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giovedì 23 settembre 2021

Impariamo l'inglese con l'ex videogiocatore (ma senza quel cazzo di birignao autocompiaciuto)

Conosco la lingua inglese più o meno bene da quando ho memoria: nel senso che non riesco a ricordarmi il periodo della mia vita in cui sentivo delle parole in inglese o leggevo delle scritte in inglese e non avevo idea di che cosa significa, un po' come accadrebbe adesso col cinese. Per questo devo ringraziare mia mamma, che nella sua vita precedente alla pensione è stata insegnante di inglese alle scuole alle scuole medie.

Questo ha fatto sì che, anche per il fatto che il giovane rampollo doveva essere un investimento, oltre che un motivo d'orgoglio per la famiglia, fin da quando ero all'asilo mi venisse insegnata la lingua d'Albione. La spinta a quella che anni dopo sarebbe stata la prima delle tre "i" della scuola secondo il berlusconismo (inglese, informatica, impresa) fu così forte che all'asilo che frequentavo, quello gestito dalle suore, mia mamma si mise d'accordo con le monache in modo da venire a farci qualche un'ora settimanale di lezione d'inglese pro bono.

Siccome non sapevo che immagine metterci, ecco il libro di inglese che avevo alle superiori, con la prof che parlava uno strano mix anglopugliese con cui perculava il povero Alessandro C. (quello dei simboli fallici disegnati sui libri e incisi sui banchi col cutter)

La cosa che più mi faceva strano di questo era il fatto che dovessi chiamare mia mamma teacher, come tutti gli altri, ma non ho brutte memorie di questo, anzi.

Non vivendo io in Italia, ho la fortuna di avere i figli bilingui, perché oltre all'italiano con noi parlano la lingua del paese in cui ci troviamo e spesso veniamo corretti quando ci esprimiamo nella lingua degli abitanti natii. La cosa ci fa sorridere e la troviamo anche piuttosto ovvia. Negli anni 80, invece, un bambino dell'asilo che parla anche inglese era un po' visto come un fenomeno da baraccone.  Ma non sono sicuro che nella mia famiglia d'origine l'obiettivo fosse quello di sbandierarmi come un freak da circo a un pubblico adorante. No, a posteriori penso che l'idea fosse più quella di far sì che mi portassi più avanti possibile sin da subito nella grande escalation di successi che sarebbe stata la vita di un bambino moderatamente intelligente della metà degli anni 80: un'eterna competizione tesa a essere sempre il migliore di tutti, e si fotta tutto il resto: una costruzione della piramide di Maslow fatta a partire dalla punta, insomma.

E chissene frega se il pargolo ha una paura folle di sbagliare, crescendo, e chissene importa se dando un eccessivo peso alla posta in gioco sarà un eterno insicuro: Sapere l'inglese, avere i voti più alti a scuola e quindi di conseguenza avere la strada spianata verso un lavoro da raccontare presso il parrucchiere con orgoglio vale ogni inconveniente possibile. Poi a un certo punto si resero conto che il set di complessi e di paure dovuti a questo mandato quasi divino di essere il migliore di tutti non è che mi aiutassero tanto. Ops! E quindi? Si incoraggia l'ex pargolo chiamandolo "bambòz" "cuaiàun" "scagazàun" e così via, così la psiche si forgia e mette su la grinta necessaria per farsi strada nella vita grazie al merito, ma anche tirando un po' su i gomiti, che non fa mai male, perché il mondo là fuori è una giungla e vincono i furbi. E poi uno si chiede come mai non ho poi sta grande nostalgia per l'infanzia, eh? Vabbè, ma sto divagando.

Dicevamo: quale miglior modo per imparare la lingua inglese se non usando il computer, la cui lingua ufficiale, almeno nei film, era l'albionico ?

e in molti pensavano che funzionasse davvero così


Il "computer per studiare" è sempre stata un'utopia, almeno in Italia, vista soprattutto l'irrimediabile disconnessione tra i programmi delle scuole statali del tempo e ciò che aveva da offrire l'informatica. Ci abbiamo provato con la geografia, l'astronomia, l'anatomia, la musica, la chimica: tutta roba molto interessante, ma inutile quando l'obiettivo era imparare a memoria il sussidiario e ripeterlo a pappagallo. L'inglese, però, no, quello è una lingua, quello si parla, uno può girarla come vuole, ma per dire "Auanaganakansascity" al maestro e urlare un "fuck off" molto forte di fronte a "syntax error", gli skill richiesti sono sempre gli stessi. E poi è più credibile come mezzo di apprendimento, quando si tratta della lingua inglese! D'altra parte i computer vengono dall'Ammerica (con doppia m), quel luogo misterioso che quando il vostro ex videogiocatore è  all'asilo, è ancora un po' da terra promessa per noi italiani ancora inebriati dai lasciti del piano Marshall.

Mia mamma, che da ragazza che ha fatto per un paio d'anni vacanze studio in Inghilterra presso una famiglia di Norwich chiamata Southgate...

bella uncle

E per questo aveva un'ammirazione ancora maggiore per quella cazzo di isoletta putrescente i cui abitanti figli dell'endogamia parlano con quel birignao di merda con l'espressione tipica di chi si sta inebriando delle proprie scorregge. La venerazione era tale che una delle attività dello studio dell'inglese all'asilo era stata quella di preparare un saggio di fine anno in cui tutti cantavamo assieme Yellow Submarine e Ob-la-di Ob-la-da. Esiste una foto che ritrae me e il mio eroico compatriota Della (quello che cacciò un rutto nell'orecchio alla sua compagna di classe gnocca quando sembrava che avesse una possibilità) mentre eravamo sul palco del teatrino parrocchiale di una frazione del V.P. Insomma, era una vera roba a livelli quasi scolastici, e il nostro libro di testo era questo.

we were talking / about the space between us all

Non chiedetemi cosa c'entri lo stile dell' Arcimboldo con i quattro di Liverpool, ma è un gran bel libro, che avrei usato anche successivamente, di nascosto al mio maestro, quando tentavo di fare meno cacare al pianoforte. Ma devo dire che è veramente un gran bel libro, al di là dell'ingenuità nel censurare le parole Christ e crucify dal testo di "The ballad of John and Yoko", ma sto divagando di nuovo.

Natale 1987: la famiglia Ex Videogiocatore riceve da Babbo Natale il primo pc che non era un PC IBM compatibile, ma era un Olivetti PC 128 S,  un clone italiano del britannico (già) Acorn BBC Master Compact. Ora, se nei software inclusi era tutto esclusivamente tradotto in italiano anche piuttosto bene, fu solo una questione di tempo per procurarmi il primissimo dei programmi edutainment con cui avrei raffinato la mia conoscenza della lingua d'albione, e ora siamo qui a parlarne. Sigla! 


Podd (Acornsoft, 1984)

Uno legge "Podd" sul blog dell'ex videogiocatore e subito pensa al gioco di corse futuristiche della Ubi Soft (con una D in meno) su cui la stampa di settore aveva eiaculato a pioggia per via del fatto che era il primo gioco ottimizzato per l'instruction set MMX dei processori Pentium P55C, usciti nel 1997. Pareva la rivoluzione copernicana dell'informatica ludica, ma nelle recensioni, con non poco imbarazzo, facevano vedere che gli screenshot erano decisamente uguali, ma va più fluido con l'MMX, eh! giurin giurella! Non che la cosa si notasse particolarmente, perché era tutto di quel marroncino color vomito che stava prendendo piede in quegli anni.

pure il cd era di quel colore del cazzo

Niente di tutto questo. Spostiamoci nell'isoletta dei figli dell'endogamia eccetera eccetera, negli anni 80:  un caposaldo dell'insegnamento scolastico, in quegli anni di thatcherismo spinto, era stato l'ingente investimento da parte della BBC (pubblica) e della scuola (pubblica pur'ella) per creare alfabetizzazione informatica, dando in appalto alla Acorn Microcomputers la creazione di un microcomputer didattico da mettere in ogni scuola d'Albione.

ma ciao


Il BBC è un 8 bit molto meno videoludica mente orientato del Commodore 64, dato che le capacità grafiche sono abbastanza peggiori, ma era molto più interessante da diversi altri punti di vista: maggiore espandibilità tramite chip ROM in cui caricare linguaggi di programmazione o persino programmi, un supporto per reti locali tramite il protocollo Econet, otto modalità di grafica a risoluzioni più alte (tra cui il formato teletext), insomma, una macchina interessante. La Acorn sarebbe poi stata portabandiera dell'architettura RISC per i personal computer fino all'interessantissimo (e commercialmente fallimentare) Acorn Archimedes, dalle cui ceneri nasceranno robe interessantissime come il Raspberry Pi, che non a caso è stato patrocinato da David Braben, co-autore di Elite, che fu la killer application per l'Acorn BBC. Detto questo, riprendiam oil discorso di prima: a un certo punto la Olivetti, prima che venisse sfaldata da un ben noto ingegnere (senza abilitazione) italosvizzero, acquistò azioni della Acorn e vendette il modello più avanzato del BBC, il Master Compact, col nome di Olivetti Prodest PC128S, che approdò il 25 dicembre 1987 a casa Ex Videogiocatore, ma questa è un'altra storia. 

ma ciaaaao (si ringrazia l'ottimo olivettipc128s.altervista.org per l'immagine)

Dicevo, tempo dopo arrivò "Podd in inglese" (esisteva anche la traduzione in italiano) e penso che quello sia, al di là della ROM del BBC Basic, il primissimo software in inglese con cui mi sono trovato a pistolare.


Ecco, dopo la piramide del logo "Olivetti Prodest" compare il menu principale, con due opzioni: 1) find the actions Podd knows e 2) join the actions together. Ma giusto per sapere, che cos'è Podd? Beh, l'idea è di chiedersi "chi" è Podd, è questa specie di pomodoro dal naso enorme e con l'espressione tragicamente sconsolata che fatica a forzare un accenno di sorriso.

remake hi-def

Ora, io vorrei vedere la vostra faccia se vi chiedessero di fare tutto quello che un bambino di cinque-sei anni scrive, servendosi come guida dei testi sacri per l'apprendimento della lingua albionica del giovane yuppie prescolare:

quel cazzo di golfino

quella cazzo di giacchetta

quelle cazzo di bretelle

E insomma, Podd sostenva di conoscere un centinaio di azioni e l'obiettivo era quello di trovarle tutte. Cominciamo?


Podd can fuck! Ah, ovviamente col cavolo che a 5/6 anni sapevo il significato della parola multiuso che inizia con la F. Quindi, dopo aver scancherato contro il monitor a lungo, trovai la prima azione, che era "Podd can Smile", che era chiaramente un sorriso falsissimo perché gli occhi restavano così.


"Walk the walk / talk the talk" un'espressione del cazzo di gente del cazzo con cui lavoro che non vuol dire assolutamente niente ma serve soprattutto per cercare di convincere gli altri (ma ancora prima, se stessi) che non si parla a vanvera ma si esegue anche ciò che si dice. Grandissima stronzata! Se devi dire che sei una cosa, è perché non lo sei. Una verità che ho imparato frequentando un sacco di gente che costruisce la piramide di maslow dalla sottilissima lamina d'oro con cui si ricopre il pyramidion.

Peraltro, sempre per la storia del cosiddetto effetto mandela, la confusione walk/talk mi veniva dal fatto che sull'avanzatissimo telefono cordless di casa dei miei (un Sanyo, meraviglioso artefatto "ANNI 80") l'impostazione per rispondere era marcata come "Walk". Almeno così mi ricordavo, per poi riscoprire su internet un folkloristico signore che questi giocattoli li colleziona...

si ringrazia https://bloggertomaniatoys.blogspot.com/

...e c'era scritto "Talk". Boh! Non lo so. Però per me 'sto coso, prima ancora del PC128S, era veramente una bestia ipertecnologica incredibilmente complessa e potente, anche perché era strapieno di tastini che non si capiva un cazzo a che cosa servissero e che avevo tanta paura di premere, anche. Penso che cose del genere inizino a spiegarmi veramente il perché mi trovo qui, ogni lunedì, a tirare fuori la peggio merda informatica di quei tempi. E si riconduce tutto a quella pensata che avevo fatto ad Agosto del 2017, sull'universo come qualcosa di indeterministico, che va fortemente a stridere con le istruzioni per l'uso della vita che mi erano state date: fai questo, e accadrà quello. 



Podd can stare, ma anche Podd can look, e l'animazione è la stessa, e intanto due azioni sono andate, con la stessa animazione, perché oh, qui stiamo parlando di pochi byte e gli sprite pesano. Facciamo anche fare l'occhiolino a Podd ("wink", ma anche "wince") e bip. Podd ci fa un gesto d'intesa per farci capire che è a conoscenza del nostro livello di sofferenza.


"Jump" e "Leap", ovvero "Saltare" e "Balzare": ora, nel primo dizionario d'inglese, che io ricordi, jump e leap erano sinonimi, ed è stato lì che ho capito per la prima volta che tra di loro le lingue non hanno corrispondenze biunivoche per ogni parola. Con buona pace degli eschimesi e dei loro cinquanta modi diversi per chiamare la neve. Comunque, avete notato che Podd ha gambe e braccia retrattili? Viene anche da chiedere come gestisca il proprio cotonno, a questo punto. Questo è un anacronismo: la parola cotonno non era entrata nel mainstream della mia classe quando io avevo Podd. Il computer lo spedii indietro per cambiarlo con il PCS86 un paio d'anni dopo, quando mia sorella, autrice di questo neologismo, aveva solo sei mesi. Però la questione resta. Bah. Pronti per l'azione più complessa e soddisfacente?


Balla, Podd, balla! Ancora oggi mi trovo a fischiettare la musichetta, estremamente "catchy": evidentemente non sono il solo, perché cercando informazioni su 'sto giochetto, su Newgrounds (che non cacavo da almeno un decennio) ho trovato una roba dell'anno scorso, eccola qui.  Nei duri mesi di lockdown con asilo chiuso ci siamo trovati, io e Sinjin (questo mentre Randy era ancora troppo piccolo per apprezzare) a giocare a Podd (in italiano), e devo dire che per un bambino di allora quasi tre anni, l'idea di questa specie di pomodoro, dalla grafica ben definita per quanto i colori siano un po' troppo carichi (al tempo avevo il monitor monocromatico a fosfori verdi), che fa quello che gli diciamo di fare, è molto divertente. La morale di tutto questo è che lavorare e avere dei bimbi piccoli a casa allo stesso tempo è una fatica immane e il mio capo di allora faceva "Talk the Talk" a proposito dell'importanza di una corretta "Work/Life Balance", ma quando si trattava di "Walk the Walk", era un omiciattolo di merda. Ma sto divagando, e passo a una domanda più divertente: come possono legare padre e figlio di fronte a un gioco educativo del 1984?


Semplice, ridendo come due deficienti di fronte a Podd che esplode e si rigenera subito dopo. Penso che nelle scuole inglesi "Podd can pop" (Podd can burst, nella versione in cui l'avevo trovata io nell'88) sia stato il comando più usato in assoluto, perché oggettivamente fa ridere. Che cosa ci rimane di tutto ciò? Beh, il fatto che qualche verbo l'ho imparato a suo tempo, e l'irrimediabile scavo nei meandri della memoria della mia vita prescolare. Quando scrivevo su un vecchissimo quaderno la lista dei verbi da me trovati, nella vecchia casa del Vecchio Paese prima che venisse ristrutturata, e prima ancora che Fredo il muratore venisse a sfondare una porta murata, che restava sempre chiusa e che per me era qualcosa di estremamente misterioso. Quando il PC 128S stava appoggiato su un tavolo di legno antichissimo e dalla stabilità estremamente precaria, quando di fronte a casa c'era ancora un enorme abete i cui rami conoscevo a memoria per tutte le volte che li avevo guardati dalla finestra quando cercavo di addormentarmi con l'influenza, senza nulla da leggere che mi si alzava la febbre. Quando i cieli sul Vecchio Paese sembravano limpidi e le mattine sembravano gradevoli, perché non le sprecavo ad andare a scuola. Quando sentivo la Mini Innocenti di mia mamma a due isolati di distanza, quando uscivo per imparare a pedalare sulla bici "Aurelia Dino" in un giardinetto in pessime condizioni, vicino ai lavatoi, alle case diroccate, al negozio di giocattoli della M. e ai misteriosi magazzini di proprietà dal "sgnuréin" B. Quando la linea temporale che descrive quei tempi nella mia testa è un tratteggio molto irregolare di puntini qua e là. Puntini che a volte ho paura di unire, perché non so quello che ne salterebbe fuori. Magari salterebbe fuori che era tutto veramente così perfetto come sarei tentato di ricostruire. O magari salterebbero fuori orrori che avevo filtrato via. Non lo so. Di certo, non è crogiolandomi su Podd che verrò a creare una serenità artefatta come quella che percepisco avessi avuto allora. 

Alice nel Paese dell'Inglese (Coktel Vision, 1989)

Ve l'avevo detto lunedì, che dovevo mettere mano all'emulatore dell'Amiga per riprovare 'sta cacata, vero? Vero? Maledetti voi stronzi di nostalgisti piagnucolanti che giocano a fare gli archeologi e raccolgono tutta la palta che gira su roba Commodore, e roba per il bistrattato PC IBM Compatibile manco a piangere si trova! "Ma ex videogiocatore" direte voi "il bistrattato PC IBM Compatibile costava uno sproposito!" Eh, avete ragione, avete ragione. Sta di fatto che finché nessuno tira fuori l'immagine di un floppy di sta roba, la consideriamo ufficialmente perduta per sempre! "Ma ex videogiocatore" direte di nuovo voi "perché non lo hai fatto tu?" Beh, potevate spingermi di più al tempo!

¯\_(ツ)_/¯

Sta di fatto, che quando avevo già il PC IBM Compatibile della Olivetti, con MS-DOS 3.30a e senza disco rigido, la ricerca di software che mi imparassero le cose e giustificassero l'acquisto di quella bestia di computer solo due anni dopo il precedente era non dico spasmodica, ma intensa. E fu così che mi trovai nel negozio della Olivetti della Cittadina Elitarista e Fighetta (MO) a vedere con l'ineffabile tecnico Sandro quello che passava il convento. Ora, non c'entra niente, ma sapete che io dico spesso che nomina sunt consequentia rerum, no? Beh, il cognome del gestore di quel negozio era "Sòla". Non aveva una gran fama presso certi miei conoscenti, ma onestamente io non ho mai avuto nulla di cui lamentarmi (anche perché non ero io che pagavo, ammetto). In ogni caso, mi si mostrò questo gioco, che aveva questa gran grafica in VGA e io ero molto carico perché, lo sapete, quando sei abituato a TREE.COM tutto ciò che è grafico ti sembra la più grande figata dell'universo.


E insomma, con un senso di sporcizia dentro faccio partire WinUAE caricando l'immagine del dischetto originale in lingua francese, "Balade au pays du Big Ben", passeggiata nel paese del Big Ben, che con Alice nel paese delle meraviglie non c'entra una beneamata fava. Ma oh! Come prima cosa vediamo questa bellissima foresta e la prima cosa che ricordo è la secchiata d'acqua fredda che mi lanciò addosso Sandro, dicendo "Chiaramente quello che vedrai tu saranno tutte tonalità di grigio" perché avevo il monitor in bianco e nero. Che ci crediate o no, per me vedere la "mia" roba su uno schermo a colori è stato un lungo percorso. 


Tant'è che per pigliarmi per il culo, M.B. che era al mare con me per riferirsi ai genitali maschili diceva "Quello che tu non hai", e io gli rispondevo "un monitor a colori?" Beh, al di là della prontezza di spirito, quello che colpiva era il fatto che dessi per scontato che altra gente sapesse la mia condizione di informaticamente sfigato costretto al monocromatico. Oh beh! Nel frattempo, per la gioia di tanti sfigati che si sono ammazzati di pippe con Matrix, passa il bianconiglio e rimane paralizzato a metà strada. Potremmo fare la cosa più banale del mondo e iniziare a citare la nota canzone dei Jefferson Airplane, ma limitiamoci a cliccare sul lagomorfo...


...e parte un esercizio sull'uso di "MUST". Le linee guida sono in francese, originariamente erano in italiano, ma sti cazzi, questo è il sugo della storia. Comunque al di là del fatto che è in francese e per Amiga, è la prima volta che faccio partire 'sto gioco dagli anni 90, ecco. Ho saltato un decennio intero.


E niente, questo gioco è suddiviso in episodi e quello che possiamo fare è cliccare a caso finché la storia non avanza, oppure dargliela su cliccando sull'albero cavo, come d'altra parte faccio io. Andiamo al secondo livello, quello in cui Alice diventa grande e piccola a oscillazioni più o meno regolari, come certe persone che fanno lo yo-yo (o la fisarmonica) con il peso. Per un periodo lo sono stato pure io. Per un periodo lo è stata pure una mia ex morosa, a cui ora auguro di essersi stabilizzata sul peso forma che desiderava avere. Intanto, il casino è che non riesco a capire come passare da un riquadro all'altro di parole da riempire. Boh! Quindi continuo a premere invio e si riempie  tutto da solo e io faccio sì con la testa come a dire "capito, vez", o come diceva Alice nel film "SìÌìÌìÌìÌìÌìÌìÌìÌìÌìÌìÌì, maestade".


Se clicco a caso, compaiono chiavi e la bottiglia da bere per rimpicciolirsi o ingrandirsi. Intanto il gioco mi fa fare un esercizio su "Any" e io penso al mio amico Ivano che mi dice di avere un'amica soprannominata così, perché è diminutivo di "Anitra WC", di più non so.


Intanto, abbiamo rimpicciolito Alice, e potrei anche cercare di raccogliere la chiave, ma mi cascassero le palle se non riesco a farlo. Bah! Altro capitolo?


Ah bene, il brucaliffo! Non fuma la pipa, ma suona il sassofono, perché giustament- ah no è una pipa disegnata alla cazzo. Oh, beh, almeno non sono 256 tonalità di grigio, caro ineffabile Sandro! In realtà non sono nemmeno 256 perché questa è la versione Amiga che di colori ne ha soltanto 32, e ben sapete che se posso farlo presente, lo faccio presente. Ha! Comunque, alla fine non è malissimo la parte didattica, l'uso di "Any" l'ho imparato qui. E non ha niente a che vedere col detergente per i cessi, ecco. 

Visitando Hyde Park (Coktel Vision, 1987)


Il titolo originale è "Visa pour Hyde Park", e fa parte di una serie infinita di giochini originariamente per Amstrad CPC (un successone, oltralpe) creati da Beatrice Franzi, una designer della Coktel specializzata nell'Edutainment. Purtroppo della Franzi non ho mai trovato una foto, ma visto che alla fine la dea ex machina di tutta la produzione della Coktel è la grandissima Muriel Tramis, ecco una foto di Muriel che rappresenta, con un'eloquente espressione del volto, come si sente ogni giorno ogni ragazza che lavora nell'informatica a contatto con gli informatici.

nerdsplaining

E insomma, nonostante il fatto che Hyde Park è stato fatto prima di Alice, mi fu preso solo successivamente. Non è che importasse, semplicemente potevo sceglierne uno alla volta per non avere tutto subito, e penso che fosse meglio così, anche perché avessi avuto tutto subito sarei tornato poco dopo a frignare su TREE.COM, quindi. La cosa strana è che Hyde Park è un livello di inglese molto più basilare di Alice, ma oh, come già ho detto era un periodo in cui nell'informatica ci si muoveva a tentoni. Vogliamo cominciare?


Pensate che roba, oh: ho dovuto far partire l'emulatore di Atari ST, perché anche qui per DOS tutto è andato perduto, rimasto solo nella mia testa. Ed è con una certa soddisfazione che vedo che mi ricordo quello che c'era, un tentativo di captatio benevolentiae molto sfacciato. Un nuovo programma! Sei curioso? Mi chiede la prima schermata del capitolo introduttivo. Noi diciamo di sì, perché tanto sappiamo che dicendo di no saremmo stati convinti che sì, in realtà siamo curiosi. Quindi il programma ci attribuisce una nuova identità: Marc Deray, di Grenoble. Nella versione italiana mi chiamavo Luca Rossi, e la cosa ha senso perché sia Marc che Luca hanno 4 lettere. Mi sento che ho perso molto la magia dell'infanzia di fronte al mistero dei programmi per computer pensando a questi trucchetti per non sputtanare il layout dello schermo in fase di traduzione. Colpa della CTO, sicuro. Comunque, ora che abbiamo una nuova identità, premiamo un tasto e guardiamo attentamente lo schermo...


...e ci viene l'epilessia. "Maledetto, hai voluto conoscere il mio segreto!" ci rimprovera il gioco. Oh cazzo vuoi, gioco, sei tu che mi hai chiesto se sono curioso, eh? Comunque per punirci della nostra curiosità, sempre che ora non siamo sdraiati per terra con le convulsioni mentre cerchiamo di non ingoiare la lingua, il gioco ci teletrasporta in un paese sconosciuto, in cui si parla una lingua sconosciuta caratterizzata da un autocompiaciutissimo birignao, e quello che dobbiamo fare è trovare un biglietto d'aereo per tornare nell'amato Esagono. Titolo! Con una bella immagine di sfondo, che in bianco e nero pareva pure fotorealistica, giuro.


Siamo lì che stiamo girovagando nell'isola dimenticata dall'ortodonzia moderna quando un orrido sgorbio, prodotto senza dubbio dal bacino genetico atrofizzato per via del ricorrente incesto, ci si avvicina e ci saluta. "Bonjour" gli diciamo, e lui subito si mette sull'attenti "Non sarai mica francese eh?" No no, sono giapponese, diciamo noi scegliendo la bandiera del Sol Levante. "E come ti chiami?", ci chiede lo sgorbio che si chiama Kerry. Noi a 'sto punto proviamo a convincerlo tra un vaffanculo e l'altro che ci chiamiamo Giulio, o Andre8, ma Kerry va in loop finché non diciamo che ci chiamiamo "Marc". E facciamo 'sta sceneggiata dunque...


Kerry, colpito dalla nostra eloquenza, ci porta a casa sua, suppongo che sia per vantarsi che ha una casa molto più fica della nostra, perché con la giacchetta rosa di merda che ci ha addosso va a una scuola per prepararsi ad andare a Eton, dove notoriamente insegnano che tutti i non inglesi vivono nelle caverne e sono esseri inferiori. Andiamo pure a casa di Kerry, che magari ci offre il té coi biscotti o qualche altra merda immangiabile (tranne la marmite, che a me non dispiace, oh). Il deforme padre di Kerry subito ci guarda e dice "Un francese! Ti presento mia moglie".

prevedibile?

No, no, no, no! Vediamo la madre di Kerry...


Ed è un orrido mostro con una cofana inguardabile e la faccia che sembra un equino con la paresi. Deduciamo che la famiglia di Kerry sia imparentata coi Windsor, e questo spiegherebbe la spocchia con cui ci trattano. La vecchia troia si dà dunque a una tortura psicologica del povero Marc, costringendolo a individuare le stanze di casa che lei dice. "Guarda che tenero questo negro mangiarane che vive nelle palafitte e vede la civiltà per la prima volta" dice ridacchiando al marito mentre lui si mangia quello che è l'acme della raffinata cucina britannica: un Toast Sandwich.


Kerry, col suo sguardo vacuo e il suo naso che pare quello di un teschio, ci dice che ha ricevuto la soffiata che se vogliamo tornare a casa il nostro biglietto d'aereo si trova a Harrods, il noto grande magazzEno londinese che fu di proprietà della famiglia Al-Fayed. Prendiamo il treno e facciamo un giro per "l'Inghilterra in Miniatura", perché di fianco abbiamo in rapida sequenza la torre del Big Ben (che, giustamente, è una campana) quello che viene chiamato "London Bridge" (che in realtà è il tower bridge, ma ok) e infine la Torre di Londra, quella che se muoiono tutti i corvi che la abitano finisce la monarchia e mi piace pensare che il principe Carlo vada di nascosto tutti i giorni a sparare a quegli uccellacci del cazzo, pur di levarsi l'ingombrante madre dai coglioni.


Siamo arrivati a Victoria Station, quindi Marc e Kerry si siedono in giardino a parlare di figa davanti a una birra artigianale sovrapprezzo. Ah no, scusate! Victoria Station sbagliato! Andiamo pure a Harrods, consci che non avremo l'opportunità di goderci la visione di quel capolavoro del trash che è la statua "Innocent Victims".


Mi piace che la signora Franzi, molto volenterosa nel rendere il gioco appetibile al pubblico Gggggiovane del 1987, faccia l'esempio, per il verbo avere, con un disco di Madonna come oggetto. Pittoresco! Comunque, proseguiamo: la soffiata ci aveva detto che per ottenere il biglietto dovevamo spendere 15 sterline, e quindi dedichiamoci al consumismo. Fatto?


Eccoci dunque a Hyde Park. Abbiamo una mappa che sta lampeggiando. Kerry non ha idea di come sia possibile che una cartina lampeggi, e apprezziamo che non abbia fatto un'autofellazio sulla tecnologia britannica (rigorosamente RISC). Il punto luminoso è il Serpentine Restaurant, che esiste sul serio, e ora è una roba molto fighetta, ma negli anni 80, nella fantasia anglofila di questi francesi, era un Burghy con la salsa gravy al posto del ketchup. Noi ci facciamo il panino, e voilà! Al posto del cetriolo (che tutti tolgono comunque) c'è un biglietto! È un po' unto, ma la Air France sono sicuro che l'accetta, no? Fine! Abbiamo vinto! Che cosa abbiamo imparato? Boh, che se spendiamo 15 sterline a Harrods ci portano in Francia? "Tutto per tutti ovunque, dallo spillo all'elefante" è il motto, ha senso, dai. 

Collins On-Line (HarperCollins, 1989)

Questa è una storia un po' triste, che per qualche ragione ho raccontato per un sacco di tempo a mio figlio Sinjin come storia della sera, con il titolo "la storia della pozzanghera". Ora vi spiego. Il dizionario "Collins On-Line" è un TSR (Terminate and Stay Resident), ovvero un programma che una volta lanciato resta in memoria, di solito mangiandosi chili e chili di memoria convenzionale, e che si evoca con una combinazione di tasti. Non dico che è una forma di multitasking, ma quasi, ecco. È quanto di più simile al multitasking ci sia su DOS, e lo abbiamo già visto a proposito dello screensaver EXPLOSIV.COM. Ma sto divagando. Collins On-Line, dopo Ports of Call, è il pezzo forte del bundle dei dischetti con il mio PCS 86. Pezzo forte per me, s'intende: una delle grandi attese che avevano spinto i miei a fare l'upgrade a solo due anni dal precedente PC era la presenza di quello che mia mamma chiamava "un traduttore simultaneo", perché si era fissata con sta cosa che parlando con un computer che mi avrebbe risposto automaticamente in inglese mi avrebbe edotto tantissimo nella lingua d'Albione, birignao o no. Beh, questo dischetto fu protagonista di un susseguirsi di equivoci. Prima di tutto, quando l'ineffabile tecnico Sandro venne a darci una mano a far partire il catorcio, vide Collins On-Line e disse "Eh mi spiace, per farlo andare ci vuole il disco rigido, che questo computer non ha". Ci rimanemmo tutti un po' male. Io però non concepivo che la Olivetti desse in allegato al suo computer un dischetto che non funziona con quel computer. Quindi nei giorni successivi lessi le istruzioni del bundle PCS 1992 e non vidi scritto da nessuna parte che era necessario avere il disco rigido. Così provai a seguire le istruzioni passo passo. 

"Inserire nell'unità A: un disco vergine o vuoto" diceva il manuale. Non avevo dischetti vuoti a portata di mano, e il concetto di "vergine" lo avevo sentito nominare soltanto a catechismo senza capire cosa significasse (e vergognandomi a chiederlo) e quindi che faccio? Suppongo che il dischetto di Collins On-Line sia vergine (in effetti, non l'ho mai usato) e lo infilo nel drive A.

Passo successivo: "FORMAT A:"

lo abbiamo fatto tutti, no?

e sì, seguo pedissequamente le istruzioni e il dischetto si formatta (nel DOS 3.30a non c'era l'avviso che la formattazione avrebbe cancellato tutto).

Passo successivo: "Inserire nell'unità A: il disco di Collins On-Line". "C'è già" dico tra me e me tutto tronfio. Provo a fare finalmente il DIR e "File non trovato" e piano piano, strisciando, si insinua in me il dubbio che abbia sputtanato qualche cosa.

Numerosi mesi dopo (facciamo pure un anno, mi sa), l'ineffabile Sandro viene a casa nostra armato di saldatore per installare un fiammante disco fisso da 20 Megabyte. Mia mamma tutta pimpante chiede a Sandro di mettere su il famoso "traduttore simultaneo", e Sandro fa la terribile scoperta: il dischetto è vuoto. Ora, io non mi ricordo se confessai la mia vaccata o abbozzai, dissimulando. Cazziato sono stato cazziato. Sandro ebbe pietà di me e disse "Appena passate da Cittadina Elitarista e Fighetta venite in negozio che ve lo copio io". Mio padre, che lavorava lì vicino e già allora faceva orari massacranti, diversi giorni dopo riuscì finalmente a passarci (di solito staccava quando il negozio della Olivetti era già chiuso). Prima di andare al negozio ci telefona dal lavoro (non penso avessimo già più il Sanyo, ma potrei sbagliarmi) e dice "Ok ex videogiocatore, oggi stacco prima che vado a prendertelo". E io ero felicissimo. 

Un po' di tempo dopo arriva a casa, incazzato e tutto bagnato. Praticamente, appena uscito dal negozio, complice un orribile acquazzone, scivola e cade di culo in una pozzanghera, bagnando pure il dischetto che era nella tasca dell'impermeabile.

succede

Ora io, che ero cresciuto in un contesto familiare molto incline ad avere un pensiero magico, mi incazzo e mi intristisco dicendo "È destino che non ce l'abbia mai". (Mai capito come mai nell'ambiente di casa, se qualcosa andava storto o era colpa mia o era il destino, mai colpa di qualcun altro). Provo a far andare il dischetto, ma è andato, la molla è saltata e il drive A: fa rumori tremendi e spaventosi, che generano in me quell'ansia da aporiomorfismo, la stessa che mi faceva venire incubi in cui sul monitor comparivano immagini di limoni. E insomma, third time is a charm, e qualche tempo dopo mio padre si fa ridare da Sandro un altro dischetto che stavolta funziona...


...e che fa strani caratteri, come in questo caso. In realtà la copia che ho trovato è di una versione più recente, e non è proprio il dizionario italiano-inglese, ma è un monolingue inglese e thesaurus. Ma il motore è più o meno lo stesso, ed è quanto di più simile a quello che avessi al tempo, errori inclusi.


In effetti, non si capiva proprio una fava, era pieno di eseguibili, e io brancolavo un po' nel buio, fino a quando...


...ah, eccolo. Una bella interfaccia di testo, molto più simpatica di TREE.COM (e grazie al cazzo) ma spartana allo stesso tempo. Certo, la cosa ideale sarebbe farlo andare in modalità TSR ed evocarlo premendo il tasto ALT-L mentre si sta lavorando all'elaboratore di testi, e in teoria funzionava, solo che l'elaboratore di testo che avevo era Microsoft Works, che usavo in modalità grafica, e quindi Collins On-Line compariva, sì, ma era invisibile, e bloccava tutto quello che c'era sotto. Non ci avete capito niente? Non ci perdete molto.


Alla fine, la cosa più importante era avercelo, perché mi rendo conto che quello che contava era avercelo, dopo tante peripezie. Triste, ma è così. Passiamo oltre...

English by PC (Fabbri Editori - Shenker)

Questo è il contenuto bonus, perché per quanto mi ci sia sbattuto a cercarlo non l'ho proprio trovato in giro per la Rete, ma tant'è, non è il software la parte interessante: è l'hardware. Era il 1994, avevo l'Olivetti PCS 33, un 386 SX a 25 Mhz e 2 mega di RAM, e non avevo idea di come fossero le schede audio, perché avevo soltanto il triste PC Speaker. Ora, facendo zapping trovo questa pubblicità.


Apro una piccola parentesi: ma quanto facevano cacare le pubblicità dei corsi d'inglese? Questa, ok, con il computer che si deforma, è sulla vena di "Crea con il tuo PC" ma poi che dire dei morti di figa di "E TIPICAR ITARIAN DÈSH", per non parlare di Aldo Biscardi che dice "Dénghiu" o un altro stronzo che per dire che la prima uscita di un corso costava mille lire si infilava nelle orbite degli occhi due monete da cinquecento? E vogliamo parlare del coglione che discute la tesi di laurea finendola con una citazione di quel pezzo di merda di Kipling, e l'odioso professore lo congratula dicendo "ottimo inglese, figliuolo"

Dénghiu

Chiudo la parentesi che mi sto inacidendo. Torniamo al "Magic Sound" qui pubblicizzato. Cazzo che figata! Una scheda audio che va su porta parallela, a sole  (infilandosi due pile di monetine da 500 lire negli occhi) VENTIMILA LIRE, mi ci ficco! Praticamente questo Magic Sound potrebbe essere una roba simile al cavo Intersound MDO (ne parlai al tempo di Asterix: Operation Getafix della Coktel Vision, vedete come tutto torna?) o al Covox Speech Thing. Non ne ho idea, specifiche non se ne trovano. Vado in edicola, lo piglio, lo porto a casa e mannaggiallaputtana, non si attacca alla porta parallela perché il case del mio PC è molto compatto...

ma ciaaaaaaaaaao

...e un bordo sul retro fa sì che la scatolina nera con l'uscita audio non entri, perché ha una specie di promontorio. E quindi? Scopro, grazie all'infinita pazienza dell'ex videogiocatore senior che esiste un negozio di componenti elettronici, e mi procuro una prolunga della porta parallela. È apoteosi: per la prima volta riesco a sentire audio digitalizzato dal computer! Beh, pure il PC Speaker era in grado di farlo, avevo un programma che suonava i file .MOD con il PC Speaker, e un conflitto di interrupt lo faceva gracchiare orribilmente quando muovevo il mouse. Qui c'era suono! Era veramente (fatico a dirlo) MULTIMEDIALE! INTERATTIVO! 

Durò poco, perché l'hard disk un paio di mesi dopo dovette essere formattato e il dischetto si era danneggiato. E per quanto ci provassi, non riuscivo a usare il Magic Sound per sentire audio e musica nei giochi o in Windows 3.1. Fanculo! Bah, è stato bello finché è durato, poi ho fatto le prime due lezioni e ho perso interesse, perché come spesso accadeva negli ipertesti ai tempi, il primo episodio era quello superfico per invogliare l'acquirente, quelli successivi erano molto tirati via. 

Però per un breve istante anch'io ho assaporato la multimedialità su un computer approdato a casa Ex Videogiocatore solo nel 1993. Di lì a poco avrei lasciato perdere i videogiochi nel mio periodo di maggiore popolarità preadolescenziale, e di quel tempo la memoria è più bucherellata. Mi resteranno flash di quando lo provavo, tenendo il PC nella cucina-saladapranzo-soggiorno, di fugaci sensazioni di serenità alla luce della lampadina incandescente mentre fuori, al V.P. c'era un freddo porco con un buio ancora più porco, di quando non mi svegliavo per andare a scuola con la sensazione di nodo allo stomaco, che fosse dovuto ad agitazione scolastica o alla realizzazione di essere uno sfigato. Quando tutto sembrava essere tranquillo, mentre di lì a un anno, nella mia lunga pausa da videogiocatore, sarebbe arrivato quello credo essere stato ciò che Winnicot chiamava il crollo, l'evento distruttivo subdolo che non si percepisce come una rivoluzione, ma che è più una demolizione controllata, che lì per lì non sembra avere conseguenze più gravi di quello che è, ma che si internalizza, lo si rumina per anni, e vivendo quell'idiosincrasia di un crollo non perfettamente consumato, ci si prepara a questo immaginario evento distruttivo sviluppando una paura per ogni cosa. 

Non pretendo che capiate. Lo scrivo per me. In tutto questo, resta il fatto che più di tutto l'inglese l'ho imparato giocando a Ultima 6, quindi tutto quello che avete letto qui è molto futile. Oh, beh, come si dice? Tu cerca la persona che ne trae beneficio e... ecco, obladì, obladà.


1 commento:

  1. Roba rara, sul serio! Ho recuperato a fatica nel corso degli anni alcuni titoli localizzati della Coktel, nel dettaglio "Ripassi Orizzonti 2" e "Le giovani marmotte nella foresta", entrambi versione PC. Mentre so di una ragazza che possiede il floppy dei tre porcellini. Sono in continua ricerca, chissà magari prima o poi saltano fuori anche "Alice nel paese dell'inglese" e "Visitando Hyde Park".

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