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lunedì 3 dicembre 2018

Jones in the Fast Lane

"Smettila di crogiuolarti nella nostalgia e fai qualcosa della tua vita", è una delle frasi che albergano su questo blog. Oggi vorrei rifletterci un po' su, particolarmente sull'ultima parte.

Chiunque di voi abbia mai fatto una sessione di team-building con un facilitatore (che altri non è che un laureato in psicologia che non ha abbastanza pazienti per fare lo psicoterapeuta, perché in Italia c'è un'offerta garantuesca di psicologi ma una penuria incredibile di pazienti, perché rivolgersi a uno specialista è un tabù) sarà a conosenza della piramide dei bisogni di Abraham Maslow. Ce l'avete presente, no? È semplice da ricordare, è molto semplice da citare, ma ciononostante, ragionandoci su, resta sempre un ottimo strumento nella scienza delle risorse umane e per chi si trova in posizioni più o meno manageriali può essere vista come un ottimo vademecum su come gestire la soddisfazione dei propri sottoposti. È anche facile farci sopra delle battute estremamente scontate.

Tipo questa è la versione per voi adultolescenti nostalgisti che dipendete dalla dose di serotonina che ottenete frignando sulle cazzate della vostra infanzia

Quello che Maslow si chiedeva era: "che cos'è che motiva le persone?" Su questo Piero Angela ci ha scritto sopra un ottimo libro  che vi consiglio caldamente, chiamato "Premi e Punizioni", in cui il grande divulgatore descrive tutti i feedback positivi e negativi che riceviamo durante il giorno come "leve comportamentali" che agiscono sul nostro cervello ad ogni momento plasmando la nostra motivazione verso qualcosa piuttosto che qualcos'altro. Maslow si ferma un po' prima, riconducendo i premi e le punizioni al sistema dei cosiddetti "bisogni", ovvero necessità fondamentali poste in una scala gerarchica che parte dal basso, con i bisogni necssari alla sopravvivenza fisica, e si evolvono negli stadi sucessivi. Maslow scrive:

E’ ben vero che l’uomo vive di solo pane – quando non c’è il pane. Ma cosa succede ai desideri dell’uomo quando vi è abbondanza di pane e, quando la pancia è cronicamente piena?  

Subito altre (e "superiori") esigenze emergono e queste, al posto della fame fisiologica, dominano l’organismo. E quando queste a loro volta sono soddisfatte, ancora nuove (e ancora “superiori”) emergono e così via. Questo è ciò che intendiamo col dire che i bisogni umani fondamentali sono organizzati in una gerarchia di relativa preponderanza (Maslow, 1943).

Questa gerarchia, almeno nella prima formulazione della teoria dei bisogni, è formata da 5 livelli (negli anni 60, Maslow ne aggiungerà altri due, ma non sono importanti in questa sede). I primi quattro sono detti "bisogni da carenza", ovvero i bisogni che motivano le persone quando non sono soddisfatti. Insomma, ho fame, non ho da mangiare, la mia motivazione è spinta dal cercare qualcosa da sgranocchiare. 

Non mi risulta invece che nessuno abbia mai avuto
 bisogno di avere di fianco Marisa Laurito mentre sta mangiando
Una volta che ho la pancia piena, inizio a dirmi "Ehi, ma siamo sicuri che nel futuro avrò sempre il cibo garantito?" ed è qui che arriva il bisogno di sicurezza. Una volta che so che comunque vada, qualcosa da mangiare lo troverò sempre, arriva l'ennesima realizzazione, e cioè che non ho amici. E via motivato a farmi degli amici. Che però all'inizio mi trattano di merda. E via motivato ad ottenere la loro stima. E una volta arrivato in cima al quarto bisogno, con la pancia piena, la sicurezza di mangiare in futuro, con degli amici che mi stimano pure, arriva il livello finale, l'auto-realizzazione.

L'auto-realizzazione è il bisogno più stronzo di tutti, che non è che gli dai qualcosa e allora è automaticamente soddisfatto. L'auto-realizzazione è sviluppare il proprio potenziale, cercare la crescita personale, avere le cosiddette "esperienze di picco", ovvero quella sensazione di euforia e di meraviglia quando si ha esperienza del mondo per quello che è e ci si eleva dai problemini di ogni giorno. L'auto-realizzazione non è un traguardo, ma è uno stato mentale di essere perennemente in divenire e non restare mai fermi. È nell'esperienza dell'auto-realizzazione che l'uomo viene a trovare un senso alla vita e vive le esperienze di picco. Io le esperienze di picco in genere ce le ho quando do le dimissioni (ne ho parlato descrivendovi la gioia del footbag in California Games) ma forse farei meglio a trovare un modo per avercele senza dover per forza cambiare lavoro ogni volta, no? Sigla!


"Jones in the Fast Lane" in Europa non è mai uscito. Forse pensavano che non fosse sufficientemente interessante un "simulatore di vita" in cui si doveva scalare piano piano la piramide di Maslow (fino a un certo punto, come vedremo), ma in ogni caso io ebbi a giocarci nel lontano 1999, quando scoprii che su internet c'erano i siti cosiddetti "Abandonware" in cui potevo lasciarmi andare al collezionismo compulsivo e tirare giù a gratis tutti i giochini su cui, anni prima, avevo sbavato leggendo le riviste di settore. Più altri giochi ignoti come questo, che pur essendo prodotto dalla ben nota Sierra, non conoscevo minimamente. Poi, a volerla dire tutta, "simulatore di vita" sarebbe stato più appropriato per i giochi della serie "Alter Ego", che furono sviluppati da un vero psicologo, ma l'approccio a scelta multipla in stile librogame alla vita mi pare ben poco "simulatorio". E poi gli Alter Ego erano in CGA, cosa che quando tiravo giù gli abandonware mi faceva ignorare i giochi in questione. Sono vecchio, sì, ma non così vecchio da aver vissuto quando il mondo era in bianco, nero, ciano e magenta.

Nel 1999 avevo 17 anni e, come già ho detto più volte, ero un sesquipedale sfigato. A scuola iniziavano a menarmela sul fatto che di lì a poco avrei dovuto scegliere che cosa fare della mia vita, che la pacchia sarebbe finita di lì a poco, e io non vedevo l'ora di smetterla di essere dipendente dalla famiglia. Sarebbe anche stato molto bello avere un po' più di privacy. Ma vie d'uscita, al tempo, non ne vedevo, e la strada da fare per l'indipendenza si rivelava ancora lunga. E quindi mi preparavo alla vita da solo con questo simulatore di vita.


"Inserisci la parola numero X alla riga Y della pagina Z del manuale del gioco" dicevano i DRM al tempo. In questo gioco ci limitiamo a chiedere gentilmente di non piratare il gioco. "Don't Copy that Floppy!" diceva uno spot americano del 1992 che diventò famoso per la sua ingenuità in tempi a loro volta divenuti famosi per la loro ingenuità. 


Peraltro, l'estetica di "Don't Copy that Floppy", una versione informatica del noto telefilm "Bayside School", non è tanto distante da quella di Jones in the Fast Lane. In realtà non siamo nemmeno tanto distanti dala schermata dei credits di Leisure Suit Larry...


...e al posto delle figure astratte abbiamo immagini molto eloquenti sull'arrampicata sociale che questo gioco simulerà. Ebbene sì, avete inteso bene: due uomini in giacca e cravatta che corrono uno contro l'altro mentre le famiglie li guardano. Il concetto che si vuole veicolare è quello espresso dal modo di dire Keeping up with the Joneses, che era il titolo iniziale di questo videogioco, ma che apparentemente era copyrightato da qualcuno, quindi all'ultimo momento è diventato "Jones in the fast lane".

Keeping up with the Joneses è il nome di una strip pubblicata sui giornali in syndication creata da Arthur "Pop" Momand, che narrava le esilaranti vicende della famiglia McGinis, il cui principale obiettivo era di essere allo stesso livello sociale dei loro vicini (mai apparsi nel fumetto), i Jones.

Esilaranti proprio
La strip fu rapidamente dimenticata, e Momand campò di ritrattistica fino alla sua somparsa alla veneranda età di 100 anni. Il nome "Keeping up with the Joneses" rimase impresso nella cultura popolare americana, per esprimere la necessità di usare i propri vicini come metro di paragone per il proprio successo nella società.


Nel ventesimo secolo, l'ascesa della cosiddetta "classe agiata" come descritta da Thorstein Veblen ha reso il concetto di Keeping up with the Joneses un importante fattore di motivazione, dando vita a quello che possiamo chiamare "Consumismo ostentativo". Con questo intendiamo l'acquisto di beni ritenuti di lusso (possiamo vedere i nostri due uomini in carriera spingere carriole con Hi-Fi e Televisioni) in modo da poter ostentare la propria posizione sociale, usando sempre come metro di paragone il vicino, l'amico, il parente eccetera.

Molti economisti hanno visto questo fenomeno come uno stimolo benefico per far girare l'economia e per incrementare la mobilità sociale verso l'alto. Il rovescio della medaglia che i suddetti economisti dimenticano di citare è che per acquisire beni "posizionali" le famiglie si indebitano. Tra il 1986 e il 2016 il debito totale delle carte di credito statunitensi è passato da 133.5 miliardi a 927.1 miliardi di dollari. E lo stimolo alla mobilità sociale verso l'alto viene annullato dall'incapacità delle famiglie vittime del Keeping up with the Joneses di risparmiare, visto che ogni guadagno extra tende ad essere scialacquato in quelle che mia moglie chiama, con un'espressione molto centrata, "gigiate". 

(Peraltro, uno degli aspetti del nerdismo che mi disgustano di più è il consumismo ostentativo di pupazzetti e merda varia da tenere in una teca a prendere la polvere e con cui fare i fighi sui propri blogghettini, ma non vado oltre che poi divago ulteriormente).


Ma detto tra noi, è veramente una forma di motivazione questa mentalità di continuo confronto con il proprio vicino? Se avete presente quello che penso a proposito della competitività malsana alla quale noi figli degli iperconsumistici anni 80 siamo stati sovraesposti, la risposta è "fino a un certo punto". Perché se è vero che l'osservazione dell'altro è parte del quarto bisogno da carenza (l'accettazione da parte degli altri, la stima), oltre a un certo livello diventa una motivazione principalmente di facciata:. Nella gara a eliminazione diretta che è la corsa al successo da ostentare, alla fine la maggiore soddisfazione non deriva dall'auto-realizzazione (come previsto dalla teoria di Maslow) quanto dal vedere che i nostri concorrenti falliscono. 

In un ambiente come il Vecchio Paese, in cui ci si conosce tutti e l'attenzione al posizionamento sociale è tutto, ho potuto notare presso diverse persone come nulla potesse dare una maggiore soddisfazione che parlare delle sfighe altrui. Corna, morti, rovine economiche: tutto faceva schadenfreude, a dimostrazione di durata più che centenaria di un proverbio che ho imparato a odiare: "Mal comune, mezzo gaudio".


Gaudio deriva dal latino Gaudere, da cui deriva anche godimento, ovvero una forma di piacere "esplosiva". Mi ha sempre colpito l'uso della parola "gaudio", quando avrebbe avuto più senso dire "Mal comune, lieve consolazione", anche se capisco che non sta bene nel ritmo della frase. Non so, ho sempre avuto l'impressione che il Vecchio Paese fosse un calderone pieno di odio e malevolenza che venivano tenuti a bada soltanto dalla cortesia necessaria alla creazione di un'immagine signorile funzionale all'ostentazione della posizione sociale. Non appena saltassero i bluff si precipiterebbbe abbastanza rapidamente in uno stato di natura hobbesiano. Nel "Grundrisse", Karl Marx osserva: 

[Gli economisti affermano che] ciascuno, perseguendo il suo interesse privato e soltanto il suo interesse privato, involontariamente e inconsapevolmente finisce col servire l'interesse privato di tutti, l'interesse generale. Il punto saliente di questa affermazione non sta nel fatto che perseguendo ognuno il suo interesse privato si raggiunge la totalità degli interessi privati, e cioè l'interesse generale. Da questa frase astratta si potrebbe anzi dedurre che ognuno reciprocamente ostacola l'affermazione dell'interesse dell'altro, sicché invece di una affermazione generale, da questo bellum omnium contra omnes risulta anzi una generale negazione. 

Il paradosso è che per evitare questa forma di egoismo violento dovremmo comunque puntare sull'individualismo: l'auto-realizzazione secondo Maslow è uno stato che non richiede il bellum omnia contra omnes. In realtà nessuno dei fattori motivanti di Maslow, in situazioni normali (cioè no carestie o calamità simili)  richiede il danneggiamento altrui. Eppure, siamo così inebriati dalla fallace visione della vita come un gioco a somma zero che torniamo sempre al concetto iniziale: se non vinciamo noi, vincono i Jones.


"Marò che orchite, Ex Videogiocatore" starete dicendo voi "già questo gioco non lo conosco quindi non sto nutrendo il mio bias di conferma con cose che mi rassicurano ricordandomi un'infanzia idealizzata, e poi ci fai sto pippone e tiri fuori pure Marx? Ma io spengo il PC, lo butto via, disdico l'abbonamento a internet, lo rifaccio, compro un nuovo PC e vado a rifugiarmi nel mio safe space fatto di lacrime e bruschette!" Sapete benissimo che amo prendere le vostre immagini di un'infanzia idealizzata e candeggiarle fino a che la crosta di lerciume che è il vostro nostalgismo non è venuta via, quindi fatevene una ragione, e se la cosa non vi piace andate pure a darvi le pacche sulle spalle con i vostri "20 cose su [merda a caso] che facevate finta di non sapere perché dell'auto-realizzazione secondo Maslow vi siete sbattuti le palle e vi siete riempiti la testa di ossessioni per cose di svago ed ora la vostra esistenza non ha un senso se non nel rimembrare un passato inesistente".

Comunque inizio a giocare, e proprio perché voglio auto-realizzarmi senza badare alla competizione, gioco da solo.


Uh che bello! Attori digitalizzati, che mi ricordano molto i Ricchi e Poveri nella prima formazione: da sinistra a destra abbiamo Angelo Sotgiu e il suo mullet, Angela Brambati, Franco Gatti e il suo baffo da sparviero e alla fine la dimissionaria Marina Occhiena. Ovviamente a parte le due classiche dei Ricchi e Poveri non conosco nulla se non l'imitazione fatta da Nino Frassica a qualche varietà del sabato sera di tanti anni fa (penso fosse "Scommettiamo che...?" ma non ne sono sicuro) in cui un ottuagenario giapponese imitava Angela Brambati e a qualsiasi domanda rispondeva "Angela!". Mi faceva molto ridere. Ma colti dal fascino del mullet e dell'occhiale da sole, scegliamo il biondo sardo Sotgiu, e decidiamo a che punto settare il livello di auto-realizzazione necessario alla vittoria del gioco.


L'auto-realizzazione è qui suddivisa in quattro obiettivi: educazione, carriera, felicità e ricchezza. "Happiness is accumulated by acquiring goods" dice la descrizione, e già mi scendono i coglioni. Già allora mi scesero i coglioni. Me lo ricordo ancora. Uscirono dalle mutande e si spataccarono sul freddo pavimento in piastrelle anni '50 della casa del Vecchio Paese con un sonoro "Plop". Subito dopo mia nonna si fiondò in camera dicendo "Sono forse dei coglioni quelli che stai furtivamente raccogliendo da terra? Guarda che sporcano!". Avevo 17 anni e avevo "acquired" abbastanza "goods", ma già allora ero sufficientemente sveglio per capire che la mia felicità non l'avrei aumentata riempiendola di gigiate. Almeno, non oltre a un certo punto.


Oh beh. Cominciamo, và. Ad Angelo "Mulletboy" Sotgiu viene proposto di giocare contro il titolare Jones, ovvero un concorrente controllato dal computer, ma noi ce ne freghiamo perché qui si punta all'auto-realizzazione, come ho detto. E via che ci troviamo in un paesino surreale tipo Monopoli o il suo clone per bimbi ricchi Hotel, in cui il nostro segnalino è una biglia verde.


Come prima cosa, andiamo al Monolith Burger a soddisfare il bisogno più basso della piramide di Maslow: la fame! Un cartone di patatine fritte (a 68 dollari) ci basta per tutta la settimana. Certo, 68 Dollari (107 euro di oggi) devono essere un sacco di patatine fritte. Poi voi non lo sapete perché non ne ho ancora parlato su questi pixel (me ne scuso) ma Monolith Burger (nonché Astro Chicken) è un riferimento a Space Quest. Prima o poi ci arriverò, ma onestamente ne ho voglia come ho voglia di una nuova ragade.


Beh, ora che ci siamo sfamati, andiamo all'ufficio di collocamento a soddisfare il bisogno di sicurezza. Evitiamo di puntare ai posti più in alto perché Sotgiu è una capra ignorante che è arrivato ai 40 anni vivendo da NEET, avendo come unica attività quella di scrivere post sul suo blog che parlano di quanto fosse bella l'infanzia quando non si sentiva il fiato della responsabilità soffiarci sul collo (questo è meta-humor, amici). Quindi Mulletboy fa quello che tanti altri NEET non hanno il coraggio di fare e si abbassa ai lavori più bassi: l'hard discount non ha posti da commesso e quindi candidiamoci come cuoco al Monolith...


...e quindi lavoriamo per il resto della settimana, fino a che il cronometro in basso non diventa tutto rosso.  A questo punto che si fa?


Si va a casa, dove si passa alla settimana successiva, dopo che il gioco ci dice quanto abbiamo speso nel weekend e cosa abbiamo fatto. 12 dollari per ascoltare 256 volte un non ben definito orso parlante. Beh, ho passato weekend peggiori. Tipo quando giocavo a Jones in the Fast Lane (sì, questo è di nuovo metahumor, anche se un po' telefonato).


La cosa bella del lavorare al Monolith Burger è che non perdiamo tempo per andare a mangiare, e inoltre il prezzo delle patatine è pure calato. A fine settimana abbiamo 404 dollari nel portafoglio (e 100 dollari sono stati messi in banca).

Più tardi.


Un'altra settimana a lavorare e altri soldi messi in banca. In più ogni 4 settimane c'è l'affitto da pagare, che per il nostro "low cost housing" è altissimo: 325 dollari. Ma ammetto che uno dei grandi motivatori, probabilmente legato al bisogno dell'apprezzamento familiare, è quello di non lasciarmi andare e pagare le cose in tempo.

Più tardi.


Abbiamo un po' di soldi da parte, e andiamo dunque ad educarci. Iscrivendosi all'università, Angelo "Mulletboy" Sotgiu scopre che esiste la facoltà "Trade School" ovvero istituto professionale. Ma come? Ma l'università non era un atelier culturale?No, evidentemente non in questo universo. Ma d'altra parte, non abbiamo tre anni (quando va bene) da buttare via in un corso universitario che ti prepara a diventare lo schiavetto di un barone accademico. E quindi impariamo a fare cose, che Mulletboy sarà pure un ignorante ma almeno, che cavolo, si dà da fare! E intanto tanti laureati in ingegneria restano a casa di mamma e papà.

Più tardi.


I vestiti di Mulletboy, a furia di essere usati, si consumano e ora Sotgiu gira per la città in boxer, e con la pecetta nera a censurargli il pacco e i capezzoli. Non avrei mai pensato di scrivere su questo blog la descrizione di un sosia di Angelo Sotgiu dei Ricchi e Poveri con i capezzoli e il pacco censurati, ma eccoci qui. We've hit peak ex videogiocatore, gente.

Comunque andiamo da QT Clothing a cercare un vestito, ma siccome costa troppo andiamo al discount a cercarne abbigliamento di seconda mano. Poi dove abitavo io che era in zona hipster la roba vintage costava quasi di più di quella nuova, ma questo è il 1991 e gli hipster ancora non esistono. Niente vestiti al discount comunque, però compriamo un dizionario per coprirci le pudenda.


Siccome da ignudi al lavoro non ci prendono andiamo a finire gli studi. Sotgiu partecipa alla cerimonia di laurea in mutande, e io non mi vergogno più di come ero vestito alla mia, di laurea. Quando mia moglie ha visto una foto di quel giorno non riusciva più a smettere di ridere.

La settimana successiva.


Ah-ha! Stavolta all'hard discount i vestiti casual c'erano. Vado avanti, a realizzare. Eh, eh, eh! Non posso risolvere i suoi problemi, signore, solo lei può!


Ah! Abbiamo anche le statistiche. Il valore netto di Sotgiu (e del suo dizionario con peli pubici in mezzo) è un totale di 687 dollari. Bello. Possiamo permetterci un po' di lusso? Forse potremmo, ma siccome io sono un grandissimo cacasotto non mi butto nell'acquisto compulsivo senza aver prima accumulato uno zoccolo di risparmi nel caso in cui le cose vadano storte. Lo so, sono un uomo molto noioso.

Numerose settimane più tardi.


Con una mossa che farebbe fiero Ugo La Malfa, spendo 81 dollari per una sobria TV in bianco e nero, piuttosto che 257 per una vanesia e consumistica TV a colori. mi sa che nella parte dell'accumulare gigiate per stare dietro ai Jones non mi riesce tanto bene, no?


Nel frattempo, ora che abbiamo dei nuovi vestiti molto anni 90, con la giacca in stile "Seinfeld" con le spalle troppo larghe, andiamo a cercare un nuovo lavoro, per la precisione assistente manager sempre a Monolith Burger. Solo però che nel frattempo i prezzi sono crollati e quindi anche lo stipendio si è abbassato. Il trucco qui è farsi assumere quando i prezzi sono alti (tanto non esiste scala mobile verso il basso) e comprare gigiate quando i prezzi sono bassi.


Assistente manager a Monolith? Bah, molto meglio assistente manager da QT Clothing! Compriamo un bel completo dallo stesso sarto (che peraltro avrebbe potuto darci aggratise, ma è stronzo) e iniziamo a lavorare. Sempre 4 dollari al giorno. Che palle.


E in tutto questo ci dimentichiamo pure di mangiare, e fortunatamente Sotgiu non collassa sul pavimento per la grave carenza di patatine fritte, ma a causa della fame abbiamo meno tempo per lavorare e fare le nostre cose. Inoltre, leggendo il giornale, scopriamo che un ladro di nome "Wild Willy" ha svaligiato un altro appartamento. Aspetta un attimo... sarà mica che...?


Eh sì, è il NOSTRO appartamento. 300 e passa dollari per un postaccio vuoto. Bah. Andiamo un attimo a vedere l'agenzia immobiliare...


...oh, benedetta deflazione. Gli appartamenti di lusso e securizzati a 237 dollari. Mi ci fiondo!


Ecco, tutto molto bello. Ora, se fosse stato così semplice anche comprare casa sarebbe stato molto bello, ché mia moglie ed io siamo stati 8 mesi a spaccarci la testa sugli annunci per poi avere a che fare con truffaldine agenzie immobiliari e tentativi di offrirci contratti capestro per via del fatto che dove abbiamo comprato casa siamo stranieri. Diciamo che sfanculare tutti una volta completato il trasloco è stata per noi un'esperienza di picco


Ora abbiamo un appartamento di lusso e anche un po' di soldi in tasca, possiamo comprarci cibo per quattro settimane e smetterla di nutrirci di patatine fritte, no? Ci servirà anche un frigorifero, che all'hard discount non hanno...


...ma ora che possiamo permettercelo applichiamo la regola degli "Stivali di Vimes" (per chi di voi ha letto i romanzi della saga di Discworld), o in alternativa il proverbio "Chi più spende, meno spende", e andiamo a Socket City a comprarci un frigo coi controcazzi.


E meno male, perché poco dopo l'inflazione torna su. Ma Sotgiu magna tranquillo. Ma ora, a che punto siamo con l'autorealizzazione?


75% degli obiettivi, dice il gioco. Non male, non male. Abbiamo anche soddisfatto le aspettative relative al lavoro. Vogliamo concentrarci su altro, tipo chessò, sulla felicità?


No, macché, ci concentriamo ulteriormente sul lavoro, diventando broker di investimenti e andando a quello che una generazione fa era il bengodi di tutti i figli della classe media come me: IL POSTO IN BANCA! Oh, sono dodici dollari l'ora.

Più tardi.


Intanto che abbiamo preso altre lauree e con il nostro lavoro nuovo da squalo dell'alta finanza abbiamo un sacco di soldini, ci resta da completare l'obiettivo della felicità. E quindi che facciamo (visto che farsi una famiglia non è previsto in questo gioco) ?


Niente, compensiamo la solitudine comprando gigiate da socket city. Beh oh pure la Jacuzzi (che costa meno di un PC), mica tante gigiate. Ecco, una Jacuzzi la comprerei volentieri. Non mi farebbe felice, ma vale la pena provare, no?


Ecco una cosa che può donarci felicità. Il cazzeggio. Ora che il nostro appartamento è pieno di ammenicoli tecnologici possiamo dedicarci interamente al relax, senza bisogno di presentarci al lavoro, tanto non rischiamo il licenziamento.


Passata la settimana di grattamento scrotale in cui si è trovato il tempo di fare 46 dollari con il computer (non si capisce bene come), il nostro Angelo Sotgiu ha raggiunto il 100% degli obiettivi! Bellissimo. E mò?


E niente, abbiamo vinto, il nostro potenziale avversario Jones ci lancia addosso stelle filanti e il gioco ci chiede se vogliamo giocare di nuovo o uscire. Devo dire che questo finale è stato un po' deludente, anche perché come ho detto prima, l'auto-realizzazione secondo Maslow non è un traguardo né uno status quo da mantenere, ma è un percorso di continuo miglioramento. Va detto, a difesa del gioco, che ho trovato la motivazione di giocare fino alla fine, ma credo che questo sia dovuto al fatto che in fondo speravo che il gioco terminasse con Angelo Sotgiu che raggiunge davvero l'auto-realizzazione e inizia una carriera musicale che dura ben più di 50 anni e che a tutt'ora continua imperterrita. Nah, ma a chi voglio raccontarla, io i Ricchi e Poveri non me li sono mai cacati e dubito che lo farò. Prossimo gioco!

È merda? Eh sì, la dinamica è semplice e ripetitiva, la grafica è quello che è e il fatto che ci fossero attori digitalizzati poteva sembrare fico nel 1991, ma di certo invecchiava in fretta. Il gioco è insulso e avrebbe decisamente più senso come gioco da tavolo (e in effetti leggendo qua e là dico che è pesantemente ispirato a un gioco da tavolo che dubito sia mai stato pubblicato in Italia). Bah.
Ci rigiocheresti? Non mi risulta che la prolungata mortificazione dell'intelletto sia uno dei bisogni presenti sulla piramide di Maslow, dunque no.

11 commenti:

  1. faccio notare che hai applicato alcuni dei criteri che applichi nella vita reale, tipo con il frigo "chi più spende meno spende", e quindi il gioco non è una vaccata del tutto. e poi, domanda onesta dato che non ho mai giocato a niente del genere, ma tutti i giochi di vita virtuale con avatar usciti in seguito, tipo sims o second life, non sono un po' la stessa cosa?
    Detto questo (espressione fantastica e polivalente), interpreto diversamente il criterio "sicurezza" nella piramide di maslow. se hai fame, la sicurezza non è un bisogno primario, nel senso che per procurarti da mangiare puoi fare cose pericolose, che so: uccidere un orso a mani nude per mangiarne le carni, fare un lavoro pericoloso pur di guadagnare per mangiare. quando hai soddisfatto questo bisogno, il bisogno successivo "sicurezza" non è dettato dal consolidare il bisogno "fame" ma al contrario dal fatto che il primo bisogno è già soddisfatto e consolidato e quindi l'uomo aspira a migliorare la sua condizione. ho la pancia piena, e mo' col cavolo che vado a lavorare in un posto non a norma. io voglio un lavoro dove non rischio di cadere dalla finestra all'8° piano per guadagnarmi il pane. che poi la sicurezza è uno degli esempi di non-insoddisfazione nel modello di motivazione di herzberg, ossia la hygiene theory. Vabbè, lo so, dovrei scrivere qualche post, ma chi ce l'ha il tempo?

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    1. La fondamentale differenza è che nei simulatori di vita virtuale come the sims e second life (che è online, quindi potremmo definirlo un client di chat arricchito di multimedialità) il gioco non impone un obiettivo da raggiungere per dichiararsi vinto. Chiaro, si può giocare allo svacco anche a Jones in the Fast Lane, per sperimentare come potrebbero essere le conseguenze di una vita dissoluta in cui si vive circondati di bottiglie riempite della propria urina e non ci si lava mai, però si va contro un obiettivo esplicito posto dal gioco. In "The Sims" non veniamo giudicati e possiamo anche dare sfogo al nostro sadismo senza che il gioco in sé ci giudichi. Differenza sottile ma questo è. A parte ciò, sì, la dinamica è più o meno la stessa, anche se qui è piuttosto semplificata.

      La tua interpretazione della sicurezza nella piramide di Maslow ha molto più senso della mia, anche se quando dico che magari in futuro non so se mangerò potrebbe anche essere dovuto al fatto che per mangiare stavolta devo ammazzare un orso più grosso del precedente, no? E siccome a volte sei tu che mangi l'orso e a volte è l'orso che mangia te, oggi ho mangiato, ma magari domani non ci riesco, ho meno energia ed è l'orso ad avere la meglio. (Rumore di unghie sui vetri).

      Attendo il post su Herzberg, che non vedo l'ora di applicare al mio lavoro serio (qualunque esso sia).

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    2. riguardo a maslow: la "scalata" della piramide non è un processo irreversibile, ma piuttosto una fotografia dell'hic et nunc. ora ho (garanzia di avere) da mangiare? benissimo, allora voglio sicurezza. chiaramente si può cadere e ritrovarsi al punto di partenza. problemi economici, disastri familiari, disgrazie, problemi di salute, esaurimenti, depressioni, alti eventi della vita...il fatto di aver salito qualche gradino non ci mette al riparo. ci sentiamo solo più tranquilli (in quel momento e in quella situazione) e quindi abbiamo voglia e bisogno di puntare più in alto. forse più si sale nella piramide più si rischia di farsi male cadendo, ma suona come una frase a effetto e non sono convinta fino in fondo. meriterebbe una riflessione a parte.

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  2. Risposte
    1. Troubleshooter in the fast lane. È stata un'esperienza di picco?

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  3. La battuta della prima immagine è meravigliosa, te ne dò atto :).
    Dalla tua recensione, mi rimane un dubbio: sei stato bravo tu o è il gioco abbastanza facile? In fondo mi sembra di capire che bisogna solamente stare attenti all'inflazione.
    A me non dispiace affatto, anche se si capisce che la longevità è praticamente pari allo zero..Sono quei giochi con i quali avrei perso volentieri tempo..Divertente la questione dei vestiti che si consumano e anche dei furti subiti.
    Per i bambini era invece questo un gioco educativo?

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    1. Grazie del commento alla prima immagine: io cerco sempre di risvegliare le coscienze ma ho paura di parlare al vento.

      Sul gioco in sé, non è sta gran difficoltà, diciamo che una sfida più grande si ha giocando contro altri o contro Jones, ma come ho detto, io aborro l'autorealizzazione come bellum omnia contra omnes quindi ho giocato da solo sbattendomene di guardare al successo altri, cosa che ha reso tutto più semplice. Cosa che a ben pensarci andrebbe applicata anche nella vita reale, no?

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  4. Articolo molto ben scritto.
    A proposito del discorso legato al "mal comune mezzo gaudio", ci sono persone che pur di non agevolarti in qualche modo, si autopenalizzano, ad esempio, vai lì e gli dici:"posso coltivare quel tuo terreno inutilizzato e poi ti do una parte del raccolto?". La risposta è spesso negativa. Proprio la mentalità della paura di essere in qualche modo superati, surclassati, forse fregati, non lo so.
    Ma questo gioco in effetti...non ho ben capito in cosa consistano le difficoltà.

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    1. Eh. Ne ho parlato già altrove, ovvero qui: clicca qui!. E pure qui nel post antologico. In realtà ne ho parlato un po' ovunque, quello che descrivi è parte di ciò che chiamo lo Spirito del Vecchio Paese, ed è anche la ragione per cui anche vivendo nelle più grandi e cosmopolite città del mondo, certe persone il Vecchio Paese se lo portano dentro.

      Le difficoltà nel gioco suppongo arrivino quando si gioca contro Jones, che immagino arrivi all'obiettivo regolarmente prima di noi. O per stimolare ulteriormente la stronzaggine, si gioca contro altre persone sullo stesso PC, come se fosse un gioco di società. Ma temo che non sia così divertente, ecco.

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  5. Come sempre la parte più interessante è quella psicosociologica su cui non ho da aggiungere.
    Videoludicamente, non posso che ricordarti la declinazione italianissima e cafona di questo gioco, il "Tabboz Simulator".
    Tutto sommato JitFL lo ricordo piacevole, e poi da regazzini era l'unico modo per "realizzare" alcuni di quei traguardi, e come ci illudeva che bastasse studiare (cliccando su un libro) per averla vinta sui Jones! Ripensandolo ora lo definirei un precursore di quei progress game tipo Universal Paperclips.

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    1. Il Tabboz Simulator è nella lista delle cose da farsi, e in effetti ha obiettivi molto più "realistici" (per i ragazzini, s'intende). Ci arriverò, ma non subito. Il paragone con Universal Paperclips ci può anche stare, come direbbero i giovani, con la differenza che Jones è infinitamente meno ipnotico e più noioso.

      Comunque, per stare in tema su clicca = studia, che invidia per l'Avatar di Ultima 6 che imparava il linguaggio dei Gargoyles usando semplicemente una pergamena. "You study the scroll!" in barba ai vari babbel, duolingo e al loro cavolo di spam.

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