lunedì 6 agosto 2018

Hook (Prima Parte)

Bene, ragazzi, ecco a voi un videogioco adventure punta-e-clicca con i pirati e ne approfitteremo per parlare della nostra infanzia.

"MONKEY ISLAND 2!!! AH, I RICORDI, AH! LE LACRIME! AH, LA NOSTALGIA!" diranno i miei piccoli lettori.

Ebbene no, care le mie piccole prefichette piagnucolanti (per quanto prima o poi toccherò pure quello)! Oggi parliamo di un gioco basato su un film di merda, girato da un regista che ha costruito una carriera sulla sua infanzia su ispirazione di un libro pieno di perversioni logiche e morali sull'infanzia scritto da un uomo mai pienamente sviluppato che dall'infanzia non è mai davvero uscito del tutto. Il film di merda è "Hook - Capitan Uncino", il regista è Steven Spielberg, il romanzo è Peter Pan, e la figura tragica che è l'autore del romanzo è James Matthew Barrie, una persona su cui vale la pena spendere due parole.

I baffi lasciati crescere per anni e anni non 
nascondono che la pubertà ti ha 
preso soltanto di striscio, vez


Quando Barrie aveva soltanto 6 anni, il figlio preferito di sua madre, David, morì in un incidente di pattinaggio, due giorni prima del suo 14esimo compleanno. Ovviamente, la madre rimase profondamente traumatizzata, e nel 1867 non è che ci fossero i gli aiuti che ci sono al giorno d'oggi nel terribile processo dell'accettazione del dolore. Quindi spesso ci si arrangiava come si poteva, con conseguenze devastanti. Nel nostro caso, James si accollò la responsabilità della felicità della madre. Iniziò a fischiettare nella maniera in cui lo faceva David, e a indossare i vestiti del fratello morto. In Margaret Ogilvy, la biografia della madre, Barrie racconta che una volta che stava fischiando come faceva David, la mamma entrò nella stanza e lo scambiò per il figlio morto, per poi dire "Ah che palle, è solo James" quando si accorse di chi era veramente.

Ecco, queste cose possono essere un discreto trauma per un bambino. La leggenda dice che la ghiandola pituitaria di Barrie, nel momento in cui raggiunse l'età del fratello morto, abbia smesso di emettere ormone della crescita, condannando il futuro scrittore alla condizione di "nanismo psicosociale", affinché compiacesse la madre incarnando il di lei ideale di figlio, quello che non cresce mai e che i cui sogni e aspirazioni non iniziano mai a divergere da quelli della mamma.

Ovviamente, le cose non sono andate veramente così. Barrie era basso ma non era propriamente nano (alla morte era alto 161 cm). Nonostante non fosse 'sto campione di virilità, i baffi li aveva (anche se ha iniziato a radersi solo a 24 anni) e quindi in qualche modo la pubertà l'ha passata. Era impotente (non consumò mai il matrimonio) e ossessionato dall'infanzia, tant'è che prese sotto la sua ala protettiva 5 bambini figli di altri, i Llewelyn Davies, sostituendosi al loro padre (morto di tumore alla lingua) e sviluppando nei loro confronti un affetto che Robert Boothby, politico conservatore inglese che era stato amico di Michael Llewelyn Davies, definì "Morboso e malsano", ma senza alcun risvolto sessuale, dal momento che Barrie non aveva alcun interesse nel sesso.

La figura di Boothby è peraltro piuttosto interessante: il suo orientamento politico tory fa pensare che fosse un bacchettone reazionario, ma fu negli anni 50 il più grande promotore della decriminalizzazione dell'omosessualità (negli anni 50! Immaginate!) e lui stesso era piuttosto libertino, e le sue storie, sia con uomini che con donne, erano di pubblico dominio presso l'alta società inglese del tempo. Quindi di cose ne aveva viste a sufficienza per non essere scandalizzato da roba di poco conto, e il fatto che definisse morboso il rapporto tra Barrie e i Llewelyn Davies la dice abbastanza lunga.

Nico, il più giovane dei Llewelyn Davies, a proposito della presunta pedofilia di Barrie, ebbe a dire che secondo lui non era possibile che lo scrittore scozzese provasse eccitazione sessuale per qualsiasi persona, uomo, donna o bambino. "Era un innocente - disse - per questo ha scritto Peter Pan". Ma mettiamo da parte le insinuazioni e i pettegolezzi, e concentriamoci sull'agghiacciante verità:

La favola del bambino che non vuole crescere deriva dal disastroso trauma infantile di un uomo dalla psiche tormentata.

A me 'sta cosa fa drizzare i capelli, sinceramente. Barrie era ossessionato dal rimanere nell'infanzia perché era rimasto lui stesso bloccato nell'infanzia eterna di un fratello scomparso, a cui tentava invano di sostituirsi per compiacere una madre psicologicamente distrutta. Non è un granché, come sorgente di ispirazione. Giusto per completezza, vediamo cosa accadde ai 5 fratelli che furono adottati da Barrie.

(ricordo l'esistenza della possibilità di fare scrolling se i testi lunghi urtano i vostri fragili sentimenti di adulti emotivamente immaturi)


John "Jack" Llewelyn Davies, ispiratore del nome di Gianni ("John Darling") fu quello che si allontanò di più da Barrie, serbandogli rancore per il tentativo dello scrittore scozzese di sostituirsi completamente al padre naturale dei cinque, anche da un punto di vista affettivo. Per Jack, Barrie sarebbe diventato come Capitan Uncino, ovvero una figura paterna che non è mai cresciuta del tutto.

Capitan Uncino è un adulto che gioca ai pirati con dei bambini e prende le regole troppo sul serio. Nel libro, Uncino è ossessionato dalla "buona forma", ovvero il comportamento che segue alla lettera le convenzioni sociali. Ossessione che viene applicata in ogni cosa (soprattutto nel gioco, che è il momento in cui la buona forma dovrebbe venire ignorata) e che secondo Barrie è  risultato della sua educazione superiore all'università di Eton. Uncino vuole giocare ma siccome ha disimparato a giocare vede nel gioco una vera guerra. (Ho parlato di come dobiamo reimparare a giocare nel post su Bubble Ghost, ma ovviamente è stato frainteso ed è stato scambiato per una filippica contro quelli che comprano un certo tipo di Lego. Siete veramente sconfortanti).

In questo comportamento del capitano, ci rivedete per caso i vostri amici rompipalle che stanno a sindacare per ore sul regolamento dei giochi di società a cui giocate, quando voi vorreste semplicemente divertirvi? Uncino è un padre quarantenne che va su eBay e compra al figlio il giocattolo che a lui non hanno mai regalato e pretende che il figlio giochi come vuole lui adulto, con una serie di regole e sovrastrutture che nulla hanno a che vedere con la mente del bambino. Uncino è un ibrido mostruoso di bambineria e di serietà adulta mal riposta. Uncino siete voi cazzo di nostalgisti con le vostre cazzo di lacrime sbandierate a ogni riferimento alla vostra infanzia che avete idealizzato e per la quale non riuscite ad apprezzare null'altro che citazioni e riferimenti.

Insomma, quella che è chiamata la "Sindrome di Peter Pan" dovrebbe essere chiamata "Sindrome di Capitan Uncino", e sarei estremamente felice se leggendo questo blog iniziaste a farvi un po' di dubbi. Ma temo di parlare al vento. Oh beh.

E allora L'Isola Che Non C'è è impazzita!
Sono il solo da queste parti che abbia il rispetto
per la buona forma e segna zero?
George Llewelyn Davies, il preferito di Barrie tra i "ragazzi perduti", fu ucciso in Belgio durante la Prima Guerra Mondiale. Nella commedia originale, Wendy dice "Spero che i nostri figli moriranno da veri gentiluomini inglesi" mentre i Ragazzi Perduti stanno per essere gettati in mare da Capitan Uncino. Senza dubbio George lo fece, e si unì a David Barrie in un'ideale eterna giovinezza, in cui il tempo è fermo e i pomeriggi estivi in cui si gioca ai pirati e agli indiani non finiscono mai (e d'altra parte, quale vocazione più grande di quella di morire giovani in quella che è la naturale evoluzione del gioco della guerra tra pirati, indiani e bimbi perduti?)

Michael Llewelyn Davies, tra i "ragazzi perduti" il preferito di Barrie assieme a George, morì in un apparente incidente di nuoto. In realtà si sospetta che si fosse ucciso in un patto suicida stipulato con l'amico/amante Rupert Buxton. In maniera simile a David Barrie, Michael morì congelato. Non ci sfugge l'ironia del congelamento come modo in cui fermare il naturale decadimento fisico che avviene man mano che il tempo avanza. Il rovescio della medaglia è che celebriamo l'ideale dell'eterno bambino dimenticandoci che David Barrie, da morto, era perfetto per sua madre, in quando avrebbe avuto sempre bisogno di lei. Non avrebbe mai raggiunto la maturità emotiva o sessuale, e come ho detto sopra i suoi bisogni non sarebbero mai stati divergenti da quelli della mamma. Nessun conflitto, nessuna divergenza? Praticamente, lo stesso impulso che prendiamo in giro (non rendendoci conto di quello che c'è dietro) quando ci segnalano il gruppo facebook delle ragazze che si fingono mamme con le "bambole reborn".

Peter Llewelyn Davies, ispiratore del nome Peter Pan, morì suicida e alcolizzato, insoddisfatto dalla notorietà acquisita per aver dato il nome a Peter, incazzato perché non ricevette in eredità da Barrie i diritti d'autore, e pieno di odio nei confronti di "Quel terribile capolavoro" a cui non faceva altro che venire associato. Quando morì, i giornali titolarono "È morto Peter Pan".

Nicholas Llewelyn Davies, il più giovane, rimase orfano di padre a soli 4 anni e già alora passava molto tempo con quello che chiamava "Zio Jim". All'apparenza era il più stabile dei cinque, ma quando siamo piccoli l'ambiente in cui cresciamo ci sembra sempre la normalità: è quando si cresce e ci si apre al resto del mondo che iniziano a comparire magagne e incongruenze. È solo andandomene dal Vecchio Paese che ho scoperto la tossicità del Vecchio Paese.

E chi ci dice che la paura di crescere non sia soprattutto l'idea di scoperchiare il vaso di Pandora e di trovare che i nostri pensieri felici sono in realtà il risultato di una distorsione fatta dalla nostra mente per accettare una realtà che è molto meno fiabesca dell'Isola Che Non C'è?

"To die will be an awfully big adventure" - Peter Pan
Ora però la taglio corta, non fosse altro perché siete qui perché pensavate di leggere un panegirico stile Vincenzo Mollica su Monkey Island 2 e state frignando sdegnati perché il vostro "bias di conferma" non è stato nutrito. Il che è bizzarro, perché se leggete da un po' questo blog, sapete che mi piace prendere i vostri bias di conferma e usarli come carta igienica. Ora che comunque sono sicuro che i nostalgisti inveterati tra voi hanno smesso di leggere indignati (ma avere una folla di lettori che mi imbratta la sezione commenti con banalità preferisco un decoroso silenzio), la conclusione di questa lunghissima intro.

Peter Pan non è altro che un grandissimo racconto dell'orrore, non tanto sulla perdita dell'innocenza, quanto sulla sua ritenzione forzata. Un concetto a mio avviso infinitamente più perverso, ma ahimé, in un'epoca in cui la neotenia vende a miliardi, in cui l'adolescenza arriva ben oltre i 40 anni,, in cui i ritocchini al botox per mantenere la pelle liscia come quella di un bambino sono all'ordine del giorno, il concetto perverso di ritenzione forzata dell'innocenza è ormai pienamente normalizzato. Peter Pan ha vinto la guerra.

Dunque passerò a parlare del gioco di oggi, che non è Monkey Island 2 ma è un adventure, coi pirati, tratto dalla rivisitazione di Peter Pan fatta da Steven Spielberg (su cui pure ho qualcosa da dire, ma lo farò la prossima settimana): sto parlando di Hook - Capitan Uncino. Il tie-in in questione non è della Lucasfilm (il che è bizzarro, vista la comunella tra Spielberg e la Lucasfilm) ma i diritti sono andati alla Ocean, casa inglese già produttrice di tie-in che vanno tra il "quasi decente" e il "pessimo". 

Vorrei anche portare alla vostra attenzione il fatto che nel 1992 il videogioco tratto da un blockbuster da milioni di dollari fosse un adventure punta e clicca. La dice lunga sui gusti collettivi del tempo, no? Sigla!


Ocean Presents, e oh, sarà che sono un po' prevenuto sui tie-in, ma la qualità del font con cui è scritto "Presents" mi lascia presagire solo cose brutte. Ma vabbè. Cerchiamo di non farci troppi pregiudizi...


...ma la puzza di merda resta piuttosto fastidiosa. Gradevole però la pixel art tratta dal titolo del film, anche se l'uso preponderante del marroncino ci fa pensare che questo sia un gioco che guarda al futuro, e lo dico nel peggiore dei significati.


Vabbè, cominciamo. Quella che sembra l'intro di un gioco di Diabolik della Simulmondo in realtà riproduce una scena abbastanza avanti nel film originale, quella in cui Peter Banning, interpretato da Robin Williams, torna alla sua casa londinese dopo una serata di gala. Abbiamo saltato tutta la parte in cui Banning lo yuppie non va a vedere la partita di baseball del figlio perché è troppo impegnato con il lavoro. Scena in cui traspare tutto il risentimento di Steven Spielberg nei confronti del padre Arnold, che era ingegnere alla General Electric e contribuì alla progettazione del mainframe GE-225. Questo risentimento per la negligenza del padre, che Spielberg mette in maniera più o meno subliminale in ogni suo film, contribuisce ovviamente alla narrazione secondo cui un ingegnere informatico non può sognare né essere creativo, e per questo ci troviamo con orde di ingegneri informatici che cercano di mostrarsi "atipici" sviluppando un nerdismo che li rende ancora più inavvicinabili socialmente, creando un circolo vizioso di sfiga che si alimenta da solo crescendo esponenzialmente a ogni iterazione. Da ingegnere informatico posso solo dire: grazie, Steven. Vaffanculo, Steven.


Dalla Limousine scende il nostro yuppieficato Peter, che non somiglia per niente a Robin Williams, e trova la porta aperta. Ne è particolarmente atterrito, perché questi non sono più i bei tempi andati che decantava mia nonna, in cui si poteva andare a dormire con la porta aperta perché nessuno aveva niente, e tutti si volevano bene (grandissima cagata, peraltro).


Oooh! Che mai sarà? Peter sgrana gli occhi (fate caso al colore) e...


...e salendo le scale trova una pergamena piantata con un coltello su una porta. A Peter ci scappa una bestemmia molto forte perché gli tocca di andare da Leroy Merlin per comprare una nuova porta e molto probabilmente quella serie è esaurita quindi gli tocca di rifare tutti gli stipiti e le porte di casa. 


Non so se vi è mai successo di leggere un manifesto partendo da 20 centimetri più in alto. Non è successo nemmeno a me, ma questa è la spiegazione: il gioco deve vantarsi della cosa fatta meglio che ha: lo scrolling, che è fluidissimo per essere su PC. E infatti ricordo che le scalcagnate riviste di settore dicevano:
"Sì, non è un granché sto gioco, è breve, è una bruttissima copia di Monkey Island che approfitta della notorietà di un film uscendo con un anno di ritardo... Però ragazzi, lo scrolling! Avete visto che fluidità? Un gioco che scrolla così bene non può essere così brutto, no?" (Lo è.)


Vabbè, sulla pergamena c'era scritto che il capitano Giacomo Uncino ha rapito i figli di Peter Banning. Non raffigurato: Peter che si ubriaca in camera dei figli. Da dietro un orsacchiotto compare Campanellino, che nel film è interpretata da Julia Roberts e dalla sua bocca di dimensioni sproporzionatamente grottesche e qui indossa una sahariana che ricorda molto quella indossata da William Shatner in "Palle In Canna" (molto meglio di Hook come film, peraltro).


Campanellino svolazza attorno a Peter (che nel frattempo ha infilato le lenti a contatto marroni). Curiosità: Peter qui non assomiglia per nulla a Robin Williams, ma pare interpretato dal compianto Simon McCorkindale, protagonista di "Assassinio Sul Nilo" nonché dello sfortunato telefilm "Manimal", che in patria fu un flop ma che in Italia pare essere molto celebrato.


Vabbè. Campanellino, che oltre ad avere una bocca enorme ha anche una forza sovrumana, solleva Peter con l'ausilio di un lenzuolo e lo porta via sorpassando il Big Ben...


...nonché sorvolando quel covo di riciclatori di denaro che è Londra, in modo da raggiungere rapidamente quel paradiso fiscale noto come l'Isola Che Non C'è, seconda stella a destra poi dritto fino al mattino.  È molto comoda da raggiungere dalla City così gli sceicchi arabi con collegamento ai gruppi terroristici e gli oligarchi russi con collegamenti alla mafia possono girare i loro capitali direttamente là.


E via coi credits. Escluso Spielberg, tutta 'sta gente mi è ignota ma a loro va la mia simpatia perché fare un gioco adventure coi pirati nel 1992 senza chiamarsi Ron Gilbert dev'essere una roba tremendamente dura.


Ed eccoci qua. Peter è in mezzo all'isola che non c'è, qualcuno canta "Che bella vita che bella davver / la vita del bucanier" e il marroncino predomina. Attorno a Peter, una strana luce gli ronza attorno e, tanto per stare in tema di telefilm antichi, pare essere "Cursore" di Automan.


Parliamo con Cursore! Ah, è campanellino. Benvenuto Peter Pan. Questa 0 L'Isola Che Non C'0! Ebbene sì, purtroppo abbiamo un problema di lettere accentate. Al tempo Unicode ancora non esisteva e bisognava pasticciare con la codepage, cosa che non ho voluto fare e ora mi becco le accentate che non esistono. Oh beh, visti i testi il gioco non valeva la candela.


Cambiamo schermata e improvvisamente il sole è al tramonto. Magia!


Proviamo a parlare con il pescatore, il quale è assopito all'ombra dell'ultimo sole. L'interfaccia è a scelta multipla, con la frase che si sceglie col tasto destro del mouse. Chiediamo aiuto per recuperare i bambini da Uncino, e il pescatore ci manda a cagare. 


Vabbè. Andiamo in una bettola attorno a Piazza del Pirata e raccogliamo un po' di boccali, in un enigma che copia abbastanza Monkey Island 1, e che avreste visto se avessi avuto voglia di giocarci fino a quel punto. Magari un giorno lo riprenderò. Forse. Dubito.


In un altro bar, chiediamo a un pirata alticcio come trovare un vestito da pirata. Ebbene sì, se nel film ci pensa Campanellino a trovare un modo con cui Peter si può mimetizzare con la popolazione piratesca, qui dobbiamo fare tutto noi. Perché questa è un'avventura grafica, nessuno fa niente per niente! Intanto il nostro pirata alticcio dice che spesso gli rubano i vestiti perché a forza di bere boccali di "CACAO" lui si addormenta e così i ladri di pantaloni hanno spazio libero con lui. Il fatto che i pirati si ubriachino col cacao mi sembra molto consono a Barrie, che avendo la mente di un bambino mi pare il genere di persona che aborre gli alcolici.


Altra stanza (intanto guardate che scrolling): il dentista dei pirati, il Dottor Chop, che ha un'aspetto infinitamente più cartonesco rispetto al resto dei protagonisti. Inspiegabilmente, con lui ci appare la possibilità di chiedere come fare dei soldi, e il buon dottore subito si dichiara interessato a pagarci una moneta d'oro per uno dei nostri denti d'oro.


*Sospiro*. Facciamoci togliere due denti d'oro, dunque.

Poco dopo.


Dietro a Piazza del Pirata troviamo un'ancora abbandonata e la facciamo nostra. Forti della regola aurea delle avventure grafiche (se puoi prenderlo, prendilo) ci accattiamo anche un'asta appendiabiti. Nell'inventario abbiamo anche una corda. Che fare dunque?


Leghiamo la corda all'ancora e otteniamo un arpione, che Peter chiama "Un uncino con presa". Quando indoviniamo un enigma, Capitan Uncino in basso a sinistra si incazza, e Peter sfoggia un sorriso beota che lo fa sembrare ancora più coglione.

Più tardi.

Proviamo a usare l'arpione sulla cima del...uhm... della schermata. Peter, che ha paura di volare, ci dice "Non riuscirò a dondolarmi fin lì!" Proviamo di nuovo e dice "Ti ho già detto di no!". Il fatto che abbia cambiato risposta, per quanto negativa, mi fa ben sperare...


...e infatti, al terzo tentativo, Peter attraversa la piazza. Bussiamo alla porta della vecchietta rompiballe che abita lì...


...e mentre viene ad aprire, torniamo subito indietro e andiamo a prendere la giacca da pirata che non era evidentemente parte dello sfondo, visto che aveva un contorno nero. Usiamoci sopra l'asta, e via che Uncino si incazza di nuovo.


Che altro ci resta per vestirci da pirata? Ah sì, il cappello: basta ciondolarsi dalla cima della piazza mentre il tizio passa e hop, cappello nostro. Ammetto che questo enigma non mi dispiace affatto. Almeno non è il solito "do ut des".


Nella tasca della giacca c'era una terza moneta d'oro. La diamo al sosia pelato di Raoul Dusentier (ve lo ricordate amici?) che sta al bar in cambio di un po' di cacao alla spina con cui riempire i bicchieri, che prontamente diamo al cacainomane...


...finché non cade in catalessi. Hop! Pantaloni presi, ora possiamo vestirci da pirata. Però non possiamo farlo davanti a tutti perché Peter si vergogna delle sue pudenda. Quando sono alle terme invece spesso e volentieri vado in giro con la mercanzia di fuori, primo perché andare in sauna con il costume da bagno è anti-igienico, secondo perché mi piace nutrire il mio ego raccogliendo le occhiate piene di invidia degli altri avventori. Sono vanitoso pure io, oh.


Ah ecco che si rompe la quarta parete: Peter, arrivato in un luogo isolato, potrebbe cambiarsi, ma si lamenta dicendo "Non mi cambio davanti a te" quando per "te" intende dire me, che sto al di là dello schermo. Come se me ne fregasse qualcosa di vedere un tentativo fatto male di rendere Robin Williams in pixel art. Comunque, usiamo la tapparella rubata allo studio del Dottor Chop come paravento, e immediatamente Peter si trasforma in un prode pirata. Che fatica, ragazzi.


Ora che siamo prodi pirati, possiamo andare a visitare la nave di Uncino, armeggiata al "Molo della buona forma" (sic!). Potremmo dire che la nave di Uncino ricorda quella di LeChuck, ma
1) Le navi pirata si somigliano tutte
2) A quel punto di Monkey Island 1 non ci sono arrivato (lo so, lo so.)


Senza farci vedere andiamo a ciulare nove monete d'oro nascoste in un vaso...


...dopodiché andiamo da Seamus il sarto a comprare un metal detector. Lo so, non ha senso, ne so quanto voi. Il metal detector è in realtà un potente magnete...


...che andiamo a usare sulla X che si trova sulla spiaggia della buona forma. Tick Tock Tick Tock - dice Peter - è un orologio. Sapete la storia, Peter tagliò la mano sinistra a Uncino e la gettò in pasto al coccodrillo: il coccodrillo gradì tanto il sapore della carne del pirata che non faceva altro che seguirlo. Così Uncino gli gettò in bocca una sveglia in modo tale che il ticchettio gli annunciasse l'avvicinarsi del rettile. Il rovescio della medaglia è che Uncino è terrorizzato dal ticchettio degli orologi. Il che potrebbe essere una metafora del fatto che lo stesso Uncino non vuole crescere ed è terrorizzato dal tempo. A me questo "Tick Tock" ricorda gli strilli disperati che fanno su twitter i falliti che si dichiarano "anti-sistema", che dicono "tick tock" per dire che si sta avvicinando il tempo in cui l'ordine prestabilito si ribalterà e i reietti diventeranno i padroni del mondo e tutti gli altri servi del sistema e schiavi del pensiero unico verranno ribaltati da una rivoluzione i cui condottieri non saranno dicerto loro, perché  a guidare una rivoluzione si fa fatica e loro si limiteranno a dare il loro prezioso contributo commentando su internet.

Tutto questo mi mette una grandissima tristezza. Perché sono conscio del fatto che nella schiera di quelli che dicono "tick tock" su internet avrei potuto esserci pure io. E sta roba mi mette addosso un'angoscia incredibile.


Insomma, a cosa ci serve l'orologio? Presto detto, il ticchettio fa sì che Uncino si accorga di Peter e lo chiami a lui. Il nostro yuppie, probabilmente dopo aver tirato una riga di coca per darsi coraggio, affronta il pirata dicendo di ridargli i suoi figli...


"Spugna...chi è questo impostore?" Chiede Uncino.
Spugna ammetto che è il mio personaggio preferito di tutta la faccenda. Almeno, lo Spugna del Peter Pan disneyano, che viene ripreso dal bravissimo e compianto Bob Hoskins nel film da cui il gioco è tratto. Questo Spugna deve reggere la coda a un superiore con seri problemi di testa, una vera e propria vittima del proprio infantilismo, fissato con una guerra contro dei bambini quando i veri pirati vorrebbero fare robe da adulti. Costretto a suggerire idee e vedere il proprio capo che se ne appropria, stravolgendole e facendole fallire, prendendosi i meriti se le cose vanno bene e scaricando le colpe se le cose vanno male. Mia moglie ha lavorato alle dirette dipendenze di un alto dirigente per otto lunghissimi anni, e si sentiva esattamente così. Io non sono stato assistente di un alto dirigente, ma ho avuto a che fare con capi estremamente stupidi e codardi, incapaci di accettare che più si va in alto in gerarchia più si prendono responsabilità. Mi sono sentito molto lo Spugna disneyano pure io.

Lo Spugna della commedia di Barrie, invece, è un filino più inquietante. Pensa di mettere terrore ai bambini coi suoi scherzi malvagi, ma i bambini lo adorano. Uncino lo ammira con riluttanza, perché Spugna sembra essere munito di una buona forma naturale che gli viene spontanea, che stando a Uncino è la forma migliore che ci sia. Lo Spugna originale è una fantasia di potenza di Barrie, un uomo estroverso che ha un grande successo coi bambini. Capisco da dove venissero le voci di pedofilia sull'attore scozzese.


Vabbè. Questa scena è esattamente uguale al film. Ora interviene Campanellino e negozia tre giorni per far sì che Peter Banning torni ad essere Peter Pan e dare a Uncino la guerra che vuole.


Con gesto di buona forma, Uncino fa saltare Peter in mare. dando così il via al secondo atto. Peter Banning ora deve ricordarsi come cacchio si faceva a volare, in modo da sconfiggere Uncino una volta per tutte, riavere i suoi figli, e fare il monologo strappalacrime che abbiamo visto fare a Robin Williams in Mrs. Doubtfire, Patch Adams, Al di là dei Sogni, etc. etc. etc. 

Tutto questo tenendo conto che Williams, che chiamò sua figlia Zelda in onore della saga videoludica della Nintendo, pareva soffrire proprio della "sindrome di Capitan Uncino". Giudizio duro, lo so, ma ci son cose che vanno dette. Proseguiremo la prossima settimana, lasciandovi come al solito con qualche domanda:

Riuscirà Peter Banning a riscoprire il suo Peter Pan interiore?

Riuscirà l'ex videogiocatore a finire il gioco senza che gli venga la voglia di spararsi nelle palle come gli succede ogni volta che vede un monologo strappalacrime di Robin Williams doppiato da Carlo Valli?

Riusciranno i lettori del blog dell'ex videogiocatore a leggere la conclusione dell'articolo capendone il messaggio?

E soprattutto...

Questo gioco è merda?

Alla prossima settimana.

6 commenti:

  1. Dunque, il film Hook l'ho amato da bambino, ma non lo vedo da allora, quindi il mio giudizio non può essere completo (è uno di quei film in lista che rischia di rimanere in lista eternamente). Peraltro anche in quel caso si usò il 'brand' per lanciare i pupazzetti e il sottoscritto ovviamente non se li fece mancare, con un Peter Pan che era meglio del Peter Pan disneiano e non assomigliava a Robin Williams, ma soprattutto Rufio che era molto più figo della controparte del film. Perdona la digressione. Ricordo però bene la morale di "Hook", che non era così negativa, perché criticava la figura del padre 'yuppie' sempre assente, che non pensa mai ai figli, un tema che era ovviamente molto presente nelle opere degli anni '90 (infatti classica scena del figlio che gioca a baseball e il padre assente in tribuna). Oggi invece non se ne parla più, perché l'elettronica è diventata la babysitter dei bambini. Il romanzo Peter Pan invece non l'ho letto e il film Disney ovviamente non può essere sostitutivo della lettura, quindi mi fido del tuo giudizio negativo su di esso. Permettimi di evidenziare quanto sia interessante l'excursus sullo scrittore, ignoravo completamente ogni cosa.
    Il gioco non mi entusiasma (grafica carina comunque), attendo la seconda parte per provare a dare un giudizio.

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    1. Sì ok, ma è un po' leggerina e semplicistica come morale quella del "Sei padre, è bello essere padri, stai coi tuoi figli e non pensare troppo al lavoro", no? Ci vuole davvero un film di Spielberg per capirlo? La scena del bimbo che gioca a baseball e arriva l'assistente del padre a filmarlo è caricaturale, e poi 'sta visione manicheista per cui o sei un eterno bambino o sei un avvocato/squalo dell'alta finanza, e vie di mezzo non esistono. Boh. Un messaggio talmente grossolano che mi cascano le braccia a leggere in giro (tipo sulla recensione del film nel blog delle prefiche) che è una roba commovente e illuminante.

      (non ho capito perché se l'elettronica è la babysitter dei bambini allora non se ne parli più).

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  2. Sì, concordo: le vie di mezzo non esistono e invece sarebbero auspicabili (non solo in questo frangente). Concordo anche sul fatto che la morale di Hook sia un messaggio piuttosto semplice, anche perché non si tratta di cinema impegnato, ma di cinema per le famiglie. Comunque su morali semplici e talvolta grossolane è improntata gran parte della produzione cinematografica-fumettistica-cartonistica di fine anni '80-fine anni '90, no?.

    Quella sull'elettronica = babysitter era ovviamente una piccola e innocua provocazione (non nei tuoi confronti) sul fatto che oggi il padre non si preoccupi più di stare con il proprio figlio, quando rientra dal lavoro, lasciandolo sempre davanti al tablet, alla playstation o alla televisione.

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  3. Pur di mazzolare i nostalgisti, hai deciso di farti del male con un Hook della Ocean? Sadomasochismo o tentativo di diventare ex-videogiocatore ma per davvero "ex"?
    Per di più nella versione PC. Con Monkey Island in giro, questo Hook è un prodotto derivativo e citazionista. L'idea di farne un'avventura grafica per Amiga, Atari ST e PC cerca di attirare quel pubblico. Hook per Amuga e Atari ST poteva avere un senso, visto il disk sawapping necessario per giocare a Monkey Island e il ridimensionamento grafico rispetto alla versione PC; su PC con tale concorrenza, era un'oprazione di marketing tipica di Ocean con i "tie-in".
    Hook, nel mio ricordo, va al platform pubblicato per console, in particolare la versione SNES, che nella sua mediocrità di gioco era quella riuscita meglio.
    Dico davvero: perché giocare a questa raro (se non unico) prodotto nel genere avventura "punta & clicca" da parte di Ocean?
    Non ho visto il film, né ho mai avuto la curiosità di vederlo; in ogni caso da molto tempo non mi affeziono ai registi e agli attori: hanno alti e bassi come tutti gli uomini e le attività umane.
    Non capisco pure un'altra cosa: perché dovrebbe farmi drizzare i capelli una certa fonte d'ispirazione piuttosto che un'altra?
    La fonte può essere interessante per approfondire e capire meglio certe sfumature. Ma se non l'opera non ti "tocca", con tutta probabilità, non arrivi nemmeno a cercarne la fonte. Almeno a me capita così.
    .
    PS: tanto si è capito che:
    - ce l'hai con i nostalgisti (e mi pare che li hai già cacciati dal "tempio")
    - Hook è 'na robaccia ingiocabile ieri, figurati oggi.
    Fossi in te non continuerei il supplizio.

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    1. Grazie del commento. Per via della mia verve completista (unita a una certa dose di autolesionismo), invece il gioco l'ho finito e lunedì arriverà la seconda parte, e ciononostante l'ex videogiocatore continuerà a riprovarci, almeno per un po'.

      Che ce l'ho col nostalgismo e coi nostalgisti è ovvio e sì, li ho cacciati dal tempio, sperando di aver piantato loro il seme del dubbio sulla loro neotenia, che magari si rendono conto che la glorificazione di un'infanzia irreale che porta con sé la misticizzazione del passato è una cosa dannosa. Non ci conto troppo, ma non si sa mai.

      La fonte d'ispirazione mi fa drizzare i capelli perché ammetto di essere diventato un mollaccione con la paternità: il fatto che una favola in apparenza che celebra la spensieratezza abbia avuto come sorgente un trauma enorme come la morte di David Barrie (e il crollo psicologico della madre) mi lascia veramente basito: soprattutto mi infonde una grandissima tristezza il tentativo di James M. Barrie di prendersi in carico la felicità della madre immedesimandosi nel fratello morto. Non so, forse è la dissonanza tra l'apparenza e la sostanza che c'è dietro che mi straniscono.

      E no, è vero che l'opera non mi tocca eccessivamente (o meglio, non mi ci identifico) ma sono d'accordo con Nanni Moretti quando dice che non ho bisogno di provare il gusto di un gelato per sapere che non mi piace solo fino a un certo punto. Pur non essendo il Peter Pan la mia opera preferita (e pur essendo Hook un film abbastanza brutto) la storia che c'è dietro mi aveva molto incuriosito e trovarci dietro questi tormenti, beh che ti devo dire. Ci sono rimasto male.

      Il gioco fa stracagarissimo, per quanto l'opinabile stampa di settore gli avesse dato voti intorno all'85% (ma tutto ciò che era sotto l'89 era una schifezza per la stampa che leggevo io). L'unica cosa che accetto è il fatto che sia corto, quindi faccio finta di farmi una ceretta sul perineo, uno strappo e via, quindi lo finisco. (Non mi sono mai fatto la ceretta sul perineo quindi non sono in grado di paragonare le esperienze, ma me le immagino simili).

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