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lunedì 2 settembre 2019

Destruction Derby

È diritto di ogni bambino spaccare i suoi giocattoli. Può non piacere, né a lui né ai genitori, può fare incavolare certi genitori che vedono i giocattoli come un investimento, farà sicuramente incazzare come iene certi genitori che vedono i figli stessi come un investimento (spaccare i giocattoli è visto come qualcosa che poco si addice ai cosiddetti "alto potenziale"), ma spaccare le cose per vedere come sono fatte dentro, o per vedere cosa succede è necessario. È necessario perché il bambino, tramite il gioco, scopra come è fatto il mondo in quella che in informatica viene chiamata modalità "sandbox".

Testiamo i limiti delle cose in un sottoinsieme del mondo relativamente sicuro, e scopriamo che lanciando una macchinina contro il muro la macchinina si spacca. Certo, se si ammacca pure il muro l'incazzatura genitoriale ci può stare, ma nemmeno si può pretendere che un bimbo stia esattamente fermo, a non toccare niente. C'è chi ci prova al giorno d'oggi dandogli un tablet, e magari per un po' funziona. Un tempo si usava la televisione, e prima ancora suppongo si usassero i libri: per un Leopardi diventato famoso quanti reclusi sui libri che non sono assurti agli onori della storia della letteratura ci sono? A mia moglie, ad esempio, viene in mente un suo professore universitario. 

Atelier culturale

Il fatto è che con questo star fermi senza rompere niente, la parte di sperimentazione e di scoperta che sono fondamentali al gioco vanno a farsi benedire e i genitori vanno a rincoglionirsi su Facebook lamentandosi che i loro figli si rincoglioniscono con gli smartphone mentre loro, ai loro tempi, pensavano già alla figa. 

www.altavista.com -> search "la figa"
Ma il sugo della storia è che è necessario rompere qualche giocattolo e pensare "out of the box". Penso di averlo raccontato che una vecchia di merda una volta mi regalò un Lego, era una locomotiva, anche bellina, ma io volevo farci quello che mi pareva, e lei mi cazziò perché non seguivo pedissequamente le istruzioni. Per dire quanto si può essere teste di cazzo: mi hai fatto il regalo, io ci faccio il cazzo che mi pare, anzi il fatto che lo usi per esplorare deve farti piacere, perché significa che mi sto divertendo, no? Il giocattolo rotto è il giocattolo vissuto. Ho altrove fatto notare a un pubblico di gente piuttosto permalosa come le collezioni in condizioni "fior di conio" sbandierate sui blog nostalgisti sono in piena opposizione al concetto di gioco. Comprare giocattoli e tenerli in una teca e pensare così di essere in contatto con il proprio lato fanciullo è come pretendere di mantenersi giovani facendo come Igor e Grichka Bogdanoff.

Li portate bene gli anni regaz
Questa inevitabilità della rottura dei giocattoli la Mattel lo aveva capito, e aveva cercato negli anni 80 di capitalizzare su questo istinto dei bambini di rompere le cose per capirle meglio, e aveva creato una linea di macchinine Hot Wheels "Auto da Scontro", che avevano una molla all'interno che al momento di un urto faceva ruotare un pezzo del modellino in modo che mostrasse una parte "scassata". Bastava rigirarlo, e tutto tornava come prima. Così il gioco era di nuovo integro, l'illusione di rompere qualcosa era garantita e i genitori (che erano quelli che uscivano i soldi) erano contenti che almeno l'investimento durava.

Per poi vent'anni dopo deprimersi e augurarsi che fossero stati rotti perché i figli sono cresciuti e tengono tutto in una vetrinetta

Insomma, diciamocelo, in un ambiente cosiddetto sandbox, scassare le cose, particolarmente i veicoli piace. Credo che sia lo stesso meccanismo che fa sì che "i soliti curiosi", in caso di incidente, rallentano pure la corsia opposta nell'autostrada. Credo sia anche lo stesso meccanismo che ha fatto sì che qualche designer di giocattoli trovasse intelligente l'idea di creare quegli orribili pupazzetti plasticosi ispirati ai manichini da crash test, che sono stati distribuiti in Italia col nome di "Sbullonati".

Bruschette di prima mattina, ex videogiocatore!

Va detto che nei primi anni 90 i bambini/preadolescenti erano sotto l'effetto di un condizionamento che li portava a farsi piacere la peggio merda. Poi, fortunatamente, sono cresciuti e... niente, gli piace ancora la merda. Oh beh! Direi che è ora di venire al punto: io nel 1996 avevo già smesso di giocare con la macchinine, ma quando mi fu passato (su 5 dischetti ad alta densità, ARJ-ato per bene) il gioco di oggi lo accettai volentieri perché in fondo, la gioia dello sfasciare le macchine ancora c'era. Sigla!


Psygnosis! Quelli di Lemmings (merda) e di una pletora di altri giochi che mi rendo conto di non aver riprovato. Molto male, ex videogiocatore, molto male. C'è tempo (se non mi prende prima il tavò). In ogni caso, ero in prima liceo, quindi era il 1996 o il 1997 (no, probabilmente era il 96), il gioco quindi era uscito da un anno (solo un anno, pensate!) e un tizio trafficone della quarta vicino alla mia prima mi chiese se ero interessato a Destruction Derby. "Ma è su cd!" dico io, che ai tempi i masterizzatori mica c'erano. "No no, è su floppy, te lo passo". Io risposi "Eh dai", come a dire "non ci credo" e lui capì "eh dai passamelo" e il giorno dopo mi passò i cinque dischetti. Efficientissimo. Era anche un tipo molto strano. Ma si guarda in bocca a caval donato? Certo che no, e quindi tornato a casa, mentre i miei coetanei pasturavano con le fanciulle o si dedicavano a sport che avrebbero dato loro la muscolatura tonica e l'autostima necessarie ad avere successo in quel periodo della vita, io scompattavo il gioco e lo facevo partire al primo colpo. W la sfiga che l'ex videogiocatore fustiga.


Gli autori del gioco sono i Reflections, ora ennesima sussidiaria dell'orrido mostro chiamato Ubisoft ma che al tempo erano famosi per essere stati gli autori dei noti "Shadow of the Beast", per cui ancor oggi quella prefica dell'amighista medio si straccia le vesti coprendosi il capo di cenere e stringendosi il cilicio attorno alla sacca maronaia. Davanti alla sede della Ubisoft, a Montreuil, ci passavo abbastanza spesso quando andavo a trovare una ex morosa che viveva nell'hinterland parigino. Al tempo ero già felicemente un ex videogiocatore con lavoro serio, quindi né caccia agli autografi né presentazioni di CV chiedendo in ginocchio di assumermi. La tentazione di cagargli sullo zerbino all'ingresso era comunque forte, un po' perché il mio fallimento nel mondo dei videogiochi ancora un po' mi bruciava, un po' perché con la Ubisot che si era rotta le palle di sfornare giochi anche decenti (penso a Rayman o a PoD) e si limitava a comprare robe altrui e ripubblicarle in maniera piuttosto standardizzata. Erano i primi anni 2010 e la mia idea quasi romantica del creatore di videogiocatori come vero e proprio creativo era tramontata.


Destruction Derby! Vè che presentazione essenziale, fatta col residuo della rottamazione delle auto. Vi ricordate quando la parola chiave della politica italiana era "Rottamare"? Sembrano passati secoli, eh? Son pronto a mettere la mano sul fuoco che prima o poi qualche nostalgista di quei tempi lì salta fuori.


Ed ecco il menu principale. Scarno ed essenziale, pure lui, ma oh, ci lamentiamo? Rivogliamo piuttosto i menu di Star Quest e Hero Quest? No, va benissimo così, a parte il marroncino grunge che fa molto seconda metà degli anni 90, quando l'estetica ha iniziato a sporcarsi e a convergere sul marroncino che per tutti i 2010 ha cercato di significare "realismo". Scegliamoci la macchina, và.


Tragica sorpresa: non capisco se sia perché la sequenza di dimostrazione della vettura, fatta col motore del gioco, vada velocissimo sul mio DOSbox (ho rallentato la gif animata per voi) ma guardandola, lo stomaco mi si ribalta come un calzino. Porco cazzo che fastidio. Non me l'aspettavo proprio 'sta cosa. O non me la ricordavo, perché in quel periodo cercavo di essere un videogiocatore come gli altri, a dispetto del male che mi faceva il 3D, e cercavo di ignorare gli effetti che aveva. Cacchio, avevo pure provato a farmi piacere Quake! Bleargh. Vado a farmi una tisana allo zenzero.


Dicevamo, scegliamo la macchina, che non è che abbia riferimento a qualche vettura realmente esistente, ma semplicemente serve per definire il livello di difficoltà. Quello intermedio è sponsorizzato dal Tristo Mietitore...


E la versione "Pro" invece si chiama "Smoothie", che io credevo fosse un frullato servito freddo invece è una faccia da coglione con gli occhiali da sole ed il sorriso coprofago, cosa che fa molto anni 90 (specie gli occhiali da sole). Vi ricordate quando "le iene" non cercavano di fare giornalismo serio ma andavano in giro a mettere occhiali da sole alle persone famose? Facevano cagare anche allora, ma erano meno dannose. Ecco.


Scelto il livello di difficoltà (semplice) andiamo a scegliere il tipo di gioco, ordunque: di default è selezionata una normalissima corsa, ma che cavolo, il gioco si chiama "Destruction Derby", scegliamo il Destruction Derby vero e proprio! Quello in cui macchine si schiantano a vienda e i redneck sugli spalti si esaltano. Vogliamo biasimarli? Certo, non sono sicuro che pagherei per vedere delle macchine che si spetasciano l'una con l'altra, ma se la campagna profonda non ha niente di meglio di quello, come svago, che altro si può fare?

"Nella mia infanzia, a Segni, andavo per scorribande con i miei più due cari amici, uno è diventato nunzio apostolico, l'altro è diventato arcivescovo." dice una voce di sottofondo, e, è lui o non è lui? Sì, è proprio lui!

ops
No, no, scusate! Un typo. Capita. Sono un po' stanco e ora prendo un tedax per il mal di testa e introduco la persona che guiderà la nostra auto marchiata Psygnosis.

M'LADY
Eccolo! Il divo Giulio. Se ne sentiva la mancanza. Pronti?


Pronti! Notavo come i menu tridimensionali che esplodono verso lo schermo siano una cosa tipica del tempo. Mi viene in mente, ad esempio, Tomb Raider, che in realtà non ci somiglia per nulla ma per qualche ragione me lo ricorda. Non ha molto senso, lo so. "Ex videogiocatore - mi dice Giulio - di fronte a queste sue disquisizioni le dirò quel che mi disse De Gasperi quando mi incontrò per la prima volta. Ero alla Santa Sede a fare una ricerca sulla Marina Pontificia, e lui mi disse Giovanotto, ma lei non ha nulla di meglio da fare? Avevo diciannove anni ed ero una nullità, sono diventato democristiano."

E dunque? Dovrei mollare tutto e dedicarmi anch'io alla Democrazia Cristiana? Ma non lo vede, Andreotti, che ho il carisma di uno straccio umido e che non mi eleggerebbe nessuno se mi candidassi?

"Magari è meno noioso di quanto sembra. Guardi me, sembro delicatino ma è solo perché ho il torace stretto. Ma adesso guardi che faccio." Detto ciò, si infila una tuta ignifuga, un casco, e con un balzo di un'agilità sorprendente salta in macchina.


Go! Il via è fatto con un gradiente abbastanza fastidioso per i miei gusti, per ragioni che non sarei in grado di descrivere, ma la grafica, per il 1995, è decisamente gradevole. Sarà che è una conversione dalla Playstation (e non dal 3DO) ma è molto più gradevole di The Need for Speed. Io ai tempi vedevo 'sto gioco completo uscire da solo 6 dischetti ad alta densità e sembrava tutto fichissimo. Giulio, intanto, ha allungato il piede sull'acceleratore, con la nonchalance che lo contraddistingue: "Sono romano - dice - e preferisco non drammatizzare oltre al necessario" e nel mentre si lancia sparato contro gli altri partecipanti al derby...



...e paf! una bella speronata sulla fiancata sinistra che ci manda in testacoda, e poco dopo un frontale con un'altra macchina che sta cercando, con poco sucesso, di far esplodere male l'auto di Giulio. "Le reazioni violente come questa ci mettono a disagio, eppure ci ricordano che siamo umani. Certo è che il disappunto potrebbe essere espresso in maniera differente" dice Andreotti frullando il volante per uscire dall'impasse che si è creata dal frontale. Io intanto mi sento di nuovo male e vado a provare uno di quei braccialetti della marina che premono sui polsi. Li teneva sempre un mio amico in gita scolastica, e  comunque vomitava come un pozzo di petrolio.


Il Divo prova a speronare qualche macchina ma con grande frustrazione ne manca ben due di seguito, per poi essere lui stesso speronato da un veicolo avversario. Io sto guardando da un'altra parte e non riesco a seguire il gioco, quindi cedo la parola a Giulio: "Credo che una visione dell'animo umano proveniente dalla rivoluzione industriale, per cui la rabbia vada sfogata come il vapore in eccesso in un motore a pistoni, sia alla base del bisogno di esternare l'ira lasciandosi andare a scenate in cui si battono i pugni sul tavolo, ci si eccita, si suda. Sono ridicoli quelli che arrabbiano e magari offendono. Poi devono far mille storie per scusarsi, eccedono nell’altro senso, si umiliano, e non di certo perché la rabbia è stata cacciata fuori, ma perché ci si rende conto del proprio essere ridicoli. Io credo che rabbia chiami rabbia, e crei dipendenza, un po' come succede col caffé o il tabacco, o i gelati. Io sono molto goloso di gelati."


"In Italia c'è questa tradizione di polemica clamorosa, gridata, per cui se c'è un'auto ferma contro il muretto dobbiamo scagliarci contro di essa andando a tavoletta, e solo successivamente chiederci se magari non era lì per qualche altra ragione. Funziona così: prima farsi una convinzione e poi cercarne la prova. Il che è un capovolgimento del concetto di giustizia. Ma d'altra parte, la bellissima frase La giustizia è uguale per tutti è scritta alle spalle del giudice, in modo che non possa leggerla".


"Il fatto è che il nostro è un sistema che incita al linciaggio. Morale, prima ancora che fisico. Credo che manchi una cultura del rispetto della gente. Sembra che molte persone abbiano studiato una bibbia in cui la pagina che conteneva Giovanni 13,34 era strappata. Ora, siamo qui su quest'auto, in un bellum omnia contra omnes a cercare di distruggerci a vicenda a beneficio di qualche annoiato che vuole vedere la devastazione senza che si sporchi le mani lui stesso. Non è cambiato nulla dai tempi dei gladiatori. Ridicolo, no? Le corse dei cavalli mi piacciono di più. Sì, c'è competizione, c'è la suspense della scommessa...Che vinca o che perda, nessuno si accorge se sono eccitato o nervoso. A parte il fatto che vinco quasi sempre perché son fortunato. Gioco poco, scommetto poco, ma in genere vinco. Ahia, temo che mi sia venuto il colpo di frusta." Infatti l'auto del Divo ha speronato la coda di un'altra macchina, causandole uno spettacolare testacoda. 360! Esclama il gioco, e ci pigliamo 10 punti.


Ma chi di 360 ferisce, di 360 perisce, perché la macchina numero 32 subito ci si infila nella fiancata e l'Andreottimobile, già in condizioni piuttosto pietose, fa un bel testacoda e un sinistro filo di fumo esce dal cofano. "Il fumo è bianco - scherza Giulio - l'auto è andata, ma ci sarà l'habemus papam a breve, almeno."


Ma no, qui a differenza del conclave il fumo bianco è un preludio al fumo nero, e il fumo nero significa che la nostra macchina è ormai da cestinare, anzi da rottamare, per usare una già menzionata metafora molto più recente di Giulio, e conoscendolo, non credo che approverebbe questa metafora. D'altra parte, Andreotti non ha mai avuto simpatie socialiste, e la foto che lo ritrae col pugno chiuso davanti alla scritta "Viva el comunismo" è stata scattata a Cinecittà, sul set de "l'assedio dell'Alcazar".


Con Giulio fuori dai giochi, il resto delle auto continua a cazzugliarsi a vicenda, e il gioco calcola con un sofisticato algoritmo ad mentula canis chi fa più punti...


...ed ecco la classifica. I piloti sono 16, divisi in 4 serie. La prima divisione vede in testa "The Taxman", con 60 punti, e questo fa sì che il Divo Giulio parli della concretezza della riforma tributaria attuata da Ezio Vanoni, quella che impose la dichiarazione dei redditi obbligatoria. "San Benedetto, la rondine sotto il tetto e il modulo Vanoni nel cassetto, dice il proverbio riadattato con ironia negli anni '50, quando San Benedetto lo si ricordava il 21 marzo, equinozio di primavera. Immagino che l'errore del povero Ezio sia stato far coincidere la dichiarazione dei redditi con il periodo di quaresima, facilitando così grandi atti di umiltà da parte dei contribuenti" dice Giulio. Ma io non lo ascolto perché mi suona in testa la nota canzone dei Beatles, che all'università dedicavamo a un nostro amico di Porto San Giorgio, il quale non perdeva mai l'occasione di ricordare "meglio un morto in casa che un marchigiano all'uscio", dato che gli esattori dello stato pontificio, sotto l'ascolano papa Sisto V, erano tutti provenienti dalle Marche, perché apparentemente il pontefice non si fidava dei funzionari romani.


La seconda divisione, invece, vede in cima "The Skum". Ma non vi pare chei ritratti dei vari piloti non ci stiano a dire una fava qui? A me pare, ad esempio.


Terza divisione, in cima alla classifica c'è "The Goddess" che insomma, per come è disegnata maluccio sembra essere un po' tarda. Notare come al terzo posto ci sia "Passion Wagon", 8 anni prima che Kill Bill lo riciclasse (quasi).


E infine la quarta divisione, con Andreotti dietro all'uomo della spazzatura, con soltanto 20 punti. Bah, si poteva fare di meglio, no? "Poteva spingermi di più" mi risponde Giulio. Oh, non ha torto.


Altra corsa, ci lanciamo a spron battuto verso la mischia e anche qui subito veniamo speronati sul fianco sinistro, cosa che non è spettacolare né ci porta punti. Posso dire però una cosa? Le auto sono modellate decisamente bene per essere il 1995, e lo schizzo della tecnologia videoludica in quei tre anni, dal 92 al 95, è stato veramente un salto quantico. Ora pensate ai giochi usciti tre anni fa e ditemi se la differenza è così abissale come allora. Dite, dite.


Rilanciamoci a testa bassa verso la mischia, e riusciamo, a dispetto dell'assembramento di veicoli, a non centrarne neanche uno. Se questo è abbastanza coerente con il basso profilo del Divo Giulio, io mi sento un coglione. In realtà quando si trattava di giocare a calcio, quando si era alle feste, anche in cose stupide come quando si andava ai go-kart, non so: per qualche ragione mi sentivo sempre lontano dall'azione. Non so se questo autoestromettermi (perché è questo, alla fine, che facevo) è figlio di una serie di paure o di un irrazionale bisogno di dimostrare a certe figure eccessivamente presenti nella mia infanzia che io non sono un po' "leggerotto" e per non sentirmi dire, nel caso in cui qualcosa vada storto, cose tipo "Io l'avevo detto" o "Chi fa di propria testa paga di propria tasca". Ok, è inutile stare a giustificarmi. Ero un grandissimo, sesquipedale cacasotto. Che non sia una forma hillmaniana di autosabotaggio?


Boh. Non mi va di pensarci, ora. Ecco. Già una piccola soddisfazione: l'aver speronato di lato una macchina, cosa che ci concede solo due miserrimi punti. In situazioni così, nella mia "spensierata" giovinezza e facendo i dovuti paralleli, questo era l'highlight. Non riesco a descriverla bene questa sensazione di eterna inadeguatezza, in realtà: mi chiedo se fosse una cosa esclusivamente mia o se fosse una roba diffusa ma che viene seppellita dalle memorie gradevoli. Il fatto è che in generale percepisco un tentativo di controbilanciamento a un senso di inadeguatezza sia passata che presente, quando in luoghi nerdisti come il noto blog delle prefiche piagnucolanti si descrive un'infanzia perfetta, in cui ogni cosa degna di nota di quell'orrido moloch che è la cosiddetta "cultura pop" ognuno ne ha goduto appieno, nel migliore dei modi possibili. Ah, le scorribande in stile Goonies! Ah, i primi baci sotto l'ombrellone come nei film di Jerry Calà! Sembra quasi che l'infanzia narrata dalla mia generazione sia entrata in un immaginario collettivo così forte che tutti hanno avuto la stessa identica esperienza, come se ci fosse qualcuno che dettasse il copione che andava seguito alla lettera da ogni bambino/adolescente che ha vissuto GLI ANNI OTTANTAH™.

Sempre con la paraculata della premessa dell'ironia, tra siti di guaglionismo fondamentalista e persone che conosco fuori da internet che sembrano interamente costruite di cliché, è tutto un continuo crogiolarsi in un coro di sospiri, sciorinando una lista (proprio come un articolo pro-clickbait) in cui si elenca punto per punto quant'era bella giovinezza che s'è fuggita via e che con questo rituale espiatorio cerchiamo di mantenere in vita artificiosamente come se fosse Bernie Lomax (avete colto la citazione eh eh?).

Bella vez!
Tutto questo "moto spontaneo" verso l'ideale d'infanzia costruita tramite una lista di stereotipi non strettamente correlati tra loro mi ricorda un po' una teoria di Ian Kershaw ("Working towards the Fuhrer", 1993). Secondo Kershaw Hitler era dententore sì di un potere assoluto ma per pigrizia e disinteresse personale sceglieva di non tradurlo in realtà pratica, non andando mai al di là di qualche vaga e fumosa visione per il futuro. Erano i vari feudi in cui era diviso l'apparato governativo della Germania nazista che cercavano di interpretare questa visione e realizzarla, iniziando politiche più o meno scellerate e senza una vera governance organizzata e centralizzata. L'idea di base è questa: c'è un obiettivo poco chiaro al centro che esercita una grandissima attrazione su di noi, e noi cerchiamo spontaneamente di soddisfarlo secondo la nostra interpretazione, perché così ne otterremo l'approvazione.

D'altra parte neppure le canzoni di Nik Kershaw avevano una vera governance.
Ma l'approvazione, nel caso del nerdismo nostalgista, da parte di chi dovrebbe arrivare? Beh, dipende. Ho più volte scritto che è mia convinzione che molti dei miei coetanei non abbiano mai reciso del tutto quel cordone ombelicale che ci legava a figure di autorità, genitoriale o meno. Quello che ho potuto percepire nella mia esperienza è una formazione, familiare, accademica e professionale, volta a renderci principalmente esecutori di ordini. Spesso succede quando queste figure autoritarie sono quelli che io chiamo "Vecchi di Merda", ovvero persone che non si rassegnano all'idea che il loro tempo è limitato e che dovranno cedere il posto a qualcuno di più giovane. "Tu mi dici cosa devo fare e io lo faccio" era l'insopportabile tormentone di un comico che non faceva ridere. E il fatto è che nella posizione di sottoposto, esautorato dalla responsabilità che va a braccetto con il libero arbitrio e che viene scoraggiata a suon di proverbi idioti (ho già menzionato "Chi fa di propria testa, paga di propria tasca!") molte persone ci si trovano a loro agio. 
Un sacco di gente si meraviglia che tra i nerd ci siano numerosi reazionari oscurantisti che apprezzano autoritarismo e totalitarismo e che sventagliano sui social media idee decisamente regressive con la scusa di non essere "politically correct", un po' come un bambino che va in mezzo ai grandi dicendo "CAZZOFIGACULOTETTEMERDA" in cambio di un po' di attenzione. 

Io personalmente non ci trovo nulla di sorprendente. I nerd sono cambiati, da questo punto di vista, il trekkie degli anni 60-70 e pure 80 se vogliamo, era una persona che riponeva fiducia nel futuro, ed era aperto a cambiamenti, anzi voleva che i cambiamenti avvenissero il più in fretta possibile. Il nerd odierno non ripone fiducia nel futuro, perché a lui il futuro ha dato una cosa che gli fa paura, la responsabilità personale. Il nerd odierno è ossessionato dalla perfezione della sua infanzia e non vede l'ora di tornarci il più in fretta possibile. Qualcuno ti dice cosa devi fare e si prende sulle spalle le tue responsabilità, riducendoti a un semplice fruitore di svago. Svago per cui hai sviluppato una dipendenza ossessiva e che prendi sul serio più delle cose che meritano davvero l'essere preso sul serio, e in più hai di nuovo quel love-bombing di attenzione e di riconoscimento con cui sei stato bombardato da piccolo, e che ora non arriva più così aggratis. E che fa sì che gente adulta si autodefinisca tuttora "bambino indaco". Il nerd ha un'autostima spropositatamente alta, diffrentemente da quello che si potrebbe intuitivamente credere. O meglio, ha ricevuto una dose iniziale di autostima, perché è cresciuto in un ambiente in cui bastava la cosa più semplice per essere marchiati come "bambini ad alto potenziale" e ora è in continua crisi di astinenza. Che dice, Andreotti, ho divagato molto?



"Lei parla di reazionari, ma dal mio punto di vista - aggiunge Giulio ingranando la retro e frullando il volante con la disinvoltura di un camionista - preferisco che mi chiamino conservatore. In molti sensi, e sia pure in termini di preoccupazione democratica, sono un conservatore. Infatti mi accorgo che, quando si vogliono cambiare le cose, si finisce quasi sempre per cambiarle in peggio. Quindi è meglio tenersele così come sono. Le riforme sono buone, piacciono anche a me, ma spesso sono una chiacchiera e basta. Ottengono solo di peggiorare le cose, come la riforma ospedaliera, o di lasciare il tempo che trovano. Io posso anche fare una riforma perché siano di nuovo gli anni 80, ma chi si direbbe pronto a controfirmare questa riforma, sarebbe anche pronto a buttare via gli avanzamenti tecnologici di cui ora non può più fare a meno?  Qui mi sembra che abbiamo a che fare con un regressionismo à la carte. Immagini di essere in un ristorante: nessuno ci impedisce di chiedere il parmigiano grattugiato sul branzino al cartoccio accompagnandolo col vino rosso, ma tutti sappiamo che è un accostamento piuttosto disgustoso e non sta bene farlo, ma a un certo punto arriva un cafone che si impunta e si mette a urlare che vuole esattamente così. Già non apprezziamo le persone che urlano, ma a parte questo, trovo che liquidare queste scelte fuori dalle regole non scritte delle convivenza civile con un ma lascialo fare, che male ti fa? sia superficiale, ipocrita e menefreghista ed è la radice di un pericoloso permissivismo lassista.  La conseguenza è che le regole vanno sempre più "fuori moda" e a furia di che male ti fa? prima o poi si raggiunge il punto in cui fino qualcuno fa qualcosa che va di traverso pure a chi si è sgolato finora dicendo che male ti fa? A questo punto la reazione è esattamente opposta: il lasciar fare viene crocefisso con il falso nome di politicamente corretto e diventa la scusa per permettere riforme altrettanto radicali, ma in senso reazionario e regressivo. Che poi, che cosa vuol dire esattamente questo "politicamente corretto"? Il nominalismo è un’altra malattia degli italiani e v’è una tale ipocrisia in queste frasi fatte. Ah! Si tenga forte, ex videogiocatore, che stiamo per urtare quella macchina turchese e credo che faremo un bel testacoda."

Io, che normalmente non soffro il mal d'auto, ho un conato fortissimo e rischio di decorare l'interno dell'auto come già feci una volta all'auto di un mio amico che aveva fatto la "guida champagne" pur sapendo che stavo malissimo (gli pagai l'autolavaggio, ovviamente).


Ah! Ecco la coda di una berlina trivolume pronta allo speronamento. 360? No, niente 360. Che palle. E come se non bastasse andiamo contro al muretto. Il Divo Giulio giochicchia nervosamente con la fede al dito.


Altro tamponamento a una macchina ferma e finisce che restiamo pure noi appiedati. Race over! E solo un misero ammontare di 16 punti. Riproviamo!


Stavolta non mi lancio subito nella mischia, come faceva la sopravvalutata protagonista del sopravvalutatissimo "Hunger Games", e aspettiamo che l'orgia di ferrivecchi si compia e noi arriviamo sul più bello, con la strada spianata dagli altri, a raccogliere gli applausi. Che non vogliamo bruciarci subito ma tenere alla distanza. Quando si usciva da più giovane io facevo così, mi bruciavo subito. Ero quello che nel bolognese si definiva un "mai goduto". Poi, dopo un lungo periodo buio e dopo essere emigrato in un paese in cui si beve tanto cercando di ubriacarsi il meno possibile, ho imparato l'usanza e tornato in Italia vantavo una resistenza all'alcol invidiabile, tant'è che più volte ho portato a spalla amici e colleghi ubriachi a casa, facendo il figo perché ero quello più sobrio di tutti e mantenevo un certo hummor. Ecco, dovrei pensare più spesso a questa fase della mia vita, anziché ripensare al periodo di sfiga. (In ogni caso non rimpiango né l'uno né l'altro periodo.)

Taac! 360! Così si fa. Subito dopo sto di nuovo male, non tanto per l'alcol quanto per la motion sickness. Giulio, pensaci tu, io vado a bere una tisana alla salvia.

Poco dopo.


Altra accozzaglia di auto, quasi armonica nel suo disordine. "Per raggiungere la nostra salute essenzialmente personale, noi dobbiamo associarci al Corpo Mistico; apportandovi la nostra collaborazione di parti attive e viventi: ecco che cosa è per noi la vita sociale" dice il Divo mentre fa una specie di effetto domino con almeno altre sei auto. Sperona in retromarcia un'auto avversaria e ci pigliamo due punti. Bello! E siamo ancora relativamente sani dal punto di vista dell'integrità del mezzo. Che dite, si punta ai trenta punti?


Altra macchina sfiorata con leggiadria e siamo a ventotto. La strategia dell'immobilismo, già usata magistralmente da Quinto Fabio Massimo, fa sì che la storia ci dia ragione, dico bene, Andreotti?

"In realtà, riteniamo che più che la storia come concetto astratto sia importante che qualcuno, in carne e ossa, ci dia ragione. Di base, credo che sia giusto chi si sente abbastanza umile per non credere di avere sempre ragione, ma ha quel tanto di orgoglio da non ritenere che ragione l’abbiano sempre gli altri. Accadde, se non sbaglio, nel 1986 che un politico americano decise di introdurre una task force nello stato della California per aumentare l'autostima delle persone, basandosi sulla convinzione che l'autostima fosse una specie di vaccinazione sociale dalla criminalità. L'idea era che una persona che credesse in se stessa a sufficienza fosse in grado, automaticamente, di comportarsi in maniera etica. Questo sembra cozzare, un secondo *fa una sterzata di stretta misura* dicevo, questo sembra cozzare con l'evidenza che i più disumani dei dittatori che la Storia abbia conosciuto avevano, in realtà un'autostima incredibilmente alta. L'autostima sbilanciata a livello di grandiosità diventa narcisismo, e spesso è compensazione di un profondo odio di sé."


"Potrebbe sembrare paradossale, la cosa, ma pensate a quante persone si possono odiare pur ritenendole superiori: le due cose non cozzano affatto. Se, poi, pensiamo al massimo comandamento Ama il prossimo tuo come te stesso più come un'indicazione che come un ordine, avremo che chi odia se stesso, allo stesso modo odia anche il prossimo, e questo disprezzo, unito al senso di superiorità che l'autostima potrebbe darci, ci porta a comportarci in maniera tutt'altro che etica. Potremmo tradurre il comandamento fondamentale con un più esplicito Ama il prossimo tuo, e allo stesso modo ama te stesso. Alla fine al soluzione resta sempre là, nel messaggio sociale di Cristo, in attesa di chi lo sappia degnamente scorgere e prospettare. Ah! Quattro punti. Dev'essere stata la fiancata che abbiamo fatto a quella macchina bianca e rossa con la croce verde. Tutto bene, Ex Videogiocatore? La vedo pallidino."

No. Non va bene per niente. Provo a prendere un antiacido, che quando andai su un ultraleggero assieme a un mio amico, lui mi suggerì il maalox contro la chinetosi: apparentemente, la percezione del moto senza che il cervello dia l'impulso di muoversi fa credere al corpo di essere stato avvelenato, e quindi la reazione è di vomitare per espellere ciò che di tossico si è ingerito. Ma io non mi sono mosso, accidenti!

"Se serve, ho un Tedax."

No grazie, la testa va bene, è lo stomaco che ha problemi.


Neanche all'Andreottimobile va tanto bene, e ci fermiamo poco dopo. Io vado a bermi acqua calda con scorza di limone (un "canarino" lo chiama mia nonna). A tra poco.

Più tardi.


E niente, finisce la stagione e siamo ultimi, in quarta divisione con 124 punti. Si poteva fare di meglio, ma Giulio è tranquillo perché pensa a Mt 20,16 e sa che giunto nel Regno dei Cieli non renderà conto della sua misera posizione in classifica.


Cambiamo modalità, scegliamo la Wreckin' Racing! Che è una corsa più normale ma sempre con la parte in cui ci si fa male a vicenda. La pista è un ovale abbastanza piccolo e stretto, che immagino serva a stimolare gli scontri tra le vetture. Scontri che ci vengono benissimo mentre cerchiamo di superare le tre macchine davanti. Ora io so che ogni macchina è personalizzata per gli altri partecipanti al gioco, ma abbiate a perdonarmi, non ho mai avuto la motivazione di associare un'auto a un avversario: un caso da manuale di tavò


In quest'accozzaglia di lamiere, per quanto ci si provi, non riusciamo a sfondare il muro del quarto posto. Oh beh! Abbiamo dodici giri, e il tempo è galantuomo, per quanto a volte cammini molto lentamente.

Più tardi.


Alla fine del secondo giro, Giulio si piazza in posizione podio! Devo dire che la schermata è estremamente fluida, e riesco persino a sorvolare su un classico problema dei giochi del tempo: il pubblico spalmato sugli spalti.


E voilà! Il primo e il secondo si sono incartati tra loro e Giulio ne approfitta per passare in testa. Devo dire che questa modalità, in cui si gioca a spetasciarsi la macchina a vicenda e in più si ha pure la normalissima corsa, la trovo molto gradevole, e il fatto di guardare sempre avanti mi limita abbastanza i conati. Si diverte, Andreotti? 
"Così. Sostanzialmente, mi annoio."


Sì, in effetti, a stare in cima magari un po' ci si annoia. Bello anche che i cartelloni pubblicitari siano di altri prodotti della Psygnosis. Meno bello che uno di questi mostri Lemmings 3D, al cui demo giocai una volta e che era merda già al tempo, a differenza del suo predecessore, che al tempo mi era piaciuto e che ora, rigiocandoci, ho trovato merda. Sì, mi vanto un po' tanto del fatto che ho dato merda a Lemmings. Non va bene.


Race over! Siamo arrivati al dodicesimo giro in aniera abbastanza tranquilla, limitandoci a infastidire i doppiati. "Anche quest'anno ce l'abbiamo fatta, grazie a Dio. Tanti miei compagni di scuola non ci sono più. Io capisco e gli altri capiscono quello che io dico." Che cosa vuol dire, Andreotti? Non la capisco.  "Le battute possono far passare per un superficiale, ma hanno il vantaggio di essere comprese e riportate dalla gente. A patto che siano fatte bene", risponde Giulio sospirando.


Con la classifica dei primi tre direi che la chiudiamo qui. Dopo di noi, e prima di una specie di ritardato chiamato "The Bouncer", c'è una donna un po' mascolina chiamata Suicide Sqd. in onore dell'inguardabile film tratto dal fumetto DC Comics. Eh, ancora non l'hanno capito: c'è solo una DC: non si sfugge! Prossimo gioco!

È merda? Nonostante le reazioni fisiologiche, non è merda. La soddisfazione di scassare le auto altrui c'è, e c'è proprio la sensazione di sentire le sberle come è giusto che sia. Insomma, un bel giocattolone da rompere a modo, che riesce a presentarsi pure bene. Che si può volere di più? "Un Lucano", diceva la pubblicità un tempo. Io sono più tipo da Petrus Boonekamp, e anzi ora vado a berlo che mi sistema lo stomaco.
Ci rigiocheresti? No, per le sovramenzionate ragioni fisiologiche.
Ma insomma quali sono i sintomi? Niente di grave a livello di sparatutto in prima persona, ma il cosiddetto "schifetto" c'è. Un po' come quando ti senti che sta per venire un rutto ma non lo spingi perché sai che potrebbe riproportisi il pranzo di Natale (e sei a Settembre). Sono durato un po' di più, la canonica ventina di minuti, ma più di così direi basta. Un gran peccato.

2 commenti:

  1. Il Bogdanoff di sinistra mi ricorda un Kilrathi di Wing Commanderiana memoria.

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    1. Presumo un kilrathi del terzo episodio,visto che nel 4 sembrano più scimmie che felini e nel film sono inguardabili (come il resto del film, peraltro).

      Comunque in questo articolo, pur senza menzionarlo, spiego che ne penso di stranger things in quanto pastiche uniforme di una lista di cliché che bisogna soddisfare per aver vissuto un'infanzia felice, secondo la logica maxpezzaliana delle pagine facebook frequentate dai vecchi di merda di ogni età.

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