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lunedì 2 ottobre 2017

Euro Soccer

Da diversi anni ci si ripete che il calcio italiano è morto, o se non lo è, è in pessimo stato. Non so se sia vero o se sia l'ennesimo effetto collaterale degli occhiali tinteggiati di rosa della nostalgia. Che cosa ha rovinato il calcio? C'è chi dice che siano stati i diritti tv, chi i procuratori / papponi, chi il troppo giro di soldi, chi i giocatori senza bandiera, chi la sentenza Bosman. Io ho la mia idea, che è "niente di tutto questo". Questi sono sintomi, ma la vera causa, secondo me, sono i giornalisti che hanno trasformato un gioco divertente in un oggetto da poemi epici. 

Per questo, grazie a una seduta spiritica tenuta dal mio sensitivo di fiducia Romano Prodi, ho deciso di evocare il fantasma di colui che, con la sua prosa ampollosa, i suoi finti virtuosismi e i suoi inutili sfoggi di cultura solo all'apparenza "popolana", ha decretato l'inizio della fine del calcio: Gianni Brera. Per questo ora dipingo il mio computer di rosso come una Lettera 62 e lascio che a scrivere l'articolo sia colui che, prima di Rupert Murdoch, di Mino Raiola, di Luciano Moggi, di Gianluigi Lentini e Gianluigi Donnarumma, prima del divin codino di stocazzo  (a cui non ho mai perdonato la sua fuga all'Inter), prima di Erwin Bosman e di Joseph Blatter, ha sputtanato il Giuoco del Calciuo.

Che accade? Che c'è? Ahhh! Dalle nebbie eridane del sacro Padum io, Giuàn il Padàn in (lievemente evanescente) persona, emergo! Qual arturiana dama del fiume, pronto a narrarvi le gesta di Excalcibur, evocato di nuovo, attraverso a ritroso l'Acheronte e sono di nuovo a voi, o mio pubblico, a deliziarvi (si spera) parlandovi di che altro se non il Calcio, o simulacro di esso? 

È ironia strafottente dell'Ananke che l'ex videogiocatore, spingendo coi ditini il bicchierino sul tavolino, abbia chiesto a me, ormai simulacro di quel che fui, di recensire un simulacro di calcio, peraltro pubblicato nell'anno a me fatale, quando lasciai quella che i vichinghi chiamano Midgard nelle nebbie tra Codogno e Casalpusterlengo. Ma bando alla malinconia: chi muor giace, chi vive si dà pace, diceva il Guicciardini.


Questo giuoco è prodotto da un'équipe chiamata "Flair team". In albionese (ma chi non lo parla al giorno d'oggi?) Flair è quella che Catone chiamerebbe un po' una vox media. Sta a significare il fiuto, l'intuizione, il senso di collegamento col resto dell'universo (ohibò) che fa sì che il goleador possa, e mi si conceda la prosa, sbatterla dentro.


In un pitch all'inglese, senza pista d'atletica (questi disgraziati d'oltremanicari hanno da secoli abbandonato, in favore dell'endogamia, la cultura fisica), abbiamo due grandi coppe con le orecchie: in un riquadro, vediamo un allenatore (oh mestiere ingrato!) arringare alcuni suoi legionari. Le flaccide gambine, la postura assunta che indica mollezza, ci lascia pensare che la loro fisicità più sviluppata sia nel sollevamento della pinta.


Ed ecco l'entrata dei gladiatori! Mi si conceda di sottolineare, in una piccola parentesi faceta, che il brano di tal Julius Fucik, chiamato "l'ingresso dei gladiatori", è usato in tutti i circhi del globo terracqueo come contorno musicale all'esibizione dei pagliacci. Ritengo che anche in questo caso non sia a sproposito.


Gol! La rete si gonfia, e il titolo del ludo appare, e anche inalora, da quel pochenulla che so di videobalocchi, la qualità dell'arte non era qualcosa per cui commuoversi.


Dagherrotipi dai toni virati ci fanno già caragnare ché, come spesso accade, il libro non è mai bello come la copertina, e chi è furbo ha già ben che capito.


La schermata di selezione. qualcuno direbbe menù, ma siccome che noialtri ectoplasmi non possiamo mangiare, preferisco non riportarmi alla mente le tenere, proustiane, memorie di una buona cassoela. Noi che vogliamo (che dico mai, esigiamo!) un calcio maschio e virile, lasciamo subito perdere l'amichevole, che a Natale in tucc fradei, a Santo Stefano tiren già föra i cortei.


Rapida e indolore: due minuti per tempo, e con un tocco di megalomania possiamo pure scegliere il tempo che farà per tutto il torneo. Ah lasso, tra le possibilità non trovo il clima in cui sono cresciuto, il tempo dei rivaioli di Padre Po, che animalmente gode dell'amplesso con Madre Olona, sparagnando nell'umido cielo un eiaculato sospeso fatto di mille milioni di piccole goccioline: è la nebbia, che i terùn dicono di non invidiarci, ma che quando tornano in Apulia o in Calabria a fare la passerella in vacanza, gli sale dentro una brasiliana "saudade", che sarà mica che forse tutto quel sole e quel caldo sono un po' sopravvalutati?


Per tutto il torneo dovremo selezionare una tattica. Ma dov'è, mi chiedo, dove sta? Di cosa sto parlando? Di Santo Catenaccio, l'intercessore tra la manifesta inferiorità fisica (lo dice Darwin, mica io, abbiate pazienza) della razza italica e il paradiso del calcio! Purtroppo non c'è, e che altro fare? Va a fas dì in gesa, dico io, scegliamo il brasileiro quattro due quattro.


È giunta l'ora di scegliere la nostra nazione. Perdono a questi poveri ciolla il fatto che non hanno disegnato Santo Eridano sulla mappa, per il semplice fatto che né gli arroganti Reno e Danubio sono presenti.


Me tapino, andiamo sempre peggio! Già l'approssimazione dei colori delle maglie. Le righe, bel fiol, dove sono le righe? E dove sta il mio Vecchio Balordo, il mio Genoa Football e Cricket Club, di cui ho l'atto di fondazione ma lo tengo ben nascosto in un baule nel mio solaio? Suppongo che ora che, perdonate l'apotropaico quanto inutile sfiorarmi delle sfere ma è pavloviano, sono fantasma possa dire dove sta. Ma non giocherò con una squadra italiana a questo gioco.


Andiamo dunque in Iscozia, l'irredenta terra dei Pitti e de'Gaeli, e in un'unione fraterna tra i Celti di Padania e i Celti a nord del Vallo di Adriano, giocherò questo torneo con il Celtic di Glasgow. Razza rude, grezza e fiera, costoro, un popolo e una squadra di hombres fuertes (ovviamente non parlano ispagnuolo), ma mi par di pensare che così come gli Irlandesi, bastardi fottuti mangiapatate, siano i negri d'Europa, i loro cugini scozzesi siano gl'ispanici del nord: da come rotacizzano le R si direbbero quasi libanesi albini.


L'arena si riempie, e i fieri condottieri (e con loro qualche ciolla sparso qua e là) si presentano al pubblico esordendo in una sfairomachìa contro gli svedesoni vichinghi, grandi grossi e pistoloni, dell'AIK di Stoccolma, una delle tante Venezie del nord sparse per l'Europa. 


E via che comincia la sarabanda. Non abbiamo nomi, non abbiamo numeri visualizzati, e mi affiderò alla memoria, e ad una copia stropicciata del Guerino che ho trovato sola soletta nei cessi di casa dell'ex videogiocatore. Creany passa subito palla a McLaughlin, che a guisa di un caprone che sente l'estro si mette subito a sfumacchiare la difesa avversaria. Giunto di fronte al portiere avversario, questo birichino dell'area di rigore non tira la bordata balistica che tutti noi (me in prima fila, s'intende) ci aspetteremmo, ma una beffarda palombella che fa sì che l'ignavo portiere si guardi attorno, vada avanti, poi indietro, come un malgaro un po' tonto a cui gli si dice "vé chì, và là"...


...e la volitiva Donna Sfera entra subito nella saccoccia svedese! Il nostro McLaughlin, il nostro piccolo Balilla! Pochi sanno che un soprannome del Balilla (quello originale) era Mangiamerda, cosa che mandò su tutte le furie Benitone da Predappio.


Ed eccolo, instancabile, il nostro Mangiamerda! Salta qua e là, si getta per terra e si tira su come un misirizzi, barlonf barlaf, ma non combina niente, ma fortunatamente ci pensa lo svedesucolo a gettare la palla tra i piedi del bravo Tommy Boyd. Oh Tommy Boyd, the pipes, the pipes are calling.


Ma niente, tornano in attacco gli svedesi e tentano anche loro la vil palombella: infidi svedesi, non mi fido di voi manco se vi fate preti! Il portiere Pat Bonner non si muove, con le gambe che gli fanno giacomo giacomo, ma all'improvviso, non si sa da dove, esce Mike Galloway, piscinin brut e cativ, che risolve la situazione, potrebbe lanciarla con un tiro alla evviva il parroco, ma, brut bagai, è ateo.


La palla finisce di nuovo al Manziamerda, stesso schema, stessa spiaggia, stesso mar, di fatto squadra che vince non si cambia, e perché cercare virtuosismi e rovesciate? Sono prestipedazioni che lascio volentieri al popolino affamato di circenses. Io, pragmatico padano, credo nei numeri, e il mio numero ha da essere più grande del tuo, n'est-ce pas?

Più tardi, nella ripresa.



Quell'addormentato cronico dell'ex videogiocatore non ha registrato altri due gol. Poco male, erano sempre uguali. Non è uno stupido, l'ex videogiocatore, lui col suo difetto di pronuncia così leniniano, e con le sopracciglia come due arbusti che vedresti bene sulle sacre rive d'Eridano, a solcargli la fronte. Ma si distrae, purinìn, e quindi vediamo solo il quinto gol, che resta identico agli altri quattro.



Partita finita, e vediamo i risultati dagli altri campi. Clamorosa eliminazione della Beneamata e della Vecchia Signora. Squadre femmine, volitive, probabilmente entrambe in quel periodo del mese, come quelle suore che, vivendo assieme, regolarizzano tutte il ciclo (così mi dice il Giuanìn Trapattoni, che ha la sorella in convento).


E si gioca coi neerlandesi dello Sparta Rotterdam. Città di mare, Rotterdam, con un grande porto. Per i grafismi di scarsa qualità con cui il videoludo ci si palesa non riusciamo a cogliere la pigmentazione dei vari militanti della squadra biancorossa. Il sospetto è che sia piena di negri.


A dispetto della negritù degli olandesi, subito Frank McAvennie, calcola con estrema precisione la direzione del suo proiettile lento. Lo chiamerò, dunque, per assonanza, Avicenna, come l'erudito persiano dell'anno Mille che tanto diede al calcolo della balistica. Uno a zero dopo dieci secondi. Il caro vecchio Pepinoeu direbbe che se ci ammazzano fanno pari.


E ci provano, ad ammazzarci, ci provano. Ma in questo gioco si segna solo di palombella, e quel ciolla d'un negher invece corre come un baluba fino ai piedi del nostro eroico Pat Bon, che con maschia decisione lancia l'antipous dando vita a una squallida melina di centrocampo.


Ohibò! Qualcuno tolga il teroldego al cameraman, ha questo ritardo rispetto alla sfera, che a volte esce dai teleschermi. Sciah chi la bottiglia, che a brindare ghepensimi.


È Steve Fulton, la locomotiva Fulton, che dal centrocampo scarta il primo, il secondo, il terzo e il quarto "Zwarte Piet" come fossero caramelle di San Nicola, e con calma superiore infila tra palo e portiere. Sempre con quella paraboletta che pare piacere tanto al nostro gioco.


La prima rimessa laterale del campionato avviene alla seconda partita. Qui qualcuno ciurla nel manico, oppure forse ha ragione l'ex videogiocatore a correlare questa carenza di falli laterali con l'essere "minus quam merdam". Parlo del gioco, s'intende.


Siamo al secondo atto di questa tragedia (vista dagli occhi dei coloured d'Olanda). Torna sugli scudi il nostro caro Mangiamerda! Caro, carissimo Mangiamerda! con la tua fionda tra le gambe pronto a colpire le puttane uscite dalla casina con le finestre verdi, ti dedicheranno un brano del prossimo inno nazionale scozzese, "I bimbi di Scozia si chiaman Mangiamerda" diranno, e lo diranno in gaelico e nessuno ci capirà una cippa di niente.


Potevamo astenerci anche stavolta dalla "Manita"? Ovviamente no, e proprio al cadere dell'ultimo granello di sabbia della clessidra, l'abatino di Canterbury Stuart Slater ricorda al mondo che c'è anche lui. Full time, si va avanti, e io brindo col teroldego che ho ciulato al cameraman, alla salute di chi ci vuole male, ovvero ai signori della Flair Software.


Nessuno meglio di noi, finora. Felicior Augusto, Melior Traiano. Gli aruspici stanno già squartando montoni per trarne buoni auspici e preparare un delizioso "haggis" che quando ancora il vostro Giuanùn non era un fantasma doveva mangiare con moderazione, che sennò gli veniva lo squaraus.


Andiamo avanti, stavolta contro i galli del Saint Etienne. Celti contro gallici, che meravigliosa sfida tricologica avrebbe potuto essere duemila anni fa! E invece ci accontentiamo, di questo derby del colore: biancoverdi contro verdi, su un campo verde. 


Subito con lo schema collaudato. Joe Miller dalla mediana vuole anche lui cimentarsi in una dribblata/pallonettata: ma è, puvrin, calcisticamente stupido. Il piede è un ferro da stiro e il dribbling è più un vizio solipsistico che un pragmatico tentativo di seminare l'avversario. Povero Miller (e non più Miller), mi sei sembrato la proverbiale oca di Gheduzzi, che nel bolognese è nota perché si trovava al macero, ed andò a casa a bere che aveva sete. 


Fortunatamente c'è chi, come il Mangiamerda, è in grado di usare il dribbling per fare quello che ogni bravo Mangiamerda deve fare. E se mi permettete posso pure godere guardando come il Mangiamerda li rimbabisce tutti? Da quando la rossa arpia Merlìn ha fatto lo scempio che porta il suo nome, per godere mi resta ormai solo che il tip-tap del dribbling. Se poi il tutto si rivela essere un arzigogolato castone per un gol di diamante, allora permettetemi anche di dir che 'sto bel coito sia fatto e finito, meritevole di marchetta e mancetta (crepi la plòmma, si dice a sud del Po).


Non ho ancora cambiato le mutande che subito questa pugna mi bagna di emozioni. Un'uscita coi piedi del nostro Patatone Bonner e la palla è scaraventata nel circolo anziani di centrocampo. Un francesucolo (razza ingrata) se ne appropria ma subito l'Abatino di Canterbury Stuart Slater fa quello che da un cotiledone come lui non ci aspetteremmo: un tackle, signori miei (gasp)! Non pago, l'abatucolo, redivivo Plantageneto, si rifà (bontà sua) della guerra dei Cent'anni e schiaffa la sfera alle spalle di quella Giovanna D'Arco che sta in porta al Sant Etienne.  Ciapa là.

Un gol più tardi, nella ripresa.


Ah, questi franchi, così votati alla resa! Anche per una volta che sono soli davanti alla porta, dopo un confuso batti e ribatti, la prendo io, no la pigli tu, ce l'ho ce l'hai, subito la buttano fuori. Euclide, il mio povero Euclide, sta girando nella tomba a mille all'ora. I tifosi transalpini, con la classica reazione d'istere a loro consona da sempre, subissano di fischi e citano Cambronne.


Ma non facciamo in tempo a chiamare in causa il luogotenente del Bonaparte che subito il nostro Manziamerda, tira una frombolata in derapata, servendosi del piede destro come un puntello antagonista: la palla assume la solita traiettoria e placidamente si deposita alle spalle del sempre colpevole avversario. Sono quattro, signori, anche stavolta arriveremo al quindo?



Ebbene sì, stavolta è Avicenna a marcare. È un assedio epico e allo stesso tempo desolante. È una Termopili senza i trecento spartani per il Sant'Etienne. È di nuovo cinquina, è di nuovo raffinata esibizione di sicuro stile (non di classe, analfacalcio che non siete altro!)



L'Athletic Bilbao, l'unica squadra d'Europa a non parlar indoeuropeo, si qualifica alla finale assieme a noi. Gaelico, lingua confusionaria e bastarda da una parte e basco, lingua ancor più incomprensibile dall'altro: rob de matt!


La finale. I nostri bravi e muscolosi Clydesdale, contro i Pottok sauri, trottignanti a sproposito e buoni giusto pel carpaccio marinato nel succo di limone, che tanto si mangia a Piacenza quando le madri di famiglia (ahiloro) non hanno voglia di cucinare perché si perdono in quelle quisquilie uterine che noi galantuomini di riva e di golena, volentieri ignoriamo.


Poteva mancare il gol del nostro Manziamerda? Ah Manziamerda, mi bel Manziamerda, meridionale tra i nordici e troppo nordico per essere terrone, con la tua furia podistica pronta a seminare sfracelli nelle retroguardie nemiche, per poi concludere tutto con il tipico pallonetto. I tuoi gol sono magistralmente inquadrati nelle unità aristoteliche del teatro, prevedibili eppure sempre così emozionanti.


Che vedo? Sarà vero? I nanetti baschi, non dissimili da quei folletti che certi amanti del cattivo gusto tengono in giardino per vegliare sull'orticello, provano pure a tirare in porta? Il tiro, poverino, è flebiluccio, e San Patrizio Bonner subito lo rinvia con maschia puissanza, facendolo finire tra i piedi di que portiere il cui nome non ricordo, ma prendete a caso delle ti e delle ics e non vi ci allontanerete di tanto.


E la Madòna. Non me lo aspettavo da questi nani bagonghi imprestati al Calcio. Lo avevate mai visto, un gol in scivolata? Non so che dire: è comunque apprezzabile l'ironia della sorte per la quale un vermiciattolo come l'attaccante basco riesca a inchiappettare (mi si perdoni il francesismo) la nostra difesa con una scivolata. La palla, comunque, ha seguito la solita, banale, noiosa traiettoria: non è più così bella a vedersi, 'sta foglia morta come era solita farla quel mattocchio estroso del Mariulin Corso.


Fortunatamente, Avicenna mette tutto in pari. La noia mi è tornata a piacere, la sana ripetitività di una vita normale, i gol tutti uguali uno dietro l'altro, come le piene del Po.


Ci si riconduca, direbbero i matematici, al caso precedente: invertendo i fattori (e mai più appropriato dirlo, viste le origini contadine del mio amato Manziamerda), il risultato non cambia. Ogni gol è una meravigliosa trasformazione, una polluzione collettiva, che lo si metta di punta o di tacco, di piatto pieno o di testa, di interno o a três dedos. 


Eccetto quando a far gol son quegli altri ominicchi. Gracile di gambe, ginocchia un po' vaccine che ben si sposano con gli occhi bovini, petto miserello: il centr'avanti di sfondamento del Bilbao, l'unica cosa che ha sfondata mi sembra il suo fiato. Eppure, la rete è segnata, non senza colpe da parte della mia difesa. Sono un po' lombardi codesti baschi: all'apparenza disastrati nel fisico, ma con tanto nerbo da lasciar basito chiunque abbia la scarsa avvedutezza di sottovalutarli. Onore al merito dunque (siamo comunque sul tre a due: si vede proprio che è un gioco di fantasia, dal momento che rinuncio, pateravegloria, al Santo Catenaccio).


Dea Eupalla, Santo Catenaccio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati: propongo col Vostro Santo aiuto di non offendervi mai più e di fuggire le occasioni prossime di calcio-champagne. Fortunatamente, vengo ascoltato dall'Olimpallone e immediatamente l'Abatino di Canterbury ne mette dentro uno.


Poteva mancare il sigillo finale del mio amato Manziamerda? Domanda retorica. Fortunatamente il mondo dei videogiochi è il regno del pensiero magico, e vedo l'ex videogiocatore che mi annuisce compiaciuto mentre sto scrivendo, come se mi stesse a dare ragione. Caro, carissimo pirletta d'un ex videogiocatore! Mi hai evocato al di qua dello Stige e te ne sarò grato, ma un gioco fatto un po' meglio me lo potevi recensire, no?


È finita, la nostra difesa, ahimè, ha visto l'imene rompersi proprio nell'ultima partita con ben due gol subiti. Restiamo coerenti con i cinque gol a partita. Chi ha il buon cuore di ricordarsi dei miei vecchi articoli sul Guerino, sa che questo stile di calcio non è propriamente il mio prediletto: ma il vostro Giuàn Padàn, almeno da spettro, ha voluto togliersi questo voglino. Un divertissement, direbbero i Francesi.


Sorriso gagliardo, viril mascella, volto equino! Il Manziamerda solleva la coppa europea, e la folla crapottona, se capiss, subito a urlare e a cantare le gesta della Celtica compagine di eroi e manziamerda, che a cinque a cinque come i tre Re Magi, hanno conquistato, veri guerrieri, la coppa dei sogni.


Mentre compiaciuti leggiamo quella sottospecie di carta igienica con il titolo rosso che è la stampa d'Albione (sic et simpliciter), sento le nebbie dell'Averno che mi richiamano. L'ex videogiocatore mi fa ciao ciao con la manina, ed è tempo per me di tornare nei Campi Elisi a parlare di figa con il Peppinoeu, fingendo di non conoscere Gazzaniga che da quando è arrivato cerca di diventare mio amico. A presto, amici miei! E ricordate sempre che l'aqua la fa mal, la bev dumà la gent de l'uspedal!

*puf*

Bene, chiedendovi scusa per i dialettismi piuttosto offensivi del Sopravvalutatissimo, direi che possiamo andare alle considerazioni finali.

È merda? Ovvio. Sennò lo recensivo io e non lo delegavo al fantasma di Gianni Brera. Come avete potuto vedere, questo gioco, oltre ad ha una grafica brutta e un sonoro inesistente, ha il problema dei controlli: si fa gol sempre allo stesso identico modo. Se vi piace stravincere senza fatica, magari per voi non sarà merda. Ma siamo seri: è merda.
Ci rigiocheresti? No.
È uscito nel 1992. È il gioco più bello di sempre? Ma figuriamoci.

6 commenti:

  1. Un raggio di sole nei terribili lunedì mattina: la recensione andreottiana su un videogioco calcistico :)

    La prima riflessione che fai è molto interessante, ci ho pensato spesso, perché in molti miei conoscenti vedo una nostalgia per il calcio degli anni '80. Dal mio canto mi rendo conto sì, che il calcio è l'unica cosa per cui davvero, vorrei tornare bambino, perché più di ogni altra cosa mi ha regalato emozioni in quegli anni (sia chiaro: non quelle derivanti dal tifo per la propria squadra, per le vittorie e le sconfitte, anche perché il mio Milan in quegli anni vinceva sempre). Ma a parte il Guerin Sportivo storico, spazzato via proprio dall'evoluzione del calcio e dell'informazione web, sinceramente per me quel calcio non era migliore di quello. E' semplicemente un calcio diverso.

    E cosa è cambiato? L'hai detto: i giornalisti, che hanno trasformato un gioco divertente in un oggetto da poemi epici. E allo stesso tempo i giornalisti\opinionisti sono diventati dei guru che devono per forza 'criticare' in modo irruento, fare commenti sferzanti, ma soprattutto sventolare (di nascosto) la bandiera della squadra per cui tifano o dei dirigenti per cui tifano, oppure fare gli interessi dei propri inserzionisti o di determinate società.

    Hai dimenticato però la seconda causa del declino: i social. Ma se le cagate dei tifosi lasciano veramente il tempo che trovano, il problema sono i giornalisti\opinionisti di cui sopra. Sui social c'è spazio per tutti...parlano davvero tutti, anche il giornalista\opinionista di più basso livello, scatenando polemiche tra tifosi che servono solo per far crescere i suoi follower...

    A livello di contenuti, invece, il peggio sono i cronisti che appunto descrivono una partita come se stessero narrando una battaglia tra Greci e Troiani, quando dovrebbero limitarsi a una cronaca asciutta e pulita. Non è tanto volontà di rimpiangere le telecronache 'una parola al minuto' di Martellini o quelle soporifere di Pizzul, semplicemente trovare una giusta via di mezzo. Per quel che concerne lo stile di scrittura 'alla Brera', sfondi un portone aperto. Recuperando dei vecchi Guerin Sportivo di inizio anni '80 ho notato che effettivamente la troppa prosa finiva per 'ammazzare' i contenuti stessi. Pochissimi approfondimenti tattici, di formazione, sulle partite; tanto stile che non serviva. Probabilmente perché il 95% dei giornalisti sportivi era gente di cultura, ma con scarsa conoscenza degli aspetti tecnici del calcio. Paradossalmente oggi ci sono siti come 'ultimo uomo' che forniscono contenuti tecnici pazzeschi, roba che ci riempiresti riviste su riviste. La cosa peggiore però al giorno d'oggi sono quelli che scimmiottano Brera senza averne la cultura, facendo magari sapienti 'copia e incolla'.

    Veniamo al gioco: ho un dejavu, forse l'ho visto da qualche amico? Comunque sulle maglie poteva andare peggio: almeno le squadre con le strisce hanno quella sorta di bande laterali. Tipo lo Sparta Rotterdam non ha una bruttissima resa sullo schermo. Il gioco è sostanzialmente brutto, ma devo dire che anche in molti titoli del Commodore e dell'Amiga c'erano giochi in cui la dinamica di tiro era quella: pallonetto e portiere che non va a parare, ma si oppone con il movimento. Infatti quando in Pc Calcio 5.0 vedevo portieri fare vere parate mi entusiasmavo! Colpa dei tanti giochi brutti che hanno caratterizzato i precedenti anni di vita (tieni conto che poco prima del pc, giocavo ancora con il Commodore).

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    1. Ah vedi, io la parte social personalmente non la cago di striscio ma non faccio fatica a immaginare l'idiozia dilagante. Ho provato a guardare "L'ultimo uomo" ma ho fatto l'errore di leggere quel ricettacolo di sfiga che sono i commenti e capisco quello che dici quando parli del declino dovuto ai social, che gira e rigira sfociano sempre nelle olimpiadi del vittimismo.

      Il gioco comunque è una sesquipedale cacata, ed è per questo che lascio che a scriverne sia il fantasma di Gianni Brera, perché io sinceramente non saprei cosa dire.

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  2. A Empire soccer ci arriverò per gradi... Ricordo di averlo comprato (sì, comprato) in un negozio ora diventato outlet di cinesi. Ci avrò giocato si e no tre partite, poi l'ho messo da parte disgustato per cotanto schifo.

    L'interpretazione del sommo bevitore è una delle più belle cose che mi sia mai capitato di leggere. Occhio che non giunga all'attenzione di Gianni Clerici, inteso come lo Scriba: non tollererebbe una siffatta rappresentazione del suo omonimo.

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    1. Bah! Lo Scriba, Mura e i defunti Gazzaniga, Cannavò e tutto lo stuolo di scimmiottatori professionisti del Gioànnfucarlo devono solo stare zitti se un oscuro blog di videogiochi convoglia lo spirito del loro maestro nella recensione di videogiochi calcistici rigorosamente fecali. Loro, che hanno passato la vita nell'imitazione dei ricercati ditirambi e panegirici del loro sopravvalutatissimo mentore!

      In tutto questo la cosa più triste è il negozio di videogiochi diventato outlet di cinesi. Non oso immaginare che fine abbia fatto "La Bancarella" della Cittadina Elitarista e Fighetta, né il negozio sulla piazza in cui avevo adocchiato Heimdall (so che diventò prima banca e poi negozio di vestiti brutti). L'olivetti della frazione del Vecchio Paese dal nome ridicolo in cui presi Lexi-Cross e the Cardinal of the Kremlin ora è un bar abbastanza triste. Insomma si fa di tutto per far stare chiusi in casa i bambini poco socievoli che passano troppo tempo al PC! (c'era del sarcasmo qui)

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    2. I negozi di videogiochi dell'epoca meriterebbero un capitolo a parte (pensaci). Io oltre a questo già citato (faceva parte di una più ampia catena di "grandi magazzini", dove ad ogni piano c'era un bene merceologico diverso - tipo certi grattacieli a Lugano) ho frequentato un negozio dove i proprietari, di frodo, ti proponevano i giochi piratati (solo oggi comprendo con quali rischi) ma dovevano essere sostanzialmente degli imbecilli, dato che dei miei amici chiedevano in prestito gli originali (all'epoca su cassetta) per "provarli", salvo restituirli e farsi rimborsare perchè, casualmente, non funzionavano (ovviamente dopo averli copiati). Strano che abbiano chiuso.....

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    3. È un buono spunto (ma i grattacieli a lugano è un riferimento al famigerato "bar oceano" di cui fantasticava sempre un mio ex collega)? E sì, già ero a conoscenza di numerosi "Club di informatica" in cui COPYQM e Venus diskcopy erano usati allo sfinimento, ma l'autolesionismo dei negozi, visto col senno di ora (ma anche del tempo) è veramente incredibile.
      Comunque anche le edicole facevano le stesse cose coi dischetti della Simulmondo. Una delle copie che avevano la aprivano, la copiavano per sé, e la restituivano al distributore come invenduta. No ma lamentiamoci che è solo colpa di amazon se i negozi fisici chiudono eh.

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