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lunedì 25 febbraio 2019

Tempest 2000

In un articolo piuttosto controverso di diversi mesi fa, avevo parlato della cosiddetta "regola delle capre", la quale dice che se si ha rapporti di sesso sodomitico con un esemplare di Capra Hircus ironicamente, si è comunque degli inculacapre a prescindere dall'ironia. Questo che c'entra col gioco di oggi? Non molto, in realtà, però parlare di capre mi sembra il modo migliore per introdurre la figura di Jeff Minter. Non che voglia insinuare che Minter si diverta con le capre in maniera proibita e si pari il culo con l'ironia. Anzi, tutto il contrario. Jeff Minter vive una vita che suppongo essere molto meno stressante di quella di tanti altri, assieme al suo partner Ivan Zorzin in una fattoria del Galles occidentale. Il tutto circondato da pecore, capre, lama e un cane. E senza il minimo straccio di ironia. E questo credo che sia qualcosa di bellissimo.

Di Minter, che suppongo sia lievemente bruciato da decenni di acidi e rave party non posso non apprezzare la scelta neoluddista di isolarsi completamente da un resto del mondo della tecnologia che, per un hippy come lui, non può che essere una grandissima delusione.

Pecore > Zuckerberg
La Silicon Valley e tutta la cultura informatica degli anni 70 era fatta principalmente di figli dei fiori che credevano veramente nella tecnologia come un mezzo per liberare le persone. 
Non vorrei sembrare troppo allarmista quando dico che in realtà la tecnologia internettiana odierna, anziché liberare le persone le schiavizza, però provate a staccarvi da internet, o anche solo dai social media, per una settimana. Facilissimo, vero? Col cazzo! Scuse come "Ah ma tanto smetto quando voglio, io sto su facebook con ironia" o "Ma internet è soltanto un mezzo" hanno la stessa utilità dei sottopentola di sughero dell'Ikea, ed intanto sono riuscito a ricollegarmi alla teoria delle capre in un articolo su Jeff Minter senza insinuare che nella sua fattoria gallese succedano cose strane con quelle capre. Sono fichissimo.

No, ma a parte le battute più o meno riuscite, che posso dire della Llamasoft e del programmatore di giochi più hippy di sempre che non sia un copia e incolla di qualche articolo di siti tipo Lega Nerd che a sua volta è stato copiato e incollato da Wikipedia? Niente di che, ed è per questo che senza por tempo in mezzo oggi vi parlo di Tempest 2000. Sigla!



Ehi un secondo, ma Jeff Minter non è il patron della Llamasoft? Che c'entra l'Atari? Semplice, nel 1993 la casa di Nolan Bushnell voleva lanciare sul mercato una nuova console, l'Atari Jaguar, e subappaltò alla Llamasoft il remake di un vecchio gioco arcade chiamato "Tempest" che sfruttasse le potenzialità grafiche della nuova macchina. Poi lasciate stare che l'Atari Jaguar non se lo cacò nessuno, un po' perché il joypad era qualcosa di ingestibile...

A meno di non avere le mani di Gianni Morandi
...ma soprattutto perché poco dopo arrivò sul mercato un'altra console, che avrebbe avuto un successo lievemente maggiore. Non sto parlando del 3DO, che la vomitevole stampa di settore aveva già battezzato come la roba definitiva, sto parlando di una cosa che non si era cagato quasi nessuno fino ad allora.
Ma ciao!

Eh sì, la playstation. Così popolare che persino il vostro Ex Videogiocatore ne aveva una, l'unica console che io abbia mai avuto (se escludiamo un Amiga CD32 ereditato dal figlio di una cugina di mia nonna diversi anni dopo). Peccato per Minter, che era saltato sul carro del perdente. Oh beh. A me è successo un sacco di volte, facendomi regalare un Olivetti PC128s quando il Commodore 64 era il computer 8-bit più diffuso ai tempi. Beh, onestamente, sticazzi. Ero un hipster ante litteram e non me la sono mai tirata. Adesso non è che voglio un applauso dalla claque, ma almeno vorrei che fosse apprezzata questa cosa.


Vabbè, questo è il titolo di testa e già emerge la tendenza alla psichedelia da parte di Minter, che tra le varie sue creazioni ha un sacco di "light synthesizer", ovvero robe tipo il plug-in per la visualizzazione che stavano su Winamp. Esiste ancora Winamp? Il mio amico Pier mi racconta che con questi plug-in si trovava a casa di amici per sfondarsi di canne e ascoltare i Pink Floyd guardando i frattali generati da Advanced Visualization Studio. Interessante anche come, per una particolare coincidenza, il logo della software house che produceva Winamp era un lama. Formidabili quegli anni, comunque, Napster in una mano e Winamp nell'altra e via che ci si procura musica decente senza uscire dei soldi ai negozi di dischi che avevano lo spazio espositivo principalmente occupato da Britney Spears e Ricky Martin. Con questo non voglio dire che la pirateria era una cosa giusta, eh, ma diciamo che il fatto che l'offerta fosse così omologata ha contribuito al fatto che a parità di offerta, e senza alcun servizio aggiuntivo da parte dei commessi la clientela andasse su Amazon (o su Bittorrent) piuttosto che in negozio. Ed è anche questa la ragione per cui il Ricordi Mediastore di Via Ugo Bassi ha chiuso, mentre il Metal Factory di Via Irnerio ancora c'è, con la sua vetrina ormai imperscrutabile per via dei decenni di polvere accumulata.


No, ok, sto semplificando la situazione. Non è solo colpa della pirateria o della vendita online, né è colpa solo dell'offerta mancante da parte dei negozi. Il fatto è che il mondo cambia, e non possiamo aspettarci di avere un cellulare nuovo da 800€ ogni due anni e allo stesso tempo pretendere che resti aperto Nannucci in via Oberdan (Avete idea di quanto costi l'affitto di un negozio in via Oberdan al giorno d'oggi?) con i mangianastri "Sinudyne" e i grammofoni "La voce del padrone". Ma sto ovviamente divagando, il gioco è appena cominciato ed è già partito il trip sullo sfondo con uno stile già visto presso BipBop2 e Tank Wars, ma animato.


Ah, giustamente, la classifica dei punteggi (che non servono a niente). Primo classificato è lo stesso Minter, che negli arcade di un tempo si firmava sempre con le iniziali YAK: una bestia grossa, pelosa  e non eccessivamente sveglia, un po' come lui. Self-deprecation a iosa, ma ci sta.


Vabbè, procediamo: ci è fatta scegliere la modalità di giuoco, e fedeli al titolo scegliamo "Tempest 2000", per il semplice fatto che non abbiamo amici con cui sfidarci. E "Tempest Plus", boh, non è minimamente interessante. Procediamo...


...dal primo livello. quelo classico a forma di cilindro. Ah giusto, conoscete tutti il Tempest originale, no? Un'astronave a forma di boomerang gira attorno a un canalone diviso in spicchi, attraverso il quale salgono dei mostriciattoli a cui bisogna sparare. Sì, è semplice. Sì, i giochi di Minter sono tutti così semplici. Sì, molta gente si straccia le vesti per questa semplicità principalmente per il fatto che così può vomitare un po' di trivia rigorosamente copiati e incollati su quanto è fuso di testa Minter e sul fatto che il suo partner Ivan Zorzin sia italiano. La stampa di settore, sia cartacea che online, è merda.


E insomma si comincia il primo livello, con il tubone che si avvicina allo schermo in un bel campo stellare tipo il noto screensaver di Windows 3.1, e il nostro boomerang vettoriale che si riempie.


Beh, non si può dire che la velocità non sia febbrile. Anche i messaggi ti mettono agitazione. Aiuto! La X rossa è arrivata in cima, e mò che faccio? CAUGHT YOU! Porca miseria, ho perso una vita.


Ok, riproviamo. Stavolta prendiamo bene la mira e accattiamo pure un powerup, ovvero il particle laser. Questo mi fa molto ridere perché mi fa sempre pensare a un mio collega che anziché dire "particular" dice "particle", e la usa così spesso che ogni volta che mi passa davanti all'ufficio mi parte in testa la canzone dei They Might Be Giants "Particle Man". Lo so, ho i percorsi di pensiero piuttosto convoluti.


Oh, però intanto sto procedendo! Prendo il bonus "ZAPPO!" che potrebbe essere uno dei fratelli Marx o la risposta di Minter quando Zorzin gli chiede "Ehi Jeff, che stai facendo nell'orto?" Ma credo sia un'arma speciale che non mi ricordo quale sia il tasto per attivarla quindi non la userò. Nemmeno il salto, per la stessa identica ragione.


Eh però si va avanti si va avanti e non si sale di livello, che succede qui? SHOT YOU! E niente, un sacco di stelle partono dalla nostra astronavina-boomerang e io sono infastidito non tanto perché ho perso una vita quanto per il fatto che le stelle non sono regolari, e avendo io visto "Paperino nel mondo della Matemagica" non riesco più a togliermi dalla testa che da una stella a cinque punte interna ad un pentagono regolare si riesce a fare un rettangolo aureo. Che diciamocelo, era un po' una stronzata quel cartone animato eh, matematicamente parlando. Carina come idea e anche come realizzazione, ma a parte il pippone interminabile sulla sezione aurea e la parte in cui si giocava a biliardo, che altro c'era?


E niente. C'è qualcosa che non va qui, ho finito le vite e non ho passato manco il primo livello. Eppure questo è un gioco decerebrato (concettualmente parlando), dove sto sbagliando?


Semplice, ci sto pensando troppo e non mi lascio prendere dal "Flow" (ne ho parlato qui) e quindi tengo premuto il tasto del fuoco e la freccetta a destra così il mio boomerang gira come una trottola sparando all'impazzata. Mi fermo solo per accattare dei powerup...


...tipo l'utilissimo "AI Droid", che fa tutto il lavoro per me mentre io posso girare come un deficiente. Bello. Che soddisfazione. Così facendo ogni elemento di sfida è praticamente rimosso e posso galleggiare come uno stronzo fino al livello successivo, tenendo due pesetti da stadera appoggiati sui tasti di fuoco e di freccetta a destra. Bello, no? Sono fichissimo!


E infatti così facendo passo al livello sucessivo in una festa di pixel che magari nel 1993 erano qualcosa che induceva all'epilessia alla trance, forse, ma ora? Ci sono almeno altre tre generazioni di light syntesizer creati da Minter che sono uscite nel frattempo, e se è vero che una grafica più recente non vuol dire per forza migliore, va detto che nel caso di una grafica minimalista con solo degli effetti di luce ad abbellire il tutto. Insomma, è invecchiata male.


La mia bellissima tattica continua anche nel secondo livello (col tubone a sezione quadrata) e nel frattempo guadagno anche una vita. Evviva! Evviva?


Evviv-porcaccia. Mi dev'essere scivolato il dito o qualcosa perché una delle X è riuscita ad acchiapparmi. Che palle, ragazzi. Vabbè ora vediamo di andare su una tattica ibrida, cioè di continuare a girare come deficienti ma con un minimo di criterio.

Più tardi.


Ah ha! Ecco il livello successivo, in cui però devo fare ping pong tra destra e sinistra perché tenendo premuta solo una freccia, una volta giunto all'estremità, sto fermo lì. Vi chiederete cosa sia il triangolo verde in alto a destra. Questa è un'ottima domanda, grazie per avermela posta. Siete un pubblico molto curioso e apprezzo la vostra curiosità, e veramente sono lusingato per essere oggetto del vostro spirito inquisitorio. È tutto molto bello, davvero, apprezzo davvero tanto. Grazie a tutti.


Non lo so che cosa voglia dire il triangolo verde, ovviamente. È un problema? La cosa vi infastidisce? Beh, EAT ELECTRIC DEATH! Minter sarà uno yak grosso, peloso e pacifico ma ci ha un po' di scatti di ira, come quando si impermalosì in maniera colossale perché il suo gioco "Space Giraffe" vendette pochissimo, ancora meno di un clone di Frogger fatto di merda. Ora capisco che i giochi di Minter non è che siano tutta sta originalità e quindi magari ci sta pure che uno vede la nuova uscita della Llamasoft e dice "Che palle, la solita roba con le bestie sotto LSD", però i maroni girerebbero pure a me in quel caso, che Frogger mi è sempre stato sulle palle, come concetto.


Livello successivo! Stavolta a forma di V, senza possibilità di girare su se stessi. Sì, gente, questa è la varietà di 'sto gioco e io sinceramente non so che aggiungere. Parliamo di qualcos'altro? Magari qualcosa di più profondo? Mi segnalava recentemente mia moglie il blog dello psichiatra francese Serge Tisseron, specializzato in empatia e che in questi anni sta lavorando sull'influsso delle nuove tecnologie sulla psiche, ovviamente quella infantile. Secondo Tisseron, il business contemporaneo del videogioco crea dipendenza sui giovani (e non solo, aggiungo io) con quattro strategie.

  1. L'avversione alla perdita: i giochi moderni di maggior successo sono gratis, e si comincia a giocare senza troppo impegno, dato per il cosiddetto "bias dei costi sommersi" si pensa che siccome è gratis, allora il gioco si può accantonare quando si vuole. Però, con i DLC a pagamento, si comincia a investire soldi, e l'investimento materiale coinvolge anche un investimento emotivo. Ci ho buttato dei soldi, quindi sono più restio a lasciar perdere, perché così facendo sarebbero soldi sprecati. L'ennesima inversione causa-effetto: razionalmente diremmo che mettiamo dei soldi in un gioco perché siamo coinvolti da un puntodi vista emozionale. Ma è  il contrario, mettiamo dei soldi così per vedere cosa ci stiamo perdendo (vedi punto 2 e punto 3) e come conseguenza diventiamo coinvolti dal punto di vista emozionale.

    Queste immagini apparentemente non correlate
    servono a tenere alto il vostro livello di attenzione.
  2. Il bilanciamento della frustrazione: i giochi moderni, a differenza dei giochi più antichi, sono molto più inclini al perdono, e cercano di trovare un equilibrio in modo da non farci perdere in maniera spudorata ogni volta (tipo come succede con me con Xenon 2 senza le gabole) né da farci vincere troppo facile (tipo come succede con me con Xenon 2 usando le gabole). Quindi, niente frustrazione da non essere mai in grado di passare la prima schermata (o equivalente) ma nemmeno una vittoria completa (il sistema degli "achievements" è chiaramente uno stimolo di questa direzione), né un avanzamento del proprio status (tipo potenziamenti al personaggio, chiaramente a pagamento) che ci renda invincibili al punto da romperci i coglioni. E quindi cacciamo i soldi per potenziarci, ma se il gioco è furbo ci fa potenziare fino a un certo punto. E a volte, al posto dei potenziamenti basta un costume diverso per il nostro personaggio. L'idea è di avere un certo grado di soddisfazione esaudito, ma oltre a un certo punto si mantiene sempre quell'acquolina in bocca che ci fa giungere al terzo punto.

    Vedi sopra.
  3. FOMO: Fear of Missing Out, ovvero l'angoscia di perderci qualcosa, che venendo a mancare i punti 1 e 2 è il principale metodo di creazione di dipendenza che usano i social media. Quando un gioco è online (come una buona parte dei giochi moderni), all'angoscia legata al perdersi nuovi contenuti da "consumare" (per usare un verbo odioso usato delle puttane del clickbait che osano autodefinirsi giornalisti)  si unisce il coinvolgimento emotivo legato all'investimento economico nel potenziamento del proprio avatar per controbilanciare la "media frustrazione" che un gioco ben studiato ci vende come "rigiocabilità". Per potenziare questo effetto, gli autori dei giochi online creano dei nuovi contenuti, sotto forma di missioni, o di riconoscimenti, su base giornaliera, in modo da fomentare questo stato di ansia continua.

    Idem con castagne.
  4. Creazione dell'abitudine: il cervello non è un muscolo, ma anche lui è dotato di automatismi non dissimili da come mi veniva automatico fare CTRL-ALT-CANC ai tempi di Windows 98. E d'altra parte chi di noi non ha un sito che quando si siede al pc apre in automatico senza neanche pensarci? E se state provando a disintossicarvi da quel sito e ve lo trovate che lo avete aperto senza pensarci, vi chiedete come mai? Beh! Avete molto meno autocontrollo di quanto pensiate. Ma non preoccupatevi, è normale. Come amministratori, aprite col blocco note il file C:\Windows\System32\drivers\etc\hosts e ridirezionate il sito che vi infastidisce a localhost, o a qualche shock site se siete in vena di autoflagellazione, e via verso la prossima dipendenza (sperando che non sia la dipendenza dalla visione del noto video "2girls1cup").
Bene! Tutto questo per dire cosa? Che il gioco di oggi, per quanto presenti qualche cosa in comune con questi quattro punti (soprattutto per quanto riguarda i punti 2 e 4) comunque non ha ancora la potenza dei "casual game" giocati in rete con tutta la personalizzazione a pagamento che crea fidelizzazione dell'oggetto. Diciamo che il fatto che Tempest 2000, come tutti i giochi qui trattati, sia stato distribuito su supporto fisico, con un prezzo fisso, un contenuto limitato e soprattutto offline ci fa dire che dopo un po' il prezzo pagato è ammortizzato, e volentieri si accantona (Io comunque giocai al demo che trovai su un CD di TGM e non ricordo sostanziali differenze dal gioco completo). In conclusione, il mezzo di distribuzione su cui va il gioco è parte integrante del messaggio lanciato dal gioco. Questo lo dice McLuhan, non io.


Il triangolo, no! Anzi, Yes! Yes! Yes! Ora ci sono dei mostrilli verdi che cagano degli spuntoni verdi sugli spicchi che a fine livello dobbiamo evitare. Comunque possono essere distrutti (gli spuntoni).


Questa che è? Una mezzaluna? Una U, piuttosto. Bah. Prossimo livello.


Un ovale. Mi sono rotto i coglioni, mi faccio catturare e vediamo che altro propone il gioco. Mi è venuta la curiosità su "Tempest Plus", vi va? Che domanda del cazzo, che vi vada o no qui scrivo io, quindi se non vi va cambiate sito. Più semplice di così.


Ah, bello, è il gioco collaborativo. Si può giocare da soli (quindi praticamente come Tempest 2000), assieme al computer, o con un amico in hotseat, oppure collegato a un altro pc via porta seriale. Che tenero, il cavo null modem RS-232 che non avevo per giocare a Global Effect e che continuo a non avere nemmeno qui. Però per trasferire file da un 8086 a un 386 era più che dignitoso. Ma di questo già ho parlato.


Ah ma che meraviglia. Io giro come un defficiente e fa tutto l'AI, praticamente come se fossi un autista di Uber con una Tesla con l'autopilot attivato fisso. Poi mi lamenterò che i robot mi fregano il lavoro (tassiamoli tutti), ma lo farò domani: domani è un altro giorno.


Dal tubo tondo si passa al tubo quadrato. Praticamente i livelli sono gli stessi della modalità Tempest 2000, ma stranamente il tubo in cui giochiamo è trasparente. Cosa vuol dire questo? Boh! Magari giocando collegati via seriale rallentava troppo? O è un lascito della versione per Atari Jaguar? Se qualcuno lo sa sarò lieto di ascoltarvi.


Grazie al mio valletto robotico che fa il lavoro tutto per me guadagno anche una vita, che subito perdo perché ho voluto fare lo sborone. Sapete che c'è?


Per il livello successivo mi metto in disparte e faccio fare tutto al cubo e manco mi cago i power up. Non ci credete? Guardate un po'...


...ecco qua. E via che come niente si passa il livello. Se torniamo al concetto del bilanciamento della frustrazione, ecco che abbiamo in questo caso una soddisfazione fortissima sul breve termine, ma che si esaurisce rapidamente. Che fare dunque? Soddisfazione rapida ed esplosiva oppure media frustrazione spalmata sul lungo periodo con un continuo posporre dell'acme della gioia, un po' come la tartaruga di Achille? Se impariamo dal feedback che riceviamo durante i nostri rapporti sessuali (parlo di noi maschietti etero, ovviamente) vince senza dubbio la seconda scelta. Dunque magari i programmatori di videogiochi non trombano, ma i designer sì. O si fanno raccontare i dettagli dalle amiche che li hanno friendzonati.


Vabbè. Dopo le ardite metafore siamo nel livello a forma di V ed è tutto estremamente noioso.


Sì, anche il passaggio di livello, e sì, AVOID THE SPIKES! Ok, fatto, che palle. Parliamo di cose più interessanti.

Un'altra affermazione di Tisseron che mi mette molta più angoscia del rapporto tra i bambini, gli adulti e gli schermi è quella spiegata nel suo libro "Segreti di famiglia". Sempre per smentire la fregnaccia per cui molti inculacapre vivono nell'infanzia idealizzata perché durante l'infanzia stavano bene, in una famiglia in cui qualcuno nasconde qualcosa agli altri componenti, il segreto "trasuda" (questa è la parola utilizzata da Tisseron, prendendo spunto dal cognac evaporato nelle cantine delle distillerie che si ripresenta come muffa sui muri) al resto della famiglia, in un modo o nell'altro. Tisseron fa l'esempio di una bambina a cui era stato raccontato che il padre si era allontanato dalla famiglia per lavoro, andando a vivere all'estero per un po'. La bimba, che era ritenuta la figlia perfetta per educazione, rendimento scolastico e gentilezza, iniziò a commettere diversi piccoli furtarelli. Quando la bimba crebbe, scoprì che cosa era successo al padre. Era stato messo in galera per furto. Mantere segreti è faticoso, ed è come tentare di tappare una diga che si sta rompendo con delle pezze di stoffa. I segreti trasudano. Piccole omissioni, lapsus, sviare il discorso quando si affronta un certo argomento, in ogni caso passa il messaggio che qualcosa non va. Con questo voglio forse dire che la neotenia nostalgista contro cui passo il tempo a imprecare ogni lunedì (e talvolta giovedì) è figlia di una serie di cose non dette nella famiglia di chi la pratica? Con questo voglio forse dire che la mia avversione alla suddetta neotenia è figlia di una serie di cose non dette nella mia famiglia di origine? Non lo so. Ma è una cosa che mi spaventa tantissimo.


Ecco, siamo andati a parlare delle dinamiche psicologiche nella famiglia partendo da un vecchio hippy che fa videogiochi bruciati mentre vive in una fattoria in compagnia di pecore capre e lama. Questo per dire che il vostro Ex Videogiocatore riesce a essere logorroico anche quando si tratta di un gioco concettualmente scarno come Tempest. D'altra parte, penso che siamo tutti oramai d'accordo sul fatto che qui si parla di videogiochi solo tangenzialmente.


Beh, dopo la W del livello precedente ora abbiamo... boh. Un 8? Un simbolo dell'infinito? Vi ricordate un film dei primi anni 2000 in chiamato "Basic", con John Travolta e Samuel L. Jackson (e non è Pulp Fiction, pensate!)? C'era una scena in cui un tizio morto si scriveva su una mano il simbolo dell'infinito e tutti dicevano "Ah che poeta! Ora che muore vuol dire che sta andando verso l'infinito dell'Aldilà!" poi uno gli girava la mano di 90 gradi e faceva vedere che in realtà era un 8, dopo che erano stati tutto il film a blaterare su una certa "sezione 8" supersegreta dell'esercito. Cioè capito? Tutti vedono l'otto girato e subito capiscono che è il molto meno noto simbolo dell'infinito! Un normodotato dice "Ah, un otto rovesciat-ah è pure il simbolo dell'infinito, vero vero". Oddìo, almeno credo che fosse così la scena, non mi ricordo quel film, l'ho visto al cinema e sono uscito dicendo "Che cagata!" Però i miei amici e io concordammo tutti che all'attrice danese che aveva anche fatto la madre dell'imperatore ne "Il Gladiatore" ci avremmo tutti allegramente ed affettuosamente dato due botte. Avevamo 20 anni, eravamo coglioni. Non che sia una giustificazione eh.



Vabbè, ormai manco più sto dicendo che sto divagando. Fammi giusto vedere che succede se non EVITO GLI SPUNTONI!!? Ah, niente, perdo una vita senza neanche un messaggio. A posto così, grazie. Prossimo gioco!

È merda? Beh sì, è ripetitivo e il concetto di Tempest non è che sia mai stato così divertente, La grafica da un lato è invecchiata bene nel senso che non fa cagare così stilizzata, ma allo stesso tempo è invecchiata malissimo perché l'azione febbrile resa con dei pixel colorati e piuttosto radi che svolazzano sullo sfondo perde molta di quella bellezza psichedelica su cui punta tantissimo Minter. È un gioco per il suo tempo, e questo non è il suo tempo.
Ci rigiocheresti? Potrei un giorno lontano proporre a mio figlio la modalità sfida, ma onestamente ne dubito.

4 commenti:

  1. Jeff Minter non l'ho mai capito. Sicuramente per limiti miei visto che a ogni gioco che tirava fuori veniva puntualmente osannato da una stampa che spacciava questa immediatezza "arcade" e il minimalismo grafico come "originalità" e "quando era meglio quando giocavamo peggio". In particolare per questo Tempest ho perso il conto delle edizioni su varie piattaforme. L'immagine del vecchio programmatore dei tempi andati dell'Atari mi rende Minter un personaggio ostinatamente ancorato al passato e sinceramente per quanto ami i videogiochi anche del passato (non amo chiamarlo "retro-gaming", ma tant'è che è passata questa terminologia), i giochi di Minter si abbarbicano a un tempo e a un modo di concepire il videogioco che non c'è più.

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    1. Ma in realtà non credo ci sia tanto da capire. È il classico problema dell'abito nuovo dell'imperatore, in cui tutti (e per "tutti" intendo la stampa di settore) tessono le lodi dell'immediatezza arcade, del gioco allo stato puro, dei pochi fronzoli (che è un po' una stronzata, se pensiamo a tutti gli effettini stile trip acido, quelli sono fronzoli) e quindi bisogna fidarcisi. Inoltre, anche tutta 'sta storia dei cammelli, dei lama e degli yak nei suoi videogiochi mica l'ho capita tanto. Cioè, è un inside joke dello stesso Minter e dei suoi amici di fattanza, ma non è che perché siccome fa ridere loro allora deve per forza far ridere il recensore, e quindi noialtri.
      Sono quelle cose di cui non si può dire niente di male sennò sei "quello fuori dal giro". Siccome io sono fuori dal giro più o meno da sempre, mi riesce molto facile dare merda a un gioco di Jeff Minter, pur restando d'accordo con lui che un clone di frogger è ancora peggio.

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  2. Piu' che il gioco, mi ha colpito la riflessione dello psichiatra francese.
    Non ho capito come si inneschi la "Fear of missing out"; cioè, è quel meccanismo mentale che in generale ha sempre portato noi videogiocatori a voler finire un gioco, giusto?
    Vedere appunto tutti i livelli per non perderci nulla.
    Il punto 1 dovrebbe comunque essere posto al 3, o sbaglio?

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    1. Non proprio, il "missing out" è inteso come "mancare" o "perdersi" più che "perdere". Il primo punto è riferito alla perdita intesa come sofferenza per qualcosa che hai e che poi non hai più, il terzo punto riguarda quando un sabato sera non esci e i tuoi amici il giorno dopo ti raccontano "oh vez, cosa ti sei perso, al pub in cui andiamo sempre e di solito c'è solo della braga stavolta era pieno di gnocche che avevano indetto una gara di fellatio e abbiamo dovuto fare la giuria! Cioè dovevi troppo esserci!"

      Praticamente llo stesso meccanismo che c'è coi saldi di Steam, se ci hai presente, no?

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