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lunedì 20 aprile 2020

Lakers&Celtics and the NBA Playoffs

Si parlava, le settimane scorse, di cose che ho cercato di farmi piacere per uniformarmi alla massa. Prima erano i cartoni giapponesi, oggi parlo della pallacanestro. Oh sì, ne ho già parlato qualche glaciazione fa a proposito di Jordan Vs. Bird - 1 on 1, e mi chiedo se non sia stato un certo ammontare di sfiga che ha fatto sì che quando ero adolescente, le cose che andavano di moda non riuscivano proprio ad attizzarmi. Peraltro, una cosa che non ho menzionato la scorsa settimana era come, in un certo periodo, andava di moda la fusione perfetta di quelle due cose che cercavo di inseguire per uniformarmi, e non ce la potevo proprio fare: si chiamava Slam Dunk, era un fumetto giapponese di quelli che si leggono all'incontrario, parlava di un coglione che a furia di essere rifiutato dalle ragazze entrava nel club del basket (ho già parlato di tutto questo) e nonostante la sua coglionaggine diventava un campione, perché madre natura lo aveva graziato con abilità atletiche fuori dal comune (Sì, noto un certo tema ricorrente). Insomma, conoscevo persone che erano andate talmente in banana per questa combinazione per me letale, che stavano modellando la loro vita sulla telenovela baskettara del liceo Shohoku, e leggendo 'sti cazzi di volumetti stampati alla rovescia (lo so, vi sto trollando) indicavano le parti in cui i personaggi venivano disegnati in maniera super deformed e ridevano in una maniera che a me pareva sforzatissima, e suonava quasi come una pernacchia.

BRFFFFFFFFFF
Tutto questo ovviamente mi fava una certa serenità nel fatto che forse non ero l'unico che certe cose cercava di farsele piacere perché subiva il potere del groupthink. Però chiaramente non avevo gli strumenti per spiegarlo né a me stesso né agli altri, e temo che nemmeno ora sarei in grado di spiegare il concetto di groupthink ad altri figli del Vecchio Paese e di tutti i Vecchi Paesi limitrofi che non abbiano deciso di fare un po' di lavoro su se stessi. Ma siccome vedo certa gente del V.P. che posta commenti lagrimosi sul blog delle prefiche, allora capisco che non c'è speranza.
Ah beh, ma chi voglio cercare di prendere per il culo! Negli anni 90 la NBA era al suo top dello spettacolo, Bologna era chiamata "Basket City", bastava mettere una palla da basket di fianco a uno stronzo e subito tutti volevano farne una gustosa e grassa scorpacciata.

Rendere appetibile uno stronzo, vol.1

E io, che al bar di fianco al liceo dove andavo trovavo solo NBA Jam e Run&Gun 2, mi trovavo a chiedermi: se avessi fatto girare l'altro gioco del basket che avevo, avrebbe avuto un successone? Questo è quello che scopriremo oggi. Sigla!


Il gioco è dell'89 e come tanti altri giochi simili mi arrivò pochi anni dopo (1991?) da uno dei miei pusher principali. Non era il Colonnello, non era il figlio del fornaio, era Beppe M. della palestra del Vecchio Paese in cui i miei sodali ed io cercavamo di renderci meno flaccidi grazie allo judo. Vedo questo dischetto a bassa densità con su scritto BASKET, e la mia prima reazione da patentato rompicoglioni è che il basket già ce l'ho, ovvero 1 on 1, poi lo vedo lanciare ed è... diverso! E subito lo faccio mio con moderato entusiasmo. Un altro mio amico che invece si esaltò molto di più successivamente diventerà uno dei più esagitati con la pallacesta e prodotti d'intrattenimento derivati, e purtroppo in quella fase abbiamo già iniziato a perderci di vista.


Ah, ma chi sto pigliando per il culo! In realtà la vera ragione per cui il basket mi sta sui coglioni è che a causa degli investimenti del patron della CTO nella Virtus Bologna, la CTO fallì miseramente e i miei sogni di gloria di lavorare in Via Piemonte 7/F Zola Predosa svanirono magicamente. Peraltro, la seconda ragione per cui la CTO fallì fu il fatto che la EA Sports (tzinneggheim) iniziò a distribuire i giochi in Italia da sola, senza appoggiarsi alla casa di Madrigali. Le avventure Lucas e i giochi della Coktel Vision (soprattutto dopo il 1996, quando smise praticamente di produrre giochi) non causavano sufficienti introiti. Oh beh! Comunque è molto bella l'estetica pulita, molto fine anni 80 - inizio anni 90 di questo menu. Gli NBA Live degli anni successivi (gli ultimi a cui ho giocato erano quelli, credo, del 98) erano pieni di graffiti, rap e tutte quelle cose che venivano associate agli afroamericani con un bel po' di pigra stereotipizzazione, proprio come il basket, se vogliamo. In effetti mi chiedo se questa ghettizzazione culturale non abbia contribuito a una certa polarizzazione dell'estetica americana che è ovviamente sfociata nei risvolti più vittimisti della cosiddetta politica "identitaria", che tanti danni ha combinato, non dico negli ultimi vent'anni, ma più o meno da sempre.


Vabbè! Possiamo decidere di giocare una partita singola oppure un torneo. La cosa bella della partita singola è che si può settare la difficoltà (Play Level) e le regole (Play Mode), e soprattutto la lunghezza del quarto. La cosa meno bella del torneo è che si può giocare esclusivamente in tempo reale, ovvero quattro quarti da 12 minuti ciascuno. Tutti in coro, bambini? TAVÒ!


Quindi facciamo l'amichevole. Il gioco si chiama Lakers&Celtics, perché è del 1989 e i Lakers e i Celtics sono i top della NBA e i Chicago Bulls devono ancora diventare la corazzata di vittorie e di merchandising (soprattutto merchandising) degli anni 90. Ma sapete come si diceva di recente, no? Se rovesciate il toro dei Bulls quello che vedete è un robot che sta sodomizzando un granchio, e io con questi atti impuri automa-crostaceo non voglio sporcarmicisi le mani. Quindi? Quindi tengo i Lakers e gioco contro i Celtics. Magari qualcuno ne riconosco.



Dunque, chi abbiamo nella formazione losangelina? James Worthy, A.C. Green, Kareem Abdul Jabbar, Magic Johnson e Byron Scott. Beh, persino un ignorante come me conosc Abdul-Jabbar detto "Cactus" e Magic Johnson, fosse solo per la storia dell'AIDS che tanto aveva scosso i benpensanti del Vecchio Paese (è la malattia dei drogati e dei busoni!) e dintorni. Eh sì! Questa è la cosiddetta "Showtime era" in cui i Lakers spaccavano culi a quattro palmenti. Benissimo! Ci sto. Dall'altra parte degli U.S. of A. abbiamo Larry Bird, Kevin McHale, Robert Parish detto "The Chief", Brian Shaw (che giocherà pure a Roma) e Dennis Johnson. Mentirei se dicessi che a parte Bird conosco uno qualsiasi dei cinque che ho menzionato.  Robert Parish, forse, o forse perché il soprannome "The Chief" venne affibbiato a suo padre da un mio amico che aveva orientato la sua vita al basket.


E via che si parte col palladue! Notevolissimo come i numeri e l'aspetto fisico dei giocatori sia il più simile possibile alla realtà! Almeno così mi pare. Scopro anche che nei Lakers erano ben due i giocatori che portavano gli occhialini protettivi. Uno era Abdul Jabbar (pelato) e l'altro era James Worthy (crinito). Non si finisce mai di imparare. Ah dimenticavo: in quanto giocatore uno io tengo i lakers, non tanto per preferenze personali quanto per il fatto che era l'impostazione di default e sono troppo pigro per cambiarla.


E vai di azione! Worthy per Magic, che tira da tre (non proprio la sua specialità) e Abdul ribadisce nel cesto con quello che pare essere il suo tratto caratterizzante, il gancio-cielo, che è la traduzione letterale del più eufonico skyhook. Com'è come non è, siamo due a zero e i Celtics  rimettono in gioco...


Ah, stoppata di Abdul Jabbar nei confronti di Parrish! Anzi, come si diceva al vecchio paese, orba o, meno frequentemente, stuba. Attorno al basket, come a ogni fenomeno culturale, era sorto un intero gergo che ovviamente io non riuscivo a starci dietro. Tra orbe, bombe, stube, pietre e altre cose, il vostro Ex Videogiocatore era perennemente lasciato indietro. Oh beh! Come se non bastasse, sbaglio il tasto premendo il tiro anziché il passaggio e Kareem tira da tre dalla sua metà campo. Ferro! Dai, quasi. Se l'avessi buttato dentro sarebbe stato un "tiro da quattro" come la famosa giocata di Danilovic in un derby bolognese e che copiose polluzioni causò a numerosi miei amici, nonché a tanti giornalisti felsinei che in quegli anni avevano preso l'abitudine di fare gli urletti e le frasi pseudosborone a scimmiottare i commentatori della NBA? Forse!


Tipo una roba che proprio non sopportavo era come gente insospettabile si stracciava le vesti e cominciava a dire con inglese masticato (senza il birignao britannico, però, una roba molto più ragliata in stile stati della ex Confederazione, piuttosto che il classico mid-atlantic) esclamazioni sforzatissime che un po' erano tratte dal commento di NBA Jam ("He's on fire!" "From downtown!"). Era un atteggiarsi che risultava abbastanza patetico. E poi c'erano gli "Uuuuuuuu". Tipo ora, che Magic Johnson ha schiacciato attaccandosi al canestro, l'Uuuuuuuuuuuuuuuu era automatico. E poi c'era roba tipo l'alley oop, che c'era certa gente che viveva solo per quello. L'alley oop era una mossa piuttosto spettacolare in cui si lanciava la palla in aria e un altro la raccoglieva in salto e la schiacciava dentro. Ecco, c'era molta gente che per sta cosa ci andava in brodo di giuggiole. E io avevo l'impressione che fosse una cosa montata ad arte perché anche loro dovevano uniformarsi all'ingroup. Non so, ditemi voi. Avevate anche voi le sensazioni che certe persone non credessero veramente in quello che stavano dicendo ma cercavano di uniformarsi?

Più tardi.


Intanto siamo arrivati al secondo quarto, e altro paniere. Mi è venuto in mente come un mio compagno di classe avesse dichiarato come lui, pur essendo tifoso della Fortitudo, non seguisse il basket europeo perché le regole impedivano di fare l'alley oop. Lui praticamente guardava le partite giusto per l'alley oop. Cioè capito? Io che mi esaltavo perché il Bologna arrivava 8° o 9° e vinceva l'Intertoto contro il dopolavoro ferroviario polacco, quelli del basket erano così abituati a stravincere tutto che potevano permettersi di annoiarsi perché senza gli alley oop non 'è spettacolo. Bah! Troppo facile.

Ah, finalmente la buttano dentro anche i Celtics. 8 a 4 e manca un minuto alla fine del quarto. Questo mi ricorda quando il nostro maestro delle elementari ci faceva giocare in palestra a minibasket, e siccome la mania della pallacesta non aveva ancora invaso il Vecchio Paese, facevamo tutti abbastanza cacare (anche perché immaginatevi dei bimbi di otto anni lanciare le palle nei canestri regolamentari che parevano alti chilometri, e non potevamo nemmeno tirare "alla lavandaia"!) Le partite spesso finivano con risultati tipo 4 a 2 e il maestro incazzatissimo diceva "4 a 2 in una partita di calcio è una signora partita, ma nel basket è inaudito che si possano fare così pochi punti!" dopodiché ci riportava in classe a farci fare qualche ipercomplicato problema di matematica così intanto poteva sfogarsi facendo il galletto con le altre maestre.


E insomma gli anni passano e a me il basket continua a non piacere, mentre di fianco a me tutti hanno iniziato a dire "uuuuuuuuu!" o "bum sciacalaca!" Apparentemente un commentatore della ESPN, come esclamazione per una bella schiacciata, urlava con quel cazzo di inglese masticato "Gianluca Pagliuca!" e magari al Gatto di Casalecchio, noto tifoso della Virtus, l'esclamazione faceva piacere. Vi ho mai raccontato di quando mia nonna aggredì fisicamente Pagliuca? No, suppongo di no.Prima o poi lo faccio (forse). (intanto Cactus ha di nuovo ganciocielato. Ok!)


Dopo un tapìn (Ahi, me miser! Ahi me tapin!) dei Celtics, finisce il primo tempo e io fatico veramente a pensare a quanto sembrassero alti i canestri regolamentari visti da bimbi di otto anni. Porca miseria! Quello non era minibasket, checché una storia di Topolino in cui un Pippo fenomeno in ogni sport dicesse che la ragione del suo essere un fenomeno è proprio il minibasket. Che marchettone, ragazzi. Vabbè.


Cambio? Nah! Teniamo su tutti, un po' di disciplina! Mi accorgo solo ora che in panca abbiamo Orlando Woolridge, che giocherà a Treviso e alla Virtus. Povero Woolridge, scomparso a soli 52 anni. Lasciamolo in panca.


Via che si riprende con la rimessa in gioco e devo dire che nonostante tutto, io mi sto quasi divertendo con questa modalità arcade. Sono anche fiero di me stesso perché conoscendo la mia avversione al basket ciò significa che sono riuscito a spogliarmi dai pregiudizi. Bello, no? Magic Johnson prova a tirare da tre, ovviamente canna il tiro e ci pensa Jabbar a sbatterla dentro. In uno degli infiniti litigi che da ragazzino al mare ebbi con il mio amico M.B. che non c'è più, era se fosse più forte Michael Jordan o Magic Johnson. Io tifavo Jordan perché lo sentivo più mio, dato che avevo il videogioco che lo vedeva protagonista. Lui tifava Johnson perché quando schiacciava si attaccava al canestro, e secondo lui era una cosa che solo Magic riusciva a fare. Ho i miei dubbi su ciò, ma avendo visto il basket solo con 1 on 1 al tempo (e dubito che avessi già questo gioco al tempo) non è che fossi così ferrato, quindi gli diedi ragione, perché ero uno smidollato.


Altro tiro da tre! Va? Sì, stavolta va. BOMBA! HE'S ON FIRE!


Dopodiché, Abdul va al rimbalzo su McHale che sferraglia, passa a Worthy che con la sua maglia numero 45 mette la boccia in paniere senza troppi fronzoli. Bene così. La canotta col 45 di Jordan io ce l'avevo, che era molto particolare, non era l'iconico 23 ma era il numero che Jordan aveva voluto da sempre, ma che il fratello maggiore gli aveva ciulato alle superiori e quindi si è accontentato della metà più uno. Poi insomma, con il numero 45 Jordan aveva fatto abbastanza cacare e quindi si è riappriopriato del 23 che nel frattempo era stato ritirato. Per dire la superstizione quanto bene può fare. Poi un'altra cosa che mi stava un po' antipatica era quando i giocatori di basket autografavano aggiungendo il cancelletto e il numero di maglia. Quando arrivò Baggio al Bologna persino Paramatti firmava gli autografi con Michele Paramatti #3 e la cosa mandò in bestia Ulivieri. Con l'ironia che lo ha sempre contraddistinto, invece, pare che pure Rocco Siffredi si fosse appropriato del numero di Jordan, per il semplice fatto che ventitre sono anche i (avete capito).


Si parlava di tiri da tre, ecco lo specialista, Larry Bird! Si capisce perché è l'unico biondo. Per via della bassa risoluzione, purtroppo, non ci è dato vedere se la EGA replica l'effetto vedo-non-vedo sui suoi baffi. Quello che non vedo neanche è che il piede di Larry Uccello è saldamente piantato sulla riga e quindi i punti sono due. Ops! Chiamiamo la VAR! Ah no, questo è il basket dell'89, non c'è la VAR.


E con lo schiaccione di Kareem finisce anche il terzo quarto. È quasi un peccato che "The Dream" fosse il soprannome di Hakeem Olajuwon, altrimenti con "Kareem the dream" ci avrei fatto un bel saltone logico all'indimenticato one-hit wonder del tronista Karim Capuano, chiamato appunto "The Dream".


Basta! Siamo 17 a 10 (una signora partita, nel calcio) al terzo quarto e facciamo un cambio mettendo su Jeff Lamp, giunto ai Lakers direttamente da Rimini. Ciò, patacca! Dema pu!


Io ai tempi non lo sapevo che venisse da Rimini, ma giocando a Lakers&Celtics spesso Lamp lo mettevo in campo perché mi faceva simpatia: guardatelo, è un nano! Poi vado su Wikipedia e vedo che Lamp è 1.98 e se avessi avuto ambizioni cestistiche (io che raggiungo a malapena i 175 centimetri) avrei mantenuto l'illusione di potercela fare, e grazie all'assenza di Wikipedia nel 1989 avrei potuto tenere duro. Fortunatamente non avevo alcuna ambizione né illusione cestistica, ma se fossi stato Jeff Lamp e mi fossi visto così basso non l'avrei presa benissimo. È vero che pure Byron Scott (numero 4, alto 191 cm) è raffigurato come un nano, e forse il valore di soglia tra i nani e i giganti sono i due metri. Boh! Va detto però che per il 1989 è molto apprezzabile la fedeltà agli aspetti fisici reali. È anche molto apprezzabile che l'ex riminese la cacci dentro da 3. Ah dì!


Continuiamo con i falsi nani e con le triple e voilà, Byron Scott la mette di nuovo dentro. "Ciuff!" "All net and nothing else" si riempirebbe la bocca un commentatore qualsiasi. Perché voler cercare di fare gli americani quando Guido Bagatta incantava il pubblico con perle tipo "questo giocatore tira fuori dai calzoncini qualcosa di meraviglioso"? Oppure il bolognese Roberto Martini, noto per la sua R più moscia della mia, di fronte a Myers (credo) che faceva a un virtussino il gesto "ti faccio un culo così" diceva "Myers invita l'avversario a prendersi una pizza dopo la partita!" Bellissimo. Per quanto Roberto Martini non mi facesse una grande simpatia per via della sua esaltazione per il basket, ammetto che non potrò mai finire di ringraziarlo perché con la sua difficile pronuncia di René Krhin (centrocampista sloveno del Bologna) imboccò il compianto (e già allora molto sordo) Gianfranco Civolani a lanciarsi in una biografia di Mario Gritti, attaccante felsineo degli anni 40. Non c'entra niente, lo so.


Fine della partita! 23 a 12, tutto bellissimo. Proviamo un torneo?


Salta fuori che il precedente possessore di questa copia del gioco aveva salvato un torneo che era arrivato alla finale, che era Lakers vs. Bulls. Non posso esimermi dal dimenticare la mia storia di fan della squadra del robot che sodomizza un granchio...

Qualcuno potrebbe anche dire che sta leggendo un libro, ma così qual è il divertimento?
...e quindi gioco con i Bulls sempre contro i Lakers, e grazie al copyright molto più "polleggiato" del 1989, i Bulls hanno Michael Jordan nelle loro fila e non un giocatore generico estremamente forte ma ricoperto di sponsor in ogni dove che bisogna sganciare un rene per avere il permesso di metterlo su uno schermo.


E infatti il primo a segnare è... Pippen. Per dire quanto la basketmania fosse forte ai tempi, al Vecchio Paese, nessuno osava fare battute sul cognome di Pippen. Oddìo, io probabilmente ci provai ma molto probabilmente fui accolto da severe occhiate di disapprovazione "Però è veramente phuòrte" (perché dire semplicemente "forte" non rendeva bene l'idea dell'ala piccola col numero 33). Su certe cose, insomma, era meglio non scherzare. Ma oh, i fighi leggevano American Superbasket, gli sfigati di cui io facevo parte leggevano TGM.


Ops! Abdul ciula la boccia a uno dei buoi di chicago e parte col contropiede! La ciulata di boccia veniva sottolineata con uno "STOLEN" masticatissimo perché esattamente così diceva il telecronista di Run&Gun II al bar vicino al liceo. E chi ripeteva 'sta roba era tutta gente che in inglese stava abbondantemente sotto la sufficienza.


Accazzo. Due minuti e i Lakers passano in vantaggio. Tenete conto che sto giocando al torneo quindi la difficoltà è aumentata di molto. Prima ci prova A.C. Green, lo stoppone va a vuoto, sbaglia, e poi nella mischia mi pare che risolva tutto come al solito Jabbar. E in tutto questo Jordan che fa?

Sniff sniff, non giudicarmi, Ex Videogiocatore
Ah per favore.


E subito His Airness rimedia tirando a canestro con un tiretto abbastanza deboluccio ma che fa il suo lavoro. Io mi aspettavo uno schiaccione come nello Slam Dunk Contest  del precedente 1 on 1, ma oh, due punti sono due punti.


Ah-ha! Ecco lo schiaccione! Peccato che a eseguirlo sia il numero 24 e non il numero 23. Stiamo parlando di Bill Cartwright, qui raffigurato come nano, ma secondo Wikipedia è alto 2.16, quindi la mia teoria sul valore soglia tra i nani e i giganti decade. Peccato! Voglio immaginare che la EA al tempo non avesse lo sbattimento di guardare tutte le altezze giuste. Importa? Non tanto. Comunque, molto deludente che l'omonimo dell'ex cardinale di Napoli nonché dell'indimenticato direttore di TeleCiociaria reso noto da Mai dire TV non abbia ancora fatto un tubo. Io glielo faccio presente e lui mi dà del "fetentone".


Uh! Fallo! Tiro libero per i Buoi, ed è di nuovo Cartwright che la schiaffa dentro due volte. Siamo in vantaggio amici! e Jordan ancora non ha fatto un cazzo. Per dire quanto era venerato al tempo (parliamo comunque di 9 anni dopo l'uscita di questo gioco) mi è venuto in mente un breve episodio. Un mio compagno di classe del liceo mi dice "Ex videogiocatore, se tu potessi scegliere tra due cose" (e già mi scendono i coglioni perché il gioco "chi butti giù dalla torre" è una grandissima limitazione al mio libero arbitrio) "da un lato hai Alessia Marcuzzi nuda e a pecora che ti chiede di trombarla. Dall'altra parte hai Jordan che ti invita a giocare a basket con lui. Cosa scegli?"

"Che domanda del cazzo è?" chiedo io.
"Scegli!"
Allora, dovete sapere che eravamo alla fine del 1997 ed era uscito il calendario della rivista per raffinati segaioli chiamata "Max" che mostrava le tette della conduttrice televisiva romana. Che, pur non essendo 'sta cosa fuori dal comune, il fatto che le avesse cacciate fuori per un calendario più elevato dei classici da officina, la rendeva la fidanzata ideale d'Italia. Un altro di quei fenomeni di groupthink, immagino. Quindi, aggiungeteci il fatto che tavò di correre per un campo da basket con Jordan che non mi fa toccare palla, scelgo ovviamente la futura ex moglie di Simone Inzaghi.

"Sei un coglione" mi sento dire "Se giochi con Jordan poi magari ti porta in NBA con te, diventi ricco e famoso e ti scopi tutte quelle che vuoi".

Scusami cara, resterei volentieri ma mi aspetta il vez al playground, ciao sai?
E non so, magari avrebbe avuto pure senso ma c'era quella piccola cosa che l'ex videogiocatore di 15 anni non è che fisicamente avesse le doti per giocare in NBA. Mentre magari la futura conduttrice del Grande Fratello l'ex videogiocatore adolescente forse qualche possibilità di soddisfarla ce l'avrebbe avuta: d'altra parte, se la Marcuzzi ha fatto figli con quel coglione Francesco Facchinetti uno straccio di possibilità ce l'avrei avuta pure io 15enne, no?

Insomma niente, magari alcuni di voi che questo trend l'hanno vissuto tutto capiscono benissimo come ci si sentiva. Io non lo capivo allora e non lo capisco ora. Ma è un mio grandissimo limite, e me ne rendo conto. Sentitevi pure liberi di sfancularmi nei commenti e prometto che non risponderò piccato, passivo-aggressivo e con il nasino arricciato come fa il titolare del blog delle prefiche non appena qualcuno ha qualcosina da dissentire.

Più tardi.


Sono passati otto minuti del primo quarto e sembra passata una vita. Sto iniziando a rompermi le palle, ma tengo duro con un onesto 18 a 16 prendendomi pure una notevole orba. Sono bravo eh?

Più tardi.


Eh sì, la forbice si alarga, e nonostante altri due punti fatti con Cartwright al libero, inizio a stare sotto di molto. Fa freddissimo, meno undici, brrr!

Ancora più tardi.


Ah bene! 35 a 20, ma almeno Jordan ha slamdunkato. A posto così amici, finisce il primo quarto, io vado a impastare una focaccia e lascio andare il gioco in sottofondo. A più tardi!

Più tardi.


Ciuf! Tiro da tre a segno e io ho impastato la focaccia. La mia personalissima ricetta è questa:
- 175 ml di acqua tiepida
- 300 grammi di farina (da spartirsi equamente tra 0 e 00, con al massimo un 20% di farina integrale)
- 7 grammi di sale
- 20 ml d'olio
- un cucchiaino di miele
- 15 g di lievito (metto quello istantaneo perché tavò di aspettare tutta notte).

Mi raccomando mai mettere il lievito prima che il sale si sia sciolto nell'acqua. A 'sto giro ho tritato delle olive snocciolate e ce le ho messe in mezzo all'impasto.  Questo impasto è ottimo anche come base per la pizza, ma siccome non ho la mozzarella ho fatto la focaccia. Una volta impastato si fanno un paio di pieghe e dopo poco si mette tutto in una teglia bene oliata. 10 minuti a 230° e via che si va. Mia moglie (che peraltro preferisco di gran lunga alla Marcuzzi) apprezza molto. La prole va a momenti. Beh, vado a oliare la teglia e a infornare, và.


Uh! Finita la prima metà e c'è pure l'estratto della EASN, la parodia della ESPN, con il conduttore reso in ottima EGA che ci invita a guardare la caporetto subita dai Bulls! Io a sta schermata non ci ero mai arrivato perché al massimo giocavo le amichevoli per via dei due minuti. Ma d'altra parte non sono neanche mai arrivato agli intermezzi in Kings of the Beach con le ragazze in bikini! Oh beh.

Più tardi.


Fine della partita con un umile 141 a 24! La focaccia è venuta buonissima, grazie per avermelo chiesto. Umiliati, i buoi di Cicago tornano nella città del vento a riflettere su come abbiano potuto perdere la finalissima dei playoff e...


...ah no cazzo! Questa era solo Gara 1! Che palle, altri 48 e passa minuti almeno due volte? Ma io trasecolo completamente? Basta così gente, tutto molto bello ma la chiudo qui. Non avete idea dello sforzo che abbia fatto per arrivare a questo punto. Prossimo gioco!

È merda? E nonostante tutto non lo è! Se ci fate caso mi sono lamentato del basket in sé come fenomeno culturale di metà anni 90! Lo sport, per quanto sia negato, non c'è dubbio che abbia il suo perché, e il gioco lo simula molto bene con controlli ben fatti e intuitivi. Quindi, che dire? Nonostante tutto, mi sono divertito. La cosa mi rassicura molto perché almeno significa che non mi sono sclerotizzato troppo e ho ancora quella flessibilità mentale che fa sì che non diventi un Vecchio di Merda. E questa è una gran bella cosa, non trovate?
Ci rigiocheresti? Adesso non esageriamo. Per rigiocarci ci vuole il tempo, e qui ce ne vuole tanto, e io non ne ho. Ma grazie per averlo chiesto, avessi tempo infinito immagino che lo riprenderei in mano.

5 commenti:

  1. Beh sì, penso che quando è stata l'ora di fare "NBA Live" (a cui non ho mai mai MAI giocato, ed è per questo che non lo menziono *rumore di unghie sui vetri*) i ragazzi della EA abbiano sicuramente ripensato a questo gioco qui. E grazie del complimento, detto dal titolare di un blog che apprezzo molto è ancora più grande! Resta sintonizzato che lunedì esce un post piuttosto consono alle tue frequenze (e via di paraculismo).

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  2. "i fighi leggevano American Superbasket, gli sfigati di cui io facevo parte leggevano TGM"
    Be', io leggevo entrambi ma facevo comunque parte degli sfigati.
    Negli anni '90 ho vissuto il fenomeno basket in prima persona: mia madre "per il mio bene" m'aveva sempre costretto a praticare della sana attività sportiva e per la vicinanza di una palestra casualità volle che dovetti giocare a questo sport fino alla veneranda età di 17 anni, quando diventai abbastanza grande e grosso da potermi rifiutare (mia madre è molto alta).
    Come risultati in campo ho sempre fatto discretamente cagare ma il sensazionalismo attorno alla disciplina era palpabile! Tuttora conservo un sacco di merchandise sui campioni dell'NBA, veri e propri idoli della nostra pre-adolescenza. Se penso ai nostri giorni, è curioso come allora non si desse rilevanza alcuna al colore della pelle. Non so se fosse dovuto al fatto che per noi l'America era considerata lontana e irraggiungibile. Forse quei semi-dei si trovavano in un'altra dimensione e a noi arrivano solo dei riflessi tramite carta stampata e qualche VHS. Potevamo solo tentare di imitarli coi cori, le esclamazioni e il broken english di cui fai menzione.
    Ma la cosa più interessante, probabilmente, è come al gentil sesso di questo non importasse assolutamente niente! Per quello che ricordo io -avendo fatto parte di entrambi- non è che gli sportivi baschettari riscuotessero più successo dei nerd. Era più questione di avere motorino e sigarette (recuperabili), ma più ancora una -ahimè- innata faccia da schiaffi.

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    1. Questo è un ottimo commento, grazie per averlo postato e non ho nulla da eccepire. Soltanto, direi che la faccia di merda innata batte pure motorino e sigarette, che ho visto tanta gente che si anneriva i polmoni sperando che così avrebbe trovato da far bene, ma ahimé, si è solo annerito i polmoni.

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  3. Quale migliore maniera di celebrare i fasti di quei bei tempi andati se non con un articolo sul Tabboz Simulator? Mi pare ne avessi l'intenzione e magari l'hai anche già fatto. Pian piano sto recuperando terreno per allinearmi all'uscita settimanale.

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    1. Non ho rigiocato al Tabboz Simulator, ma è nella lista delle cose da fare prima che sopraggiunga il tavò, senza dubbio. Prenditi pure la lettura con calma, questo blog è un cosiddetto "slow-reading".

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