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lunedì 21 agosto 2017

Denarius Avaricius Sextus

Un momento di grande soddisfazione che ricordo sempre con piacere è stato quando, una volta che lasciai il Vecchio Paese per andare a lavorare a nord, ero uscito con amici locali, e in uno dei pub crawl in terre per me incognite, mi trovai magicamente in tasca una banconota di taglio medio di cui ignoravo l'esistenza. Questo poteva significare solo una cosa: altra birra! E infatti così fu, fino a quando di quella sera non ho più memoria. Il giorno dopo inspiegabilmente mi trovavo a casa, tutti gli organi erano al loro posto, e avevo una voglia di vomitare come se avessi finito Wolfenstein 3D in una sola partita. Andai a vomitare in bagno e a coronamento di un'orribile sensazione, scoprii che il mio coinquilino (o la sua fidanzata) non aveva tirato l'acqua dopo aver fatto i bisognoni.

Ma sto divagando: la bella sensazione fu di trovare magicamente la banconota in tasca. C'è chi la chiama serendipità, a me questa parola fa stracagarissimo quindi non la userò, né creerò neologismi per descriverla. Ma questa sensazione è la stessa che provai, numerosi anni prima, riscoprendo il gioco di oggi. 

Durante gli anni coperti da questo blog, in edicola era un florilegio di nuove riviste che cercavano di rosicchiare una fetta di mercato a quelle "fondamentali": parlo ovviamente di The Games Machine e K, se ci concentriamo solo sui videogiochi per sistemi a 16 bit, e numerose altre pubblicazioni se vogliamo includere anche programmi "professionali". Una di queste, che se ricordo bene si chiamava "PC Game Power" era un maldestro tentativo di offrire qualcosa che era già offerto altrove, ma aveva un dischetto incluso, c'erano dentro giochi che non erano demo, e quindi la acquistai (complice anche un prezzo di lancio molto basso). Infilo il floppy e...



Ah, fanculo. Lasciai perdere per quel giorno, sorbendomi i "chi più spende meno spende" e gli "io l'avevo detto, dovevi stare più attento" del parentame, come se il mio livello di concentrazione favorisse la lettura dei dischetti. Mesi dopo, cercando un dischetto vuoto su cui copiare chissà che cosa, trovai il floppy in questione e magicamente funzionava. Serendipità? Culo? Boh. Rosicando per il fatto che il parentame non si ricordava del fatto che mesi prima avevo comprato un dischetto difettoso e che ora ero riuscito a fare andare (negandomi così la soddisfazione di rinfacciargli che alla fine non avevo sbagliato), iniziai con studiato metodo a esplorarne il contenuto. Il metodo, ovviamente, consisteva nell'aprire a caso i file eseguibili dando priorità a quelli col nome più interessante.

Tra lo shovelware preso a caso dai circuiti di software di pubblico dominio ed infilato in quel floppy c'era un file chiamato AVVY.EXE, dove Avvy stava per il soprannome di Denarius Avaricius Sextus (ma allora ancora non lo sapevo). Sigla!


La sigla. Come potete vedere, per un gioco del 1992 la grafica è abbastanza semplicistica. Ma non possiamo aspettarci tanto da un gioco fatto da tre fratelli nel tempo libero. Dei tre fratelli Thurman, autori del gioco, si sa principalmente che dopo Denarius Avaricius Sextus ed il seguito Lord Avalot d'Argent, non hanno fatto più nulla e si sono dedicati a una carriera seria. Facendo una rapida ricerca, ho trovato informazioni su Thomas, il programmatore: a quanto pare era lui il più attivo dei tre. Nel 1993 ha lasciato la ridente città giardino di Letchworth per andare a studiare a Cambridge, dove poi ha conseguito il dottorato. Dopo una certa data non si sa più nulla dei Thurman; anche se vedo certi omonimi militare in qualche strano sindacato di estrema sinistra, cristiano evangelico e a favore della Brexit, ma prima di fare associazioni me ne guardo bene.

Il fatto è che questo gioco è strano. Pur essendo uno shareware fatto con evidente scarsità di mezzi, è evidente che dietro ci sta un grandissimo sforzo di creazione di contenuto. Il testo è molto ricco, autoironico, e strapieno di battute, tantissimi giochi di parole e alcuni temi ricorrenti un po' bizzarri. Quello che penso è che i tre fratelli Thurman, nella loro città si annoiassero un po' e fuggissero dalla perfezione della città giardino di Letchworth creando piccoli mondi virtuali. Li capisco perfettamente: anche il Vecchio Paese, pur non essendo una città pianificata in base a utopistiche regole di urbanismo, è così tranquillo e noioso da avermi spinto a cercare evasione nei videogiochi. 

Ora aprite Google Maps e guardate le case all'indirizzo "71 Baldock Road" di Letchworth, ovvero l'indirizzo a cui bisognava spedire i soldi della registrazione di Avaricius. Bellissimo, ma non vi viene un po' da sbadigliare? Ecco.


E infatti, ecco il momento di evasione. "Nel buon vecchio 79 Dopo Cristo..." dice lo schermo con il font blocchettoso del Turbo Pascal. Sullo sfondo, delle stelle un po' oblunghe, che ci fanno intuire che il gioco sia realizzato in risoluzione 640x350 a 16 colori. Ammetto che ho un debole per le risoluzioni esotiche, e quindi il mio applauso va ai Thurman.



E via col gioco! La scena si apre nello spaccato di una domus romana,  con un letto matrimoniale in cui vediamo sdraiate due strane creature vagamente antropomorfe. "Nel buon vecchio 79 dopo Cristo, quando tu e io eravamo soltanto sbrilluccichii nell'occhio del nostro bis-bis-bis-bis(...)-nonno, viveva un uomo chiamato Denarius Avaricius Sextus, chiamato così perché amava accumulare più danaro possibile. L'unico problema era che viveva a Pompei." Dopo questa rapida introduzione, il gioco inizia a tritarci le palle chiedendoci di registrare, e dicendo rapidamente come comportarsi: ci si muove con i tasti freccia e i comandi si scrivono con la tastiera. Praticamente una vecchia avventura della Sierra, che ancora non ho recensito. Lo so, prima o poi lo farò, promesso.


Diciamo ad Avaricius di tirarsi su dal letto, perché l'insopportabile moglie Arkata, che il gioco ci descrive come una vecchia rompipalle, vuole bersi un po' di vino. L'astio con cui il gioco ci parla di Arkata è particolarmente inquietante, quindi portiamole il vino che vuole sennò finisce che ci ammazza.


Muoviamo Avaricius verso il basso, dove la rientranza nera ci indica che c'è un'uscita. Invece non esiste modo per entrare nella cabina armadio sulla sinistra.


Entrando nell'atrio, veniamo fermati dal nostro schiavo preferito, Crapulus, che è sempre ubriaco. L'allegro alcolista si presenta con una battuta sul gioco di parole "Titus Anewt", che si pronuncia come "Tired as a newt", che letteralmente vuol dire "Stanco come un tritone". Si tratta di una bowdlerization della più scurrile frase "Pissed as a newt" che in slang britannico è uno dei tanti modi di dire "ubriaco fradicio". Il blog dell'ex videogiocatore è cultura, cari amici.

Crapulus ci fa sapere che andrà a sfondarsi alla taverna "Canis et Anas", e ci dice diverse cose che non caghiamo minimamente. La battuta sull'urna greca proprio non l'ho capita: l'unica cosa vagamente interessante per l'economia del gioco è che la nemesi di Avaricius, un certo Lupus che abita di fronte, vuole vederci al più presto. Evvabbè, procediamo. Notate sulla sinistra la crepa nel terreno, causata da un terremoto prodromico all'eruzione del Vesuvio. Evitiamo di calpestarla perché si morirebbe, quindi niente. La porta sulla destra, invece, è inaccessibile perché i Thurman avevano il tavò di disegnare una nuova stanza.


Usciamo dalla casa e ci troviamo in quella che il gioco descrive come "Via dell'Abondanza" (con una sola b). A parte l'errore di ortografia, viene da dire che i Thurman abbiano fatto bene le ricerche. Sono pronto a sbilanciarmi e a dire che a Pompei ci siano stati in gita. Di fronte a noi c'è la casa di Lupus, come detto, ma noi ce ne freghiamo e andiamo alla taverna.


La taverna è il Canis et Anas, il cane e l'anatra. Peccato che nella leggenda a salvare il campidoglio furono le oche, non le anatre. Quindi, Canis et Anser sarebbe il nome adatto. Ma forse sono io che sono particolarmente meticoloso ai limiti dell'antipatia? 


Vabbè, entriamo nella taverna. Apprezziamo il fatto che ci siano diversi personaggi all'interno. Apprezziamo ancora di più che possiamo usare un menu per selezionare con chi parlare, senza dover ogni volta scrivere il nome. Apprendiamo che Romulus, il centurione, è un amico di vecchia data di Avaricius. Comprendiamo anche che il suo nome è Compactus Discus Romulus. A un certo punto, Avaricius dice "Sounds rather seedy, Romulus" e il narratore si sente in dovere di spiegare il gioco di parole. "Seedy, Romulus" si pronuncia come CD-Rom. Ai tempi erano l'avanguardia della tecnica.
Tra una battuta sui soprannomi delle squadre di Premier League e una barzelletta in francese, rompiamo la quarta parete dicendo che Avvy in questi giorni è protagonista di un gioco adventure. Romulus, sapendo che nei giochi adventure c'è sempre bisogno di una corda, propone all'amico di vendergliene una per cinque denari. 
Nonostante Avaricius sia tirchio, accetta volentieri.


Già che ci siamo ordiniamo un fiaschetto di vino per la vecchia arpia. Viene da sospettare, anche se non c'è scritto, che Avaricius abbia sposato Arkata per i soldi che portava in dote, sennò non si spiega. Oppure i Thurman nel 1992 non avevano mai baciato una ragazza ed erano ancora nella fase in cui le donne erano tutte o acide racchie stronze o voluttuosi pezzi di carne in cui infilare il crescimmano.

In teoria potremmo anche giocare a dadi con Crapulus e Romulus, ma è inutile e il gioco ne approfitterebbe per tritarci le palle mille volte sul fatto che con la versione registrata vinceremmo più facilmente.


Onde evitare attacchi improvvisi di morbo della morte dovuto a trauma da improvvisa decelerazione, leghiamo la corda di Romulus al provvidenziale gancio di fianco alla porta. Ricordiamocelo perché ci torneremo più tardi.


Per ora diamo il vino ad Arkata, che caccia un rutto così forte da far tremare la schermata, dopodiché torna a letto. Non ho idea se questa Arkata sia ispirata a qualche signora di Letchworth, ma non è il genere di donna con cui stringerei amicizia.

Più tardi.


Dopo la taverna troviamo il tempio di Iside. Che in preda all'effetto Dunning-Kruger potremmo dire che non c'entra nulla perché Iside è una dea egiziana e questo gioco è ambientato nella Pompei romana, ma invece no: apparentemente i ragazzi Thurman hanno fatto bene i compiti a casa, perché non solo Iside era molto venerata a Roma nel primo secolo dopo Cristo, ma a Pompei il primo tempio dedicato alla dea egizia risale a ben duecento anni prima. Non possiamo entrare perché necessitiamo di una parola d'ordine che solo i sacerdoti conoscono. Non conosciamo la password, e quindi proseguiamo...


...fino ad arrivare al foro di Pompei. Un nostro cittadino acondroplasico ci zompa addosso con un indizio per noi. L'indizio è qualcosa che fa rima con "dockers", ovvero gli scaricatori di porto. Che cosa fa rima con scaricatori di porto (in inglese) ?


A proposito, andiamo al porto. qui non c'è nulla da fare, ma apprezziamo il fatto che se Avaricius si avvicina troppo al bordo del molo, il gioco lo ferma. Un passo avanti rispetto ai giochi della Sierra che non si fanno alcuno scrupolo e si divertono a farci morire per la minima cosa.


A nord del foro ci sono le terme pompeiane. Il gioco, molto subdolamente, cerca di convincerci che nella versione registrata potremo entrare nel bagno delle donne. Con tutta la fantasia che possiamo avere, trovare arrapante delle donne disegnate in quello stile ci fa credere che faremmo meglio a spendere i nostri soldi da un bravo specialista, anziché per registrare Avvy.


Siamo nella sala degli armadietti. In inglese "lockers", che fa rima con "scaricatori di porto"! Sono un genio, ragazzi. Frugando negli armadi troviamo una pergamena dimenticata da un sacerdote di Iside che è andato a farsi il bagno. E indovinate che c'è? La password! Tutto troppo banale per essere vero, ma oh, è vero.


Più a destra, troviamo l'anfiteatro. Niente da vedere qui, per ora. Nella mia testa scorrono i comandi FillEllipse della unit Graph del Turbo Pascal che devono essere stati utilizzati per disegnare questa schermata, e il fatto che mi vengano in mente queste cose guardando una schermata non è un buon segno. Né per me, né per la schermata.


HACKER! è la password, e il sacerdote di Iside ci fa entrare nel tempio, senza aver controllato chi siamo, senza farsi domande, senza notare che siamo gli stessi stronzi che cercavano di entrare prima.


Entrando nel tempio di Iside troviamo delle enormi statue... non di Iside. Come nella vera antica Roma, le statue sono tutte adornate di colori sgargianti. A parte una, che è in bianco e nero. Quella monocromatica, ovviamente, è la statua di Hercules . Sospiro.


La statua di Nettuno ha il tridente un po' lasco. Tutto ciò che non è inchiodato al pavimento lo si prende, dice la regola numero uno dei giocatori di avventure grafiche, quindi ci appropriamo del tridente e abbiamo un'arma!

Più tardi.


Vi ricordate che dovevamo andare a trovare Lupus perché aveva qualcosa da dirci? No? Io sì. Di fronte a casa nostra c'è questa domus tetra e fatiscente, che ci fa intuire che Lupus sia il cattivo. Il nostro nemico ci invita a sederci. Accettiamo?


Accettiamo. Prima di cominciare a chiacchierare col malvagio Lupus, ci viene servito il pranzo da una schiava chiamata Gedalodava. Non riesco a cogliere il gioco di parole (se c'è), ma apparentemente Avaricius ci sbava dietro molto forte: evidentemente Gedalodava è il secondo tipo di femmina esistente per i Thurman (il voluttuoso pezzo di carne in cui infilare il crescimmano). Mentre Avvy si mangia con gli occhi la bionda, Lupus gli fa notare che è riuscito a trovare alcune vecchie corrispondenze di Avvy con una certa Adultera, con cui cornificava Arkata. A questo punto, Lupus propone un ricatto all'eterno nemico:

Avaricius dovrà combattere nell'arena contro i leoni. Se vince, si tiene Gedalodava. Se rifiuta, Arkata vedrà le lettere (il che mi fa credere che sia Arkata a tenere i cordoni della borsa in famiglia) e se Avaricius perde, beh, finisce sbranato dai leoni.


Ebbene sì, amici, una sequenza arcade! Introdotta pure da una barzelletta che fa leva sul fatto che "Gladiator" si pronuncia come "Glad I ate her". Ai Thurman piacciono i giochi di parole, si è capito.


I veri uomini se ne sbattono delle istruzioni. Se siete veri uomini non leggetele. Occhio che vi vedo, eh.


Pronti a giocare? La tensione è alle stelle...


Ed eccoci qua. Dobbiamo lanciare il tridente contro i leoni che ci vengono addosso o a quelli che rimangono in formazione. Ovviamente Avaricius si muove a una velocità pressoché inesistente e il leone che esce dal gruppo cercando di mangiarci cambia direzione in base alla posizione relativa. Riusciamo a far fuori quattro leoni con il nostro fidato tridente, ma il quinto ci piomba addosso e...


...RIP Avaricius, ora insegna agli angeli a manovrare un tridente in maniera decente. Appena diventato cibo per felini, Avaricius viene sottoposto al giudizio degli Dèi. Se ci teniamo sotto ai quattro leoni uccisi, le divinità non saranno contente e ci negheranno la reincarnazione. Come in questo caso: abbiamo fatto cagare e meritiamo l'eterna dannazione.


La visuale si sposta nell'atrio di casa nostra. Arkata sta ancora dormendo fregandosene del marito morto. Nel frattempo, non succede nulla. Provo a scrivere qualcosa, e il gioco mi redarguisce perché i morti non parlano, e in effetti non ha torto. Immediatamente più tardi, quello che doveva accadere accade: il Vesuvio erutta e tutta Pompei viene sommersa dalle ceneri per migliaia di anni, fino a quando i Thurman in gita scolastica non andranno a vedere le rovine e non avranno un'idea su un gioco adventure.


Carichiamo il gioco. Complice un rimbalzo favorevole, riusciamo a far fuori molti più leoni. Tredici, per l'esattezza. Giunti a un certo punto, non ne posso più della lentezza di 'sto sottogioco e mi offro spontaneamente alle fauci del felino. RIP Avaricius, ora insegna agli angeli blah blah blah.


Il giudizio degli Dèi è positivo. Anzi, "Hmm...not bad..." quindi riceviamo l'avallo per la reincarnazione, dimostrando così che più leoni ammazziamo, meglio la nostra anima viene trattata. Ne consegue che, a differenza di quello che potreste leggere su Facebook, gli animali non hanno anima, o se ce l'hanno, è di valore inferiore alla nostra.


Andiamo a smerdare Lupus, il quale è solo vagamente sorpreso dal fatto che siamo resuscitati. Nel frattempo, scopriamo che Gedalodava si trova ora a casa nostra. Nella stanza in cui non possiamo entrare. In cui sta spassandosela con gli altri schiavi. Fortunatamente non ci becchiamo la sequenza stile "Alvaro Vitali" in cui spiamo la nostra nuova schiava dal buco della serratura.


Vi ricordate del crepaccio nell'atrio di casa nostra? Vi ricordate della corda che avevamo legato al gancio per evitare di precipitarci dentro? Bene, è tempo di scendere per andare a vedere le catacombe. Mettete su Mussorgsky per coprire il rumorosissimo jingle che introduce questa sezione, e via che andiamo.


Le catacombe, come previsto, sono stanze tutte uguali, cambiano solo le entrate. Il labirinto è più o meno un quadrato 5x5. Entriamo nella stanza [5,5] e girovaghiamo. Fortunatamente non abbiamo da raccogliere le terribili bacche infuocate, quindi l'esperienza non è così rivoltante.


Alla stanza [1,1] troviamo un cristiano che si chiama come una parte del testicolo, Didimo. Basta parlargli ed automaticamente Avaricius gli dirà come fuggire dalle catacombe. In cambio riceveremo una sfera di cristallo. Il "do ut des" privo di significato di certi enigmi è una delle varie ragioni per cui il genere avventura è molto più a rischio merda di altri generi.


Torniamo in superficie. A ovest di casa Avaricius c'è l'ufficio del tesoriere della città. Visto che Avvy è stato descritto all'inizio come un uomo estremamente venale, sarà interessante visitare la riserva di danaro di Pompei. Non trovate? Finora, la presunta avarizia di Avaricius non ha avuto alcun utilizzo all'interno del gioco, quindi visto che è stata menzionata, deve essere in qualche modo utile alla storia. Questa legge si chiama "La pistola di Chekhov" e molti autori sembrano dimenticarsene. Su tutti mi viene in mente la casalinga annoiata che ha scritto Twilight, che sembra stracciare ogni libro delle regole, darci fuoco, e ricoprire le ceneri di letame. In realtà non ho letto Twilight, ma ho visto i film.


Nell'ufficio del tesoriere diamo seguito alla presunta avidità di Avaricius, e freghiamo un po' di soldi appoggiati alla scrivania. Rubare è sbagliato, a meno che non sia previsto dalla trama, e in questo caso gli Dèi ci fulminano come punizione. Si vede che non avevamo scannato abbastanza leoni, oh.


Parlando col tesoriere, si lamenta che gli è scappato uno schiavo. Avaricius come prima cosa gli propone di prestargli l'ubriacone Crapulus, ma di fronte al rifiuto del tesoriere, il Nostro gioca la carta vincente, la carta che tira più di un carro di buoi. Gedalodava! Da questo lato del monitor ci sorbiamo la camminata lenta della schiava fatalona, che fa la gattamorta col contabile e i due involano a giusto coito in una stanza che non ci è dato raggiungere.

Ad Avaricius non resta che fregare la chiave. Nelle immortali parole di Lord British, "Stealing is ok as long as it's done well". Arriveranno anche le recensioni degli Ultima. State tranquilli.


Con la nostra nuova chiave, andiamo a frugare nelle casse cittadine. Avaricius entra furtivamente nel caveau, e frega il maggior numero di sesterzi nel minor tempo possibile. Poco dopo, usciamo con duemila denari in più.


Cosa resta da fare? Andiamo nella taverna. Una cosa che non avevo fatto notare in precedenza è la presenza, nel pub, di Quichphingus, un indovino. Che, indovinate un po'? Aveva perso la sua preziosa sfera di cristallo che gli consentiva di svolgere il suo lavoro da indovino. Avaricius gli passa la sfera che ha ricevuto da Dydimus il cristiano nelle catacombe, e dopo una serie di riferimenti alla cultura popolare inglese del 1992, l'indovino scopre che Pompei sta per essere distrutta da una colata di lava.

Ma niente paura! L'indovino conosce una rapida via di fuga dalla città, ed è disposto a mostrarla ad Avaricius per la modica cifra di...indovinate un po'...?


...duemila denari. Esattamente la quantità che abbiamo fregato alla cassa cittadina. Eh, e che ci possiamo fare? Paghiamo, sperando che l'indovino non sia un individuo della risma di un certo Mezzacapa, un napoletano truffaldino che con la scusa dell'anno Mille convinse i ricchi della città ad affidargli tutti i beni, che avrebbe loro restituito dopo l'Armageddon. Ovviamente l'Armageddon non arrivò e Mezzacapa sparì col malloppo. Questa storia l'avevo letta in uno dei libri "Storia della filosofia" di Luciano de Crescenzo, che vi raccomando di leggere perché sono davvero divertenti.


Usciamo dal sottopassaggio mentre il resto di Pompei soffoca sotto le macerie (tranne Crapulus, che ci ha seguiti), e sbuchiamo su un'isola dove ad attenderci tronfio c'è Nettuno! Fortunatamente non gli girano i coglioni perché abbiamo fregato il tridente alla sua statua, anzi, ci fa i complimenti per aver finito il gioco, e se noi-sappiamo-chi registra una copia, i Thurman saranno sufficientemente motivati a fare un seguito! Mi fischiano brevemente le orecchie perché non ho mai registrato il gioco. Giusto così, visto che al seguito di Avaricius non ho mai giocato. 

Per finire, Nettuno ci presenta una sua amica...


...una sirena. Avaricius decide di farsi una piccola crociera assieme a lei, anche se un piccolo dettaglio anatomico ci impedisce di godere appieno della sua compagnia. Non so. In ogni caso la vecchia stronza di Arkata è diventata un mucchietto di ceneri, e la vita non può che sorridere al nostro avido e fulvo eroe. Continuo a non capire cosa c'entri col gioco il fatto che Avaricius vive per accumulare soldi, ma ok. Immagino sia una "red herring". Visto il colore di capelli di Avaricius, potremmo pure spingerci a dire che è qualcosa di voluto. Ne dubito, ma visto l'amore per i giochi di parole da parte dei Thurman, non si sa mai.


Come se non bastasse, per aver finito il gioco riceviamo pure un certificato! Bellissimo. Possiamo anche stamparlo. Ho chiesto a mia moglie se abbiamo una cornice che ci avanza in modo da appenderlo nella stanza dei trofei, ma lei mi ha fatto giustamente notare che non abbiamo una stanza dei trofei. Questo per dire che a differenza della visione del mondo dei Thurman, le mogli non sono tutte delle vecchie arpie come Arkata. In realtà devo dire che mi inquieta la concezione del matrimonio secondo i Thurman, che stando a quel che dice il sito di Thomas sono cristiani evangelici praticanti. Ma non indaghiamo oltre. Prossimo gioco!

È merda? Ci troviamo di fronte a una decisione interessante: graficamente è molto arretrato, la trama è quello che è, i controlli sono standard, gli enigmi sono ben sotto lo standard, il sottogioco arcade è inguardabile, ma tutto sommato non posso non apprezzare lo sforzo di ricerca che c'è dietro. I dettagli storici sono relativamente solidi, e il testo è lungo, complessivamente scritto bene e se ce la fate a reggere i giochi di parole, l'impegno per trovare l'umorismo c'è. Purtroppo tutto questo non riesce a controbilanciare le altre lacune. Quindi sì, è merda, ma soddisfacente, come sempre succede dopo un grosso sforzo.
Ci rigiocheresti? Personalmente, non ne vedo la ragione, ma non me la sento di sconsigliarvelo. È un gioco strano, si potrebbe quasi definire come arte naïf applicata al videogioco. Sempre che tolleriate un concetto del genere.
È del 1992. È il gioco più bello di sempre? Spiacente fratelli Thurman, non lo è.

7 commenti:

  1. Premetto di aver capito poco di tutta la prima parte, dal magazine col disco farlocco fino all'avvenuto miracolo di far partire il gioco.
    Gioco che è assurdo, ma forse nemmeno tanto data l'annata.
    Certo, una volta avevano più inventiva.
    In italiano sarebbe impossibile, visto che molte cose sono giochi di parole con l'inglese.

    Moz-

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    1. Beh, non c'è molto da capire. Ai tempi le cose un giorno andavano e l'altro no, e non si capiva come mai. Zerocalcare lo ha chiamato "il dio del giorno dopo" io l'ho chiamato "Aporiomorfismo" nell'articolo che puoi trovare qui: http://exvideogiocatore.blogspot.it/2017/08/determinismo-aporiomorfismo-ansia-e.html

      Per quanto riguarda il gioco, io lo trovo abbastanza "outsider art", tra Sonichu e le Vivian Girls, ma meno fuori di testa. C'è dietro comunque un lavoro incredibile. Tradurlo in italiano sono d'accordo che sarebbe impossibile, ma sarebbe necessaria, più che una traduzione, un adattamento vero e proprio, molte battute dovrebbero essere riscritte da zero. Sarebbe uno sforzo titanico comunque. Già è stato uno sforzo titanico per me capire che cavolo volesse dire "Titus Anewt".

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  2. "I veri uomini non hanno bisogno di istruzioni"...interessante sfumatura culturale. La prossima perla sarà "l'amore non è bello se non è litigarello?
    Cmq, riguardo alla possibilità di una versione italiana, si tratterebbe di tradurlo, ma il lavoro dovrebbe essere fatto da un traduttore professionista, non da uno che ha studiato inglese alle medie, è appassionato di videogiochi ed è pagato in visibilità. Quello che chiami "adattamento" è esattamente il concetto di traduzione (=non tradurre parole, bensì far passare un messaggio). Un esempio: lupo ululì, castello ululà. Ecco, fine della lectio.

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    1. "i veri uomini non hanno bisogno di istruzioni" è una sboronata che sottintende la rosicata di chi ha le pezze al culo e ottiene solo i giochi copiati senza manuale. Esattamente come "l'amore non è bello se non è litigarello" è una rosicata perché non si riesce ad andare d'accordo in coppia.

      Per la mia cattiva associazione "traduzione/adattamento" mi copro il capo di cenere.

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  3. Errore generale durante la lettura su unità A

    Annulla, riprova, tralascia?_

    Praticamente dopo aver letto questo ho rischiato l'autocombustione :D

    Un bel ricordo l'emozione di inserire un dischetto e non sapere se il gioco si sarebbe avviato o meno.

    Questo gioco comunque mi piace assai: mi ha ricordato il mitico Larry, con l'unica differenza che lì era molto divertente vederlo morire nei modi più svariati.

    Ma i leoni quindi devi ammazzarne più possibile per reincarnarti, ma mi sembra di capire che sia impossibile sopravvivere...

    Mi sono annotato la regola di 'puoi prendere tutto ciò che non è inchiodato al pavimento', non si sa mai che in qualche momento revival possa servire :D

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    1. Sui leoni è corretto quello che dici, anche se riesci a farli fuori tutti, ne arriva uno alla fine che è imprendibile e Avaricius è bloccato (un po' quello che succede se vai nell'arena senza tridente).

      "Errore generale" lasciava spazio alla speranza. Era "Dati non corretti" che ti faceva salutare il dischetto.

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  4. ricordo la frustrazione che avevo quando finivo nella gabbia dei leoni senza il tridente, e pensavo che avrei dovuto schivare in qualche maniera l'attacco. solo dopo anni l'ho ripreso in mano e finito.
    Devo dire che e' vero, e' strano forte, ma e' uno dei giochi che ricordo con piu' affetto.

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