Non so perché, ma da quando sono piccolo ho sempre avuto una passione notevole per la storia romana. Beh, in realtà lo so benissimo perché, un po' perché il mio maestro delle elementari quando ci spiegò Roma (soprattutto la sua ascesa) ci mise un entusiasmo paragonabile solo a quando ci faceva fare problemi ipercomplicati in modo che potesse uscire a fare il galletto con le altre insegnanti (è un uomo piacente) e a quando ci faceva fare ginnastica (è un uomo atletico). Un po' perché tra i vari libri che leggevo da piccolo c'era questo tomo antico di Laura Orvieto, "Storie della Storia del Mondo - Il Natale di Roma" che avevo letto fino a consumare. Un po' perché nei primi anni 90, con la sfiducia nei confronti dello Stato Italiano che montava ai massimi livelli, faceva bene richiudersi in un passato idealizzato in cui l'Impero Romano (i nostri, insomma) dominasse il mondo conosciuto, ignorando come l'ultima volta che ci si era lasciati andare al nostalgismo per la romanità non era finita proprio bene (Lasciamo anche stare che al Vecchio Paese fossimo un misto di Galli Boi e di Etruschi, quindi popolazioni sconfitte).
E poi c'era il film per eccellenza sull'antica Roma che non potevo mai perdermi: "Il Gladiatore?" direte voi. No, L'altro, quello che stava alla Pasqua come "Una Poltrona per Due" stava al Natale. Parlo del Ben-Hur del 1959, l'unico degno di segnalazione in questi pixel, quello con Charlton Heston e il suo set di denti che sbandierava un'equivoca attrazione per il Messala del bravissimo, sottovalutatissimo, e purtroppo prematuramente scomparso Stephen Boyd.
"Morte a Eros, viva il cazzo" |
In realtà del genere peplum me ne fregavo abbastanza. Sì, avevo visto Spartacus (dù palle), Cleopatra (idem) e pure Quo Vadis (quoque), ma Ben-Hur, con la sua bellissima storia, di un uomo ricco caduto nella polvere che con la forza della vendetta tornava grande e faceva fuori l'ex amico diventato un nemico opprimente e responsabile della sua distruzione, e insomma, come si faceva a non esaltarsi?