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giovedì 24 gennaio 2019

SimulHeimat - una piccola postilla a proposito del Vecchio Paese

Nonostante la continuazione dell'alta marea di feci al lavoro, ho avuto modo di levarmi di torno durante le feste di Natale (ma già lo sapete) e fare un giro nei luoghi dell'infanzia di cui parlo spesso e volentieri su questo blog: il Vecchio Paese. Ora, nelle Domande Poste Sovente parlo del Vecchio Paese più come uno stato mentale che come un vero e proprio luogo geografico. In parte è vero, visto che lo Spirito del Vecchio Paese è una cosa che riscontro anche in persone che millantano un cosmopolitismo che è l'antitesi del Vecchio Paese. Ma non posso nemmeno negare che il Vecchio Paese, inteso come luogo geografico, abbia contribuito a fare di me ciò che sono ora. Non posso nemmeno fingere di non aver avuto alcuna reazione quando, a distanza di un anno esatto, sono tornato nel mio luogo di origine. Solo che non sono in grado di descrivere la reazione che ho avuto.

inserire reazione qui

Di questi giorni passa in TV l'opera di un vecchio reazionario narcisista che si ostina a non rassegnarsi all'oblio che merita. Sto parlando ovviamente di Celentano e del suo tentativo di fare una roba simil-vaporwave condita delle banalità nostalgiste e ipocrite sulla bellezza della vita semplice e sulla gioia del provincialismo con cui va avanti da almeno 40 anni.

これは私たち一人の物語であり、これもグルック航路上の偶然によって生まれました
Io ovviamente non ho visto 'sta roba: non tanto per snobismo quanto per il tavò e per la malsopportazione nei confronti dei vecchi di merda che si atteggiano a santoni in virtù del loro essere vecchi. Dicevo, non ho visto 'sta roba, ma sentirla nominata mi ha fatto ripensare al concetto del Vecchio Paese, come il rifugio sicuro da cui è partito il blog dell'Ex Videogiocatore.

this░is░how░you░do░vaporwave░Vecchio░Pæse░style (サモッジャの谷
Se veniste messi di fronte alla caducità della vita e alla realizzazione che il tempo passa davvero e non c'è modo di fargli cambiare verso, che cosa fareste? Probabilmente vi attacchereste con tutte le vostre a quanto c'è di sicuro nella vostra vita. Il problema nel mio caso è stato che il cosiddetto "momento Eureka" in cui ho capito davvero che il tempo passa e indietro non si torna è stata una conseguenza dell'abbandono del Vecchio Paese. Paradossale: una vita passata a volersene andare da una provincia dalla noia opprimente e poi, una volta andati, sentire una voce interiore che dice "Ma cosa hai voluto fare il fenomeno? Ma non era meglio se stavi qui?". E hai voglia a razionalizzare dicendo che 'sto grillo parlante è l'interiorizzazione dei vecchi di merda con cui sono cresciuto che vedevano tutto ciò che era fuori dalle mura come il male. Il tarlo è lì, che rode.

E uno quindi si aspetterebbe che tornando al Vecchio Paese trovassi la tranquillità, il lungo sospiro di sollievo di quando tutto il resto del mondo si ferma e io posso essere di nuovo lì, in mezzo alle mie radici, a fregarmene di ciò che è fuori dalle mura.


【fuori dalle mura】

È un concetto difficile da descrivere, ma fortunatamente arriva in mio soccorso la lingua tedesca, che ha una parola per qualsiasi concetto. In questo caso, il concetto di cui ho bisogno è il concetto di Heimat, che viene tradotto malamente con "patria", ma che sta a significare qualcosa più sul genere di "Focolare esteso". Il luogo sicuro dove abbiamo trascorso l'infanzia, una piccola patria dove abbiamo le nostre radici e dove possiamo sempre trovare il conforto e il calore di cui abbiamo bisogno. Il concetto fu popolarizzato nel diciannovesimo secolo, quando i piccoli principati tedeschi furono uniti in un'unica Germania a dominazione prussiana, e questo comportò la mobilità verso le grandi città da parte delle popolazioni rurali. Se vai a spaccarti la schiena in fabbrica, a un certo punto è inevitabile far partire la nostalgia verso quando la schiena te la spaccavi in campagna. Facevi fatica uguale (o forse di più) e il rischio di morire di fame era più alto, ma già sappiamo quanto sia normale tralasciare il negativo e concentrarsi sul positivo, quando si guarda indietro.

Ok. Ma allora, perché tornando al Vecchio Paese il lungo sospiro di sollievo non c'è? La tranquillità? Il fregarmene del resto del mondo? Niente. E non è di certo perché al Vecchio Paese ci torno poco e cerco di fare più cose possibili in poco tempo, anzi al Vecchio Paese trovo molto più tempo di annoiarmi di quanto non ne trovi dove vivo ora (e sono una persona molto noiosa).

Molte persone, al loro Vecchio Paese, hanno le radici. Sono giunto alla conclusione che non è il mio caso. Ho la mia famiglia d'origine e alcuni (pochi) amici lì, ma la sensazione di stare nell'Heimat non c'è. Se devo trovare aneddoti particolari per un angolo di Vecchio Paese, non ne trovo. Un po' questo succede, credo, perché la zona attorno a casa dei miei è stata completamente distrutta e ricostruita in maniera estremamente blanda e impersonale (sì, sto degenerando verso il ragazzo della via Gluck) ma non credo sia solo per questo.

BLΛNDO   Ξ IMPΞRSONΛLΞ

Credo che la vera ragione per cui non riconosco nel Vecchio Paese l'Heimat sia già stata menzionata più volte su questi pixel. In un mondo pieno di pericoli e di persone ostili, in cui ogni volta che uscivo di casa mia nonna, fomentata dai racconti catastrofici dei V.d.M. di sua conoscenza, mi diceva "Stai attento a tutto e a tutti!" che radici si possono mettere? Se la sensazione principale provata è la diffidenza, come si può estendere il focolare domestico al proprio circondario e crearsi una rete sociale, ma una rete sociale vera e propria, fatta di solidarietà sincera e disinteressata ? (e questa è anche la ragione per cui avevo così pochi videogiochi piratati)

Il fatto è che il concetto di Heimat nei simpatici circolini di cui ho parlato altrove era molto più simile alla sua degenerazione, il Blut und Boden su cui si sarebbe basata l'ideologia nazista. L'amore per la piccola patria diventava odio per tutto ciò che e è al di fuori. E la piccola patria diventava sempre più piccola. Capite insomma in che direzione stavo andando. Capite anche perché ogni tanto il mio vecchio di merda interiore mi dà del traditore per aver spezzato questo circolo vizioso di isolazionismo quasi solipsista.

L'Heimat per me non è il Vecchio Paese, per quanto il Vecchio Paese, con la sua noia e col suo nulla, con le paure e la diffidenza di chi lo popolava, mi ha aiutato a creare l'Heimat. L'Heimat per me è quello che Francescone Carlà chiamava il Simulmondo (ma meglio non dirlo troppo forte che sennò arriva Francesco e mi chiede di pagargli l'affitto). È proprio quello che sto rivisitando ora, da ormai ben due anni, ogni lunedì torno lì e prendo le misure del mondo interiore in cui mi ero richiuso, creato a immagine e somiglianza dei videogiochi con cui mi rincoglionivo per nascondermi da una visione del mondo ipercatastrofica. In questa misurazione, l'idea è quella di non farmi scrupoli a mettere bene in chiaro quando il mio Heimat, visto dal di fuori, è merda. Mi rendo conto anche di quanto mi faccia bene chiarirlo, a distanza di decenni. Oh, l'ho capito solo ora. Non ho mai detto di essere particolarmente sveglio.

2 commenti:

  1. Il tuo "vecchio paese" era molto più chiuso del mio "vecchio paese", che poi è lo stesso in cui vivo ancora. Malelingue, prevenzione verso il "diverso" (chiunque sia, non serve scomodare il migrante), inutili campanilismi ed esaltazione della propria comunità. Un modo di pensare sempre in piccolo. Poi ci sono anche dei pregi, eh, per carità, così come ci sono i difetti anche nei "grandi paesi".
    Credo comunque che il tuo "heimat" fosse molto più grande del mio (letta questa frase, fa anche ridere ai cacciatori di doppi sensi).
    Credo che il tuo lavoro di introspezione legato ai videogiochi non sia un rifiuto del passato, un voler tagliare i ponti; quanto serena accettazione, con la consapevolezza che si tratta di passato e che nella vita bisogna sempre guardare avanti.
    Il tuo "heimat" sopravvive in te, benché tu abbia trovato il tuo posto nel mondo; fa oramai parte di te. L'80% dei videogiochi più o meno è catalogato in "Merda", ma quell'altro 20% no ed è impossibile che non ci sia stato del piacere nel rigiocarci. Anzi, credo (e son tre volte che uso questo verbo..) che sottilmente ci sia del piacere in tutto, anche nel riprendere un videogioco di merda.
    Non può essere un procedimento asettico, anche se più volte provi a dissimulare con le parole queste cose.

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    1. Ma sì, sicuramente c'è una componente di piacere, non credo che lo farei. Diciamo che il rigiocare mi serve come spunto per rientrare nel mondo interiore di allora, ripensare a quel mondo che mi circondava da cui mi isolavo, e dire che insomma, ora è decisamente meglio.

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