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lunedì 31 dicembre 2018

Speciale San Silvestro - I giochi da pantofolaio della Microlink

Recentemente su questi lidi si parlava di sfiga, e mi sembra interessante portare in questo articolo il concetto di sfiga in relazione a un evento in cui la sfiga regnava sovrana. Sto ovviamente parlando della sera di Capodanno, che già a ottobre inoltrato era una delle domande rompighiaccio. Sai già che fare a Capodanno? Sì, rispondeva la voce interiore, pagherò un sacco di soldi per andare in un capannone orribile con musica di merda e alcol scadente e non batterò chiodo neanche a piangere.

L'immagine di Whatsapp del
mio amico Ivano durante queste feste

E ogni volta, c'è sempre il refrain "Ah, ma tanto è come un sabato sera qualsiasi, che senso ha uscire, io quasi quasi faccio l'alternativo VERO e me ne sto a casa" che tradotto dal banalitese significa "ODDIO NESSUNO MI HA ANCORA INVITATO E SONO TERRORIZZATO DALL'IDEA DI FARMI AVANTI E CHIEDERE AVRESTE UN POSTICINO ANCHE PER ME? OCCUPO POCO SPAZIO PROMETTO".


E alla fine, com'è come non è, un posticino lo si trova sempre per l'ennesima manifestazione di sfiga che ci ricorda quanto è difficile divertirsi a comando, e la conseguente dissonanza cognitiva che farà sì che diciamo a noi stessi che nonostante tutto, ci siamo divertiti. Lo stomaco è andato a puttane con il coca-e-rum compensato con il cappuccino e brioche delle 6 di mattina, e sotto sotto diciamo a noi stessi "Beh, magari l'anno prossimo sto davvero a casa" e ovviamente 365 giorni dopo la storia si ripete, uguale uguale, fino a che non si esce dallo stato di eterna adolescenza e non si comincia davvero a fare qualcosa della sua vita, in cui si fa davvero quello che ci si sente, magari anche se si va a letto a mezzanotte e un quarto è ok.

Me ne sono reso conto un paio d'anni fa, quando ero a passare il capodanno al Vecchio Paese con i miei tutti malati, e mia moglie era a casa dei suoi per non buscarsi nulla (avevamo scoperto da poco che a fine agosto sarebbe arrivata una visita gradita). In quel momento, diventato un'unica entità con il divano, mi sono reso conto di quanto poco bastava per opporsi alla tradizione dominante per cui la sera di San Silvestro è necessario uscire e divertirsi. Mi sono anche dedicato a scrivere qualche cazzata su un blogghettino che avevo appena aperto.

Ok, direte voi, ma in tutto questo che c'entrano i videogiochi di oggi? Beh, presto detto, perché giochini del genere sono perfetti per il cazzeggio di una notte di San Silvestro in cui si può parlare ascoltando ciò che si dice perché non c'è un amplificatore che ti copre la voce. Sigla!

Quella barba! Quelle sopracciglia! *sviene*

Anzi no! Prima vi parlo due secondi di che cos'è, anzi chi è la Microlink. La Microlink è una software house costituita da una sola persona, Robert S. Lancaster (che vedete qui sopra). Un vero uomo rinascimentale, oltre che programmatore per il suo club di appassionati di informatica, è assurto agli onori della cronaca come scettico professionista, autore di siti dediti al debunking di medium ed altri sedicenti professionisti del paranormale che in realtà hanno come unico scopo quello di ciulare dei soldi alla gente.

In seguito ad un brutto ictus nel 2008, Robert è rimasto paralizzato e da allora si interessa anche dei diritti dei disabili. Il signor Lancaster è la dimostrazione che il mondo si può migliorare non necessariamente cambiandolo radicalmente, ma a volte basta fare tanti piccoli passi concreti. Ecco, questo potrebbe essere un buon proposito di fine anno, no? E dunque sigla, sul serio!

Microlink Yaht - 1987

Il primo gioco di oggi è stato il primo gioco fatto da Bob col nome di Microlink. Tenete conto che nel 1987 i PC IBM-Compatibili avevano come unica scheda grafica la CGA, il che significa solo 4 colori nella modalità grafica. E che colori! Stiamo parlando di bianco, nero, ciano e magenta nella configurazione più comune, mentre le altre palette disponibili sono:
1) Verde, rosso, giallo, nero.
2) Bianco, rosso, nero, ciano.

Nella modalità testo, invece, i colori sono i 16 dell'EGA, ed è anche più semplice riempire lo schermo disegnando una grafica che principalmente è costituita da facce di dadi.

Eh sì, perché MLYAHT.EXE è una trasposizione per DOS del famoso Yahtzee, che è il derivato commerciale di un gioco tradizionale chiamato "Yacht" (praticamente il poker applicato ai dadi, se vogliamo semplificare). Dunque il nome "YAHT" è una crasi tra Yahtzee e il suo ispiratore? No, apparentemente Bob non sapeva fare lo spelling di "Yacht" e quindi si è dimenticato la C.


Ma onestamente, importa? Lanciamo il gioco e troviamo 'sta festa di colori, che se siamo abituati al magenta della CGA ci troviamo una distesa di magenta (ma un po' più scuro) e una roba sbrilluccicosa (odio aver usato l'aggettivo "sbrilluccicosa") che induce l'epilessia in chi la guarda. Vi ricordate il panico morale sull'epilessia causata dai videogiochi? Si stava bene anche senza ricordarselo. In ogni caso, state tranquilli, il vostro Ex Videogiocatore non ha avuto attacchi epilettici a vedere questa presentazione e può cominciare a giocare.


Un giocatore, dal nome inequivocabile, da solo contro il PC. Andreotti, si sa, non ha vizi minori, quindi lo Yacht o è un vizio maggiore o non è un vizio. Comunque non è Andreotti quello a cui si associa lo yacht, ma D'Alema (era una battuta questa).


E insomma, l'idea è quella del poker si tirano cinque dadi, si ferma quelli che si vuole, si rilancia quelli non fermi e a secondo lancio fatto si associa un punteggio tra quelli disponibili a quello che si è ottenuto. Nel senso che se ho quattro sei, posso segnarlo come tris di sei o quadris di sei. Lo decido io insomma, non il gioco. Qui otteniamo una doppia coppia, ma con poca ispirazione decidiamo di segnare il punteggio associato agli 1: otteniamo quindi 2, perché abbiamo due uni. Facile no?


Al nostro avversario va fatta meglio. Full, 25 punti. Se pensate che vi spiegherò come funziona il punteggio di un gioco di pubblico dominio, allora è evidente che non abbiate ancora capito il significato della parola "tavò".


Quadris di due, 12 punti. Deduco che il moltiplicatore "Four of a Kind" sia 1.5, no? Sono un genio della matematica, io.

Più tardi.


Il Divo Giulio fa un bel full, 25 punti pure lui. Finora non vedo tutta 'sta fortuna, Andreotti. Davvero è così convinto di essere fortunato al gioco?


"Sì", dice laconico Giulio mentre con tre dadi rilanciati fa tre uni, ottenendo così lo Yacht. 50 punti! Bellissimo.

Molto più tardi.


Quando la cartella dei punteggi è piena, il gioco finisce. Andreotti 247, PC 233. Tiè! La vittoria dell'Uomo (e che uomo!) sulla macchina. Kasparov si va a nascondere, anche se è il 1987 e per la figura di merda contro Deep Blue dovranno passare altri 9 anni, e intanto noi passiamo al prossimo gioco.

È merda? No, è un gioco ben collaudato, si può giocare in più d'uno, e insomma, per 5 minuti è ok.
Ci rigiocheresti? Non ho lo stimolo.

Microlink Crux (1991)

Ci tengo a dire che i giochi presentati qui non sono in ordine cronologico: come nella scelta di ogni singoo articolo, si procede per libera associazione di pensieri, con un criterio altresì noto come "fallo di loppide". Ora, abbiamo toccato con Ya(c)ht un gioco di dadi piuttosto fattibile la sera di Capodanno se si è veri pantofolai. La cosa divertente è che nel mio gruppo di amici si era sufficientemente pantofolai da trovarsi il sabato sera, dopo un'uscita in cui non si è fatto niente, a divertirsi seriamente a casa di Alessandro C. (quello che mi disegnava cazzi sul libro di filosofia col pennarello indelebile) giocando ai giochi di società. Alcuni erano gradevoli. Alcuni (tipo Risiko) non finivano più. Alcuni per me erano fighissimi perché vincevo sempre io (Trivial Pursuit). Ma sto divagando: l'idea era che nonostante la routine fosse quella di fare i pantofolai, per la notte di Capodanno arrivava la sindrome che al Vecchio Paese si chiama sindrome del "Mai Goduto", che in una volta sola si doveva compensare a tutta l'inazione del resto dell'anno e quindi si doveva andare a sentire il tunz tunz e a fingere di divertirsi pensando alla calda e accogliente tavernetta di Alessandro C. con la tv 36" a retroproiezione munita di playstation e decoder Tele+. 

TV che sarebbe restata spenta perché il vero spettacolo era quello di vedere Alessandro C. che ha mangiato fino a star male e vomitando centra perfettamente il gatto, e soddisfatto si getta sul divano scorreggiando e chiamando la madre dice con tono imperioso "Mamma, massaggiami i piedi...! Molto bene, molto bene". Che bello.


Comunque il bello della grafica Ascii è che per quanto si abusi di tonalità cromatiche, non è mai pacchiana come sarebbe, chessò, un gradiente in VGA. Non so. Mi piace. Ma procediamo, ricollegandoci a quello che ho detto nel paragrafo precedente...


... ora giochiamo a Microlink Crux, un gioco che di certo non avremmo trovato nella tavernetta di Alessandro C. ma che apprezzo perché mi ricorda il coretto da stadio "Clap clap claclaclaclaclaclap clap CRUX!" dedicato a Julio Ricardo Crux (quasi, dai) detto "il Giardiniere", che fu attaccante di lusso del miglior Bologna degli ultimi...uhm... 40 anni almeno, quello che sotto Guidolin arrivò settimo in classifica, con il Giardiniere che segnò solo 10 gol ma faceva da ottima sponda per quella che fu una "cooperativa del gol" secondo la solita tattica di lanciarla in alto per la torre (ne ho parlato la scorsa settimana). 

Il goleador designato, Beppe Signori, in quel periodo era già nella fase in cui si nascondeva dietro i difensori avversari per poi uscire a passaggio mancato lamentandosi col Giardiniere. Quando a fine stagione Gazzoni disse che aveva i soldi solo per tenere uno tra Signori e Cruz, la quasi totalità della tifoseria rossoblù si schierò dalla parte del bollito ex-laziale (che quell'anno aveva segnato solo 3 reti), cantando cori tipo "c'è solo un capitano" perché il glorioso capitano faceva captatio benevolentiae andando sempre a cena coi capi ultrà al ristorante "La Braseria" di via Testoni. 

In realtà a Signori ormai non gliene fregava più un cazzo del calcio, se non la parte in cui gli arrivava la bustina con lo stipendino, e aveva come obiettivo quello di investire i soldi che non si era bruciato in scommesse in un altro ristorante, portando via lo chef alla Braseria (almeno credo che fosse andata così: non ricordo benissimo e le storie potrebbero essere state travisate quando mi furono raccontate). Di certo:

1) Signori non segnava più manco con il lapis
2) Basta una cena fuori e il  tifoso bolognese medio si fa prendere per i fondelli facilmente. 


Vabbè. Giochiamo contro il PC anche stavolta, e anche stavolta scegliamo il nome di Andreotti.


Praticamente MLCrux è una cosa non dissimile da Atomino, che abbiamo già visto su questi pixel tempo fa. Che dobbiamo fare, in pratica? Semplice, dobbiamo piazzare le croci fatte da 4 punte ognuna con il suo colore, e disporle sul piano in modo che punte adiacenti siano dello stesso colore.


È facile quando abbiamo due croci e nient'altro, ma quando abbiamo uno spazio vuoto circondato da quattro croci o cose simili, diventa più incasinatino...


...e ovviamente, se si riesce a infilare una croce in un buco con due o più croci attorno facciamo più punti. Facile, no?


E una volta che non riusciamo più a mettere croci in giro per la griglia, tocca al PC con il Divo Giulio che ha collezionato solo 139 punti. Beh questo PC che si dichiara così forte, vediamo che sa fare, vediamo se sa giocare, allora che si faccia un suo partito e vediamo chi lo vota. Questo non lo aveva detto Andreotti, però.

Più tardi.


Per un punto Andreottin vinse la cappa del primo round. Bene! Secondo round,stavolta il Divo Giulio colleziona 236 punti e vediamo come se la cava l'avversario computerizzato.

Ancora più tardi.


Il secondo round lo abbiamo di nuovo vinto noi, ma è nella terza mano che il PC dà il meglio di sé e ci straccia. Mannaggialui, un po' come succedeva in Lexi-Cross (ve lo ricordate?) puoi vincere le prime due mani, ma non conta niente perché la croce è rotonda e la partita dura 90 minuti e il rigore è quando arbitro fischia. Bah, prossimo gioco

È merda? Non è che mi abbia così entusiasmato, sarà che ho ancora in mente Atomino e non mi prefiguro di giocarci in tavernetta durante un sabato sera da sfiga galoppante, quindi, boh. Nel dubbio, è sempre merda, dunque.
Ci rigiocheresti? No.


Microlink Loyd (1990)

MLLOYD.EXE fu il primo gioco della Microlink a cui ebbi modo di giocare. Stava in un dischetto contenente anche Logical, Loopz e Brix (di cui vi ho già parlato) e sull'etichetta Loyd era chiamato "15".  Perché Microlink Loyd altro non è che il famoso gioco del 15. Perché Loyd? Semplice, Sam Loyd era colui che millantava l'invenzione del puzzle con i 15 tasselli scorrevoli su una griglia di 16, che a fine '800 diventò una moda di caratura mondiale, un po' come il "Fidget Spinner" nel 2017, che però è durato solo un'estate per via dell'ennesimo panico morale con cui opinionisti su internet cortocircuitavano il cervello e lo sfintere posteriore. A me l'unica cosa che infastidiva era lo spreco di tempo e di energie per qualcosa che era un semplice giochino, e articoli sul come il F.S. avrebbe portato la civiltà occidentale allo sfascio mandavano essi stessi la civiltà occidentale allo sfascio. In realtà, il fatto che la scientificazione dello svago sia presente a ogni livello è veramente preoccupate. 

Guardate quella merda della Silicon Valley: che cosa ha prodotto di veramente utile negli ultimi 10 anni? Niente. Abbiamo uno spremiagrumi connesso a internet da 800 euro che non funziona sugli agrumi ma devi comprare online delle bustine di succo di frutta che puoi spremere benissimo a mano. Abbiamo un "robot" grosso come un catafalco che piega le camicie ma se e solo se le camicie sono ben inserite nella struttura che a sto punto fai prima a piegarle a mano. Ci sarebbe una roba che ti fa gli esami del sangue immediatamente, e questo sarebbe utile. Ma non funziona, e gente a cui la vita ha dato troppo successo insiste a buttarci dentro i soldi perché la persona dietro a questa truffa è femmina, è bionda, ha enormi occhi azzurri da cerbiatta e le labbra carnose e magari se la riempiamo di miliardi magari possiamo millantare con gli altri amici nerd di avere come fidanzatina un genio e vagamente attraente, ragionando con la logica di quell'orrido verme di Ernest Cline.

Overly attached grifter
 Aldous Huxley osservò che l'umanità avrebbe perso la libertà, ma non per mano di qualcun altro, ma ci avrebbe rinunciato volontariamente in cambio di ulteriore svago, ormai diventato una droga di cui non si può fare a meno. E porco cazzo se ci aveva ragione.


MLLOYD.EXE (sì, stavo divagando). Dedicato a Sam Loyd ed Ernö Rubik, maestri del passatempo. Ora, Sam Loyd non ha inventato il gioco del 15, ma questo il nostro Bob magari non lo sapeva. Invece Ernö Rubik ha inventato il cubo che prende il suo nome nel 1974, e c'era un periodo in cui lo cercavo disperatamente perché volevo mettere alla prova il mio intelletto superiore: oh, non si trovava neanche a piangere. Poi quando riuscii a metterci sopra le mani era già sopraggiunta l'era del tavò e siccome nulla può farsi per sconfiggere il tavò, non riuscii mai a risolvere il cubo con la disinvoltura con cui Willy il Principe di Bel-Air sistema il puzzle per farsi amico il preside di Princeton (o qualcosa del genere). Ma con il puzzle del 15 (che avevo trovato in qualche uovo di pasqua) ero diventato molto bravo. Non come lo scacchista Bobby Fisher, che andava in TV a risolverlo in 25 secondi, ma ero bravo.


Il Divo affronta il gioco in quattro round: il primo ci presenta il quadro nella configurazione classica, con i numeri che procedono in orizzontale da destra a sinistra. Si parte con 500 punti, e ogni mossa che facciamo il punteggio cala di uno...


... e voilà, in solo 106 mosse il puzzle è risolto, con la gloriosa regola del "Girarci attorno".  Ma, dice Giulio "Nessuna regola è infallibile. Ci sono solo errori da non commettere". Ok, prossima manche.


I numeri stavolta procedono in verticale, ed è decisamente più difficile perché il cervello è allenato alla lettura da sinistra a destra dei numeri in ordine crescente. Oh beh, 190 mosse e abbiamo gestito anche questo, come diceva il mio capo diversi lavori seri fa.


Terzo round, numeri che procedono a spirale. Sempre più difficile, ma con 280 mosse ce la caviamo. Molto bene, Andreotti, molto bene.


L'ultimo round è quello "periferico", che immagino sia ancora più difficile del precedente, ma soprattutto è quello che arriva quando mi sono già bello che rotto i maroni, e quindi niente, fortunatamente il gioco prevede la possibilità di "dargliela su" (o "dargliela a mucchio", secondo un'espressione del Vecchio Paese meno nota) collezionando zero punti. Che brutta figura, Andreotti, ne esce proprio brutto brutto brutto. "Bah, il mio vantaggio è che nemmeno Forattini potrebbe imbruttirmi" dice Il Divo. Io capisco e sto zitto. Prossimo gioco, và.

È merda? Onestamente no, sarà che mi piace il gioco originale, sarà che i numeroni su tesseroni ASCII sono belli, sarà che sulla deplorevole rivista di settore "PC Action" c'era una rubrica per imparare a programmare in Turbo Pascal e uno degli esempi da ricopiare era il gioco del 15, direi che giocandoci mi sono divertito. E lasciar perdere l'ultimo round è semplicemente un sintomo di vecchiaia, mica altro.
Ci rigiocheresti? Sì.

Microlink Otra (1989)

Otra sta per "Otra vez", dove vez non è l'appellativo che un nostro conoscente dava a tutti quanti ("Vez" è dialetto bolognese per "vecchio") e per questo il mio amico Ivano ed io lo chiamavamo "il vez". Beh, il vez era un tipo molto strano, ma strano forte. Parlava da solo, spesso faceva i vocalizzi (sosteneva di cantare in una band in cui suonavano la sorella e il cognato), e poi si commentava da solo l'esito dell'esercizio vocale. Ovunque si andasse diceva tra sé e sé di aver riconosciuto qualcuno che abitava nel suo condominio (suscitando in noi il dubbio che vivesse in un enorme alveare abitato da milioni di persone). Poi tante altre cose che non mi va di scrivere (stando a quello che si diceva aveva avuto grossissimi problemi, e onestamente mi pare molto brutto infierire). Però è vero che quella volta che si aggregò a noi per una vacanza sia Ivano che io eravamo, come dire, molto perplessi dalle sue uscite un po' fuori dal mondo (d'altra parte fu quello che disse che da Ibiza a Barcellona si poteva andare in motorino).

Ma evidentemente eravamo noi a non averlo capito

Sempre per stare in tema di San Silvestro, con un gruppo (nel bolognese si dice "balotta") di gente vicina al vez andammo sempre Ivano ed io, in una discoteca della riviera ad annoiarci a tal punto che odiavamo la vita. Sì, mentre attorno a noi dei truzzi si drogavano e si agitavano e intortavano (a volte a buon fine, a volte no), noi ci annoiavamo. Ma c'è di più: certi altri elementi del gruppo, con dimostrazione di sesquipedale disagio, stavano davanti a dei teleschermi dentro la discoteca che mostravano (in differita) un catalogo animato di cubiste, sbavando e facendo il verso che successivamente Ivano (o fui io? non ricordo) traslitterò in "FIGAFIGAFIGAUNFUNF" ("unf" è l'onomatopea di un grugnito).


Ma ovviamente tutto questo per dire che anche in quel caso sarebbe stato molto meglio passare il capodanno a casa di amici a giocare ai peggio giochi di società, persino quelli più pallosi, tipo il famoso Simon della MB, di cui Otra è un clone.

Vi ricordate di Simon, no?

COSA CI HAI RICORDATO!!!!1! 
BRUSCHETTE, EX VIDEOGIOCATORE, BRUSCHETTE!!!
ORA ANDIAMO SU EBAY E CI SPUTTANIAMO LO STIPENDIO NEL VANO TENTATIVO DI RICREARE UN SIMULACRO D'INFANZ

No.
 Sto ovviamente parlando del giochino elettronico con i 4 pulsanti luminosi che si accendono in una serie sempre più lunga che bisogna ripetere a ogni turno. Ecco. Qui sono 9. Tutto qui. Andiamo a casa?


"Andiamo a casa" era una frase che molto spesso, a Capodanno, era sinonimo di grande sollievo. Beh, no, in questo caso sono già a casa, e siccome ho promesso a me stesso di farli tutti, eccomi qua.


I colori sono stati sputtanati perché stranamente la gif animata originale occupava troppo spazio e l'ho compresa di tanto. Vabbè, intanto ho scritto al mio amico Ivano che mi ha corretto, quelli con cui eravamo andati a odiare la vita in discoteca trendy non erano amici del vez, ma un'altra balotta intera, che aveva tritato i maroni al povero Ivano perché si unisse a loro, e lui per mitigare la rottura di coglioni aveva chiesto a me di venire per fargli da sostegno morale. Siccome tra niggaz del Vecchio Paese che odiano lo Spirito del Vecchio Paese ci si aiuta, sono andato a sostenerlo. Ovviamente di tutto 'sto periodo della mia vita ho i ricordi estremamente annebbiati, e da questo punto di vista Ivano è un ottimo biografo.


Vabbè, gioco inutile. Prossimo!

È merda? Sì, proprio come il Simon originale. Se siete scandalizzati andate a frignare in un altro blog.
Ci rigiocheresti? È più probabile che torni in quella discoteca a urlare UNF FIGAFIGA UNF FIGAFIGA UNF guardando il video di un puttanone sui teleschermi.

Microlink Push Your Luck (1990)

Push your luck significa "Sfida la sorte", e sempre per restare in tema di sfidare la sorte, chi di voi ha mai provato ad ammalarsi attorno a Natale per poter stare a casa a Capodanno sfidando la sorte e andando in giro senza sciarpa? Io no, perché comunque la salute è importante e le rotture di palle di mia nonna quando mi ammalavo non valevano la pena. Però ho sentito di persone che ci hanno provato, e miracolosamente il sistema immunitario schizzava al top della forma, lasciandoli sani come pesci per la sera del 31. Ecco, sì, detto ora sembra fuori di testa, perché ora è socialmente accettato starsene a casa a guardare Netflix, ma al tempo se dicevi che al sabato sera o, peggio ancora a Capodanno, non eri uscito, la risposta era inevitabilmente di stupore: "Ma stavi male?". Insomma, non era proprio concepibile. Forse è proprio questa mentalità che ha contribuito a portare alla glorificazione del nerdismo e alla chiusura in se stessi ai limiti del solipsismo, che ovviamente è peggio.  

Ecco, non sarebbe stato meglio fare che ognuno esce quando gli pare e nessuno gli rompe i coglioni? Utopia, lo so...


Push your luck! Un gioco coi dadi, dedicato da Bob Lancaster all'amata madre Rosa Falasca Lancaster, che spesso gli diceva che sfidava la sorte...


E il nome di questo gioco deriva dal fatto che si sfida la sorte. Lanciamo 5 dadi, più due dadi "Blockers". Se in uno dei 5 dadi compaiono i risultati sui blockers, il dado scompare. A questo punto si può decidere se sfidare la sorte lanciando i dadi rimanenti, o fermarsi tenendo il punteggio. Se sfiga vuole che tutti i dadi coincidano coi blockers e spariscano, allora si passa il turno, e zero punti.


Secondo lancio, tre dadi, nessun blocker. Tiriamo dritto...


...e al terzo lancio perdiamo due dadi. Basta così, può andare. Tocca al PC...


Che alla prima botta non perde manco un dado. Oh beh, fortunato al gioco, sfortunato in amore.

Poco dopo.


Restano due dadi, e con grande botta di culo il PC continua a evitare i blocker con grande disinvoltura...


...fino a quando non becca i due blocker in una botta sola e crolla tutto a zero. Un ghigno impenetrabile si forma sul volto di Andreotti, tocca di nuovo a noi.


I blockers sono 1 e 2. Facendo due dadi con lo stesso numero nei blockers ovviamente avremmo un grandissimo vantaggio ma ahimé, così non è e ci ritiriamo in buon ordine abbandonando con 41 punti. Sì, sono un gran cacasotto.


Però resto comunque in vantaggio, per ora.


Ecco, come non detto. Al quarto round i blockers del PC sono 3 e 3, e una sfilza interminabile di dadi non becca i 3 neanche a piangere. Il PC supera così agilmente i 200 punti nel singolo round...


...e la partita termina con un triste 347 a 159, e un po' come accadde con l'elezione del Presidente della Repubblica del 1992 il Divo Giulio rimane in silenzio e tutti imparano come si sa stare al mondo. Bah, prossimo gioco!

È merda? No, ha quella componente adrenalinica che me lo fa apprezzare, nonostante sia abbastanza un cacasotto.
Ci rigiocheresti? Certo, se non altro per aumentare il livello di incoscienza nella scelta se sfidare la sorte o no.

Microlink Shut The Box (1989)


Ultimo elemento della nostra rassegna è Shut the Box, che detto così vuol dire "chiudi la scatola", ma non possiamo in questa sede ignorare il significato di certi slang della lingua inglese per cui "Box" vorrebbe dire "vagina". Il tema della "box" saldamente serrata , dunque, è facilmente associabile all'argomento di oggi, per cui si usciva il 31 dicembre con la pulsione, anzi, il dovere di "trovare da far bene" (che è un eufemismo del Vecchio Paese per il coito) perché "chi non tromba a capodanno va di mano tutto l'anno", come dice il proverbio. E se leggete da un po' il blog del vostro Ex Videogiocatore, sapete benissimo cosa ne penso dell'efficacia dei proverbi. Se non leggete il blog da un po', beh, i proverbi sono una sesquipedale stronzata usata dai vecchi di merda a corto di argomenti per manipolare chi mette in discussione il grande inganno per cui vecchio = saggio.

E la mattina del primo gennaio, la tragica domanda era "Trovato da far bene?" No, un altro anno di astinenza stando al proverbio, ma grazie a Dio i proverbi sono inutili. Vaffanculo ai proverbi, ecco.


Il gioco è dedicato da Bob alla sua famiglia: Cindy, Rosamund, Ginny e Nathan! Nel sito di Bob contro la medium Sylvia Browne, che trovate archiviato qui, il nome della moglie pare essere Susan, ma ovviamente tra il 1989 e il 2008 sono passati quasi 20 anni, e in due decenni ne capitano di cose. È vero che tendiamo ad ammassare il passato in un unico insieme, senza dimenticarci che esiste un passato del passato ed anche un futuro del passato che magari per noi è comunque passato. Ha senso? Forse no, ma ricordarci che il passato non è un'unica, idilliaca "San Junipero" a cui pensare con le lacrimucce ostentate sul vostro blog di merda potrebbe essere una buona cura per il nostalgismo dilagante.


Ok, si giuochi. La "box" del titolo ovviamente non ha alcuna natura vaginale, ma è effettivamente una scatola con nove tasselli, e sotto abbiamo due dadi. Il totale collezionato è di 8, e dunque...


....e dunque chiudiamo nella scatola il numero 8. Ma avremmo potuto tirare giù anche 6 e 2, o 5 e 3, o 7 e 1 eccetera eccetera eccetera. L'idea è quella di riuscire a chiudere la scatola tirando giù tutti i tasselli, e se non ci si riesce tirarne giù il più possibile. Se non ci si riesce, si passa il turno.


3+1 = 4! Il Divo Giulio tira giù il 4 e procede. Beh, devo dire che è una dinamica interessante, no? Un gioco originale, no? Poi controllo meglio su internet e Shut the Box esiste, con nomi diversi, sin dal 12esimo secolo. Ah beh, Bob, allora che dire? Non sei originalissimo, ma almeno i giochi in ASCII li sai fare. Non me la sento di dare addosso a quest'uomo, ok?


Ok, che altro dire? Facciamo 8, ma a differenza di quello che si faceva nei compiti di matematica per cui per la "regola della simmetria" un 3 diventava un 8 per far tornare il risultato o cose simili, qui siamo costretti a chiudere 5+3. Bah.


Qui abbiamo 6! E niente, non è prevista la sottrazione quindi dobbiamo chiudere il turno restando con 3 tasselli aperti. Mi piace molto che su Wikipedia questo gioco sia descritto come un gioco basato sul "risk management" e posso anche capire il perché. L'importante comunque è non lasciare mai tracce, dice il Divo Giulio.

Più tardi.


Risk management risk management ma ci vuole pure culo. È per questo che il computer con un 5 ben piazzato chiude tutto e si piglia 5 punti bonus. E a questo punto che dire? Mi sono un po' rotto i maroni di giocare, ma con quella bella sensazione di non aver buttato del tutto via il mio tempo, quindi bene così. Con l'inflazione di aspettative dell'ultimo dell'anno, è già tanto poter dire che il tempo trascorso non è stato merda, no? Dunque...

È merda? No, non è merda. Non è originale, e come casual game ci sta proprio. Con questo non dico che mi straccio le vesti.
Ci rigiocheresti? Suppongo di sì.

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