono nemmeno le esibizioni atletiche a compensare la finzione. Sto divagando? Sto divagando.

L'Epic Fail di chi rideva con queste cagate, spiegato bene

Sta di fatto che nei primi anni 90 l'aggettivo "Epico" era ben poco usato, e quando acquistai la mia primissima copia della fecale rivista di settore, nelle cui pagine c'era Space Quest IV e nel cui dischetto di demo allegato c'era Cool Croc Twins, il secondo gioco più interessante dopo il quarto episodio della saga di Roger Wilco (ma solo per via della bionda popputa negli screenshot) era un simulatore di volo su astronavine chiamato EPIC.

giovedì 25 luglio 2019

L'enorme fregatura dello shovelware allegato alle riviste di settore - What's in that box?

La vergognosa stampa di settore non era soltanto un modo con cui "stimolare la fantasia" su giochi che non avevo. Ho messo "stimolare la fantasia" perché non starebbe bene usare paragoni osceni, che tanto comunque ho già fatto in altri articoli  e che comunque tutti immaginiamo. D'altra parte, le stesse riviste di settore usavano sempre verbi come "sbavare" a proposito di giochi fichi che non potevamo permetterci o che non avrebbero potuto girare sui nostri PC affetti in quegli anni da un serio problema di obsolescenza rapida. E quindi sì, si "sbavava" sui voxel di Comanche Maximum Overkill e sul gouraud shading (senza sapere che cosa fosse esattamente) di Strike Commander, o sull'umorismo demenziale descritto con termini encomiastici degni del peggior Mollica di Sam&Max Hit the Road e Dio sa quant'altro. Ma c'erano altre ragioni per cui procurarmi le riviste di settore.

ovvio
Per alcuni c'era la posta, che a detta di molti lettori era la prima rubrica che leggevano per poi scrivere che non era più la prima rubrica che leggevano perché la qualità era scaduta (o meglio, il loro bias di conferma non era soddisfatto). Per altri ancora (me incluso) c'era la rubrica in cui i redattori facevano i PaZzErElLi scrivendo stronzate che si supponeva fossero comiche e invece, rileggendole ora, sono sorgente di Fremdschämen. (Se ho voglia riparlerò della rubrica PaZzErElLaH e della grande delusione che fu, per me, parlare via internet coi due autori).

lunedì 22 luglio 2019

Dyna Blaster

I say this with no disrespect. We’re all Americans, and we can all agree that America has a huge body count all over the world, but nowhere more than Asia. Literally, if you look at history recently, we have bombed the masculinity out of an entire continent. We have dropped two atomic bombs on fuckin’ Japan and they’ve been drawing Hello Kitty and shit ever since.

- Dave Chappelle

Immagino si sia capito che lo stile "Kawaii" tipico della cultura giapponese post-bellica mi sta decisamente sulle palle. E se non si fosse capito, lo dico ora. I personaggi con questi occhioni enormi e la boccuccia minuscola (quando c'è) mi causano una fortissima irritazione: Hello Kitty o la rana Keroppi, con quel loro inquietante porsi come creaturine indifese, sono disegnate apposta per creare in chi le guarda un istinto protettivo nei loro confronti. È la neotenia, il fenomeno che fa sì che le caratteristiche morfologiche dell'infanzia permettano di riconoscere i tratti del fanciullo e spingono l'adulto a farsi carico delle cure parentali. 'Sta cosa la studiò Konrad Lorenz, e chiamò "segnali infantili", tra le altre cose, caratteristiche come:
  • testa grossa/tondeggiante
  • viso piccolo rispetto al resto del cranio
  • fronte convessa
  • muso corto
  • occhi grandi e tondi
  • guance paffute
  • arti corti e corpo tozzo
 Negli anni 70, la Sanrio porta all'estremo la passione da sempre presente nell'arte giapponese per tutto ciò che è piccolo, mettendo creaturine dall'aspetto indifeso su qualsiasi bene di consumo.

Prevedibile.

lunedì 15 luglio 2019

Executive Suite

La corsa al successo. La grande chimera dell'obiettivo da raggiungere a ogni costo in modo da dimostrare qualcosa. A chi? A noi stessi, è la risposta che ci si dà in genere. È la risposta più intuitiva e più semplice, e non sono sicuro al 100% che, in ottemperanza alla legge del rasoio di Ockham, sia anche quella giusta. È una bella tentazione chiamare la corsa al successo con il suo nome americano, "the rat race", la corsa dei topi, e dichiararsi superiori a questo girare in tondo senza una vera meta che non sia l'autopromozione. È facilissimo a dirsi. La prima volta che sentii dire cose del genere fu quando qualcuno cercò di coinvolgermi nella grande truffa del multilevel marketing. L'indipendenza economica! Uscire dalla rat race! Tutte idee fantastiche, peccato che il MLM stesso fosse di per sé una corsa dei topi a cercare di prendere il più gente possibile sotto di sé in modo da fare più soldi possibile (e nel frattempo non fare bancarotta acquistando i prodotti truffaldini venduti dal MLM). 

Poi magari uno dice, facendo pure un po' di vittimismo: "Ah ma io non ho nulla e sono povero quindi non ho nulla da perdere e quindi mi chiamo fuori da tutto questo". Beh, a questo proposito vorrei ricordare l'episodio del diciottesimo libro dell'Odissea, in cui Ulisse, travestito da vecchio mendicante, entra nella sua reggia occupata dai Proci suscitando la gelosia di Iro, il mendicante "ufficiale" del palazzo. Visto quanto mangiavano (e sprecavano) i pretendenti al trono, uno penserebbe che ci sarebbe stato cibo a sufficienza per i due accattoni. E invece finì in rissa.

Meeting annuale rappresentanti Herbalife, 1174 a.C.

lunedì 8 luglio 2019

One Must Fall 2097

C'era un periodo in cui i picchiaduro "a incontri" andavano di moda. C'era Street Fighter 2, al cui bootleg coreano ho già giocato su questi pixel, c'era Mortal Kombat, a cui non ho ancora giocato su questi pixel ma che avevo ben consumato a suo tempo, c'era altra robetta inguardabile shareware (ne ricordo uno con gli omini disegnati con delle lineette, e prima o poi lo ritrovo, promesso). C'era roba grottesca, cruenta e con una grafica volutamente brutta a cui mi rifiutavo di giocare, perché ero impressionabile, e in fondo ero un gran cacasotto. Poi c'erano giochi di arti marziali più o meno serie, c'erano i giochi di boxe, ma non è che fossero così interessanti (o disponibili per noi videogiocatori pezzenti). C'erano i giochi di wrestling legato alla WWF, e ricordo che uno volevo quasi prenderlo perché tutto sommato trovavo divertenti quei coglionazzi pieni di anabolizzanti che si vedevano in tv e i cui pupazzetti i miei compagni di classe portavano a scuola. 

Brusqueta en el ojo!
Ma di roba decente come se ne vedeva in sala giochi, per il pc, poco e niente. 

lunedì 1 luglio 2019

European Championship 1992

Nel 1992 è uscito il gioco più bello di sempre, ma io non lo sapevo. In realtà, in quell'anno avevo iniziato ad attaccarmi all'opinabile stampa di settore solo a partire da Settembre, e fino ad allora mi ero accontentato dei giochi che mi passava il mio padrino del battesimo (il Colonnello), il figlio del fornaio sotto casa dei miei (al posto del forno ora c'è una lavanderia a gettone), alcuni amici che erano meglio connessi di me, oppure nel peggiore dei casi si andava al negozio della Olivetti della frazione del Vecchio Paese dal nome ridicolo e si sperava che il proprietario del negozio volesse sbarazzarsi di qualche gioco a poco prezzo. Insomma, la vita era dura. 

Durissima.
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