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lunedì 27 dicembre 2021

Nello spazio nessuno può sentirti cagare - un rapido assortimento di giochi di astronavi e affini

Al di là del crasso e prosaico titolo di questo articolo mi sembra giusto approfittare del buio della stagione per parlare del i giochi ambientati nello spazio che per qualche ragione non sono degni di un articolo tutto per loro. Magari perché sono troppo corti, o più probabilmente perché non è che abbia poi tutti 'sti ricordi o tutte queste storie da raccontare connessi ai suddetti giochi. Lo sapete ormai che questo blog è un esercizio di purificazione interiore, in cui mi piace giocare con la psicologia sociologia, epistemologia e tante altre parole difficili che nascondono quanto mi stanno sul cazzo i vecchi di merda, attaccando queste mie riflessioni alla cosa dell'infanzia che conosco meglio, cioè appunto i videogiochi. L'effetto collaterale è che chi viene qui per leggere di videogiochi si annoia con tutte le parti di riflessioni psicosocioepistemologiche. Chi viene qui per le riflessioni psicosocioeccetera, non credo sia particolarmente interessato ai videogiochi, quindi insomma né carne né pesce, l'esatto posto dell'effetto Barnum.

ovvero quel fenomeno che fa sì che ci facciamo accompagnare da nani


Ciononostante, eccoci qui, alla fine del quinto anno di blog, in vista di un sesto anno che non verrà completato causa tavò, a parlare dell'immaginario collettivo di noi bambini cresciuti da figli unici (Mia sorella è nata che avevo 7 anni), in famiglie benestanti durante gli anni 80.


Il fatto è che se togliamo i dinosauri, c'è un altro archetipo che nella nostra mentalità infantile era considerato come qualcosa di assai sborone. "I Ninja!" direte voi. No, non necessariamente: io personalmente ritengo che il ninja, come concetto, sia principalmente legato a mode studiate a tavolino da esperti di marketing che devono vendere giocattoli e articoli per la scuola.

No, sto parlando di tutto ciò che riguarda spazio, astronavi e astronauti. Questo almeno vale per noi maschietti, e qui  c'entrano anche bias culturali molto radicati da parte delle famiglie in cui i maschi sono tutti Supereroi, Astronauti o calciatori, mentre le femmine sono tutte principesse, fate o cavallerizze (rigorosamente di unicorni). Ecco, al di là di certa gente che vive solo su Twitter e sbandiera i figli presunti non binary come motivo di vanto, mi piacerebbe semplicemente che alle soglie del 2022 non dovessi sentire la mamma di una compagna di classe di mio figlio che si imbarazza per dirmi che a sua figlia piace di più giocare con le macchinine che con le Barbie (e come biasimarla, visto che i giochi ideati per i maschietti sono molto più belli dei giochi ideati per le femminucce). O peggio ancora, la vergogna "by proxy" (frendschämen, si dice in tedesco) ascoltando il padre di un compagno di asilo, ex calciatore professionista (arrivò persino in una serie B europea) che si lancia in una convoluzione mentale degna del personaggio "Vito Catozzo" per giustificare come mai al figlio non piacesse giocare al calcio, ma preferisse di gran lunga cucinare biscotti e dolcetti.  Ma sto divagando. Il fatto è che, come dicevo, approfitto del buio della stagione per parlare del buio dello spazio. Perché diciamocelo, lo spazio è una cosa fichissima. È il sublime romantico che troviamo bello, ma di quel bello che ci tira un pugno nello stomaco e ci fa sentire male, perché ci sentiamo talmente sopraffatti da una cosa così enorme che non riusciamo nemmeno a pensarci, che è quasi un'esperienza di picco, nel senso di Maslow: realizzarsi rendendosi conto che non si conta un cazzo nel grande schema dell'universo. 

esperienza di picco


Quei due secondi fermi a vedere l'immensità che c'è là fuori, e allo stesso tempo sentirsi una merda perché tutte le cose che riteniamo importanti sono caccole ancora più piccole di noi, nel grande schema dell'Universo. A meno che la nostra ragione di vita sia l'attivismo contro la morte entropica dell'universo, e in quel caso mi sa che non viviamo molto bene. Per fortuna, ci aiutano i videogiochi a farci dimenticare che molto probabilmente durante l'arco della nostra vita non riusciremo mai a portare le chiappe su un altro pianeta, e se dovessimo farlo, la cosa probabilmente non sarebbe divertente e gradevole come un viaggio in aereo (al netto delle cancellazioni a caso dei voli da parte di Ryanair che è dal 2019 che rompono il cazzo, ma questa è un'altra storia). Quindi, andiamo nello spazio e smettiamola di rompere i coglioni. Pronti? Ignition!

Spacewar (B. Seiler, 1985)

Spacewar! (con il punto esclamativo) è notoriamente il primo videogioco con la grafica della storia, una di quelle cose che tutti conoscono per sentito dire ma che alla fine, vista la scarsa disponibilità, nessuno ha veramente giocato, salvo su qualche emulatore, o in qualche museo del videogioco. Un po' come la fregna per gli informatici, insomma! E infatti negli anni 60, gli autori di Spacewar! erano così fregna-deprived che sono riusciti a fare un gioco sparatutto multiplayer con grafica vettoriale, calcolo in tempo reale degli effetti della forza di gravità, e pure uno sfondo basato sulla posizione reale delle stelle! E intanto sono passati alla storia, e quelli dell'università che dicevano loro "ma pensa alla figa" che fine hanno fatto? Ecco, insomma, in quanto persona che si è sentita spesso dire "ma pensa alla figa" quando si impegnava in qualcosa di più del minimo sindacale per la sopravvivenza, ho una certa simpatia per Steve "Slug" Russell e soci. E quindi oggi rigioco al remake del 1985 fatto da tale Bill Seiler, con cui mi divertii quando mi fu passato (era circa il 1991, credo) nella famosa compilation "Il Club della Rana" della Ultimobyte, distribuita in bundle con un PC IBM-Compatibile della Amstrad, che era stato regalato al mio migliore amico dell'epoca. Purtroppo, cercando su internet, quel particolare dischetto con Spacewar non l'ho trovato, e la cosa mi ruga molto perché lì c'era pure un clone di Tank Wars/Scorched Earth che mi piaceva molto (prevedeva, se non sbaglio, pure la possibilità di spostare i carri armati) e per quanto l'abbia cercato sui vari siti abandonware, non ci sta proprio. Ah beh, peccato. "Absence makes the heart grow fonder", si dice, a ragione. Accontentiamoci, dopo anni di assenza, di rigiocare a questo remake qui. Sigla!

Bella la schermata del titolo, eh? Eh? Trovo molto carina la scritta "SPACEWAR" che si spezza e si ricompone,  un gran bell'effetto per il 1985, no? Che poi l'originale Spacewar!  è del 1962, per il computer PDP-1, ma sa il cazzo se ne avevo la più pallida idea al tempo. Non sono sicuro che la versione rigurgitata dalla Ultimobyte per il club della Rana fosse tradotta in italiano, così l'ho trovata su Archive.org e mi è sembrato interessante proporvela nell'italico idioma. No? Bello anche come i motori "a impulso" (technobabble mutuato da Star Trek) siano chiamati "Motori impulsivi"...


...perché impulsivamente iniziamo a giocare contro il computer (l'astronavina sulla destra) e spem! La legge di gravità è uguale per tutti, dice Giulio, molto impulsivamente il computer si spetascia sul pianeta centrale prima che lo facciamo noi. 


Comunque, a differenza del gioco originale per PDP-1 qui abbiamo due astronavine con armi abbastanza differenziate. Missili, che sono tipo boomerang ma che vanno dritti, poi abbiamo il laser, poi abbiamo l'iperspazio, che ci teletrasporta in un punto a caso, e infine abbiamo pure l'invisibilità (abbastanza inutile, contro il computer). La cosa che facevo al tempo era perdere contro il computer e poi invertire i ruoli. Cosa che faceva di me un grandissimo cacasotto incapace, ma insomma, ora sono un uomo adulto e non sono più terrorizzato dallo sbagliare. La cosa che non è cambiata in tutto questo è il gradimento nei confronti di questa estetica. È estremamente semplice, certo, ma ha il suo perché. E infatti sono felice di aver ritrovato questo gioco, nonostante l'impossibilità di ritrovare quel dischetto della Rana. O meglio, era così fino a quando grazie alla potenza della rete, in seguito alla stesura di questo articolo, il mio eccellente lettore Damiano (visitate il suo sito!) ha ritrovato altri due dischetti della Rana mancanti, tra cui quello che aveva Spacewar (che sul dischetto in questione era in inglese) e pure il clone di Scorched Earth / Tank Wars che non ricordavo. Mamma mia! Adesso mi toccherà pure di scriverci qualcosa sopra. Ma non oggi, torniamo a Spacewar.


Che altro si può dire? Niente, questo gioco è stranamente intrigante, e devo dire che c'era una cosa, nel potentissimo suono emesso dallo speaker che faceva la sirena quando l'energia scendeva sotto un certo livello. E spesso e volentieri ci arrivavo io a fare 'sto suono inquietantissimo, regolando il livello degli scudi al massimo. Non so. Però mi era rimasto impresso, e devo dire che a tutt'oggi è ancora abbastanza impressionante. Non so, sarà il buio, ma l'immagine che passa è quella di una grandissima solitudine di fronte all'infinito. Certo, il PCS 86 della Olivetti è una stronzata che come potenza di calcolo è meno di un centesimo dei catorci che teniamo in tasca, ma per il me stesso di otto anni, seduto da solo in una casa antica, fredda, piena di cimeli di tempi passati, di fronte a questa specie di enorme catafalco grigio, con una schermata nera e un suono stridulo potentissimo, mi sentivo veramente annichilito. Non è facile da spiegare, come sensazione, ma magari è successo pure a voi, per qualcos'altro. No?


Siccome ora sono figo, visto che sono in vantaggio sul computer, cambio ruolo, passando così in svantaggio. Che c'è da dire? Non tantissimo! Il fatto è che è divertente vedere come la dinamica di Spacewar sia esattamente la stessa di una bella fetta del Gioco Più Bello di Sempre (secondo me) e forse, io che mi atteggio a intelligentone, magari prima ancora dei pomposi giochi adventure della Lucas (che non fanno poi così ridere) e prima di qualche cervellotico gioco di strategia che richiede un pensiero a otto dimensioni, la cosa che mi diverte di più è un gioco in cui due astronavine fatte di pochi pixel si sparano a vicenda. Chi lo sa! 


E insomma non so, sarà che sono un pappamolla, sarà che si respira aria di fine impero, ma questo gioco, nella sua totale semplicità e nel suo essere privo di fronzoli e di sovrastrutture autospompinantisi, lo trovo un distillato di divertimento con cui spegnere agevolmente il cervello, pur non essendo un fenomeno di abilità. E va benissimo così! Porco cazzo, ad averlo saputo quando avevo 9 anni, magari sarei riuscito a divertirmi. Bah, prossimo gioco.

È merda? No, no, non è merda, come ho detto, è talmente basilare che è invecchiato pure molto bene. Se non sapessi un cazzo (cosa che spesso corrisponde a realtà) potrei benissimo farmelo spacciare per un gioco moderno fatto in stile retrò. Il signor Seiler ci dimostra come sia difficile, ma estremamente efficace, togliere elementi per rendere il prodotto finito perfetto. Ora, Spacewar è ben lontano dalla perfezione, però fanculo, riesco a godermelo. Bene così. Ma abbassate il volume del PC Speaker (al tempo per farlo bisognava andare nel BIOS, ora la vita è più semplice).
Ci rigiocheresti? Ah sì.

VGA TREK (Patrick R. Rygiel, 1992)

Numerosi siti di abandonware sicuramente si lasceranno andare alla lacrimuccia parlando di EGA Trek del prezzemolino dello shareware Nels Anderson, già autore di quella cacata di Shooting Gallery e di un solitario del mahjong che avevano più o meno tutti. EGA Trek era una specie di arcade con componenti strategici in cui si gestiva tutta la plancia dell'Enterprise, che per ragioni di copyright era stata rinominata in "Lexington". I Klingon e i Romulani erano stati rinominati in "Mongols" e "Vandals" e insomma tutto questo faceva moderatamente sorridere, per il fatto che la Paramount si sentisse minacciata dal signor Nels Anderson, che insomma, diciamocelo, era un figuro abbastanza innocuo. Ma insomma, a me piace fare lo sborone ogni tanto e quindi EGA trek la lasciamo agli sfigati a 16 colori, perché questo è ... (sigla!)


...VGA TREK! A 16 colori. Ma in alta risoluzione! Trattasi del cosiddetto Mode 12h, 640x480x16, con una frequenza dello schermo a 60 hertz. Il resto dei modi in VGA è a 70 hertz. Peµo intanto ci sorbiamo questa modalità grafica con il titolo fatto con caratteri estesi ANSI, e sullo sfondo un'enterprise e una nave klingon piuttosto stilizzate. Questo, unito alla musica di Star Trek con cui il PC Speaker ci sta trapanando i timpani, ci lascia presagire cose non eccessivamente entusiasmanti ma insomma, restiamo positivi, no?


Mentre la storica sigla di Alexander Courage continua a squarciaspeaker, vanno in sottofondo le istruzioni. Ma voi lo sapevate che quel gran porcellone di Gene Roddenberry aveva scritto pure le parole per la storica sigla della serie originale, così da essere accreditato come co-autore e prendersi metà delle royalties. Tra questo vile atto di arraffonaggio, il diritto alla sbunnata verso le starlette poco vestite che comparivano nella serie e l'episodio in cui gli alieni fregano il cervello a Spock, Gene Roddenberry era un po' uno stronzo, però insomma, separiamo il prodotto artistico dall'artista, no? 


Ecco, invece, io parto dal presupposto che il signor Rygiel sia una persona a modo, gentile, che fa volontariato nella sua comunità locale e aiuta le vecchiette ad attraversare la strada, ma questo gioco fa stracagarissimo! Al di là del fatto che abbiamo due astronavi che si muovono su e giù a passo di lumaca, abbiamo proprio l'effetto "ghosting" della tastiera e il fatto che mentre sono i finti klingon a sparare, puttana miseria, noi non possiamo! Quindi bisogna riuscire a sparare mentre i klingon non lo fanno e spaccarci il polso (e la tastiera) per riuscire ad avere quel flusso di spari in modo da impedirgli di spararci! Ma puttanazza della miseriazza, che cacata di gioco!


Argh, niente! Nonostante tutto finisco le vite, proprio come ai bei vecchi tempi, non riuscivo a passare nemmanco il primo livello. Che roba! C'è solo una cosa che mi viene in mente per superare questo trauma...


Ah te pareva, riducendo la velocità di Dosbox a 500 cicli dagli originali 3000, il gioco è più gestibile, come se ci fosse una specie di periodo "morto" in cui dobbiamo premere qualche tasto altrimenti cazzi nostri, e questo periodo di standby dipende dal clock. Che cacata! Il fatto è che già con un 386 SX a 25 Mhz 'sto gioco era ingiocabile. Lo so perché lo avevo trovato nel dischetto del buon vecchio Avaricius. Certo, ai tempi del vecchio 386SX a 25 Mhz non avevo una roba che regolasse il clock verso il basso (era impensabile, in realtà) e roba tipo Mo'Slo mica esisteva! Comunque oggi ho superato una personalissima lacuna di quando ero giovane, e insomma posso sentire che piano piano la mia psiche si sta ricostruendo man mano che mi rendo conto di non essere stato poi l'incapace che credevo di essere.  Non che questo salvi il gioco dalla zona marrone, eh. Bene così, dunque! Prossimo gioco!

È merda? Certo che sì, che domande. È una roba simile a quello che facevo io in Turbo Pascal, con la differenza che io non chiedevo soldi per la versione registrata.
Ci rigiocheresti? No, capitolo chiuso, mancanza risolta, bene così.
1992. Gioco più bello di sempre? Ma mi sto pigliando per il culo da solo?

Descent (Parallax Software / Interplay, 1995)

"Com'è questo Descent?" "Decent". Questa è una delle tre cose che ricordo di questo gioco che è uscito in mezzo a fontane eiaculatorie della fecale stampa di settore quando non cacavo il mondo del videogioco, e quindi quando mi rimisi in pari un mio compagno di classe del liceo me lo passò (lo shareware era in un CD pieno di shovelware) e ci fu questo scambio. Non ricordo se a fare la battuta fui io o fu lui, ma importa? No, non importa, anche perché con un certo imbarazzo né io né lui eravamo i n grado di fare la giusta pronuncia del titolo. Come è scritto? Nah, troppo brutto. "Dissssént"? Forse. "Desént"? Più probabile. Certo, però, quanto conta il nome, eh? "Doom" "Duke" o "Quake" è roba semplice, potente, che ti rotola bene in bocca. Descent ha due sillabe anziché una, non si abbrevia, non sai esattamente come pronunciarlo e ti metti a rischio di fare la figura del coglione, e insomma, capisci che ha meno probabilità di sfondare. Però fu un discreto successo, anche perché era il primo sparatutto 3D in vero 3D, in cui potevi veramente andare in tutte le direzioni e non solo strisciando sul pavimento. Quindi, benone. Peccato che (seconda cosa che ricordo) il mio senso dell'orientamento, già nei giochi sparatutto 2,5D come Wolfenstein 3D, è inesistente, figuriamoci in una cosa in cui puoi andare su e giù e puoi pure rovesciarti! Non benissimo, ma oh, l'hype c'era, dovevo saltarci a bordo, a costo di vomitare il panettone del Natale dell'anno prima. La terza cosa, che è la cosa che ricordo più di tutti, la dico tra poco. Intanto, sigla!


Ah, la semplicità della roba shareware, eh, amici? La Parallax ha pure lavorato per diversi mesi con la Apogee, in vista di una pubblicazione con la casa di Garland (TX). Solo che la Apogee era strapiena di progetti e quindi a malincuore Scott Miller ha dovuto lasciar perdere tutto. Non so per quali progetti ha lasciato perdere Descent. Se è stato Duke 3D, allora ci sta. Altre cose, insomma... un po' meno. Però alla fine il gioco l'ha rimediato la Interplay, che onestamente non riesce a starmi antipatica. Sarà che li associo all'ottimo Lexi-Cross, forse.



Ok, ecco la terza cosa che mi è rimasta più impressa, per il semplice fatto che l'incazzatura fissa meglio i ricordi, è il piagnucolante monologo interiore del protagonista che riceve il lavoro da un dirigente della Post Terran Mineral Corporation. Ora, immagino che se uno ha... quanti anni avevo nel 1995? Ah sì, 13. Dicevo, se uno ha 13 anni, magari si sente fighissimo a rispondere male nella sua testa a uno che gli sta parlando, quasi come certa gente che sta tutto il giorno a commentare le notizie sui siti della fecale stampa generalista. Che poi uno guarda meglio e sono sempre le stesse due o tre persone che hanno un ammontare di sfiga enorme. Un po' come me a 13 anni, del resto. 



Che poi, tutto il tempo a rigurgitare stronzate tipo "damn bureaucrats" o "hanno fatto più male alla società gli uomini in giacca e cravatta che quelli coi tatuaggi", e via citando pari pari da pagine facebook tipo "LIBERTA'  DI ESPRIMERSI E MO' VE NE DICO4" però il lavoro lo prendiamo, no? Dire "Grazie non sono interessato" e girare i tacchi no eh? Sono certo che ci sono altre persone nel sistema solare in grado di pilotare una Pyro-GX di costruzione israeliana per ripulire miniere da robot impazziti, no? Come dice Hoffer, la bocca che morde la mano che le dà da mangiare è la stessa bocca che bacia lo stivale che la prende a calci nei denti, ecco.


E insomma, eccoci qui, in un complesso sistema di tunnel adibiti a miniera su un asteroide, che guidiamo un'astronavina dal design intrigante, che viaggia su cuscino d'aria e molto convenientemente non va a sbattere sui muri. Certo, un'astronave che gira per un corridoio mi fa un po' pensare alla questione della scala. È per caso poco più grande di una persona, e il nostro protagonista è un nano? I corridoi sono forse enormi, compresi i monitor? Oppure magari anche i minatori sono anche loro nani? O i corridoi sono più grandi di quel che sembrano e la gente ci sta all'interno di astronavine grandi più o meno come un SUV. Oppure gli sviluppatori sono partiti con un certo stile grafico e si sono successivamente trovati che le cose non quadravano e hanno detto "Ah beh, sticazzi, tiriamo avanti tanto la gente si esalterà perché noi facciamo il motherfucking vero treddì, mica come loro".


E via, come prima cosa facciamo un po' di danni alle infrastrutture locali, e possiamo immaginare il nano nella navicella che sta sghignazzando e parlando da solo dicendo "così imparano quei maledetti burocrati in giacca e cravatta! Heh heh heh! E insomma, l'odio di sé per tutte le volte che il nostro protagonista si è sentito pigliare per il culo a scuola perché è un nano, ora sfocia nella velleità di distruggere tutto e tutti facendo più male possibile a quelli che lo hanno fatto soffrire da piccolo. Un buon 90% delle opinioni politiche della popolazione adulta si forma così, peraltro.


Ah, pure l'automap. Per fortuna, perché io mi perdo come niente qui. Paradossalmente, uno si aspetterebbe che con Descent mi venisse il vomito e invece no, nessun conato. Sì, un po' di fastidio per il fatto che tutto gira e mi perdo e non so più dove sono, e il fatto di essere un nano in un'astronave in corridoi di poco più grandi mi mette a disagio, ma lo stomaco va bene. Boh!


Poi uno dice full 3D full 3D, e ok, i nemici sono poligonali, va benissimo, ma i bonus sono sprite. Eh-eh-eh! Hai toppato, Parallax software! Non me la dovevi fare!


Beh, che dire ora? Il gioco in se è tecnologicamente sorprendente, e capisco anche l'intenzione di dare a tutto quanto un senso di claustrofobia, ma porca puttanghera, il fatto che siamo in un'astronave che già ci sta strettissima, a meno che non siamo dei nani, e che sta in un corridoio che potrebbe o non potrebbe essere a misura d'uomo, mi fa sentire come quando mi sento i vestiti che mi danno fastidio che mi stanno addosso e inizio a muovere le spalle perché la maglietta della salute mi è scomoda. Non so, non riesco a descrivere quella sensazione a parole.


Insomma sono qui che sto girando a vuoto e non riesco a trovare altri pezzi di livello, quando poi guardo verso l'alto. Ah! Un corridoio! Che va verso l'alto! Ma questa è veramente tridimensionalità!


Altra domanda. Siamo noi che siamo girati all'incontrario o sono questi due ostaggi dei robot che stanno facendo un cosplay di P.zzale Loreto? Non lo sappiamo, ma li carichiamo a bordo e visto che sono alti come tre quarti della nostra Pyro-GX, mi chiedo come cacchio facciamo a starci in tre dentro? Non fatemi la battuta "uno davanti e due didietro", per favore. Magari, essendo gli ostaggi degli sprite bidimensionali, siccome sono piatti allora magari si piegano e si impilano comodamente. Sì, ecco, mi piace questa teoria. La teniamo...


...purtroppo sono così autocompiaciuto per la mia elegantissima teoria che la Pyro-GX esplode non prima di aver elegantemente roteato su se stessa. Due ostaggi persi, e tutto l'armamentario a fluttuare dove un tempo c'era la nostra astronave. Abbiamo ancora due vite, il nostro nano passivo-aggressivo è stato forse clonato? Non lo sappiamo. Io però mi sono rotto i coglioni, e quindi passo avanti. Prossimo gioco!

È merda? No, devo dire di no. A prescindere dal 3D effettivo della grafica, comunque è un gioco fatto bene che riesce nel miracolo di non farmi vomitare. Certo, i livelli sono molto ripetitivi, ma immagino che se facessi meno cagare arriverei a livelli meno monotoni e tutto magicamente si risolverebbe, no? Certo, certo, c'è il problema della scala degli oggetti, ma archiviamo sotto sospensione dell'incredulità e siamo pure a posto. È ok, non è niente per cui stracciarsi le vesti, ma non è merda. D'altra parte il riso al latte è una roba blandissima ma io lo mangio sempre volentieri. Ma forse sono strano io.
Ci rigiocheresti? Nah.

Backlash: A Turret Gunner Simulation (Sanctuary Software, 1995)


Sono i primi mesi del 1996 e, piano piano, sto ricominciando a sprofondare nel vortice di sfiga che è l'essere un videogiocatore. Questo è coadiuvato dal fatto che per il Natale del 1995 il mio 486 DX2 è stato trasformato in un "elaboratore multimediale". E che significa? Semplice, ho ricevuto un lettore cd-rom della Philips (a quadrupla velocità, mica cazzi!), una scheda audio soundblaster-compatibile (sempre della Philips) e pure un joystick che ci sta sempre bene (Philips pure quello). 

Philips era pure il tentativo mai portato a termine di tagliarmi i capelli in casa perché come già ho detto odiavo andare dal barbiere. Mia mamma non si azzardò mai a tagliarmeli e quindi la macchinetta rimase intonsa finché mia moglie non prese il coraggio a quattro mani


Più 4 videogiochi sul cd-rom, cioè Megarace, Dragon Lore, Cyclones e un videogioco di scacchi per Windows 3.1 che non mi funzionava perché non ero capace di installare il driver della superVGA che mi avrebbe fatto girare Windows a più a più di 16 colori. E la cosa era un problema, perché molti "Ipertesti Multimediali" (gesto che mima la masturbazione maschile) dell'epoca richiedevano tutti 256 colori come minimo, per poter vedere le foto e i video in QuickTime, che puoi fare l'algoritmo di Floyd-Steinberg quanto vuoi per fare il dithering, ma 16 colori sono 16 colori. Ma sto divagando: I CD in omaggio col pacchetto multimediale diventano presto pochi, e quindi cosa fa il videogiocatore pezzente? A chi si rivolge? Ma all'edicola, ovviamente! Non mi ricordo se in quel periodo il Biondo ci fosse ancora o se fosse andato in pensione, ma poco importa:  Prima di gettarmi a pesce sulla fecale TGM, che al tempo aveva iniziato anche a distribuire il cosiddetto Silver Disk, avevo approcciato riviste molto più serie, almeno all'apparenza. Una di queste l'ho già menzionata in questa sede: era una pubblicazione della casa editrice Tecniche Nuove che si chiamava "multimedialità". Automaticamente con la mente completavo "multimedialità" con un beffardo "che cosa ci vuoi fare?" facendo il verso a una nota canzone di Elio e le Storie Tese che spopolava in quel periodo e che spesso e volentieri ci si dedicava l'un l'altro perché nulla era più umiliava più un preadolescente maschio che appiccicargli l'etichetta di gay.

Il bello è che pensavano pure di fare una cosa contro l'omofobia


Insomma, in quelle raccolte c'erano molte utility abbastanza interessanti, e anche giochi shareware (quindi, completi! Mica come quei cacchio di demo sul Silver Disk della Xenia, diamine!) potremmo dire che si trattava di una compilation di shovelware. Mi ricordo che trovavo in questi CD trovavo roba che mi è piaciuta molto e merda assoluta: Capture The Flag, Commander Keen 4, insignificanti e dimenticabilissimi cloni di Doom (compreso "Breakfree", l'arkanoid in prima persona) Hexagon, Outlaw 97 e questo gioco qui. Che mi ricordo che mi aveva pure molto colpito perché, essendo io stato digiuno di giochi per un bel po', avevo trovato che almeno dal punto di vista grafico era veramente una figata.

Ma se c'è una cosa positiva che possa dire quel periodo pre-adolescenziale  è che il cinismo tipico di quell'età, unito al fatto che su un CD-ROM di giochini ce n'erano davvero tanti mi ha fatto mettere in dubbio la famosa "fallacia dei costi sommersi". Come ? Vediamolo! Sigla.  


Eh ma soccia! Quest'intro così pomposa per un gioco shareware? Ma che scherziamo? Cioè, questi erano partiti con l'idea di fare una specie di Wing Commander 1 o 2, ma sono andati lunghi e hanno fatto uscire una roba degna dei primi due episodi quando era già uscito il terzo, e quindi hanno detto "ah cazzo, vabbè, facciamolo uscire shareware". Sì, non è la storia vera, ma mi piace pensare che lo sia. Vaffanculo.


E insomma, ci sono tutte queste astronavine qua e là e sullo sfondo c'è un pianeta, e tutto è renderizzato pure abbastanza bene per l'epoca. Certo, la forma delle suddette astronavine è quello che è, e non è un granché. Particolare attenzione viene data alle torrette con i cnanoni laser che difendono le suddette astronavine, e mi chiedo se il noiosissimo sottotitolo non ci abbia niente a che fare.


Ah, che domande, ma certo che ci ha a che fare! Tutta questa pugnetta ben renderizzata per farci credere che una premessa soporifera come un simulatore di torretta difensiva di quella che è de facto una fortezza volante nello spazio possa essere qualcosa di eccitante. Ci riesce? Probabilmente no, non lo fece a suo tempo quando era nel CD di shovelware "Multimedialità" (che cosa ci vuoi fare), che dopo i primi 5 minuti chiusi tutto scoglionatissimo.


E allora voi direte "ma perché ci rigiochi ora se sai già che era una roba dimenticabilissima?" Nella sua dimenticabilità, beh, mi è rimasto impresso! Nel senso che dovendo fare un articolo-pastiche su giochi di astronavi e simili mi è venuto il dubbio su un gioco tipo wing commander ma in cui non potevi pilotare l'astronave ma solo sparare a destra e a sinistra. Tipo Rebel Assault, ma senza nemmeno la pretesa di essere un rail-shooter, proprio un simulatore di volo ma con il pilota automatico sempre attivo. Ed eccoci qui, l'ho recuperato e ora sono qui a cercare di scrivere qualcheosa che non dia a voi la stessa sensazione di noia che ebbi io a suo tempo, e che ho tuttora.


Perché capito? C'è pure il briefing e la possibilità di comprare un equipaggiamento! 'Sta cosa della personalizzazione tramite shopping quando siamo impiegati di qualche governo stellare mi pare la più interessante critica al capitalismo che si possa fare, molto più di un substack scritto da qualche carneade rossobruno rimasto fermo al 2010 che con la scusa del cosiddetto "antimperialismo" fa una serie di contorsionismi mentali alla fine dei quali si trova più a destra di Fox News. Divago, partiamo verso lo spazio, su.


E insomma, siamo sulla nostra torretta, con campo visivo claustrofobico. Boh! Certo, il cruscotto renderizzato in 3D è bello, ricorda un po' Privateer, ma senza l'interattività.


E insomma... il gioco che ogni tanto mi ricorda come si fa ad abortire la missione, ecco, mi viene da dire che nemmeno lui ci creda troppo. Che dire? Non è nemmeno soddisfacente far fuori i droni.


Ah, ma è una missione di tutorial, questa! Abbiamo fatto fuori i droni statici, ora ci sono i droni più dinamici, poi c'è la roba che spara? Io mi sarei cacato il cazzo amici! Com'è che si faceva ad abortire la missione?


Ah sì, Alt-F8. Benissimo! Bella l'animazione del ritorno alla base, si vede che ci puntavano proprio su questo stile à la Wing Commander (ma senza i dialoghi coi personaggi-macchietta). Facciamo la prima missione?


Ah, beh, un salto nell'iperspazio modello "Stelle allungate" e siamo in un altro sistema, in cui ci sta un'altra base stellare in cui portare delle medicine fondamentali. Magari è una missione di trasporto molto noiosa, senza nemici, come voglio credere che succeda quando si è camionisti, magari ci sono dei trasporti che non causano alcun problema, no? Ci si ferma al ristorante in cui si mangia bene, si fa il riposino per digerire, una riga di coca per trasportare tutto in tempo e non addormentarsi al volante, e via che si va! 


Ah no, ovviamente no. Ci sono i nemici, ma per quanto ci provi a farmi far esplodere, niente. Sfortunatamente riusciamo a farli fuori tutti...


...e le medicine sono consegnate. YAHWHN, amici, veramente YAHWHN. Le medicine sono state consegnate, ma alla base iniziano a dire "Questo è un SIERO SPERIMENTALE prodotto da BIG PHARMA non siamo le vostre CAVIE DA LABORATORIO" e crepano tutti uno dopo l'altro. Ah uei ciò! (Emoji che si stringe nelle spalle) E pensa che si trattava semplicemente di Daflon per le emorroidi che mi ha causato la banalità di questo gioco! Bah. Andiamo avanti.

È merda? Sì. Per carità, apprezzo lo sforzo di fare scene d'intermezzo così barocche, ma se ci avessero costruito un gioco attorno sarebbe stato ancora più bello.
Ci rigiocheresti? Giammai.

Radix: Beyond the Void (Epic Megagames, 1995)


Su questo gioco misi le mie manacce un paio d'anni dopo che uscì, era il 1998 se non sbaglio. Lo presi durante un'estate caratterizzata dalla gargantuesca sfiga associata alla deprimente realizzazione che non era poi così popolare con i miei coetanei come mi piaceva immaginare di essere. E così questo dolore interiore cercavo di lenirlo con l'acquisto compulsivo di un sacco di roba da edicola e a metà vacanza avevo un considerevole mucchietto di CD in valigia.

Questo unito al fatto che sfiga volle che mia sorella (che al tempo aveva 9 anni) prendesse la pertosse al mare, ci aveva reso quella vacanza non gradevole come al solito. Intendiamoci, le nuotate me le facevo, e le stronzate del Signor Piero me le sorbivo anche molto volentieri. Ma a parte questo, insomma, migliorabile. Quindi quando tornai al Vecchio Paese fu quasi una forma di sollievo da un certo punto di vista (per quanto mi mancasse il mare come elemento, ecco). Mi faceva respirare senza affanni il fatto di essere di nuovo lì, da solo, a far finta che anche i miei coetanei fossero tutti nella mia stessa condizione di rincoglionirsi da soli davanti a un PC. Beh, in tutto questo c'è Radix: Beyond the Void. Questo gioco dal nome abbastanza blando si trovava nel CD allegato alla fecale rivista di settore PC Action che aveva questa doppia funzionalità. Sia di essere rivista videoludica che, se vogliamo professionale. E in più aveva pure, come già ho detto in un altro articolo, la rubrica chiamata "erotica internet", in cui Paolo Besser andava in giro per catalizzatori on-line di pugnette (principalmente scan di foto di Playboy) e scriveva due righe di recensione, presumo con la mano sinistra.

Negli anni 90 si poteva posare su Playboy senza avere il microblading alle sopracciglia


Mentirei se dicessi che questa rubrica non stimolava alcun interesse nei miei confronti, ma una volta tornato al V.P., visto che avevo questo CD, e avevo pure il famoso CD crucco con un sacco di giochi Apogee/Epic MegaGames, spinto dal senso di completismo, installai subito 'sto gioco perché era della Epic MegaGames e non era sul sovramenzionato CD teutonico. Avanti pure...


Non ho presente se ho visto il logo della Epic Megagames renderizzato così, col cielo e il prevedibilissimo lens flare (YAHWHN) a fare il sole, ma tant'è, una roba che in 3D Studio si faceva come esercizio di programmazione e che il grattacielo col museo di Diabolik 4 era infinitamente meglio. Non so. Il fatto è che la Epic di giochi spaziali ne ha fatti uscire diversi che non ho mai cacato e dubito che mai cacherò, tipo Overkill della Tech-Noir (che di bello aveva solo un paio di schermate fatte in EGA, ma fatta bene) o Kiloblaster dello stesso autore di Xargon (che era così orrendo a vedersi che non ho mai voluto manco provarlo) poi Zone 66 (che non era ambientato nello spazio, ma era abbastanza fantascientifico) e Solar Winds, che era molto spaziale e aveva molte cose in comune con quello che ritengo essere il gioco più bello di sempre (secondo me, s'intende), ma aveva il problema di essere di un palloso atroce, roba che ti riconciliava con l'orchite. Quindi, entusiasmo ammazzato, provato una volta, lasciato perdere subito. Oh, non ho tempo infinito e soprattutto non è che ho infinite cose da raccontare associate ai giochi di quando ero piccolino, eh.


Mi viene chiesto il nome, e seppur nel 1998 non usassi "Andreotti" ora commetto un perdonabile anacronismo, e scelgo il livello di difficoltà, che è abbastanza paragonabile a quello di tanti cloni di Doom usciti in batteria di quei tempi. Che due coglioni, amici cari. Ma qui stiamo parlando di un gioco che si chiama "RADIX", e c'è un'astronavina tipo quella di Descent, quindi al massimo è un clone di Descent, no? E sarà più o meno decent, dico bene?




Oddio, per essere un clone di Descent, il livello è abbastanza poco tridimensionale...


...ebbene, è un cacchio di FPS, nemmeno troppo avanzato, in cui anziché un cacchio di omino abbiamo una cacchio di astronavina, che va sempre avanti e non si ferma mai, che può rallentare ed accelerare e soprattutto quando ci troviamo in una stanza a cielo aperto non possiamo andare più in su. Minchia.


Ah, dimenticavo! Se tocchiamo un muro ci facciamo male, perché la Radix non è la Pyro GX e non ha il cuscino d'aria come il giochino dell'hockey. Bellissimo, eh? Ah, guardate, mi vien voglia di mettere i coglioni nel vuoto cosmico, proprio! Già che ci siamo, non chiedetemi come spiega la Epic Megagames che quando ci avviciniamo a un portone questo si apre. Si suppone che sia un livello a misura d'uomo, questo? Bah.


E niente, cari amici, sto andando avanti per inerzia, esattamente come la Radix, suppongo. Io voglio sperare che gli autori si siano impegnati e abbiano messo il cuore nel loro progetto e magari pensavano davvero di fare qualcosa di bello, e io mi rendo conto che magari non li fa stare bene se vengono a leggermi e si rendono conto che dico che questo gioco è di un'insulsaggine atroce che mi riconcilia con l'epididimite. 


E insomma, senza accorgermene ho distrutto l'obiettivo primario. E mò? Dovrei trovare l'uscita, suppongo, ma non la trovo, e quindi la chiudo qui. Peccato, peccato davvero. Cioè, no, fa stracagare 'sto gioco, un po' perché lo associo a un periodo di grande sfiga, sarà che di fronte a Descent, che è dello stesso anno, fa veramente una figura da cioccolataio, sarà che un clone di Doom coi livelli linearissimi in cui si tiene un'astronave è una cagata fuori da ogni concezione possibile, ma mi sono stufato. Chiudiamola qui, per favore, veramente. Non infieriamo oltre. Prossimo gioco.

È merda? Ah sì, ah sì.
Ci rigiocheresti? Ah no, ah no.

Strange Adventures in Infinite Space (Digital Eel, 2002)

Questo qui è il gioco più recente che vedrete sulle pagine del blog dell'Ex Videogiocatore. Per carità, non è che vuol dire che dopo il 2002 non ho mai più giocato, anzi. Ho videogiocato molta roba vecchia, e anche qualche roba meno vecchia, ma diciamo che al di là di pochissime eccezioni non ho mai dato a quei giochi il significato che ho dato ai giochi più vecchi. Sarà che ero cresciuto io, sarà che avevo deciso di crescere, d'altra parte avevo già vent'anni nel 2002. Un conoscente comune a me e al mio amico Ivano, quando ricorda eventi in un non ben definito passato li colloca sempre, SEMPRE nel 2002, tant'è che io e Ivano ci chiediamo spesso quante cazzo di cose sono successe, al Vecchio Paese, nel 2002. Io del 2002, ad esempio, mi ricordo pochissima roba. In effetti ricordo molto meglio, grazie agli "appigli" dei videogiochi che avevo e che avrei voluto avere, del 1992. Nel 2002 ricordo che avevo vent'anni, avevo scelto di cercare di scrollarmi di dosso tutto ciò che poteva essere infantile, anche per il fatto che facevo l'università non da fuorisede e non vedevo alcuna possibilità di andare finalmente ad acquisire uno straccio di indipendenza. Allo stesso tempo, mi ero reso conto di quanto mi facesse personalmente schifo quell'atelier culturale di 'sto gran cazzo, e piano piano, complice il disgusto, complice un senso di spaesamento generalizzato, gli esami non passati iniziavano ad accumularsi e si faceva sempre più palpabile il terrore di diventare uno di quegli spettri che vedevo aggirarsi per i corridoi con lo sguardo vitreo e il ghigno acquoso di chi parlava con eccessivo entusiasmo di un progettino d'esame che mai e poi mai sarebbe stato portato a termine. Uniamo il fatto che, come ho detto parlando di Diablo, mi rendevo conto che certi miei amici si facevano vivi con me solo quando si trattava di rincoglionirsi davanti al MAME, e sentivo proprio che stavo toccano il fondo. In realtà, il fatto di essere riuscito, i due anni precedenti, ad andare in vacanza da solo con loro, e a divertirmi pure (incredibile!) mi faceva ben sperare sul fatto che dal punto di vista sociale sarei stato in grado di rifarmi, in qualche modo. Ma nonostante ciò c'era sempre quell'eterno dubbio che stava lì, nel retrocranio, a torturarmi: chi ci dice che non è tutta un'impostura? Chi ci dice che il tuo destino non sia quello di rimanere lì, in quella casa, a fare il bambino intrappolato in un corpo sempre più in disfacimento dovuto alla sedentarietà, a dover cercare uno straccio di privacy barricandoti davanti a uno schermo?

E fu lì, penso, che ricaddi nel nostalgismo profondo: scoprii che il mio primissimo computer era un clone dell'Acorn BBC Master Compact, e ne trovai l'emulatore, per cercare di combattere quel senso di sconfitta umana, che sembravo aver superato dai tempi del liceo, tramite le estemporanee botte di adrenalina nel cercare di ricreare le sensazioni di 15 anni prima, giocando a schermo pieno ai giochi del PC128S che trovavo, con in sottofondo "Across the Universe" dei Beatles, che sentivo sul 33 giri quando di anni ce ne avevo 5, e pensavo che anziché di un trip acido parlasse di un'astronave che va in giro per l'universo. Poi lascio perdere perché l'emulatore dell'Acorn BBC non va molto d'accordo con Windows ME (ebbene sì, amici! Quello ci avevo e non volevo sputtanarmi il solo computer con cui ci facevo la roba dell'università installando versioni pirata di Windows XP, che certi miei compagni di università mi avevano detto che si bloccava se Bill Gates scopriva che era stato scopiazzato!) con risultati... interessanti.

ahi

Beh, almeno non compariva un limone sullo schermo come succedeva nei miei incubi informatici, ma non era bello. Quindi lasciai perdere il trip nostalgico e cercai giochi simili al Gioco Più Bello Di Sempre (secondo me), magari anche chiedendolo ai tizi finnici con cui chattavo su IRC e che mi avrebbero pure passato Iter Vehemens Ad Necem. Quello che saltò fuori fu questo stranissimo gioco appena uscito, che per alcuni catturava lo spirito di quel gioco, e seppure al G.P.B.D.S. non ci giocai quando uscì ma solo 7 anni dopo, quando lo trovai abandonware, avevo bisogno di qualcosa che mi desse la spinta a uscire dallo stato di sfiga in cui ero sprofondato. Perché sì, se il Gioco Più Bello Di Sempre (secondo me) è per me il meglio, non è tanto per il gioco in sé, quanto per la spinta a uscire dalla sfiga che mi ha dato. Ancora più della recensione di Ultima Underworld 2.


Eh sì, perché questo gioco è per Windows 95 o superiori, la risoluzione è bella alta, e le gif animate sono belle pesanti. Pazienza, tiriamo innanzi. Digital Eel è una software house indipendente (prima che il termine "indie gaming" diventasse di moda) dei sobborghi di Seattle, costituita da tre persone che lavoravano a tempo pieno nell'industria videoludica, e che nel tempo libero si sono messe a programmare un gioco breve, quasi casuale. Ma non la solita cagata "find an object" o "match 3" che piaceva tanto ai baby boomers, qualcosa di veramente originale. Ma veramente!


Intanto, già l'effetto nebulosa nella schermata del menu iniziale è qualcosa di molto bello. Ricordo di aver pensato che era un antialiasing fatto con l'accelerazione 3D / OpenGL e altre cazzate, ma invece no, è una roba molto basilare, perché appunto, sto gioco è stato fatto nel tempo libero. Molto bello, comunque. Ipnotico. No?


La storia! Dicevamo che il gioco è un esempio di Casual Gaming, nel senso che è una roba che dura poco, e che come diceva un concorrente del grande fratello dopo un caso di eiaculazione precoce, "si impegna per durare poco". Oltre a essere generato a caso per garantire la rigiocabilità. Praticamente il gioco si autodefinisce un roguelike sci-fi, e per quanto i roguelike durino molto di più di una partita media a SAiIS, ci sta, volendo. Ma questa storia? Ah niente, un contrabbandiere robot, Lextor Mucron, ci dà un'astronave usata con cui esplorare il grappolo di stelle locali e fare più soldi possibili senza essere ridotti a polvere stellare. Partiamo dal sistema fisso di partenza, Glory...




...e i nostri motori a impulso sono una roba lenta come la malannata, cosa che fa sì che esultiamo come dei deficienti per il fatto che nel sistema più vicino (Jinx, che ironicamente significa iazza) troviamo il potenziamento più fico che si possa desiderare, il navigatore Zorg, che appare peraltro nell'intro del gioco, il quale riesce a creare wormhole senza fatica, tirando una testata contro il muro. La cosa rende i nostri viaggi praticamente istantanei. Bellissimo!



La cosa ci permette di andare i giro, raccogliere artefatti e potenziamenti per la nostra nave, e soprattutto di fare scambi con i Klakar, gli inevitabili alieni a forma di favazzo. C'è molto di Master of Orion in questo gioco, ovviamente. C'è anche un assortimento di accessori da comprare, da trovare, e con cui pasticciare sulla propria nave che ricorda molto, appunto, i roguelike.


Dopo lo Zorg, reclutiamo anche un rettiloide Garthan, che possiamo aggiungere alla nostra flottiglia in caso di scontro armato...




...che puntualmente arriva. Contro un altro Garthan, che ha un'astronavina minuscola. Il combattimento è abbastanza noioso e lento, anche perché fa tutto il computer. L'unica è sperare che abbiamo più potenza di fuoco dei nemici e, come in questo caso, ce la caviamo. Non ho preso lo screenshot perché tavò, ovviamente.

Poco dopo.


Fine partita! Prima del tempo limite torniamo a Glory e Mucron corona la nostra strana avventura nello spazio infinito dandoci un punteggio finale di 3089 dollari spaziali, che serve a decidere la nostra futura carriera post esplorazione, un po' come quando ci si ritirava in Railroad Tycoon, ma a parte questo, importa? È al punteggio numerico che vogliamo aggrapparci? O è forse al viaggio che ci ha portati qui? D'altra parte, tempo fa un opinionista calcistico con cui di solito sono in disaccordo ha fatto come un orologio fermo e ne ha detta una giusta: fu "Marisa" Boniperti a dire che l'unica cosa che conta è il risultato, nel calcio, e questa mentalità ha dato il via libera alla stronzaggine di un sacco di frustrati per cui l'unica cosa importante è vincere in ogni cosa e tutto il resto non conta un cazzo, ed è per questo che abbiamo gente che si getta sui social a urlarsi addosso perché ogni cosa che ci dà ragione è una vittoria e noi siamo terrorizzati dall'idea di essere bollati come perdenti. In realtà semplifico un ragionamento molto semplicistico (d'altra parte un opinionista calcistico di solito non si addentra a giocare con psico-socio-epistemologia) ma un fondo di verità c'è. Insomma, spesso mi sentivo dire il motto di DeCoubertin, ma quando a scuola prendevo meno della perfezione subito partiva l'autopsia del fallimento (sotto forma di un "Perché???" pronunciato con gli occhi sgranati da mia mamma), quindi deduco che il "l'importante è partecipare" fosse traducibile in "non rompere i coglioni se non hai vinto". Sta cosa, unita alla mancanza di capacità di mettermi in gioco, mi ha fatto veramente affrontare i giochi a suo tempo con una prudenza che non era vero gioco. Puttana miseria! Potremmo dire che solo ora che ci ho quasi 40 anni e sto ripigliando i giochi uno a uno per battezzarli come "merda" ci sto veramente giocando! Non è mai troppo tardi, no? Beh, prossimo gioco!

È merda? No, è un gioco molto bello, anzi, se avesse un font meno microscopico e fosse adatto al telefonino ci giocherei pure le poche volte che piglio i trasporti pubblici. Ah, ma vedo che in realtà il seguito Weird Worlds esiste per Android! Bah, ammetto che spendere 5€ per una roba che potrei disinstallare dopo poco non mi alletta tanto. Ci penserò. Però voi provatelo.
Ci rigiocheresti? Senza dubbio.


3 commenti:

  1. "Blog dell' ExVideogiocatore: vieni per i giochi, resti per la psicologia !"

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    1. Eh, magari fossero tutti così. Ho come l'impressione che per molti questo luogo non vada oltre la stimolazione del MAROOO KE RICORDI XD XD. Peccato.

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  2. se ti può consolare, almeno a me è servito leggere questo blog per togliere quel senso di nostalgia del passato. Avevo già la sensazione che la mia infanzia e adolescenza non fossero periodi completamente felici, anzi fossero stati a volte molto impegnativi se non difficili. Tuttavia il sentimento di nostalgia si faceva vivo spesso, e mi chiedevo il perché, mentre cercavo di scacciare la voglia di tornare nel passato e ritrovare le cose che avevo perso. Questo blog mi ha aiutato a razionalizzare e a guardare avanti, anche se il periodo che sto passando non sia dei migliori da anni.

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