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giovedì 24 giugno 2021

Come siamo giunti a questo punto (Seconda Parte)

Ormai è assodata una cosa: questo blog lo uso come metodo dei loci per scavare momenti più o meno belli della mia infanzia e della mia adolescenza, prendere la parte di magone che mi hanno causato, segarla via e buttarla via. In effetti vi svelo un piccolo segreto: se la prima domanda che mi faccio a proposito di un videogioco è "È merda?" la seconda domanda, "ci rigiocheresti?" indipendentemente da quello che rispondo, nella realtà ha come risposta sempre "No". Che a nessuno dei duecento e passa giochi a cui rigioco ogni lunedì, dopo averli riprovati per scriverci l'articolo,  ci ho in realtà rigiocato per me. (Dico "per me" perché Tank Wars l'ho fatto vedere a Sinjin quando era a casa perché gli hanno chiuso l'asilo causa maestra contagiata, e mi toccava fare presenza a una riunione inutile come il 90% di tutte le riunioni).

Ora come mai è importante rispettare la netiquette


Il che mi rende abbastanza fiducioso nel fatto che forse sono pronto a passare oltre certi momenti di sfiga, a sistemare e fare pulizia dei ricordi di periodi in cui mi sentivo veramente solo e spaesato al cospetto di un mondo ostile, e a ogni pezzo che butto via mi sento sempre più leggero.

Se ci pensate, più di 4 anni fa, nel post di introduzione, scrivevo che tutto sommato stavo un po' navigando a vista con questo blog, non sapevo dove volessi andare a parare né avevo la più pallida idea del perché lo stessi facendo. Bene: direi che piano piano lo scopo di questo esercizio lentamente è venuto fuori: c'è voluto quasi un lustro, ma adesso è decisamente più chiaro.

Però è vero che, al di là del mio personalissimo vissuto, ci sono anche giochi su cui scrivo più minchiate e magari faccio meno riflessioni o autocommiserazione. Anche così, mi rendo conto che in qualche modo mi fa bene, sento che mi aiuta. Perché il grande problema che ha motivato tutto questo è la visione errata dell'infanzia come un luogo magico in cui niente di brutto può succedere. E appunto in qualità di questo essere un non-luogo (tipo Gardaland, o l'IKEA) è sicuro e ci si può rifugiare quando si è agitati o ci si sente in pericolo.

qui non succede niente di brutto


Beh, questa è una cosa sbagliata, non sbagliata da un punto di vista morale, ma proprio nel senso che non descrive la realtà correttamente:  eravamo esposti al pericolo durante l'infanzia tanto quanto lo siamo ora: magari avevamo delle figure genitoriali (non necessariamente i nostri genitori, eh! Questo è molto importante) che ci proteggevano, o meglio che dicevano di proteggerci, ma di fatto non sono sicuro che fosse poi proprio così. A volte, esaminando un po' la mia storia e il vissuto di altre persone con cui ho avuto modo di parlare, viene da chiedere se la protezione che avevamo non fosse un po' la classica "protezione" che ti offrono quelli che ti vengono  modo a chiedere il pizzo.

Avete presente no? "È un bel negozio il tuo, sarebbe veramente un peccato se succedesse qualcosa di brutto." Cose così, ma ovviamente traslate in una dimensione meno fisicamente violenta (nella maggior parte dei casi, s'intende). Il risultato è comunque un continuo stato di ansia sotterranea, mai del tutto venuta in superficie, con il senso di colpa di chi non dovrebbe lamentarsi di nulla perché ha tutto. 

Donald Winnicott, quello de "il vero sé", parla di "paura del crollo", ovvero lo stato di eterna ansia di chi vive nell'attesa di un non ben definito crollo, un traumatico evento negativo che distrugge lo status quo, quando in realtà l'attesa del crollo è stata essa stessa il crollo (lo so, lo so). A forza di sentirmi dire che ero fortunato perché in biafra c'erano i bambini scheletrici con le mosche e la pancia gonfia e dovevo vergognarmi ogni volta che Babbo Natale (che non esiste, in realtà sono i parenti) mi portava abbondanza varia, ero giunto alla conclusione che prima o poi avrei dovuto pagarla, quando in realtà la stavo già pagando con la paura del crollo stessa! Un pagamento anticipato, quasi un investimento!



"mamma ma le nostre amiche sono fuori a giocare, non è che anche noi possiamo..."
"zitta e conta, questo è un investimento!"



"Parla per te ex videogiocatore - direte voi - io stavo proprio benone e se potessi darei via tutto quello che ho fatto finora per liberarmi della responsabilità e avere tanta attenzione e affetto in cambio del fatto che sono in grado di non cacarmi addosso nel 90% dei casi! VOJO TORNÀ BBANBINO!"

Beh, al di là del fatto che questo urielfanelliano strawman che sta parlando sta dicendo una roba bruttissima (l'attenzione e l'affetto dati solo in cambio di qualcosa? Ma che è, il mercato delle vacche?) il fatto è che se ci penso anch'io avevo la consapevolezza di stare benissimo: grazie al cazzo, dico a me stesso perdendo il conto dei protagonisti del dialogo interiore che si sta svolgendo ora. 

Ai tempi, in mancanza di alternative, quel modo di essere mi pareva l'unico e quindi era inevitabile farselo andare bene. Successivamente, piano piano acquisendo consapevolezza (e in questo la paternità mi ha aiutato tantissimo) mi sono reso conto di come da parte figure di riferimento molto forti per la mia infanzia (non necessariamente genitoriali, come ho detto, sto parlando anche di parenti alla lontana, di educatori scolastici, delle suore da cui ho fatto l'asilo e così via) la protezione era subordinata a una forma di manipolazione.

Il mondo ostile da cui dovevo essere protetto era principalmente un'invenzione di queste stesse figure di riferimento, le cattiverie della gente di fuori erano principalmente una proiezione delle cattiverie delle figure di riferimento stesse. E proprio loro si proponevano come figura di salvezza per me, che ovviamente ero indifeso di fronte a tutti i pericoli che mi paventavano.

Come già ho detto altre volte e come ripeterò in seguito, un pericolo non indifferente erano le cacciatrici di dote

Non pretendo che tutti capiscano questo mio discorso. Ci sarà chi capisce, ci sarà che dice "ma che stai a dire, coglionazzo! Vogliamo leggere di quando dai merda ai videogiochi che ci facevano schifo!" Ci sarà anche chi li per lì dice "che stronzata" e poi magari ci ripensa tra qualche anno e diceva "oh, forse quel coglione con l'avatar di Andreotti non aveva tutti i torti". Non lo so. Ma la tentazione di esercitare un potere su persone più deboli, più fragili come possono essere dei bambini allo scopo di mettersi dalla parte di non ben definite forza del bene, beh, è una tentazione stranamente forte. È una strada estremamente facile da percorrere che crea nella vittima una dipendenza che non diremmo neanche "affettiva" ma una dipendenza malsana, una vera e propria simbiosi. E quando c'è la simbiosi, da parte di un genitore che vuole che il figlio faccia il bravo e non rompa i coglioni, è tutto molto più facile apparentemente. Ma a forza di nascondere la polvere sotto il tappeto poi nel tappeto ci si inciampa spaccandosi la testa (era una metafora estemporanea questa, e sono conscio della sua scarsa qualità).

"maledetti giovinastri!"


Ecco, io da questa simbiosi, l'ho già detto più volte, scappavo rifugiandomi nel mondo dei videogiochi ed è per questo che non parlo dei miei eterni pomeriggi passati fuori a giocare (che comunque in qualche misura ci sono stati), ma parlo degli eterni pomeriggi passati a rincoglionirmi di fronte al monitor a raggi catodici con giochi che rappresentavano la fuga da un mondo apparentemente troppo sicuro come quello di casa, ma che allo stesso tempo era perennemente sotto assedio. Non voglio citare "Il Deserto dei Tartari" per forza, ma rende bene l'idea l'eterna attesa di un nemico ignoto in arrivo. 

ma fatte na risata


In questo clima di eterno assedio,  una versione a braci spente dello "stasera ci siamo! Domani sera ci saremo?" che ci si diceva in quel clima di schietta e semplice umanità e amicizia che si viveva sotto le bombe durante la Seconda Guerra Mondiale, io ci cresco, e a un certo punto arrivo in quel turbinio ormonale e di consapevolezza alterata che era l'inizio del liceo (e di questo ne ho parlato più volte, e ne riparlerò ancora) usavo i videogiochi di un passato che era proprio praticamente l'altro ieri per lenire la sofferenza dovuta al fatto che mi sentivo strappato a metà. 

Da una parte c'era la già menzionata simbiosi dovuta alla manipolazione delle figure autoritarie nella mia vita. Dall'altra, c'era la mia pulsione verso una felicità personale che al tempo non ero sicuro esattamente da che cosa sarebbe scaturita.

Avevo passato tanto tempo a soddisfare aspettative non mie che non avevo la più pallida idea di che cosa avrebbe potuto farmi felice! "Beh, la fregna sicuramente", avrei detto al tempo se mi avessero chiesto di parlare senza filtro. Eh, grazie! Ma più precisamente? 

Cioè, capite che per un adolescente ancora decisamente bambino, che vive in un panopticonsenza la minima privacy, senza modalità di girare il mondo che non sia il lentissimo autobus 94 o corriera 671, con un teatro kabuki fatto di ansietà generalizzata ogni volta che tentavo di dire "beh, io vado fuori" le modalità di accesso alla fregna erano poche e complicate? Molto più semplice salvare il (simul)mondo grazie ai cheat code trovate sulle fecali riviste di settore!

IDDQD for climate

Mi rendo conto del tempo e delle energie spese, che hanno strascichi fino ad ora, e forse la cosa che mi fa più incazzare è quanto sarebbe stato più facile e comodo arrivare fino qui senza il peso di tutto quel condizionamento. Esplicitarlo è un bel modo per prenderne le misure, e come diceva Caccioppoli, la misura ha un potere terapeutico, ci fa vedere le cose nella giusta grandezza. Ma che fatica, puttanezza della miseriezza lèdra.

Ma dalla corretta presa di misura viene sempre anche un grande senso di delusione. Quando qualcosa che pareva enorme alla fine è mediocre, è inevitabile. A meno che non sia quando ci si accorge che nei film porno usano il grandangolo, e allora è sollievo.

Oggi di questa simbiosi sono rimaste principalmente delle voci interiori (come quella del Guardiano di Ultima, se vogliamo) che quando sono in una situazione di pericolo o di agitazione ridono felici prendendomi per il culo, insultandomi con toni, inflessioni e tic verbali di tutte quelle persone che mi hanno manipolato, dicendo che così che tutto il male che mi capita mi sta bene! Così finalmente imparo la lezione. Quale lezione? Non ho idea. Ma penso che c'entri il fatto che di fatto mi sono liberato fisicamente da questa simbiosi: è passata circa una quindicina d'anni da quando ho dato l'ultimo strappo, e solo ora sto rivedendo lo strappo per fare un orlo fatto bene in modo che non si sfrangi tutto (peraltro vorrei tirarmela sul fatto che sono in grado di farmi l'orlo dei pantaloni da solo: sarei un uomo da sposare, se non fossi già sposato). Ho fatto un'altra metafora di dubbia qualità.

Uriel Fanelli è rimasto traumatizzato da questa pubblicità

Rifacendomi a quello che scrive Winnicot, posso dire che forse le voci che tifano contro, che evocano un potenziale crollo e perpetuano l'ansietà generale in cui sono cresciuto, forse, stanno cercando di nascondere che una forma di crollo c'è stata tanto tempo fa. E nessuna nostalgia, nessun dipingere l'infanzia come luogo magico, riuscirà veramente a far sparire il crollo di allora (soltanto i manager moderni e cacasotto hanno l'approccio del far finta di niente di fronte ai problemi, chiamandoli opportunities, sperando che si risolvano da solo. Io sono un cacasotto, ma non sono un manager). Qualunque sia stato il crollo di allora, non importa. Ho la mia idea, ma non credo interessi al lettore. Il fatto è che c'è stato, l'ho vissuto, ma ho guardato da un'altra parte facendo finta di nulla, o normalizzandolo, non prendendone davvero atto. E come risultato mi trovo ora che a intervalli regolari mi sento come se avessi qualcuno che mi sussurra nell'orecchio "Arriva, eh! Guarda che ti arriva! Hai voluto fare il fenomeno, e adesso vedi come ti arriva!". C'è chi appoggiandosi in maniera stiracchiata al modello Kübler Ross direbbe che rispetto al crollo di allora sono ancora nello stato della negazione, quello di prevedere qualcosa che è già arrivato da decenni (ed è pure passato). Può darsi, certo è che è fastidioso.

Non ho idea se riuscirò mai a farle tacere, queste voci. Non so se una volta finito questo esercizio tutto sarà in qualche modo risolto. Ne dubito. Però ecco, per la storia del completismo questo esercizio di pulizia interiore vorrei finirlo, e come ho anticipato sotto Natale, ormai la decisione l'ho presa: finirà nel 2022. A gennaio? Non so. A dicembre? Probabilmente no. Il giorno del mio compleanno così non scrivo da quarantenne e non devo cambiare il sottotitolo del blog? Nah, 'sta promessa l'ha fatta pure il titolare del blog delle prefiche, se ricordo bene, e non l'ha mantenuta, e fa benissimo, se continua a trovare gente che si straccia le vesti piangendo perché vuole la botta di adrenalina che le madeleine di stronzate commerciali con cui ci tenevano buoni da piccoli, lui glielo dà. Poi è anche vero che c'è chi dice che il modo migliore per fare una persona infelice è dargli ciò che vuole, ma questi non sono affari miei. 

Però è vero che c'è chi dice che anche le cose più belle hanno un termine, ed è anche vero questo blog non penso sia da classificare tra "le cose più belle". A maggior ragione, a un certo punto inevitabilmente arriverà il tavò. Ancora non c'è, ma lo vedo in lontananza, come i Tartari alla fine del libro di Buzzati. E quindi in preparazione alla cavalcata finale mi sembrava giusto fare il punto su dove siamo arrivati.

(Per quelli a cui interessasse, la "prima parte" di questo articolo non è propriamente una prima parte, ma è il punto della situazione a Dicembre 2018. La trovate qui.)

14 commenti:

  1. Sono capitato su questo tuo blog cercando su Google "Tum te dum", che mi era venuto in mente per non so quale assurdo motivo , durante una noiosa giornata di lavoro.
    Io, te e la maggior parte dei video giocatori della generazione X (scusa se ti ho invecchiato ma io sono di quella) abbiamo in comune la motivazione del rifugio nel videoludo: escapismo.
    Escapismo da un mondo reale che per un motivo o per l'altro risulta minaccioso per un bambino o almeno lo risultava per noi bambini del tempo, figli dei figli del dopoguerra. Adesso le cose sono completamente cambiate e le motivazioni che muovono i giocatori di oggi (parlo degli adolescenti, come eravamo noi al tempo) sono ben diverse.
    Mi piace l'idea di questo blog come forma di purga espiatoria per un passato che ti fa male ed arrabbiare a ripensarlo, ma forse la strada più giusta sarebbe il perdono e l'affetto verso quel ragazzo che ha affrontato con gli strumenti che aveva a disposizione il disagio che stava vivendo.
    Te lo dico perchè continua a leggersi una rabbia tra le righe e anche sopra , verso un qualcosa che poteva essere, ma non è stato.
    Love is the only way.

    Con simpatia

    Un altro ex videogiocatore

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    1. Grazie. Al perdono di quel giovane sfigato ci sono arrivato, se non altro perché ha provato a farsi delle domande che mettevano in dubbio l'ambiente in cui è cresciuto, cosa che lo ha reso molto più coraggioso di quanto non potesse sembrare. A chi ha scelto la via della pigrizia e della superbia (ne ho scritto qui), invece, ci arriverò se e quando sarà il momento. Perdonare così senza aver fatto il giusto percorso mi pare un nascondere la polvere sotto il tappeto, sopire, troncare. Cosa che non serve a un cazzo a nessuno, né a me, che voglio dare un senso di chiusura a questo esercizio, né a loro, anche perché molti di questi sono passati a miglior vita da mò.

      Spero che una volta rivissuto il crollo non visto di cui parla Winnicott, magari smetterò di aspettarmelo, quel crollo. Chi lo sa!

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    2. Io ad iniziare a perdonare ci ho messo degli anni. Ho detto iniziare perchè non ho ancora finito. E mi sono fatto dare una mano, perchè a fare certi esercizi da soli, si rischia di rimanere nello stesso solco, in una spirale infinita. E' Facendo da soli è anche più facile darsi delle pacche sulle spalle e rischiare di somigliare ai malvagi.
      Occorre vedere le cose da un'angolazione diversa per cambiare il mondo (attimo fuggente docet).
      Pensavo anche al fatto che il dare della "merda" alla maggior parte dei giochi e salvarne in parte altri, non è forse una metafora di quello che hai vissuto?
      Non voglio diventare pesante e la chiudo qui, augurandoti buon viaggio e buon proseguimento e continuerò a seguirti.

      Un altro ex videogiocatore

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  2. Caro ex videogiocatore, le "comunicazioni di servizio" sono i tuoi post che ho sempre preferito: leggo anche gli altri, quelli sui singoli giochi per intenderci, ma penso sempre che non sia necessario aggiungere niente ai giudizi personali su certi frammenti di passato, che per forza di cose sono soggettivi e interessanti di per sé.

    Mi interessa invece il modo di porsi in relazione al passato, dato che condivido con forza questo malcelato anti-nostalgismo che agiti spesso come un drappo battagliero, in contrapposizione ai troppi tromboni (o trombette) che amano troppo spesso celare dietro a un manto di zucchero filato la mediocrità di quegli anni, in cui tutti non eravamo certo emuli patinati dei bambini di Stranger Things, con le biciclettine BMX, gli arcade alla moda in sale giochi pulitissime al neon e le partite a D&D.

    Invidio un po' chi costruisce nella memoria un passato che non è mai esistito, ma trovo senz'altro maggiore coerenza e realtà negli eventi che tu descrivi, in cui l'approccio al videogioco era anche portatore di marginalità, di frustrazione e leggero disagio.

    Il fatto di dichiararsi "ex" in fondo è anche un modo perfetto di liberarsi da un passato che rischia d'essere un ostacolo alla crescita, un modo di essere dolcemente patetici a ripetere gli stessi riti di trent'anni prima, "facendo finta" che il tempo non scorra mai.

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  3. Ciao Ex-videogiocatore,
    ogni tanto quando leggo i tuoi post mi viene da pensare che sorta di persone adulte ti potessero circondare all'epoca per instaurarti tutto questo stress e tutta questa ansia che ti sei portato dietro per uttto questo tempo. Come hai fatto a tenertela sul groppone cosi' a lungo?

    Anche io usavo i videogiochi per fuggire dalla realta', ma nel mio caso fuggivo forse dal bullismo e da persone (compagni di classe) che mi facevano sentire una merda, bullismo che mi tiravo dietro perche' sono stato tenuto nel cotone fin da piccolino perche' il mondo esterno e' pieno di pericoli (e in questo ti capisco quando ne parli). Ma certe volte provo ad immaginarmi come potessero essere queste persone che vanno al di la' del mio immaginario/mia esperienza di vecchio di merda canonico.

    In bocca al lupo con il percorso di liberazione, io lo seguo anche se spesso in silenzio.

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    1. Che ti devo dire, magari ero sensibile io. O forse no, perché al tempo mi pareva tutto normale e mi sono accorto di tutta l'agitazione solo quando ne sono uscito.

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  4. Ha ha ha! Ti confesso che ho ripreso una manciata di vecchi giochi dopo 30 anni solo perché sei colpevole di aver acceso un senso di curiosità. Salvo poi cancellare il gioco in questione dopo pochi minuti con un +che merda+ in chiusura.

    Leggendo il tuo blog mi sembra di capire che i videogiochi per te non erano un semplice cazzeggio , ma una vera e propria evasione dalla realtà per staccare la spina da tutte quelle cose che ti facevano stare male o che ti facevano sentire inadeguato/sfigato
    Io rientravo nella categoria del videogiocatore professionale perditempo, che provava un senso di stupore mista eccitazione davanti ad un dischetto blu. La cosa durò fino alle medie e poi andò via via scomparendo e non ne rimase più nulla.
    Non ho mai provato quel senso di evasione che descrivi, per me era un sudato quanto puro cazzeggio fine a se stesso. Tanto che ad un certo punto, più avanti regalai tutta la mia collezione di dischetti, per sancire la fine di quell'epoca.

    Quando parli della nostalgia e del fatto che sia una cosa sopravvalutata, dico... è bello ricordare certi momenti del passato ma stop, fine. La nostalgia intesa come la descrivi nel tuo blog secondo me non esiste e non la vedo da nessuna parte (conoscenti o amici). Se vuoi è un refuso del cinema e spettacolo, che per ragioni di copione deve esaltare le caratteristiche peculiari di quegli anni. Di conseguenza non capisco perché accanirsi verso qualcosa che di fatto non esiste.

    Tornando all'età del bambino, era tutto più facile perché (parlo per me) c'era molto tempo libero, responsabilità zero e si giocava sempre.
    Poi man man che l'età avanza il tempo scarseggia, le responsabilità aumentano e le cose diventano un po più complicate da gestire e a volte piacerebbe se una giornata fosse di 48 ore per fare tutto quello che si vorrebbe fare.
    Diverse cose che scrivi facevano parte del mio mondo (e chissà di quanti altri ex bambini) e sorrido ogni volta che citi quello o quest'altro perché è come sentire parlare unamico che non ho mai conosciuto.

    A me è capitato di vivere male una situazione e poi anni dopo, rendermi conto che ero stato un coglione io a viverla così, non avevo saputo afrrontarla in maniera adeguata. Questo per dire che si può dare la colpa agli altri, ma spesso anche noi siamo un po colpevoli del nostro star male. Ho visto persone sorridire davanti a cose che avrebbero schiacciato altri.


    Le tue recensioni mi piacciono e con dispiacere vedo che tra poco chiuderai tutto e tanti saluti. D'altronde mi chiedo anche quanti cazzo di giochi tu in realtà conosca perché ne hai recensiti alcuni che veramente non avevo mai sentito nominare.
    Godiamoci questi ultimi post e poi metteremo una lapide e scriveremo qui giace ex videogiocatore, passato a miglior vita dopo un lungo percorso di catarsi.

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    1. "Data di nascita e data di morte, punto. Le parole delle epigrafi sono tutte uguali. A leggerle uno si chiede: ma scusate, se sono tutti buoni, dov'è il cimitero dei cattivi?"

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  5. A me piacciono semplicemente i computer e di conseguenza anche i videogiochi.
    Mi sono sempre piaciuti, gioco tuttora e mi esalto per qualunque novità.
    Rileggere recensioni simpatiche dei vecchi giochi che un tempo mi piacevano e magari riprovarli 5 minuti lo ritengo un passatemo divertente e basta.
    Ho cominciato con il vic20 e non mi sono più fermato, il pc e Windows li usate no? e non giocate quando avete un minuto?, un giorno sarà merda.

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    1. eh lo so, ma per me è un pretesto per guardarmi dentro. Non mi aspetto che tutti abbiano avuto la mia stessa esperienza!

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  6. ciao..
    io penso che con pochissime limature questo blog possa essere trasformato in un libro( magari imbastendo una struttura di racconto..giusto per essere un libro)
    (^_^)

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    1. Eh, non sei il primo che lo dice, il problema è mettere le gif animate in formato cartaceo (o PDF). Magari quando tutto sarà finito ci penserò.

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Sicuro di aver letto bene il post? Prima di postare, rileggi.